da Antonietta DelMastro | Gen 26, 2016
Perché ogni tanto vanno anche ripresi in mano dei libri “più datati”, non si può leggere solo quello che viene pubblicato nell’immediato e che, spesso, con la stessa velocità scompare senza lasciare traccia.
Ogni tanto vanno ripresi in mano i libri che hanno fatto la storia della letteratura mondiale, e in queste feste appena passate il Canto di Natale di Dickens ci stava proprio bene!
Quante volte l’ho letto ai miei figli bambini, con quante voci diverse ho riportato alla luce da quelle pagine il vecchio Giacobbe Marley, gli spiriti dei tre Natali, il povero Bob Cratchit e il tremendo Ebenezer Scrooge, quanta tristezza si è dipinta sui loro visetti per la sorte del piccolo Tiny Tim e quanta gioia per quell’enorme tacchino che Scrooge fa portare a casa Cratchit dopo il suo ravvedimento. Quante volte durante le feste natalizie abbiamo guardato insieme il cartone della Disney, incantati da Scrooge/Paperone o Marley/Pippo.
E questa volta ho ripreso in mano il “vero” Canto di Natale magistralmente tradotto da Federigo Verdinois.
Ho ritrovato nelle sue pagine tutta la gioia del Natale, quello vero non quello dei centri commerciali, quello della condivisione con i parenti e gli amici cari, quello in cui ci si raduna intorno a una tavola felici della propria vicinanza, dello scambiare una parola, un cenno, un gesto.
Da quelle poche pagine sorgono così tanti sentimenti, così tante riflessioni, così tanta serenità. Le descrizioni di Dickens sono insuperabili, sentiamo i rumori degli oggetti, i profumi delle spezie, la gentilezza della gente: “E le drogherie, oh le drogherie! Chiuse a metà, o solo con uno o due imposte tolte via; ma che bellezza di spettacolo traverso a quelle aperture! […] l i barattoli passassero rumoreggiando di mano in mano come bussolotti, o che i profumi mescolati del tè e del caffè accarezzassero il naso, o che i grappoli di uva passa fossero così pieni e biodi, e le mandorle così candide e la cannella così lunga e dritta […] era una vergona, dicevano, bisticciarsi il giorno di Natale”
Di contro troviamo l’egoismo di Scrooge, avido, burbero, gretto ”Un Natale allegro! Al diavolo il Natale con tutta l’allegria! O che altro è il Natale se non un giorno di scadenze quando non s’hanno danari; un giorno in cui ci si trova più vecchi di un anno e nemmeno di un’ora più ricchi; un giorno di chiusura di bilancio che ci dà, dopo dodici mesi, la bella soddisfazione di non trovare una sola partita all’attivo? Se potessi fare a modo mio, ogni idiota che se ne va attorno con cotesto “allegro Natale” in bocca, avrebbe a esser bollito nella propria pentola e sotterrato […]”
Con un linguaggio colto e quasi sempre colloquiale ci racconta una bella fiaba, che racchiude in sé tante cose: la critica vero la rigida società londinese vittoriana di metà ottocento, una storia di fantasmi, di buoni sentimenti, e della redenzione di Scrooge.
Un libro che dovremmo rileggere ogni anno per ricordarci sempre che Natale non è “fare il regalo” ma è affetto, amicizia, calore.
da Antonietta DelMastro | Gen 8, 2016
Romanzo familiare, pochi i personaggi e quasi tutti senza nome, li conosceremo come il Padre, la Madre, lo Zio, la Sposa giovane, l’unico ad avere un nome è il maggiordomo: Modesto.
Inizialmente il continuo passaggio tra la prima e la terza persona narrante, tra il narratore e uno qualsiasi dei personaggi, senza soluzione di continuità può destabilizzare il lettore ma, una volta afferrato il meccanismo, lo trovo assolutamente piacevole e ideale per questo libro. “Il fatto è che alcuni scrivono libri altri li leggono: sa Dio chi è nella posizione migliore di capirci qualcosa” come non essere assolutamente, interamente, totalmente d’accordo con l’autore?
È un romanzo che celebra l’attesa, a cavallo tra la verisimiglianza e l’onirico.
