da Antonietta DelMastro | Apr 8, 2019
Bisogna innanzitutto premettere che, per chi avesse intenzione di leggere un libro horror, non è questo il libro adatto. Temo che gli insuperabili titoli pubblicati nel ventennio ‘70/’80 siano ormai solo, ahimè, un lontano ricordo: anzi direi che, in questo racconto, di horror non v’è proprio nulla.
Stephen King ci riporta nella cittadina di Castle Rock nel Maine.
Nella prima scena Scott Carey, il protagonista del romanzo, si sta recando dal suo storico amico Bob Ellis, medico in pensione, per raccontargli cosa gli stia accadendo: Scott sta perdendo costantemente peso e, benché il suo fisico resti immutato e lui mangi porzioni sempre più abbondanti, l’ago della bilancia scende inesorabilmente verso lo zero.
La storia che percorreremo con Scott vedrà come protagoniste anche le sue nuove vicine di casa, Missy e Deirdre proprietarie del nuovo ristorante messicano Holy Frijole, coppia omosessuale con la quale, dopo un inizio piuttosto turbolento, comincerà un’amicizia molto affettuosa ed estremamente profonda.
Come dicevo non è certo il libro che ci si aspetterebbe da King, sicuramente lo stile è il suo, limpido e accattivante e qualsiasi storia racconti rimane innegabilmente un grande affabulatore ma, mi accorgo sempre più, di avere difficoltà a recensirlo come il Re, il Maestro; forse sono rimasta ancorata a titoli come IT, Christine la macchina infernale, Pet Sematary (non dimentichiamoci che Castle Rock è stata la cittadina di Cujo).
Mi pare evidente che questo libro sarebbe dovuto essere un omaggio a colui che King definì, in una datata intervista rilasciata al Corriere della Sera, il suo maestro: Richard Matheson, autore di Tre millimetri al giorno, il cui protagonista era proprio Scott Carey.
Nel corso dell’intervista King dice di Matheson: “Quando la gente parla di questo genere, immagino che citi per primo il mio nome, ma senza Richard Matheson io non sarei nemmeno qui… È venuto fuori quando c’era bisogno di lui, e questi racconti mantengono intatto tutto il loro originale fascino ipnotico.
State attenti: siete nelle mani di uno scrittore che non chiede pietà e non ne concede.
Vi spremerà fino all’osso, e quando chiuderete questo libro vi lascerà con il più grande regalo che uno scrittore possa offrirvi: il desiderio di leggerlo ancora”
Ma in questo racconto, estremamente delicato, King dà più peso alla deriva “buonista” della redenzione, da parte di Scott, degli abitanti di Castle Rock nei confronti di Missy e Deirdre – che mi è sembrato un cliché veramente non degno di lui – che alla storia in sé.
Che dire, non mi ha convinta.
data di pubblicazione:08/04/2019
da Antonietta DelMastro | Feb 4, 2019
Daniele Poto nella sua opera Lo sport tradito (37 storie in cui non ha vinto il migliore), compie una sorta di amaro percorso attraverso oltre un secolo di storie di tanti sport in cui lo spirito di De Coubertin è stato talora dimenticato per la slealtà umana, ma ancor più spesso calpestato per motivi politici e di bramosia di denaro e potere.
I valori di lealtà e sana concorrenza degli atleti e delle squadre in competizione nelle più diverse discipline sono ormai del tutto soverchiati dagli interessi economici imposti dagli sponsor, dai palinsesti televisivi, da influenze politiche, anche tramite corruzione e doping.
E se è certo che tali fenomeni si verificano con crescente frequenza e gravità, è allo stesso tempo vero che anche in passato, già nella seconda metà dello scorso secolo, si ricordano tanti episodi di “sport tradito”.
L’autore quindi, con grande dovizia di particolari, ci parla dei fenomeni di “doping di stato” delle mitiche nuotatrici della DDR negli anni ’70, più robuste dei nostri attuali campioni di nuoto, così come del fenomeno contemporaneo riguardante le più diverse discipline nella Russia di Putin, passando attraverso il periodo cinese.
