KNIGHT OF CUPS di Terrence Malick, 2016

KNIGHT OF CUPS di Terrence Malick, 2016

Los Angeles, Stati Uniti d’America. Rick è uno sceneggiatore hollywoodiano che, allontanatosi volontariamente dalla realtà (e dai suoi continui impegni), prova a cercare conforto nell’interpretazione dei tarocchi, da un lato, e in una vita mondana particolarmente attiva (con eccessi sessuali ed emotivi), dall’altro lato. Il tutto in un continuo confronto con la figura paterna, a tratti disperata e patetica, e con un fratello eccentrico ed esplosivo, sotto la presenza piuttosto ingombrante di un lutto mai superato.

 

C’era una volta un giovane principe che fu inviato dal proprio padre, il re dell’Est, in Egitto per trovare una perla. Ma quando il principe arrivò, gli abitanti del luogo gli versarono una coppa. Bevendola, egli scordò di essere il figlio di un re, si dimenticò della perla e cadde in un sonno profondo”.

Con questo incipit si apre Knight of cups, diretto dal texano Terrence Malick, un viaggio introspettivo del protagonista Rick, confuso ed insicuro, in una Los Angeles fredda ed asettica. Senza soste ed interruzioni, la storia si pone come un lungo e continuo scorrere di eventi, principalmente tra rappresentazioni ed inquadrature di paesaggi, degrado urbano e monologhi interiori. Perfettamente conforme allo stile ed alla tecnica mostrati, da Malick, in The Tree of Life, lo spettatore assiste ad una narrazione che conserva, lungo l’intera visione, una natura onirica, a tratti irreale e fumosa, che, purtroppo, non agevola la concentrazione e, soprattutto, non stimola l’interesse e la curiosità dello spettatore verso lo sviluppo (e l’epilogo) della storia. Condivisibile è lo stato d’animo del protagonista (un po’ meno i suoi comportamenti futili e temporaneamente appaganti), pregevole l’evoluzione dello stesso, e sicuramente originale, audace ed ambizioso il costrutto audiovisivo, ma Knight of cups, nonostante tali ottimi presupposti, non convince pienamente, come il piatto che lascia (in bocca) un buon sapore, destinato tuttavia a non durare a lungo.

data di pubblicazione:08/11/2016


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DOMANI di Cyril Dion e Mélanie Laurent, 2016

DOMANI di Cyril Dion e Mélanie Laurent, 2016

Un domani migliore per l’intera umanità è possibile? E se sì, a quali condizioni e a fronte di quali sacrifici? Queste sono alcune delle domande che si pongono gli autori di DOMANI, e, nel tentativo di rispondere ad esse, vengono prese in considerazione alcune realtà particolarmente riuscite ed apprezzate in cinque settori della vita umana.


Domani, diretto da Cyril Dion (scrittore ed attivista per la pace) e Mélanie Laurent (attrice in numerose produzioni internazionali, tra le quali Bastardi Senza Gloria di Tarantino), è un viaggio che attraversa varie tappe (dagli Stati Uniti alla Finlandia, dalla Isla de la Riunion all’Inghilterra, tra le varie) in cui viene raccontata l’esperienza di numerosi imprenditori, economisti, politici ed istitutori, che si sono distaccati dalle procedure ordinarie, per raggiungere risultati straordinari nei loro settori, principalmente in termini di produttività, nel rispetto della natura e con l’occhio rivolto al benessere collettivo (realmente inteso) di oggi e di domani.

In agricoltura è possibile produrre maggiori quantità di cibo senza l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, con bassissima meccanizzazione e, soprattutto, tenendosi ben lontani dal petrolio e dai suoi derivati; nel settore energetico, tra l’altro, viene narrata l’esperienza islandese, di totale autosufficienza energetica senza l’uso di petrolio e di carbone; in economia, assistiamo ai benefici prodotti dall’utilizzo di una moneta locale (che stimola i consumi e la circolazione di ricchezza in un dato contesto territoriale) e ad alcune policy societarie volte a produrre meno rifiuti, da un lato, ed al riciclo totale di quelli realizzati, dall’altro lato; in politica, colpisce l’attenzione l’esperienza di un sindaco indiano, che ha creato forme di partecipazione e collaborazione da parte della comunità locale particolarmente vantaggiose per la comunità locale medesima; infine, in ambito scolastico, l’organizzazione e gli strumenti didattici di un istituto finlandese (tra l’altro situato in una zona non particolarmente ricca) non possono che abbattere le differenze e favorire la socializzazione tra gli studenti (il 50% dei quali non è finlandese d’origine).

Ricco di contenuti assolutamente interessanti, e con notevoli spunti di riflessione e d’interrogazione, Domani è un documentario di spessore particolarmente elevato, del quale se ne consiglia la visione. Ascoltare e mettere in pratica i piccoli suggerimenti che la narrazione ci propone sarebbe un notevole punto di partenza, per noi e per il nostro futuro.

Dagli autori: “Forse non esiste una scuola perfetta, una democrazia perfetta, o modelli economici perfetti, ma quello che è emerso nel nostro viaggio, è una nuova visione del mondo, dove potere ed autorità non sono un privilegio di pochi, ma dove tutto è collegato, interdipendente, come in natura; un mondo più complesso, dove la nostra vera forza è la diversità; dove ogni persona e ciascuna comunità sono autonome, quindi più libere, hanno più potere, quindi più responsabilità. Come la cellula, che deve essere sana perché l’organismo funzioni, ma deve anche poter contare su tutte le altre cellule”.

data di pubblicazione:05/10/2016


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PETS – VITA DA ANIMALI (The Secret Life of Pets) di Yarrow Cheney e Chris Renaud, 2016

PETS – VITA DA ANIMALI (The Secret Life of Pets) di Yarrow Cheney e Chris Renaud, 2016

New York City. Max, un giovane terrier innamorato della sua padrona, Katie, trascorre una vita tranquilla e giocosa, ricca di momenti di affetto. Un giorno Katie porta a casa Duke, grosso cane randagio, trovato in canile, e tra i due cani non può che nascere un’accesa rivalità (destinata, tuttavia, a lasciare spazio, progressivamente, all’amicizia ed alla complicità).


