da Antonietta DelMastro | Ott 1, 2018
Ho preso in mano il libro incuriosita dal titolo, ma non sono riuscita ad andare molto avanti e l’ho lasciato sul comodino fino all’estate quando, dopo l’insistenza di una collega che lo aveva trovato imperdibile, l’ho ripreso e hoterminato di leggerlo.
La storia credo che sia ormai di dominio pubblico, visto il battage che ha avuto nei mesi estivi, e la notizia che ne verrà presto fatto un film. Eleanor Oliphant è una donna di poco meno di trent’anni che lavora come contabile in un’agenzia di graphic design; la sua vita ha una ripetitività maniacale, sempre gli stessi vestiti, gli stessi cibi, arriva sempre alla stessa ora in ufficio, la pausa pranzo da sola con un sandwich e il cruciverba del DailyTelegraph, il mercoledì sera riceve la telefonata della madre e tutti i venerdì sera compra due bottiglie di vodka. Gli ultimi nove compleanni, Natali e Capodanni li ha passati da sola in casa con la sua amica più intima,la piantina grassa di nome Polly, il massimo della trasgressione è la cotta adolescenziale che ha per un cantante di una rock band.
Anche il suo aspetto è ordinario, “Eccomi qui: Eleanor Oliphant. Capelli lunghi, lisci, castano chiaro, che mi scendono giù fino alla vita, pelle chiara, il volto un palinsesto di fuoco. Un naso troppo piccolo e occhi troppo grandi. Orecchie: niente di eccezionale. Altezza più o meno nella media, peso approssimativamente nella media. Aspiro alla medietà…. Sono stata al centro di fin troppa attenzione in vita mia. Ignoratemi, passate oltre, non c’è nulla da vedere qui”.
Qualcosa nella vita di Eleanor inizia a cambiare quando stringe amicizia con Raymond, un collega di lavoro che riesce afare breccia nella sua solitudine e a scardinare alcune delle sue idiosincrasie grazie alla sua estrema gentilezza e al suo di starle vicino, senza giudicarla e cercando di addolcire i modi fin troppo diretti con cui Eleanor sipone verso gli altri. Con lui Eleanor inizierà a scardinare le sue abitudini, inizierà ad aprirsi agli altri e riuscirà ad affrontare la realtà della sua vita che, fino ad allora, aveva negato anche a se stessa.
Per buona parte del romanzo siamo attori e testimoni inermi dei pensieri e comportamenti vagamente borderline di Eleanor senza riuscire a capire le motivazioni che li scaturiscano e senza riuscire a sentirci a lei “vicini”; quando finalmente, nelle ultime pagine, ci viene svelato il drammatico passato di Eleanorpossiamostabilire un rapporto empatico con la protagonista, capiamo cosa abbia passato e il perché della sua vita solitaria e maniacale ma forse è ormai troppo tardi per farcela amare.
Un libro da leggere macerto non il libro dell’anno che alcuni hanno voluto far credere fosse.
data di pubblicazione:01/10/2018
da Antonietta DelMastro | Set 10, 2018
Terzo e, da quel che ci dice l’autore nella postfazione, ultimo romanzo che vede come protagonista il commissario profiler Enrico Mancini, del quale abbiamo seguito la parabola che lo ha portato verso una vera e proprio rinascita psicologica grazie anche alle sedute con la dottoressa Antonelli, psicologa della Polizia di Stato.
Anche in questo nuovo romanzo lo scenario è quello della inarrivabile bellezza dei recessi archeologici di Roma. Zilahy ci mostra i più sconosciuti, ci porta nei più oscuri entrando nei quali la scarica adrenalinica si fa costante e l’attesa angosciosa. Questi luoghi sono i veri protagonisti, insieme a Mancini, dei romanzi di Zilahy, sono attore e palcoscenico del nuovo folle assassino sulle tracce del quale si lancerà la sua squadra “Sopra la sua scorza coriacea, Roma occulta segreti e misteri e non c’è sasso, rovina o monumento, splendido e fastoso, che non abbia ricevuto il battesimo del sangue. Tutti custodiscono un’anima sudicia di morte; arene, obelischi e fontane”
La trama di Così crudele è la fine è appassionante come sono state quelle di È così che si uccide e La forma del buio; la scrittura di Zilahy essenziale e diretta ci ha abituati a immagini cruente, di forte impatto, in ciascun omicidio iscrive una serie tale di particolari che saranno poi illuminanti per riuscire a capire la psicologia dell’assassino e orientare la ricerca sulla giusta strada.