Come concordato la Sposa giovane arriva per unirsi in matrimonio con il Figlio ma lui non c’è, è in Inghilterra per “affari”. Così comincia l’attesa della Sposa, una attesa durante la quale impara a conoscere le abitudini e i segreti di questa famiglia immobile nella sua routine sempre identica che non ammette sorprese, perché questi ritmi ripetitivi danno la sicurezza di un giorno uguale all’altro in quella che sembra essere una eternità fatta di un solo giorno. In questo immobilismo la Sposa giovane viene edotta alla bellezza, alla sensualità, alla seduzione e a un certo punto “tutto le parve sbagliato, o orribile. Squinternata la Famiglia, ………, velleitaria qualsiasi sua frase pronunciata a schiena dritta, stucchevole Modesto, pazzo il Padre, malata la Madre, ignobili quei posti….” Ma, come spesso succede nei libri di Baricco, quando tutto sembra ormai precipitare un finale a sorpresa ci darà modo di capire, di apprezzare, di amare quanto scritto fino a ora.
da Antonietta DelMastro | Dic 13, 2015
Oscar sta rientrando a casa dopo una lunga giornata di lavoro, passando davanti alla cappella del King’s College viene attratto dal suono celestiale di un organo. Entra, e questa variazione dalle sue abitudini determinerà lo stravolgimento della sua vita.
Mentre è seduto, rapito dalla musica, incontra la sguardo di Iris Bellwether della quale si innamora all’istante; la attende all’uscita della cappella dove farà la sua conoscenza e quella di suo fratello, Eden, l’organista.
Da quel momento Oscar e Iris diventano inseparabili. Oscar viene accolto nella cerchia delle amicizie dei due fratelli, un piccolo gruppo esclusivo socialmente avulso dalla sua realtà.
Pian piano impareremo insieme a Oscar a conoscere meglio Eden, un personaggio molto particolare punto focale del gruppo di amici sui quali esercita un fascino ambiguo e misterioso. Il ragazzo, che con la sua musica celestiale ha convinto Oscar ad entrare ad ascoltare la sua musica, è convinto di riuscire a curare le malattie attraverso l’ipnosi e la musicoterapia.
Veramente un ottimo romanzo di esordio.
Le atmosfere sono così intense e i personaggi descritti così minuziosamente da far dimenticare a tratti che il periodo storico in cui si svolge il romanzo sia quello attuale.
La trama, inizialmente, mi ha un po’ lasciata perplessa, ricordando troppo da vicino le vicende di Revival di Stephen King: d’altra parte il titolo originale del volume di Wood è The Bellwether Revivals…. Il manipolatore Eden Bellwether non può non riportare alla mente la storia del reverendo Charles Jacobs di King, il desiderio di “guarire” il prossimo attraverso le proprie capacità, che siano musicoterapiche e ipnotiche o legate alla “elettricità”, è lo stesso, molto diverse le motivazioni.
Ma in tutti e due vediamo le stesse prerogative: la supponenza, la presunzione, la sicurezza della propria riuscita, della propria “potenza”, la convinzione dell’essere nel giusto e nel considerare le persone che sono loro intorno come danni collaterali sacrificabili sono pressoché le stesse.
Completamente diverse le motivazioni e i finali; King è il più celebre autore di letteratura fantastica/horror e nel suo Revival non poteva tradire le aspettative dei suoi lettori. Wood ci coinvolge, ci irretisce, la tensione e l’incalzare degli eventi aumentano di pagina in pagina fino ad arrivare all’apoteosi finale dove si contrappongono per un’ultima volta Oscar e Eden, la fede nella realtà delle cose del primo e la sicumera di Eden che lo porterà nell’abisso.
da Antonietta DelMastro | Dic 7, 2015
Un romanzo forte, potente, coinvolgente sulla potenza della vita che, nonostante tutto, ci trascina avanti.
L’atmosfera è apocalittica, una descrizione distopica del nostro mondo devastato da un virus letale, “la Rossa”, partito dal Belgio e diffusosi ovunque uccidendo tutti gli adulti risparmiando solo i bambini ancora impuberi.
Siamo nella Sicilia nord occidentale devastata prima dal virus e poi da incendi ed esplosioni lo scenario che si apre ai nostri occhi è macabro, attori sono dei bambini malnutriti e terrorizzati che percorrono chilometri di strade desolate, dove fanno ancora bella mostra di sé cartelloni pubblicitari che incitano: “Scegli oggi il tuo futuro”, alla ricerca di cibo vagano saccheggiando ciò che resta nei supermercati, entrando nelle case devastate in cerca di cibo e vestiti scavalcando i cadaveri degli adulti ormai mummificati.
