da Antonietta DelMastro | Dic 18, 2017
Conosco Donato Carrisi da molto poco, ho fatto incetta dei suoi libri nel corso dell’ultima primavera/estate; dopo aver preso in mano Il suggeritore sono rimasta talmente affascinata che non ho potuto far altro che leggere tutto quello che era stato pubblicato: ça va sans dire che ho letto immediatamente anche L’Uomo del labirinto e l’ho trovato veramente geniale!!!
La maestria di Carrisi nel continuo cambiamento di tempo e scena e nell’alternarsi delle storie dei vari personaggi che popolano i suoi libri è veramente ineguagliabile: con questo ultimo libro ci troviamo tra le mani un elegante mix tra un thriller psicologico e un action-thriller.
Nel corso delle 400 pagine ritroviamo personaggi già conosciuti ne Il Suggeritore, alcuni costruiti in modo tale da non poter non riportare alla mente i loro omologhi di La ragazza nella nebbia, una sorta di ammiccamento tra autore e fedele lettore che fa sorridere.
Il romanzo inizia una mattina di febbraio; Samantha Andretti, una ragazzina di tredici anni, si sta recando in classe dove ha appuntamento con il ragazzo più ambito di tutta la scuola. Nel tragitto che la divide dal loro incontro cerca di specchiarsi in ogni vetrina per sincerarsi di essere vestita in modo adeguato per il grande evento; non può quindi lasciarsi sfuggire la possibilità di guardarsi nei vetri a specchio di un minivan parcheggiato sul suo percorso “Non può essere, si disse. E osservò meglio. Dall’altra parte del vetro, nell’ombra, c’era un coniglio gigante”, il portello del minivan si apre e Samantha viene “trascinata nella tana”
È estate, la più torrida a memoria d’uomo e la vita in città si è capovolta, la temperatura è infernale e la popolazione ha invertito il ritmo di vita: si dorme quando il sole è alto nel cielo e si lavora, si va a scuola, si fa qualsiasi attività nel pieno della notte; ed è nel pieno della notte che riemerge Samantha dopo essere scomparsa nel nulla quindici anni prima…
Siamo all’interno dell’ospedale Saint Catherine, Samantha è una “figlia del buio”, una dei bambini rapiti e segregati dai loro carnefici, qualche volta riescono a riemergere dall’abisso delle loro prigioni ma non saranno mai più gli stessi; al suo fianco il dottor Green, un profiler che cercherà di catturare l’aguzzino scavando nella sua memoria.
Sulla strada, a condurre le indagini, ci sarà Bruno Genko, un detective privato che non ha paura di immergersi nel deep web o di percorrere i corridoi del Limbo, la sezione persone scomparse della polizia, per arrivare alla soluzione del caso.
Non è facile parlare di un thriller perché si rischia sempre di dire qualche cosa di troppo, quindi non posso far altro che consigliarne la lettura, è un libro che ti prende dalla prima pagina e non ti molla più!!!
data di pubblicazione:18/12/2017
da Antonietta DelMastro | Dic 11, 2017
Molto incuriosita dall’ultimo pubblicato La locanda degli amori diversi di Ito Ogowa, autrice che non conosco, ho iniziato ad avvicinarmi leggendo il primo libro pubblicato da Neri Pozza: Il ristorante dell’amore ritrovato.
Protagonista è Ringo, una sous chef che lavora in un ristorante turco di Tokyo; una sera rientrando a casa la trova totalmente vuota, il suo fidanzato è andato via portando con sé tutto: vestiti, mobili, gli utensili da cucina di Ringo, alcuni dei quali ereditati dalla adorata nonna, nonché tutti i suoi risparmi…
Il trauma è tale che Ringo ammutolisce, da quel momento comunicherà solo per iscritto attraverso un blocco note, l’unica cosa che riesce a fare è dirigersi alla fermata dell’autobus che l’aveva portata, quindicenne, dalla sua casa avita a Tokyo a casa della nonna e che ora, con percorso contrario, la riporterà a casa della madre nel suo paese natio.
Il rapporto con la madre è molto complicato, Ringo dovrà ingoiare il suo orgoglio e chiedere alla madre di poter affittare l’annesso della sua casa dove ricavare il suo ristorante per poter ricominciare; il ristorante, “Il Lumachino”, avrà un unico tavolo dove la chef accoglierà i commensali dopo aver parlato con loro e identificato il menù di cui hanno bisogno.
Le descrizioni dei cibi e degli ingredienti, del loro colore, dell’intensità dei sapori e dei profumi che sprigionano sono così perfette che sembra quasi di essere in cucina con Ringo, la delicatezza e la deferenza con cui la chef tratta tutti gli ingredienti è un vero tributo a ogni elemento, animale o vegetale, utilizzato; le storie dei clienti che si avvicendano nel locale sono indispensabili per rendere più concreta la figura di Ringo, definiscono meglio il suo carattere e i suoi pensieri, così come i scontri che ha con Ruriko, la madre.
