da Antonietta DelMastro | Nov 13, 2016
Un romanzo emozionante, intenso, intimo. La capacità di empatia di Gramellini è tale da coinvolgere ogni piccolo atomo del lettore e fargli finire il libro in un battito di ciglia tra il turbamento e il rammarico di averlo già finito.
Il romanzo prende vita per caso. Gramellini era nella stanza del suo editore per condividere la bozza di un’idea di romanzo che stava nascendo dalla sua esperienza, dal suo vissuto di orfano quando si rese conto che la stanza si era affollata di tutti gli editor e che, molti di loro, erano profondamente commossi.
Fai bei sogni è la storia di Massimo che, a soli otto anni, viene svegliato la mattina del primo dell’anno dalle urla del padre tenuto a braccia da due sconosciuti.
La mamma non c’è, è fuori per delle commissioni, gli verrà detto dai i vicini di casa dai quali passerà qualche ora in attesa del rientro del padre e della tremenda verità: la mamma non c’è più, morta per un infarto dovuto allo stress delle cure a cui si sottoponeva per un “brutto male”.
Da quel momento Gramellini descrive i cambiamenti nella vita di quel bambino di tanti anni prima; la sua esistenza tranquilla e serena finisce, inizia una sofferenza inenarrabile di cui si vergogna e che lo accompagnerà fino all’età adulta, il dolore più grande, la morte della mamma.
Nella vita di Massimo manca la presenza di altre figure femminili, non ci sono le nonne e non ci sono delle zie, restano soli, lui e il padre: “per colmare in parte l’abisso di una madre che muore bisogna essere dei maschi femmina. Severi all’occorrenza, ma sensibili. Invece papà era maschio e basta… Aveva le mani grandi e uno sguardo truce che incuteva soggezione agli estranei e anche a me. Sembrava incapace di darmi una carezza che non assomigliasse a uno schiaffo, come di preparare un caffelatte decente”.
Gramellini, senza voler fare del libro un trattato di psicologia infantile, ci fa capire in modo diretto ed estremamente chiaro la sua condizione e la sua sofferenza, la sua vita con il marchio del “diverso”: “dentro di me il disagio per la condizione di orfano si mescolava al terrore che fosse ineluttabile”… “io non chiedevo compassione e privilegi, ma amore”…“io non piangevo… credevo ancora che una mattina mi sarei svegliato e avrei visto la mamma ai piedi del letto con la vestaglia sulle spalle”.
Il rapporto con il padre non esiste; l’unico momento di apertura tra loro su ciò che è accaduto dura pochi momenti, durante un viaggio in macchina il padre gli dice che ciò che era accaduto era drammatico per tutti e due ma sicuramente chi stava peggio era lui, perché una moglie poteva essere sostituita una madre no.
Crescendo senza alcun aiuto Massimo si avvolge sempre più su se stesso, nella sua mente compare una voce, che lui chiamerà Belfagor, che gli pone le domande più dolorose: perché proprio la sua mamma, perché gli altri bambini potevano rifugiarsi tra le braccia delle loro mamme e lui no?
Così passano gli anni delle medie e delle superiori fino ad arrivare all’università e alla scelta di una facoltà che non gli interessa, ma che va incontro ai sogni della madre: Giurisprudenza, diventare avvocato. Altri anni bui in cui si alternano esami superati con il massimo dei voti a periodi di reclusione nella sua stanza alla ricerca di un interesse che lo possa aiutare a uscire dalla confusione, che lo aiuti ad aggrapparsi a qualche forma di normalità, che gli permetta di uscire dal suo dolore e gli tolga la sua paura di vivere.
La luce in fondo al tunnel la porta una serie di concomitanze: l’inizio della sua carriera di giornalista e la realizzazione del suo desiderio atavico di scrivere, la comparsa nella sua vita di Elisa, la sua anima gemella, e la pubblicazione del suo ultimo romanzo che, regalato alla migliore amica di sua madre, lo porta a conoscenza delle vere cause della sua morte tenutegli nascoste per quaranta anni.
Con l’aiuto di Elisa tutte le domande che si ripresentano alla sua mente trovano una risposta, la sua compagna è un vero faro nel buio: “Liberati dal piombo che hai sul cuore… è una vita che ti tormenti e tormenti tua madre…”.
Massimo riesce a capire che, a volte, le menzogne si pensa di dirle a fin di bene, che la conoscenza della verità non può che aiutare ad affrontare la realtà, a sanare le ferite riuscendo a mettere nella giusta luce le persone che abbiamo avuto vicino, giudicandole per il loro reale valore.
data di pubblicazione:13/11/2016
da Antonietta DelMastro | Ott 30, 2016
Ultimo capitolo della trilogia di Mr Mercedes.
