CRONACA DELLA SERATA FINALE DEL ROMA FRINGE FESTIVAL

CRONACA DELLA SERATA FINALE DEL ROMA FRINGE FESTIVAL

(Teatro India – Roma, 28 luglio 2024)

I tre spettacoli finalisti del Fringe, il Festival di teatro indipendente, vanno in scena al Teatro India. Il festival, con 45 alzate di sipario in meno di due settimane, ha presentato al pubblico romano il meglio delle proposte indipendenti del teatro italiano.

Il 28 luglio il Teatro India ha ospitato la finale del Roma Fringe Festival, nell’afosa atmosfera dell’estate romana caricata dagli odori umidi del Tevere in secca. Sul palco del secondo Teatro di Roma si sono succeduti i tre spettacoli selezionati da una giuria composta da direttori e direttrici dei teatri aderenti a Zona indipendente. Il Fringe, ormai una presenza fissa e importante nel panorama teatrale romano, ha proposto in questa edizione una selezione di spettacoli da tutta Italia, portando in scena le nuove tendenze del teatro indipendente italiano. Gli spettacoli finalisti sono stati La distrazione della formica, con Niccolò Felici e Daniele Trombetti, per la regia di Kabir Tavani, Ismael, di e con Massimiliano Frateschi, per la regia di Graziano Piazza, e Le nostre folli capriole nel sole, interpretato da Iulia Bonagura ed Emanuele Baroni, quest’ultimo anche alla regia.

La serata si è aperta con la descrizione dell’alienante ritmo del lavoro in fabbrica nel testo inedito de La distrazione della formica. Il formicaio della media borghesia e del basso proletariato è al centro della trama di Niccolò Felici, che esplora le dinamiche del lavoro contemporaneo e della lotta di classe. A seguire, la dissacrante leggerezza intervallata da scorci di grande intensità emotiva di Ismael, di e con Massimiliano Frateschi. La brillante presenza scenica di Frateschi e l’efficacia dei ritmi del dialogo, ancora più sorprendenti se si considera che l’attore è seduto per tutta la durata dello spettacolo, hanno permesso a Frateschi di vincere il meritatissimo premio Miglior Attore di questa edizione del Fringe. Lo spettacolo racconta l’intreccio di un viaggio straziante, quello di una persona migrante – un “abusivo”, dice lui, “perché è vero, sono abusivo” – che dalla Siria raggiunge lo squallore di un Ufficio Immigrazione romano. Una storia vera, raccolta da Frateschi dalle labbra stesse del suo reale protagonista, che si aggiudica anche il premio della Giuria. A chiudere la serata, lo spettacolo vincitore di questa edizione del Fringe Festival: Le nostre folli capriole nel sole, di Iulia Bonagura, che racconta l’amicizia tra due bambini dalle personalità opposte e sorprendentemente compatibili. L’evoluzione dei due personaggi, che attraversano un’infanzia e un’adolescenza fitte di alcuni problemi comuni, come le prime cotte, e di altri più invadenti, è seguita con attenzione alla fluidità del racconto e visualizzata grazie a piccoli, rapidi cambi di costume e scenografia. Accompagnando il pubblico verso l’inevitabile finale (con qualche concessione, forse un po’ zuccherina, al lirismo), costruito con molta fedeltà all’identità dei due protagonisti. Oltre al premio per il Migliore spettacolo, Le nostre folli capriole nel sole si aggiudica anche quello per la Migliore drammaturgia e per la Migliore attrice, quest’ultimo ex equo con Agata Marchi per lo spettacolo Comadre/ la Cantadora, che abbiamo già recensito.

Le nostre folli capriole nel sole vince dunque una tournée di 12 date italiane presso i teatri del circuito Zona Indipendente per la stagione 2024-25.

data di pubblicazione:30/07/2024

 

HAMELIN di Tonio de Nitto, con Fabio Tinella

HAMELIN di Tonio de Nitto, con Fabio Tinella

(Castel Sant’Angelo – Roma, 24 luglio 2024)

Per la rassegna Sotto l’angelo di Castello, Fabio Tinella porta in scena la leggenda del Pifferaio Magico. Una reinterpretazione pensata per le famiglie ma adatta a tutti, con un’ottima preparazione tecnica.