La Ogowa ha creato un tourbillon di personaggi che ruotano intorno alla chef e che insieme alle riflessioni e ai sentimenti di Ringo le permetteranno di affrontare il tema dell’amore, della vecchiaia, dell’abbandono, della malattia e, soprattutto, del rapporto madre-figlia. Un bellissimo romanzo che ci porta nel Giappone del terzo millennio ma sempre comunque intriso delle sue tradizioni e delle sue memorie.
data di pubblicazione: 11/12/2017
da Antonietta DelMastro | Dic 4, 2017
Come in tutti i suoi romanzi, qualche aspetto della storia personale dell’autrice traspare dai suoi personaggi. Questa volta il suo alter ego è Lucia, cilena espatriata in Canada per sfuggire alla dittatura di Pinochet: la sua vita è segnata da un padre bigamo, dal fratello desaparecido, dalla sua personale lotta contro il cancro e da un matrimonio fallito e, nonostante ciò, è una donna viva e piena di voglia di vivere e di lasciarsi tutto alle spalle. A un certo momento della sua vita si trasferisce a Brooklyn per un semestre come visiting professor e alloggia nel seminterrato affittatole da un collega, Richard, anche lui con un passato drammatico che ha inizialmente combattuto affogando nell’alcol e che ora tiene sotto controllo con una disciplina ferrea.
Con loro protagonista del romanzo sarà Evelyn, giovanissima guatemalteca, immigrata clandestinamente negli USA per sfuggire a una gang criminale che è piombata nella sua vita segnandola in modo indelebile.
Poche settimane dopo Capodanno si scatena su New York una furiosa tempesta di neve; mentre Richard rientra a casa nella tormenta tampona il Suv davanti a lui da cui esce Evelyn che, sconvolta dall’incidente, afferra il biglietto da visita che Richard le porge e va via come una furia. Dopo parecchie ore, ormai a tarda sera, Richard se la ritrova sulle scale di casa e, poiché con il suo stentato spagnolo non riesce a comunicare con la ragazza, trova un modo per risolvere il problema della lingua: “l’unica cosa che gli era venuta in mente fosse stata di chiamare la cilena del piano interrato”.
Per quel fortuito tamponamento e le conseguenze che porta con sé, le vite dei tre protagonisti si legano indissolubilmente: “ (Evelyn) aveva preso la macchina della sua datrice di lavoro…., senza dirglielo perché stava facendo un sonnellino. La ragazza aggiunse con difficoltà che, dopo il tamponamento di Richard, aveva dovuto rinunciare all’idea di tornare a casa perché non poteva raccontare cosa era successo”.
I capitoli si alternano tra la narrazione di ciò che affrontano insieme e la descrizione delle loro vite pregresse con i loro fantasmi, i dolori, gli errori, le gioie che li hanno portati a essere ciò che sono diventati.
La Allende, come sempre, ci sorprende con la sua penna. Il romanzo è un po’ un giallo, un po’ un romanzo rosa, un po’ un romanzo storico, gli argomenti che affronta sono forti come il traffico di esseri umani, il potere delle gang o lo strazio della perdita di un figlio; i suoi personaggi sono costruiti magnificamente e prendono vita sotto i nostri occhi segnati dalla differente capacità di ognuno di loro di assimilare le proprie esperienze e cercare di trovare un modo per conviverci.
Forse non sarà la Allende di La casa degli spiriti o D’amore e ombra, ma vale sempre e comunque la pena di leggerla perché, sempre e comunque, ti lascia qualche cosa dentro che è irrinunciabile avere.
data di pubblicazione: 4/12/2017
da Antonietta DelMastro | Nov 27, 2017
Inutile presentare l’autore, lo conosciamo fin troppo bene dopo aver letto i suoi precedenti successi: Tempo assassino, Non lasciare la mia mano e, su tutti, Ninfee nere.
Con Mai dimenticare, Michel Bussi ci riporta in Normandia: questa volta la scenografia non sarà quella di uno spettacolare quadro impressionista ma ci troveremo a “correre” sulle spettacolari bianche scogliere nella regione della Senna Marittima.
Protagonista del romanzo è Jamal Salaoui, giovane nordafricano in vacanza a Yport per allenarsi, molto duramente, sulle sue falaises e partecipare come primo atleta portatore di handicap all’Ultra-Trail del Mont Blanc, la più dura corsa campestre del mondo.