Nei primi due capitoli ci eravamo trovati davanti a due thriller, così come era stato per Joyland e per Colorado Kid, ma con questo ultimo capitolo torniamo al sovrannaturale che tanto abbiamo imparato ad amare nei romanzi del Re.
Iniziamo a leggere il romanzo con un flashback che ci riporta all’alba del fatidico 10 aprile 2009, quando il pazzo criminale Brady Hartsfield, Mr Mercedes, si lanciò, con tutta la potenza che gli permetteva la Mercedes rubata ad Olivia Trelawney, su decine e decine di persone in fila ad una fiera del lavoro, causando morte e sofferenze.
Torniamo nuovamente nel presente e ci troviamo al cospetto di uno strano caso di omicidio/suicidio che coinvolge proprio una delle vittime sopravvissute alla furia di Mr Mercedes; K.William Hodges e la sua assistente Holly Gibney vengono immediatamente coinvolti perché le coincidenze che fanno pensare a Hartsfield sono troppe: Brady aveva già spinto la Trelawney al suicidio e ci aveva provato anche con il nostro Hodges, potrebbe esserci ancora lui dietro questo caso?
Brady Hartsfield vegeta ormai nella stanza 217 del reparto di traumatologia cranica dell’ospedale Kiner da sei anni, dopo che è stato fermato mentre cercava di farsi saltare in aria durante un concerto per adolescenti.
Hodges inizialmente lo andava a trovare per assicurarsi che il suo stato vegetativo non variasse, ma è tempo che ha interrotto le sue visite e non sa che quella stanza è diventata nota per la particolarità delle porte che sbattono, delle persiane che si chiudono senza un alito di vento, degli oggetti che cambiano misteriosamente di posto; perfino alcune infermiere si sentono sempre più a disagio entrando nella 217, l’odiata capo sala del reparto è la prima non voler entrare in quella stanza perché “non si fida completamente di se stessa quando è in camera di Brady”.
In tutti gli anni che ha passato rinchiuso Brady è stato sottoposto a esperimenti che purtroppo non solo hanno ridato vita alla sua mente, ma l’hanno dotata di poteri sovrannaturali che il criminale vuole sfruttare nel solo modo in cui è capace, distruggere e vendicarsi: l’obiettivo è quello di portare a termine la strage mancata del concerto del City Center di sei anni prima.
A questo punto siamo totalmente coinvolti dalla storia, gli elementi di sovrannaturale a cui siamo abituati sono tutti presenti, e la lotta sarà senza esclusione di colpi.
Geniale anche la scelta del titolo; potremmo a questo punto considerare Mr Mercedes come la “nascita” a nuova vita del detective Hodges, Chi perde paga come il romanzo di mezzo in cui la sua vita prende forma e il giovane Pete Saubers diventa grande suo malgrado e Fine turno… ça va sans dire!
Ho letto molti commenti su questo libro, sulla trilogia e in generale sugli ultimi libri di Stephen King; la maggioranza dei commenti è sempre la stessa: non è più quello di Shining o di IT.
È innegabile, non lo è più.
Ma neanche io sono più quella che nel 1986 ha preso per la prima volta in mano un libro di Stephen King, IT per la precisione e che, un paio di giorni dopo, avendo finito di leggerlo, è entrata in libreria a prenotare la bibliografia completa.
Presumo che ognuno di noi cambi con il trascorrere del tempo, presumo lo facciano anche gli scrittori non solo per motivi “commerciali” o perlomeno mi viene da pensare non quelli come SK che ha al suo attivo più di 40 anni di titoli pubblicati che continuano a vendere e da cui si sono tratti film o serie TV. Forse parte della responsabilità va anche attribuita alla traduzione, ma anche in quel caso non si può obbligare un traduttore a continuare il proprio lavoro se non ne ha più voglia, come ha pubblicamente ammesso Tullio Dobner.
Il mio amore per il Re resta invariato, continuerò a seguirlo da fedele lettrice e a consigliarlo a tutti coloro che mi vorranno ascoltare.
Finisco con una informazione “televisiva”: da questa trilogia verrà tratta una miniserie TV diretta da Jack Benden (Lost e The Dome) che dovrebbe essere trasmessa negli USA nel 2018.
data di pubblicazione:30/10/2016
da Antonietta DelMastro | Ott 23, 2016
La Casa editrice Sellerio è nuovamente in TV con i suoi libri gialli.
Come già ci aveva abituato con i gialli di Andrea Camilleri e il suo inarrestabile Montalbano, con le vicende esilaranti dei vecchietti del Barlume di Marco Malvaldi, questa volta ci ha fatto conoscere il vicequestore Rocco Schiavone, nato dalla penna di Antonio Manzini, le cui indagini sono un misto di sagacia investigativa e istinti vendicativi.
Questa estate ho iniziato a leggere l’ultimo pubblicato, 7/7/2007, incuriosita dall’enorme successo di vendite e infastidita dal fatto da non aver letto nulla di Manzini…Un notevole successo di vendite non significa necessariamente che il romanzo sia ottimo, ma spesso che il battage pubblicitario è stato tale che il pubblico si è convinto ad acquistarlo (purtroppo ciò nella maggioranza dei casi significa che la Casa editrice con maggiori mezzi si può permettere una maggiore visibilità e maggiori “entrate” in termini di vendite). In questo caso il nome della Casa editrice mi ha convinta senza ombra di dubbio: la Sellerio è di una serietà cristallina, ed il libro non poteva essere che un “vero” successo.
E così è stato.
Sono rimasta subito affascinata da Manzini e dalla sua scrittura.
Il suo personaggio, Rocco Schiavone, è un Vicequestore (che nessuno lo chiami Commissario!), sui generis; ha un indubbio fiuto da segugio che ne fa un fiore all’occhiello della Polizia di Stato, ma è anche un uomo che non sa tenere a freno i propri sentimenti e che non sa fermarsi davanti alla Legge, che sfrutta la sua posizione per portare avanti delle vendette personali e non, che ce lo faranno sentire umano, vicino e persino amare. I suoi comportamenti sono ammissibili solo perché all’interno di un romanzo, un tale modus operandi ci riporterebbe alla barbarie (“occhio per occhio e dente per dente”); ma, che dire, in alcuni frangenti, perlomeno sulla carta, le sue azioni sono sicuramente “liberatorie”…!
Schiavone è in forza alla Polizia di Stato di Aosta, il suo trasferimento nella Valle è stata un’azione punitiva nei suoi confronti e, da buon romano, Schiavone è depresso già solo dall’idea di vivere lontano da Roma, nel “profondo” nord poi, con il freddo e la neve… Nonostante le condizioni atmosferiche che è costretto a sopportare nel corso del suo primo inverno aostano, si rifiuta assolutamente di abbandonare le sua amate Clarks e il suo praticamente inutile loden.
In ogni libro scopriamo qualche cosa di più del vicequestore, un particolare, un ricordo doloroso o piacevole, le sue abitudini, i suoi vizi, i suoi discutibili amici e anche i suoi collaboratori che in alcuni frangenti ci regalano dei momenti veramente esilaranti!
Nell’ordine sono stati pubblicati: Piste nere, La costola di Adamo, Non è stagione, Era di maggio e, appunto, 7/7/2007; mi sento di consigliarli a tutti gli amanti del genere.
Manzini è un maestro nell’accompagnarci nel lato giallo delle indagini di polizia non disdegnando tuttavia gli aspetti comici che si verificano anche nelle situazioni più drammatiche; ci presenta un uomo di legge che è pur sempre un uomo con le sue colpe, le sue manchevolezze, i suoi desideri, la sua sofferenza. Un perdente? Forse, ma proprio per questo più vicino a noi.
Il prossimo mese Rocco Schiavone sarà su RAIDUE, gli presterà il volto Marco Giallini; non ho alcun dubbio che sarà un vicequestore perfetto, più ripenso ad alcuni passi letti più mi appare il viso di Giallini ogni volta che penso a Schiavone…
data di pubblicazione:23/10/2016
da Antonietta DelMastro | Ott 16, 2016
I romanzi di Simonetta Agnello Hornby sono una sicurezza, belli, intensi, sempre pieni della passione e dell’amore per la sua Sicilia che trasuda da ognuna dalle sue pagine.
Questo ultimo è un romanzo d’amore: lo scenario è un paesino immaginario tra Palermo e Agrigento, l’epoca quella dell’inizio del Novecento, anche se la storia ha radici più antiche.
L’autrice tocca tematiche importanti, molto vaste dal punto di vista storico/temporale, e solo grazie al suo talento riesce a dipingerle con puntualità grazie a poche pennellate, perché questo non è un saggio storico ma un romanzo, un romanzo d’amore e di crescita, e la Storia la viviamo come scenario delle famiglie Marra e Sala.
Personaggio chiave è Maria Marra e l’amore che la legherà al “baronello” Pietro Sala e ancora, e soprattutto, l’amore eterno, quello per l’amico Giosuè Sacerdoti.
Per comprendere i comportamenti di Maria e la meraviglia del dipanarsi della sua storia bisogna necessariamente collocarla nel suo contesto storico, perché solo così si capisce la forza di questo personaggio: con la maestria che la contraddistingue, l’autrice ci racconta dei Fasci siciliani, del Colonialismo, dell’ascesa e della caduta del Fascismo, delle leggi razziali, del bombardamento a tappeto di Palermo da parte degli Alleati.