Allo stesso tempo apprendiamo delle grandi manovre politiche degli organismi internazionali, a partire dal CIO e dalle Federazioni sportive internazionali, con esclusione di Paesi dai grandi eventi sportivi per fornire un’idea di pulizia, e dai ripescaggi in forma alternativa degli atleti per giungere a compromessi di natura politica e per non sminuire gli eventi televisivi.
Si passa poi alla rappresentazione della slealtà a tutti livelli, dai goal di mano di Maradona durante i Mondiali di Calcio, alla monetina che fa svenire Alemao, fino ai racconti di Mazzola che narra dei falliti tentativi di combine della Nazionale di Calcio, passando per i sorteggi truccati di Platini per favorire la propria nazionale francese.
Purtroppo la memoria del pubblico sportivo è assai corta, per cui si dimenticano tanti eventi che in realtà avrebbero dovuto far perdere ogni credibilità ad un sistema in cui tanti dei protagonisti, atleti, dirigenti ed arbitri, se non sono corrotti sono sleali.
Correttamente l’autore non vuole fornire un quadro completo dei tradimenti dei veri valori dello sport, ma solo rinfrescare la memoria del lettore per ricordare quanto di falso e fasullo ci sia in tante prestazioni ed episodi dello sport, che invece dovrebbe essere esempio di lealtà.
data di pubblicazione:04/02/2019
da Antonietta DelMastro | Nov 12, 2018
L’incipit del libro mi ha molto incuriosita, anche se temevo potesse essere un rifacimento de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, mentre non è affatto così, i tempi trattati sono molto diversi anche se hanno, come base, la sudditanza della donna nei confronti dell’uomo. Nei ringraziamenti l’autrice scrive: “Spero che questo libro ti abbia fatto arrabbiare un po’. E che ti abbia fatto riflettere”, e con me ha assolutamente raggiunto l’obiettivo!
È stata una lettura coinvolgente, una storia inquietante che viene narrata, in prima persona, da Jean McClellan, una scienziata specializzata in neurolinguistica: è lei che ci spiega cosa sia quel braccialetto che ogni donna porta al polso e che conteggia ogni sillaba emessa, perché il nuovo governo degli Stati Uniti, il Movimento per la Purezza, impone a ogni donna di pronunciare un massimo di 100 parole al giorno, senza alcuna possibilità di “sconti”; e non è tutto, le donne hanno dovuto rinunciare al passaporto, al conto in banca, al lavoro, all’istruzione, perché “Un giorno da mia figlia ci si aspetterà che sappia fare la spesa e gestire le faccende di casa, che sia una moglie devota e diligente, e per queste mansioni serve saper contare e non certo conoscere l’ortografia, né la letteratura. E non serve nemmeno avere una voce”.
L’“idea” da cui prende spunto il nuovo governo è quella di un ritorno al passato più sereno, in cui la donna è la regina del focolare… ma non è chiaramente questo l’obiettivo finale, le donne sono state colpite duramente ma non sono le sole, la stessa sorte viene riservata anche agli omosessuali, ai “traditori” del nuovo pensiero, tutti i colpevoli vengono trasferiti in “fattorie” in cui la loro giornata è fatta di lavori forzati e silenzio più assoluto, lontani dalle famiglie e dagli affetti.
Forse perché madre di due giovanotti che mi amano profondamente e che si trasformano in due bodyguards quando usciamo insieme, sono rimasta particolarmente sconvolta nel vedere il cambiamento del rapporto da Jean e Steven il suo figlio maggiore “Mostri non si nasce, si diventa. Pezzo dopo pezzo, arto dopo arto, creazioni artificiali di uomini folli che, come l’incauto Frankenstein, credono sempre di saperla più lunga degli altri.”
Durante la lettura le emozioni si accumulano, l’ansia cresce e con lei la voglia di continuare a leggere, di arrivare alla fine nella speranza di trovare una via di uscita; i capitoli volano via veloci e il pathos tiene il lettore con il fiato sospeso fino alla fine che, a mio avviso, è stata troppo sbrigativa e, forse, più adatta a un thriller fantascientifico più che a un romanzo di questo genere.