I ratti passano in secondo piano, in questa lettura della storia del Pifferaio Magico. Appena arrivati in prossimità della scena – in questo caso, il suggestivo cortile di Castel Sant’Angelo – agli spettatori viene consegnato un paio di cuffie: illuminate di blu per i bambini, di rosso per gli adulti. Si intuisce già che il pubblico sarà diviso e qualcuno certamente seguirà uno spettacolo leggermente diverso. Ancora a scena vuota, dalle cuffie parte una sigla: le vicende di Hamelin, borgo della Bassa Sassonia, vengono presentate come in un moderno programma televisivo, in stile Chi l’ha visto. Il mistero dei bambini di Hamelin, scomparsi improvvisamente in un periodo molto particolare per la storia del borgo, è al centro dello spettacolo. A reggere la trama, dopo la presentazione audio e per tutta la durata dello spettacolo, l’abilissimo Fabio Tinella, che avanza sulla scena trascinando con sé un carretto da attore girovago, un interessante dispositivo scenico che all’occorrenza si colora e si trasforma. Senza svelare nulla della trama per non rovinare il racconto del mistero, comunque sostanzialmente fedele alla leggenda originale, è da sottolineare però la bravura di Tinella, capace di passare dal teatro di marionette napoletano all’arte del mimo, fino alla narrazione più classica. In uno spettacolo sostanzialmente dedicato alle famiglie, tra interessanti richiami alla condizione dell’attore e del teatro nel mondo contemporaneo e momenti meno riusciti (e un po’ melensi) di piccoli sermoni rivolti ai genitori su come crescere dei bambini “liberi”, resta l’impressione di uno spettacolo ben pensato, ottimamente recitato e con una struttura tecnica invidiabile. Consigliato anche per il finale coinvolgente e spensierato, in cui si scopre che fine avessero fatto quei bambini scomparsi ad Hamelin.

data di pubblicazione:30/07/2024


Il nostro voto:

COMADRE/ LA CANTADORA di e con Agata Marchi

COMADRE/ LA CANTADORA di e con Agata Marchi

Sound Design e musica dal vivo Davide Lotito

(Spazio Diamante – Roma, 22 luglio 2024)

Un intreccio evocativo di storie di donne che oltrepassano confini geografici e temporali. Il Roma Fringe Festival ospita le nuove voci del teatro indipendente italiano.

Comadre. Cantadora. Due parole poco comuni, che qualcuno potrebbe anche non aver mai sentito, ma abbastanza evocative da trasmettere al primo sguardo significato e contesto dello spettacolo cui danno il nome. Agata Marchi porta in scena una storia femminile in parte antica, in parte contemporanea. O meglio: un intreccio di storie femminili. Modulando con grande maestria la propria voce, declinata ora in ninne nanne e canti partigiani, ora in dialetto e narrazione, Marchi racconta storie di madri, di nonne, di donne del bosco e del deserto. In uno spettacolo retto dal dialogo tra le storie che racconta, unica attrice in scena, e la musica dal vivo di Davide Lotito, suggestiva e in grande armonia con i movimenti e le fasi della narrazione. L’unica pecca è nel legame sottile, appena accennato, tra le storie nostrane e quella di una militante delle Ypj (acronimo di Yekîneyên Parastina Jin, letteralmente Unità di Protezione delle Donne) kurde. Se la transizione fosse più fluida e la connessione più approfondita, il racconto dello spirito della militanza femminile ne uscirebbe rafforzato. Ma anche così, l’intensità della storia colpisce e incanta. Resta, alla fine, l’immagine sussurrata di una vecchia con il mondo sulle spalle.

data di pubblicazione:24/07/2024


Il nostro voto:

L’ELEFANTE CHE AVEVA PERSO GLI OCCHI di e con Boni Ofogo

L’ELEFANTE CHE AVEVA PERSO GLI OCCHI di e con Boni Ofogo

e TAMBURO E VOCE BATTITI DI UN CANTASTORIE di e con Nando Brusco

(Associazione La Farfalla – Castel Fusano, 15 giugno 2024)

Due storytellers mescolano musica e parole per ridare vita alla tradizione secolare dei cantastorie. Tra colori e atmosfere di storie forse lontane, forse vicinissime, il festival internazionale di storytelling fa tappa a Roma.