Questa volta i subplots sono stati veramente magistrali, fondamentali per immergersi al meglio nella storia e per arrivare alla comprensione, hanno aumentato ancor di più l’urgenza di proseguire per capire, trovare e fermare il nuovo mostro che minaccia la città eterna.
Vorrei sottolineare, dopo aver letto alcuni commenti che accusavano la presenza di “ancora un serial killer alla carbonara”, che è sicuramente innegabile che i romanzi di Zilahy abbiano subito una profonda influenza dei maestri americani, ma non potrebbe che essere così, in quanto il genere letterario affonda le proprie radici negli Stati Uniti.
Inviterei tutti i detrattori, sia del genere che dei nostri autori noir, a leggere l’illuminante saggio di Alessandra Calanchi Hard-boiled, noir, thriller: la paura come sottogenere letterario contenuto nel volume La letteratura degli Stati Uniti pubblicato da Carocci editore, per meglio comprendere come sia nato e come si sia evoluto questo genere letterario che in Italia ha dei rappresentanti di tutto rispetto come Zilahy.
A questo punto non posso dire altro che: leggetelo!!!
data di pubblicazione:10/09/2018
da Antonietta DelMastro | Lug 29, 2018
Due uomini, due donne e un adolescente sono i protagonisti di questo libro di Paolo Genovese.
Quattro di loro sono uniti da un filo rosso: la decisioni di farla finita.
Si tratta di Emily, una ex ginnasta eterna seconda ora in sedia a rotelle, Aretha, una poliziotta del NYPD che ha perduto la figlia adolescente, Daniel, un ragazzino che, suo malgrado, è diventato divo della pubblicità e, infine, Napoleon, un ricchissimo “motivatore”.
Il quinto è “l’uomo”, un personaggio senza nome che, un attimo prima che compiano il gesto estremo, li convince a concedergli una settimana di tempo per farli rinnamorare della vita, per mostrare loro cosa accadrebbe se portassero avanti la loro scelta. Alla fine della settimana verranno riportati indietro esattamente nel luogo dov’erano e nel momento cruciale, la decisione sarà solo loro: “Io non posso garantirvi che sarete felici. … l’unica cosa davvero importante è che abbiate nostalgia della felicità. Solo così vi verrà voglia di cercarla.”
Inizia così il viaggio di questo sparuto gruppetto impaurito; nell’arco della settimana che passeranno insieme avranno modo di confrontarsi e capire cosa ha spinto gli altri al gesto estremo e questo li porterà a riflettere sulle proprie motivazioni e sul valore della vita che è stata loro concessa e, forse, a trovare gli stimoli per continuare a viverla oppure proseguire nella loro scelta… “Saltando da un ponte non si risolvono i problemi, al massimo si passano a qualcun altro, qualcuno a cui magari non spettavano”.
Detto ciò, non si può non pensare a La vita è meravigliosa di Frank Capra con l’inarrivabile James Stewart. Sinceramente dopo poche pagine mi sono chiesta se fosse il caso di continuare a leggere un libro di cui le premesse mi avevano fatto pensare di sapere già tutto, era un chiaro déjà vu… ma la scrittura fluida ed estremamente piacevole di Genovese mi ha fatta proseguire nella lettura e alla fine non posso che dire che il libro è veramente bello!
Se è innegabile la somiglianza tra i ruoli assegnati a Clarence Odbody di Frank Capra e “l’uomo” di Genovese, le analogie si fermano qui. Anche nel libro di Genovese lo scopo de “l’uomo” è quello di salvare delle vite dal suicidio, ma le ragioni che lo spingono non hanno assolutamente nulla a che vedere con quelle di Clarence; anche nel romanzo viene concesso del tempo per “vedere cosa accade dopo il suicidio” ma i presupposti che portano i quattro personaggi a compiere il gesto estremo sono lontanissimi da quelli che convincono George Bailey del mitico Stewart.