In questo scenario spettrale seguiamo la storia di Anna, una ragazzina di 13/14 anni che lotta con tutte le sue forze per salvarsi e salvare il fratello piccino; ha assistito alla morte dei suoi genitori “di fronte a quei resti la bambina intuì che la vita è un insieme di attese. A volte così brevi che nemmeno te ne rendi conto, a volte così lunghe da sembrare infinite, ma con o senza pazienza hanno tutte una fine.”. Attraverserà la Sicilia con un quaderno come guida il “Quaderno delle Cose Importanti” scritto dalla madre negli ultimi mesi di vita e lasciatole da consultare per non sbagliare, per non mettersi in pericolo, ma troppo presto scoprirà che “ le regole del passato non valgono più, dovrà intentarne di nuove.”, potrà contare solo su se stessa e sul suo istinto, non potrà mostrare debolezze, soprattutto quella di sperare. Il mondo che le si apre davanti è completamente diverso da quello che conosceva, l’unica certezza in questo nuovo scenario è che “la Rossa” porterà via con sé ogni essere che arriverà alla pubertà e non si deve cedere alla malattia della speranza perché “la vita non ci appartiene, ci attraversa”.
Eppure… eppure questi bambini, che non hanno tempo per la paura, per le lacrime, che sono cresciuti così in fretta e che sono così consapevoli della “fuggevolezza” della loro vita lottano, combattono, credono in un futuro cercano segni che indichino che possa cambiare e che, forse, la speranza non è poi una malattia così grave, che forse la speranza si può riporre anche in un semplice paio di scarpe…
da Antonietta DelMastro | Nov 24, 2015
Secondo magistrale romanzo della trilogia iniziata con Mr Mercedes (Sperling & Kupfer 2014), e che allontana il Re dall’horror suo habitat naturale e lo porta a cimentarsi nel genere poliziesco. Le note caratteristiche della scrittura restano le medesime, il ritmo è serrato come siamo abituati ad aspettarci da King, la tensione è altissima, la scrittura è sempre coinvolgente e attenta al lato psicologico dei personaggi.
Questo secondo capitolo presenta un ritmo sicuramente più incalzante di quello del precedente: l’argomento è uno di quelli cari al Re, il potere della letteratura nella vita di ogni giorno, nel bene e nel male!
Assistiamo subito al brutale omicidio di John Rothstein creatore del personaggio di Jimmy Gold; l’omicida, uno dei suoi più grandi fan, Morris Bellamy, lo accusa di aver smesso di scrivere dopo aver trasformato Gold in un “pantofolaio” con moglie e figli: un richiamo a Misery, un lettore ossessionato fino alla follia da un personaggio “di carta”.
Dopo l’omicidio Bellamy si appropria dei soldi che sono nella cassaforte dello scrittore e di un bottino bel più importante, alcuni taccuini con due nuovi romanzi inediti con Gold. Bellamy sotterra tutto ma, purtroppo per lui, non fa in tempo a leggere nulla perché viene arrestato, non per l’omicidio che resta irrisolto, ma per un altro reato che gli vale comunque la condanna all’ergastolo.
Vivrà per trenta anni recluso con un unico obiettivo: uscire di prigione per poter leggere i due inediti. Trenta anni dietro le sbarre con un unico desiderio, con un unico interesse, con un unico pensiero.
Quando uscirà sia i soldi sia i taccuini sono scomparsi e le tracce lo porteranno fino a Pete Saubers, un adolescente che ora vive nella sua vecchia casa insieme ai propri genitori, trasferitivisi dopo che il padre fu investito dalla Mercedes guidata da Brady Hartsfield.
A questo punto ritroviamo il cast del precedente romanzo, Mr Mercedes, il detective Bill Hodges e la sua “geniale” assistente Holly Gibney e il loro giovane amico Jerome Robinson, perché proprio a Jerome si rivolgerà Tinny, sorella di Pete, quando si renderà conto che il fratello si trova in un brutto guaio…
Nel libro è presente, marginalmente, anche Hartfield, che Hodges va a trovare in ospedale e, nelle ultime pagine qualcosa resta in sospeso e ci fa sperare che nel terzo capitolo ci sia un ritorno al genere principe del nostro Re.
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