Ci sono cantastorie che girano ancora per il mondo, come nelle leggende e nei racconti medievali. Oggi si chiamano storytellers, ma la sostanza resta la stessa: depositari di una tradizione orale lunga secoli, lasciano che le storie dei propri paesi viaggino sulle loro gambe. E il 15 e il 16 giugno, queste storie sono passate dalle parti di Roma sulle gambe di Boni Ofogo, storytellers camerunense, e di Nando Brusco, cantastorie calabrese. Nella splendida cornice della sede dell’associazione La Farfalla nella pineta di Castel Fusano, la sera del 15 giugno il pubblico ha ascoltato storie di Africa e Crotone, di piccoli ruscelli e di mare, di elefanti nervosi, re cacciatori e donne antiche. In un mix unico di lingue, armonie e stili narrativi, ci si lascia trasportare dalla musica e dalle parole, tutto rigorosamente improvvisato, come nella migliore tradizione dei cantastorie. Resta l’incanto per l’espressività di Ofogo e l’ammirazione per la maestria di Brusco, capace di alternare diversi tipi di percussioni e innumerevoli modulazioni della propria voce.

Da non perdere i prossimi appuntamenti del festival internazionale di storytelling, diretto da due italiani, Paola Baldi e Davide Bardi, dal 21 al 23 giugno all’Abbazia di Farfa. Protagoniste dei prossimi spettacoli, nonostante le inimmaginabili difficoltà per essere presenti, le sette storytellers palestinesi del gruppo Seraj Librieries di Ramallah. Storie da ascoltare, oggi più che mai.

data di pubblicazione:17/06/2024


Il nostro voto:

 

LA BUONA NOVELLA di Fabrizio De André

LA BUONA NOVELLA di Fabrizio De André

drammaturgia e regia di Giorgio Gallione, con Neri Marcorè, Rosanna Naddeo, Giua, Barbara Casini, Anais Drago, Francesco Negri, Alessandra Abbondanza

(Teatro Quirino – Roma, 19/28 aprile 2024)

Neri Marcorè torna a lavorare con il teatro canzone nell’adattamento dello storico concept album La Buona Novella di Fabrizio De André, a più di cinquant’anni dalla sua uscita. Uno spettacolo che guarda al modello con attenzione e cura, ma che manca di coraggio.

C’è un po’ l’aria dei vecchi sceneggiati Rai degli anni ’70, ne La Buona Novella interpretato da Neri Marcorè, al Teatro Quirino fino al 28 aprile. Qui, come nel Leonardo di Renato Castellani, andato in onda circa un anno dopo l’uscita del concept album di De André che funge da perno dello spettacolo, il narratore si prende la libertà di interrompere il flusso degli avvenimenti, guidando il pubblico in un puntuale commento dei Vangeli apocrifi, usati da De André come fonte primaria per la scrittura dei dieci brani che compongono La Buona Novella (1970).

Il magnetismo dei racconti degli apocrifi è il punto di forza tanto dell’album quanto dello spettacolo teatrale. L’irresistibile umanità capricciosa dell’infanzia di Gesù e i pungenti commenti sul destino di Maria, data in sposa a un uomo molto più vecchio di lei in seguito a una “lotteria” cui partecipano tutti gli scapoli di Galilea, è già nei testi originali. Neri Marcorè canta i brani di De André con un calore baritonale molto vicino al modello, accompagnato da un ensemble polistrumentale in cui spicca per bravura ed estro il violino di Anais Drago. Il risultato è uno spettacolo piacevole e talvolta coinvolgente, la cui debolezza è però proprio nella teatralizzazione: il commento è a tratti ridondante ed è incorniciato da una scenografia che vorrebbe essere simbolica ed evocativa ma che appare perlopiù casuale. L’impressione è che la semplice sedia di Marcorè – ora appoggio, ora capovolta per fingere un tetto – sia un oggetto di scena molto più efficace, ad esempio, dell’enorme mezzaluna di carta trascinata sul palco durante la prima parte dello spettacolo, che sembra introdotta solo per essere fatta occasionalmente dondolare da uno degli attori, o della scala di legno con in cima una grande rosa vagamente kitsch calata di tanto in tanto a punteggiare i momenti più emotivi del racconto.

Quello che ne risulta è uno spettacolo che avrebbe potuto essere più incisivo, ma che riesce comunque a lasciare una buona impressione grazie alla cura degli arrangiamenti musicali, molto rispettosi dell’originale, e alla bravura di Marcorè. A spese, forse, degli aspetti più rivoluzionari dell’album di De André, di cui presenta una versione addomesticata e rassicurante.

data di pubblicazione:19/04/2024


Il nostro voto: