da Antonietta DelMastro | Mag 31, 2016
Vincitore del premio Strega giovani 2014
È la storia della vita di Samia Yusuf Omar. La sua vita a Bondere, un quartiere di Mogadiscio, la sua crescita tra le strade polverose e la sua passione per la corsa che la porterà a partecipare, a solo 17 anni con una preparazione autodidatta, alle Olimpiadi di Pechino del 2008.
Impareremo ad amare questa ragazza con la sua determinazione e le sue sofferenze, in un paese dilaniato da una guerra intestina in cui perderà amici e familiari, che la spingeranno a pretendere sempre di più dall’unica cosa che pensa potrà metterla in grado di fare qualche cosa di utile per il suo paese: vincere alle Olimpiadi di Londra del 2012 e ottenere le attenzioni sufficienti per poter dare voce alle donne della Somalia, ai problemi del suo paese, alle sue difficoltà e alla sua sofferenza, per poter chiedere aiuto.
Ma benché il comitato olimpico della Somalia la aiuti nella sua scalata verso il “successo”, Samia si rende perfettamente conto che non sarà mai in grado di poter competere con le campionesse degli altri continenti; l’unica sua possibilità per poter vincere, perché sa che nelle sue gambe c’è la potenza che può portarla sul grandino più alto del podio, è di arrivare in Europa e allenarsi con le altre atlete. Percorrere la strada che ha già fatto sua sorella prima di lei e, se fortunata, raggiungere il suo idolo Mo Farah che da Mogadiscio è arrivato a Londra e ora gareggia sotto la bandiera inglese.
A questo punto inizia il viaggio di Samia per arrivare in Europa, il dramma di un viaggio della speranza, descritto nei minimi particolari in modo crudo e duro, che la porterà a solcare il Mar Mediterraneo nella speranza di raggiungere le coste di Lampedusa.
Di una drammatica attualità, è un libro che dovremmo leggere tutti, perché nessuno di noi è in grado di immaginare neanche lontanamente cosa affrontano queste persone pur di passare il Mediterraneo.
data di pubblicazione: 31/05/2016
da Antonietta DelMastro | Mag 11, 2016
Interessante l’intento della Baily di rileggere in chiave positiva il tentativo, raccontato in 16 ottobre 1943 di Debenedetti, di una donna che cerca di salvare un bambino dalla deportazione nazista senza, ahimè, riuscirci.
È l’alba del 16 ottobre 1943, Chiara Ravello sta attraversando le strade del ghetto mentre i nazisti stanno rastrellando uomini, donne, bambini: la loro destinazione, sappiamo senza ritorno, sarà Auschwitz.
La donna alza gli occhi e incrocia lo sguardo di una donna ebrea sul camion; è una madre, ha tra le braccia una bimba piccina, un’altra è in braccio al marito, un bambino poco più grande si regge al vestito della madre. Le due donne si fissano, quella sul camion cerca di staccare da sé la mano del figlio, quella sulla strada grida “è mio nipote, quel bambino è mio nipote…” il tempo si ferma, il bambino, Daniele, viene fatto scendere dal camion, gli sguardi delle due donne non si incroceranno più. La prima resterà muta su quel camion che la porterà verso la morte consapevole di avere dato perlomeno una speranza al proprio figlio, la seconda stringe a sé il bambino e va via.
La struttura del romanzo è classica; i capitoli si alternano, uno via l’altro, tra presente e passato. I personaggi che incontriamo, l’amica Simone, la sorella Cecilia, il barista Gennaro, fanno da contorno alle vite di questa madre “adottiva” e del bambino che crescerà, alla loro vita insieme, ai segreti sottaciuti, alle ingerenze nella Storia, per non doverlo “riconsegnare” alla fine della guerra, le rivelazioni che stravolgeranno le loro vite… immagini che si rincorrono, che si inframmezzano, che si incrociano con le vicende degli altri attori.
Quindi dicevo che l’idea mi è sembrata decisamente originale, peccato che quel guizzo iniziale si perda, subito dopo, in pagine e pagine che sono poco più che descrizioni a malapena accennate di quello che è accaduto in seguito. Un argomento del genere, in una Roma assediata dai nazisti, in una Italia devastata dalle rappresaglie, avrebbe potuto dare vita a un romanzo di una potenza, di una forza empatica inenarrabile, mentre quello che ho letto mi è sembrato un racconto a “vol d’oiseau”, si vede da lontano quello che sarebbe potuto essere e si passa oltre, senza mai approfondire…
Che dire, un vero peccato!
data di pubblicazione:11/05/2016
da Antonietta DelMastro | Apr 25, 2016
Purity, Pip per gli amici, è una ragazza della California settentrionale la cui madre è fuggita, prima che lei nascesse, cambiando nome e cancellando ogni traccia del suo passato e che non le ha mai voluto rivelarle l’identità di suo padre. La vita di Pip non è facile; è povera e ha un grosso debito universitario da dover ripagare, vive in una casa occupata a Oakland e lavora ad un call center senza grandi speranze per il futuro.
Una sua coinquilina le procurerà l’occasione di trasferirsi in Bolivia ed entrare a far parte dell’organizzazione Sunlight Project di Andreas Wolf, una opportunità che Pip vuole sfruttare per riuscire a scoprire qualche cosa sul suo passato attraverso le tecnologie degli hacker dell’antagonista di Julian Assange. Il fascino di Wolf non lascerà indenne Pip alla quale il leader del Sunlight Project svelerà un segreto sconvolgente che la porterà fino a Denver alle dipendenze di Tom Aberant all’Indipendent.
Franzen articola il suo quinto romanzo in un gioco narrativo diviso in 4 parti e che ci porterà a conoscere ogni attore al quale dedica un “capitolo” che è un vero e proprio romanzo a se stante.
Di ognuno di questi attori, uniti dal desiderio di “purificare” il mondo, mondandolo dalle storture di cui è vittima, conosceremo i più reconditi segreti mostrandoli per quello che sono: esseri umani che sbagliano, loro per primi, attanagliati da sensi di colpa e ansia da prestazione, che spargono dolore senza rendersene conto, desiderosi di poter controllare, con la “loro verità”, le vite degli altri.
Il principale attore del romanzo non può che essere colei che dà il titolo al libro, Purity: nevrotica ragazza del nord della California, con i suoi problemi, le sue speranze, le sue difficoltà, il rapporto angosciante con la madre, mielosa e opprimente, che non vuole assolutamente rivelarle quale siano le sue origini.
Passeremo poi alle vite di Leila Helou, giornalista dell’Indipendent e compagna di Tom Aberant, musa di Pip e sua ignara complice nel piano che lei sta portando avanti per il fondatore del Sunlight Project, Andreas Wolf, del quale conosceremo ogni piccolo particolare della sua vita di geniale figlio di un alto funzionario della Stasi in una Berlino Est che sta sgretolandosi e Tom Aberant, l’unico che narrerà in prima persona la propria storia.
Anche questo libro, come già accaduto per Le correzioni e per Libertà, mi ha lasciata in apnea fino alla fine. Perché è questa la scrittura di Franzen, la cura nella descrizione dell’interiorità di ogni personaggio che ti lega al libro, alla storia, al desiderio di sapere cosa farà dopo, la sua maestria nel calarsi in ognuno dei personaggi, nel far loro raccontare di sé.
data di pubblicazione:25/04/2016
da Antonietta DelMastro | Apr 19, 2016
Sono una lettrice di parte. Amo i libri di Malvaldi e seguo fedelmente e appassionatamente le vicissitudini di quella improbabile combriccola di vecchini toscani che si radunano al BarLume e che, con le loro osservazioni per lo più non richieste, riescono quasi sempre a trovare il bandolo della matassa nell’omicidio del momento.
Al di fuori delle avventure di Pineta avevo già letto Odore di chiuso con Pellegrino Artusi che si destreggia tra ricette e omicidi; questo nuovo libro non fa che confermare la mia stima indefessa per uno scrittore che riesce a incollare i lettori alle sue pagine, che siano esse di una nuova storia con personaggi già noti o di un racconto “a sé stante”.
Buchi nella sabbia si svolge interamente nel Teatro Nuovo di Pisa. Siamo nel 1901, Re Umberto I è stato appena ucciso, il figlio e nuovo Re, Vittorio Emanuele III sta per assistere alla Tosca di Giacomo Puccini; il rischio di attentato è molto alto, così come le misure di sicurezza prese dalla guardia regia. Pisa è terra di anarchici, il momento in cui Tosca assisterà alla fucilazione di Cavaradossi potrebbe essere utilizzato dai sovversivi per una protesta, o peggio, per un atto contro il nuovo re.