Prodotto dalla Illumination Entertainment, sussidiaria della Universal Pictures, e diretto da Yarrow Cheney e Chris Renaud (già apprezzato regista di Cattivissimo me, Cattivissimo me 2 e Minions), Pets – vita da animali è un film animato brillante e divertente, ma con interessanti spunti di riflessione, tra l’altro, sia in merito al rapporto umani-animali (come questi ultimi ci vedono e, soprattutto, cosa sono e sarebbero capace di fare per noi?), sia, più in generale, in tema di accettazione del diverso (e superamento dei pregiudizi) nell’allegoria della fantasiosa relazione e amicizia tra animali di differenti specie (cani, gatti, uccelli rapaci, conigli, ecc.).

Godibile e veloce, Pets – vita da animali non può che far presa sui giovanissimi, ma, al contempo, anche (e soprattutto) sugli adulti, grazie, anche, ad un finale emozionante e ricco di contenuti.

Da un punto di vista tecnico/realizzativo, e nonostante il fatto che il 3D non stanchi la vista (risultando leggero, sostanzialmente), si segnala che, a differenza di altri film d’animazione, tale 3D non rappresenta il valore aggiunto: la storia è di per sé ben scritta, realizzata e rappresentata, da non trarre particolari vantaggi da tale arricchimento grafico.

data di pubblicazione:05/10/2016


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THE LURE (Córki dancingu) di Agnieszka Smoczynska, 2016

THE LURE (Córki dancingu) di Agnieszka Smoczynska, 2016

(Milano Film Festival 2016- In Concorso)
Polonia. Due sorelle sirene, Oro e Argento, vivono in un bacino nei pressi di una non meglio precisata città.

Per via della loro meravigliosa voce, iniziano ad esibirsi in un night club, volto anche ad intrattenere adulti (così come riferisce il direttore), ammaliando l’intera clientela. La loro particolare natura influenza (e turba) non poco i comportamenti e le abitudini dei dipendenti del club. Oro è desiderosa di innamorarsi, mentre Argento sembra più interessata a nutrirsi di carne umana, conformemente alla sua natura di sirena.
Primo lungometraggio della regista polacca Agnieszka Smoczynska, presentato in anteprima in Italia, alla ventunesima edizione del Milano Film Festival, e vincitore, tra l’altro, dello Special Jury Prize all’ultimo Sundance Film Festival, The lure è un film fantasioso, che mescola vari generi: dal musical, sostanzialmente presente lungo l’intera visione, all’horror, passando per momenti romantici e di sofferenza e sacrificio, fisici ed interiori. La trama è decisamente interessante, ben sviluppata, e il film, al netto di alcune ridondanze, è assolutamente godibile. Il rapporto tra le due sorelle sirene, affascinanti ma pericolose, è al centro della narrazione, unitamente alle conseguenze che si abbattono su di esso dall’allontanamento, morale e fisico, di Oro dalla sorella e, quindi, dalla natura di creatura acquatica. Esordio alla regia per la polacca Smoczynska che meriterebbe una distribuzione, quantomeno in home video. Ben fatto.

data di pubblicazione 12/09/2016








 

JASON BOURNE di Paul Greengrass, 2016

JASON BOURNE di Paul Greengrass, 2016

Reykjavic, Islanda. Un ex agente della CIA viola la sicurezza informatica dell’Agenzia e ruba i dati di numerosi programmi d’intervento (molti dei quali ancora attivi). Nel farlo, scopre importanti notizie sul protocollo che ha trasformato David Webb in Jason Bourne, il quale, nel frattempo si è rifugiato in Grecia. Inizia così una caccia all’uomo spietata, in cui la CIA non manca di giocare sporco, nel tentativo di eliminare l’hacker e Jason Bourne, e di recuperare i dati sottratti. 




Paul Greengrass torna alla macchina da presa per dirigere un nuovo capitolo della saga cinematografica e letteraria dedicata a Jason Bourne (dopo The Bourne Ultimatum – Il ritorno dello Sciacallo, del 2007), nel quale il tema della ricerca dell’identità perduta e dimenticata lascia spazio a un dubbio esistenziale (e che crea conflitti interiori): “Jason Bourne è una cattiva persona?”. Nonostante tale cambio di rotta, assolutamente necessario per dare nuova linfa a un personaggio iper-sfruttato negli ultimi anni, e pure a fronte del fatto che Jason Bourne è un film d’azione ricco di adrenalina e violenza, con sequenze emozionanti (una su tutte le manifestazioni e gli scontri di Atene), si percepisce, a parere di scrive, l’assenza di mordente. La narrazione non convince; i personaggi non creano empatia e non sembrano sufficientemente approfonditi, nonostante l’ottimo Tommy Lee-Jones nelle vesti di un crudele direttore CIA. Ultroneo l’agente nome in codice “Asset” (interpretato da Vincent Cassel), personaggio forzato e comunque inopportunamente ricollegato a vicende passate (e personali) di Bourne.

 “Se ne sarebbe potuto fare a meno”, è stato il mio pensiero all’uscita dalla sala, a caldo; e confermato, ahimè, nelle ore successive.

data di pubblicazione:28/08/2016


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