Gli attori di Genovese sono più complicati, le motivazioni che li portano verso la fine sono più interiori, più metafisiche e quindi sicuramente più difficili da riconoscere e superare; c’è necessità, per ognuno di loro, di un lavoro introspettivo e, anche se necessariamente nel romanzo questa analisi è solo accennata, dà la possibilità al lettore di soffermarsi a riflettere.
Non era facile trovare un finale, per un libro del genere, che non sconfinasse nella banalità e Genovese ci è riuscito, facendo anche chiarezza su alcuni aspetti che, nel corso della lettura, erano rimasti vaghi.
Da leggere assolutamente, in attesa che ne venga fatto un film come Genovese lasciava intendere in una intervista rilasciata a Giovanni Floris in una puntata di fine maggio a DiMartedì sulla 7.
data di pubblicazione:29/07/2018
da Antonietta DelMastro | Lug 23, 2018
Ammetto di essere stata molto incuriosita dal nome dell’ex presidente americano, sono quindi andata a curiosare, in un sito di informazioni editoriali, le classifiche internazionali dei titoli più venduti e Il presidente è scomparso è primo in classifica, per il mese di giugno, negli Stati Uniti e nel Regno Unito; sempre più incuriosita ho iniziato la lettura…
La storia è ambientata ai giorni nostri e si svolge nell’arco di 72 ore.
Il libro inizia con il presidente degli Stati Uniti, Jonathan Lincoln Duncan, a rischio di impeachment: è stato accusato di avere avuto contatti telefonici con il maggiore rappresentante dei Figli della Jihad. Insieme ai più fidati membri del suo gabinetto sta cercando di trovare una linea di difesa, ma la sua attenzione è rivolta altrove: sa di essere il solo a poter fermare un attacco di cyberterrorismo di dimensioni inimmaginabili che sarebbe in grado di mettere letteralmente in ginocchio di Stati Uniti e che sta per essere messo in atto e deve trovare il modo di agire.
Per porre fine a questa minaccia il presidente “scompare” per poter lavorare nell’ombra; in alcune interviste Clinton ha affermato che, in situazioni estremamente critiche per poter risolvere questioni politiche spinose, l’uomo più potente del mondo effettivamente può “scomparire” per un certo tempo rinunciando anche agli agenti addetti alla sua protezione.
Da qui prenderanno vita una serie di vicissitudini che coinvolgeranno il presidente e non solo, che daranno modo di scoprire una talpa all’interno della stretta cerchia dei suoi fedelissimi.
L’idea di fondo è decisamente interessante ed è basata su una innegabile realtà che ognuno di noi ha sicuramente provato in prima persona: Uno dei paradossi dell’epoca moderna è che il progresso può renderci più potenti, ma anche più vulnerabili – comincia Augie –. Voi credete di essere all’apice del vostro potere, credete di essere in grado di fare cose senza precedenti. Ma io vi vedo all’apice della vostra vulnerabilità. E la ragione di tutto ciò è la dipendenza. La nostra società è diventata completamente dipendente dalla tecnologia.
Molto intriganti le parti in cui Clinton descrive gli interni della Casa Bianca come quando descrive la carta da parati della camera da letto “… su cui sono riprodotte scende della Rivoluzione americana. Un’eredità di Jackie Kennedy, a cui l’aveva regalata un’amica. A Betty Ford non piaceva, perciò l’aveva fatta togliere, ma Carter l’aveva rimessa. Da allora è stata tolta e rimessa varie volte.”, e tutte le varie consuetudini e la vita che vi si svolge al suo interno.