La mattina del 19 febbraio Jamal sfida il freddo e il ghiaccio e, come ha fatto i giorni precedenti, inizia a correre risalendo una falaise; si ferma solo un attimo per prendere una sciarpa rossa di cachemire che trova poggiata sullo steccato che costeggia la strada, subito dopo gli compare davanti una ragazza: è sull’orlo della scarpata e sembra si voglia gettare, Jamal cerca di convincerla a desistere, ma lei minaccia di lanciarsi se lui si avvicina di più. Allora Jamal le lancia un capo della sciarpa per creare un contatto, per cercare di allontanarla dal precipizio senza avvicinarsi, ma la ragazza fa una mossa improvvisa, Jamal perde il suo capo della sciarpa e la giovane cade inesorabilmente di sotto da un’altezza di più di 100 metri. Quando Jamal arriva correndo alla base della scogliera la ragazza è a terra, morta, con la sciarpa stretta intorno al collo…: testimoni del tragico volo sono stati un uomo e un’anziana con il suo cagnolino .
Ma dalle indagini della polizia, chiamata proprio da Jamal, emerge che non si tratta di un suicidio: la ragazza ha subito una violenza e non è morta sfracellandosi dalla scogliera ma strangolata dalla sciarpa rossa… da quel momento un incalzante succedersi di avvenimenti rischierà di trasformare Jamal da testimone in colpevole.
La storia è raccontata in prima persona da Jamal che ha messo tutto nero su bianco per rendere reale, ai suoi stessi occhi, tutto quello che aveva subito e che era scaturito a seguito della tragica morte della ragazza, perché una volta che tutto è finito per il meglio ha avuto necessità di scrivere per capire la portata di quello che gli era capitato; ma è proprio vero che tutto è finito per il meglio….?
Finalmente ho ritrovato “a pieno” l’autore di Ninfee nere: in Mai dimenticare tutto è illusione, tutto è inganno, tutto è il contrario di tutto, fino alla fine dubiteremo di tutto e tutti, fino alla fine le vicende di Jamal e dei personaggi che lo circondano ci terranno con il fiato sospeso, non si possono non leggere queste pagine se non con una bramosia infinita, perché dobbiamo capire, dobbiamo scoprire cosa è successo a chi e a causa di chi.
Magistrale, non ci sono altre parole.
data di pubblicazione: 27/11/2017
da Antonietta DelMastro | Nov 12, 2017
Iniziamo col dire che mi sono sempre molto piaciuti i libri di Dan Brown e l’innegabile fascino del professor Langdon in Il codice da Vinci, Angeli e Demoni e Inferno. Questa volta mi sono dovuta imporre di terminare la lettura di Origin, di certo la paginazione non ha aiutato, considerando che il tomo consti di 560 pagine a metà delle quali si era già capito perfettamente cosa sarebbe successo al termine…
Il professor Langdon questa volta è in Spagna, a Bilbao, invitato da Edmond Kirsch, suo ex studente al quale è legato da una solida amicizia, al museo Guggenheim per assistere a un evento eccezionale: la rivelazione che cambierà per sempre la storia dell’umanità e rimetterà in discussione tutti i dogmi religiosi.
Edmond Kirsch, multimiliardario e futurologo famoso in tutto il mondo per le sue inimmaginabili invenzioni high-tech e per il suo inamovibile ateismo, sta per svelare la sua eccezionale ultima scoperta, la risposta alle due domande: da dove veniamo e dove andiamo.
Mentre Langdon e tutti gli invitati al Guggenheim nonchè tutti coloro che, in streaming, stanno assistendo alla presentazione, sono con il fiato sospeso nell’attesa della rivelazione, accade l’imprevedibile: nonostante il ferreo controllo sugli accessi alla location e l’imponente cordone di sicurezza, qualcuno si è introdotto nel museo, mettendo a serio rischio la possibilità che la scoperta di Kirsch venga rivelata e, anzi, possa andare perduta per sempre.
A questo punto inizia la vera avventura di Langdon il quale, coadiuvato da Ambra Vidal, direttrice del museo che ha collaborato con Kirsch alla preparazione dell’evento, fugge da Bilbao nel tentativo di scoprire e condividere con il mondo intero le inestimabili conoscenze di Kirsch.
Come, visto l’argomento, non poteva essere coinvolta la Chiesa? Ambra Vidal è la promessa sposa del principe ereditario, e quindi anche il cattolicissimo Palazzo Reale di Spagna sembra essere coinvolto nel disperato tentativo di lasciar finire nell’oblio le scoperte del futurologo…
Che dire, molto lontano dai primi successi! Lo schema narrativo è il solito: il professore di Harvard che sfugge ai suoi inseguitori con una donzella al fianco, viaggia nei luoghi più suggestivi del Paese, in questo caso il Palazzo Reale di Madrid e la Sagrada Familia di Barcellona, per riuscire a ottemperare ai suoi compiti.
La trama in alcuni punti è, francamente, decisamente forzata; senza spoilerrare il romanzo cito come esempio la fuga “passiva” del Principe ereditario, ma ve ne sono veramente in abbondanza di episodi poco credibili. Il finale a cui l’autore sottende è palese perlomeno dalla metà del libro così come lo è il deus ex machina che ha scatenato tutto l’intrigo e le motivazioni recondite.
Purtroppo direi che non vale veramente la pena di leggerlo…
data di pubblicazione:12/11/2017
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