Con questi eventi che fanno da sfondo alla narrazione, incontreremo Pietro Sala, erede di una nobile e ricchissima famiglia palermitana proprietaria di zolfatare, il quale si innamora perdutamente di Maria, figlia di un avvocato caduto in disgrazia per aver difeso i Fasci siciliani; anche se non pienamente convinta della proposta di matrimonio che le viene avanzata, la giovanissima Maria si ferma a riflettere sulle opportunità che ne deriverebbero, consapevole che il suo “genere” ha un unico scopo nella vita, quello di maritarsi, obbedire e accudire il marito e provvedere ai figli. Fare ciò per la famiglia Sala creerebbe l’opportunità di aiutare anche la sua famiglia di origine e, oltre tutto, è intrigata dalla corte di Pietro e dal fascino di viveur che lo circonda.
Dopo un viaggio di nozze che ci porta in giro per l’Italia e che l’autrice ricostruisce con fedeltà storica e sociale, fino alla minuziosa descrizione degli sfarzosi abiti da sera, gli sposi rientreranno in Sicilia, e da quel momento per Maria inizierà un altro viaggio che la porterà a conoscere la vera natura del marito, i suoi limiti, i suoi errori, le sue dipendenze che caratterizzeranno sempre di più vita della loro famiglia fino ad obbligarla a prenderne in mano le redini.
Moltissimi i personaggi che fanno da contorno ai tre principali i quali, caratterizzati in modo magistrale, ci presentano la Sicilia e l’Italia di quegli anni, con i profondi legami che legano le famigli e, al contempo, con le terribili invidie che le contraddistinguono.
data di pubblicazione:16/10/2016
da Antonietta DelMastro | Set 17, 2016
Come aveva promesso Alice Basso ci ha regalato una nuova avventura di Vani Sarca e, anche questa volta, le pagine corrono: il libro è divertente, sarcastico, pieno di citazioni letterarie, una commedia romantica ma anche un giallo e un noir ben congeniato.
Conosciamo la ghostwriter torinese Vani Sarca dalla precedente avventura, L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, e sappiamo che ha un grandissimo potenziale empatico che le permette di entrare nella testa degli “scrittori” per cui dovrà lavorare, sappiamo che non sa a cosa serva quel locale che si trova in tutte le case e si chiama “cucina”, sappiamo che si taglia i capelli da sola da quando aveva 15 anni e che il suo look ne fa una Lisbeth Salander italiana.
Bene, fatta questa premessa immaginate il suo sgomento quando Enrico Fuschi, direttore editoriale delle Edizioni L’Erica, le proporrà il successivo impegno lavorativo che consisterà nello scrivere la storia di una celebre famiglia torinese, per inciso fondatori di una sartoria di alta moda famosa nel mondo, attraverso le ricette della loro anziana cuoca… Che cos’è lo scalogno capo? Un alimento che porta iella? Esilarante!!!
Ma non dobbiamo dimenticare che Vani è ora consulente della Polizia di Stato e già dalle prime pagine dovrà assumere questo doppio ruolo, dopo che l’anziana cuoca confessa innocentemente un omicidio per cui è già stato arrestato un colpevole anni prima…
Si comincia pertanto ad indagare, e anche questa volta al fianco della protagonista ci sarà il commissario Berganza, che non solo sarà il suo mentore per l’indagine poliziesca ma anche in cucina! Scopriremo che Berganza è un vero gourmet e sarà indispensabile, a una Vani che si nutre di patatine e birra scura, per rendere fruibili, al grande pubblico che acquisterà il libro su cui sta lavorando, le informazioni avute dalla cuoca.
Come se non bastasse questa ciclopica fatica, Vani dovrà prendere parte anche a una grand soirée nella villa sulle colline torinesi, alla quale si presenterà con uno splendido vestito da sera di alta moda fornitole proprio dalla sartoria dei suoi intervistati; il commissario Berganza sarà il suo cavaliere e sfrutterà questa occasione per portare avanti l’indagine.
Il libro si alterna tra passato e presente, tra storie di tradimenti e ricette di cucina, tra omicidi premeditati e interrogatori. Al fianco di Vani, oltre ai già citati Enrico Fuschi e il commissario Berganza, ritroviamo anche Morgana, la quindicenne alter ego di Vani e Riccardo Randa suo ex fidanzato che ci riserverà qualche colpo di scena. Ancora complimenti ad Alice Basso, come per il precedente anche questo libro è stato piacevolissimo, simpatico, ironico, tagliente. Non posso che restare in attesa della prossima avventura.
data di pubblicazione:17/09/2016
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