Peccato che sull’altro piatto della bilancia si debbano mettere le continue lusinghe e blandizie della figura del presidente e della sua abnegazione al bene comune oltre al ruolo degli Stati Uniti salvatori del mondo: “Volevano colpirci con forza sufficiente per obbligarci a non prenderci più cura del resto del pianeta”…
A ciò aggiungerei anche la decisione di far interpretare tutti i ruoli più rilevanti del libro a figure femminili, sia all’interno dell’amministrazione statunitense che in altri ruoli fondamentali per la storia ci sono donne: il capo di gabinetto della Casa Bianca, il direttore reggente dell’FBI, il vicepresidente degli Stati Uniti, il direttore della CIA (al momento del lancio in libreria del volume Trump non aveva ancora effettivamente destinato una donna a ricoprire questo ruolo), il presidente di Israele e altri ruoli che evito di anticipare. Una fastidiosissima piaggeria!
Concluderei mettendo sul piatto dei NO anche il discorso che il presidente Duncan tiene al Congresso, probabilmente inserito ad arte più come scelta politica che come necessità narrativa, ma proprio per questo avulso dal racconto e fuori luogo: è un romanzo e non una campagna elettorale.
Detto ciò, saranno comunque i lettori a deciderne la sorte….
data di pubblicazione:23/07/2018
da Antonietta DelMastro | Lug 9, 2018
Non sapevo che Michael Dobbs fosse l’autore della famosissima serie House of Cards, l’ho letto solo perché intrigata dalla trama, una volta finito ed estremamente apprezzato, ho capito anche il perché del grande successo della serie che fu con Kevin Spacey.
La trama è semplicissima: è il giorno del State Opening of Parliament, la cerimonia di apertura del Parlamento inglese, evento al quale la Regina Elisabetta non ha mai mancato un appuntamento, tranne che per la nascita di due dei suoi figli.
Tutte le tradizioni sono state fedelmente seguite: i Beefeter, le guardie della torre di Londra, hanno ispezionato le cantine del Palazzo di Westminster per essere sicuri che non avvenga una nuova “Congiura delle polveri” come accadde nel 1605, l’”ostaggio cerimoniale” è stato trasferito a Buckingham Palace, in modo che si possa garantire la sicurezza della sovrana nel momento in cui entra in Parlamento che, potenzialmente, le potrebbe essere ostile. Lo Stendardo Reale prende il posto della Bandiera del Regno Unito per significare che la Regina è nel Palazzo.
Sono presenti, oltre alla Regina Elisabetta, suo figlio Carlo, principe del Galles, tutti i membri della Camera dei Comuni e di quella dei Lord, il Primo ministro e tutti i Ministri del Regno e il potere giudiziario rappresentato dai Giudici di Sua Maestà; come ospiti sono presenti anche il figlio del Primo ministro e il figlio della Presidente degli Stati Uniti d’America.
Elisabetta II “abbassò gli occhiali sul naso, scrutando la sala: e tutti e trecentosessantadue gli ospiti lì riuniti ricambiarono il suo sguardo. «Miei Lord e membri della Camera dei Comuni, il mio governo…» S’interruppe…” Un gruppo di terroristi armati ha preso in ostaggio l’intera Camera dei Lord, le telecamere della BBC trasmettono in diretta tutto quello che accade all’interno, lasciando la Gran Bretagna e il mondo intero con il fiato sospeso; iniziano 24 ore lunghissime durante le quali la polizia metropolitana, Tricia Willcocks, Primo ministro ad interim, e il parlamentare Harry Jones, ex militare della SAS, faranno di tutto per liberarli.
Assolutamente adrenalinico, la storia si dipana a un ritmo serrato e con estrema suspense i personaggi sono estremamente ben costruiti e i flashback che ci regala Dobbs sono fondamentali per imparare a conoscere la loro psiche; ho amato la Regina Elisabetta, l’autore l’ha descritta esattamente come immaginavo che si sarebbe comportata in un frangente simile, da donna energica, caparbia, che non si scompone davanti a nulla, assolutamente legata alle tradizioni del suo ruolo ed estremamente amata dal suo popolo.
Il subplot sulla vita di Harry Jones ci fa ben sperare per i prossimi romanzi di Dobbs.
Visto il periodo estivo non posso che consigliare di mettere questo libro in valigia!!!
data di pubblicazione:09/07/2018
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