Nonostante i controlli, le misure di sicurezza, i carabinieri in sala di fianco agli individui più facinorosi, sul palco avviene un omicidio.
Le indagini vengono affidate al Tenente dei Carabinieri Gianfilippo Pellerey, quintessenza del motto dell’Arma “fedele nei secoli”, di animo cavalleresco e cervello fino e al suo diretto superiore Capitano Ulrico Dalmasso; i due verranno aiutati nelle indagini dalla loro nemesi: Ernesto Ragazzoni, poeta popolare rimatore di alto livello, redattore de La Stampa, personaggio anarchico e antimilitarista.
La descrizione delle indagini, degli interrogatori, delle conclusioni, sono di una maestria senza pari; Malvaldi tira fuori la sua ironia più sottile, dissacrante, comica; con la sua consueta abilità e senza alcuna condiscendenza riesce a farci avanzare nel romanzo con dettagli e particolari che rendono il mondo dell’Opera “noto” a tutti.
I personaggi e il periodo sono dipinti con una fedeltà veramente notevole e la penna di Malvaldi riesce a inserire alcune scene esilaranti anche in una storia criminale qual è quella del libro.
Malvaldi è veramente un maestro dei dialoghi, ricercati e spesso infarciti di lessico dialettale e battute ironiche, e delle situazioni spassose di cui arricchisce i suoi libri.
Anche questo è stato un libro piacevolissimo da leggere così come lo sono sempre stati quelli del BarLume e come, prima di questo, lo è stato Odore di chiuso.
data di pubblicazione: 19/04/2016
da Antonietta DelMastro | Apr 12, 2016
Dopo essere stata piacevolmente intrattenuta dalla lettura di Avrò cura di te, è stato naturale prendere in mano il nuovo libro della Gamberale, Adesso. Purtroppo l’impressione che ne ho avuto non è assolutamente la medesima del precedente.
L’“Adesso” di cui ci parla l’autrice è il momento in cui, per ognuno di noi, nulla sarà più come prima, è il momento in cui ci si innamora e tutto cambia.
La storia è quella di Lidia, separata senza figli, con una carriera di conduttrice televisiva ben avviata, e di Pietro, separato, con una bambina per la quale sta combattendo una battaglia legale per l’affidamento con la ex moglie in odore di convento.
Sono accomunati dalla paura di sbagliare nuovamente, di confessare l’uno a all’altra di essere stati travolti nuovamente dall’amore, dalla paura di obbligare in qualche modo l’altro a costruire qualcosa contro la propria volontà.
La storia va avanti così tra continue riflessioni su cosa è stato, cosa sarebbe potuto essere, cosa sarebbe dovuto essere… in modo devo dire, piuttosto scontato e banale.
Attori del libro sono anche gli amici di Lidia, quelli “dell’Arca senza Noè”, con il comune denominatore del fallimento in amore.
Fin qui l’idea mi sembrava ottima. Poi, tuttavia, si entra troppo nell’introspezione che a tratti è forse esageratamente forzata.
L’apoteosi si ha nel finale, quando ormai Lidia e Pietro, dopo un tentativo di vita in comune si sono separati, e gli amici dell’Arca senza Noè si trovano tutti in vacanza insieme su un’isola greca… Le riflessioni che si alternano, i consigli che si danno l’un l’altro sono la sublimazione di ciò che è accaduto fino ad allora… una riunione di psicoterapia espressiva in piena regola.
Innegabilmente la terapia funziona, grazie ai feedback che si danno tra di loro, tutti gli amici dell’Arca riescono a prendere consapevolezza dei propri errori, delle dinamiche contorte che hanno influenzato i loro comportamenti e, con la velocità del fulmine, riescono a comprendere cosa devono cambiare per creare un rapporto duraturo e felice con il proprio partner… a questo punto ci starebbe benissimo un “…e quello per questo è un sogno” delle due mitiche sorelle che giocano al lotto in Così parlò Bellavista.
Dopo questa vacanza catartica c’è una prolessi, in cui siamo liberi di immaginare tutto quello che vogliamo, e il romanzo si conclude alla Vigilia di Natale con gli amici dell’Arca senza Noè e l’ex marito di Lidia che stanno andando a darle supporto per il primo incontro con “Colibrì”, la figlia di Pietro.
La musica sfuma…
data di pubblicazione: 12/04/2016
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