In ogni caso un romanzo che consiglio assolutamente di leggere.
data di pubblicazione:12/11/2018
da Antonietta DelMastro | Nov 5, 2018
Sono una entusiasta lettrice dei romanzi di Michel Bussi e ho avuto la fortuna di essere presente al Salone del Libro di Torino dello scorso anno durante la sua presentazione di Non lasciare la mia mano. Il mio giudizio è quindi, in qualche modo, di parte eppure questo ultimo romanzo non mi ha del tutto convinta: non posso certo affermare che non sia un bel libro, ma da Bussi mi aspetto sempre dei romanzi pieni di suspense, così avvincenti che ti obbligano alla lettura fin quando non si arriva alla conclusione della storia quando, finalmente, il genio di Bussi strappa il velo davanti ai nostri occhi lasciandoci completamente sbalorditi nel capire i meccanismi della vicenda.
Al contrario ho trovato un po’ lento quest’ultimo romanzo e mi è mancato il quadro che puntualmente Bussi dipinge, descrivendo sapientemente la location in cui il romanzo si ambienta e trasformandoci da lettori in spettatori.
La doppia madre si svolge a Le Havre, primo porto della Manica e maggiore città nel cuore della Normandia. Molti gli attori presenti in questo nuovo romanzo, senza alcun dubbio i principali sono l’ispettore Marianne Augresse, che con i suoi uomini si sta occupando di quella che è, probabilmente, la rapina del secolo per Le Havre e lo psicologo infantile Vasil Dragonman che sta seguendo il caso di Malone, un bambino di poco più di tre anni che gli confida che la sua mamma, “mamma da”, non è la sua vera mamma.
Il compito di tenere vivi i ricordi del bambino è affidato al peluche Guti, che gli racconta storie che parlano di pirati, di navi, di orchi, di castelli con quattro enormi torri; Guti è la memoria di Malone che, senza le sue storie, dimenticherebbe tutto nell’arco di poche settimane.
Vasil Dragonman chiederà aiuto a Marianne Augresse per indagare su quanto ci sia di vero nella storia che gli sta raccontando Malone prima che i suoi ricordi di bambino possano essere, in qualche modo, cancellati dai nuovi; a farli conoscere penserà una amica comune legata a Marianne da rapporto di profonda simpatia, affetto e stima.
Le due storie sono in qualche modo collegate, il fatto stesso che Marianne si occupi della rapina e, nei momenti liberi, della “mamma da” di Malone lo sottolinea, l’interrogativo è quale possa essere il legame che unisce le due inchieste e solo nelle ultime pagine, in cui Bussi fa emergere le vite e i rapporti tra gli attori del romanzo, capiamo finalmente quale sia il collegamento e non possiamo che apprezzare la conclusione della storia, un po’sui generis per i romanzi di Bussi, ma sicuramente intrigante.
data di pubblicazione:05/11/2018
da Antonietta DelMastro | Ott 21, 2018
È la prima volta che leggo Guillaume Musso e devo dire che il libro mi è veramente piaciuto, un bel noir, un cold case ricco di suspense con un intreccio che tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina!
La storia si svolge su due binari temporali diversi, la location è quella di Cap d’Antibes nel prestigioso ed elitario liceo Saint-Exupéry, la nostra voce narrante è quella di Thomas Degalais, ex studente del liceo ora romanziere di successo trasferitosi negli USA, innamorato di Vinca Rockwell la ragazza più affascinante del liceo “… mi sono spesso interrogato sulla natura dell’ascendente che Vinca esercitava su di me, sulla vertigine fascinosa e dolorosa che mi apriva dentro, e ho sempre pensato all’effetto di una droga.”. Insieme a lui, personaggi fondamentali per il romanzo, saranno Maxime e Fanny.
I tre ex studenti e ottimi amici dei tempi del liceo si sono completamente persi di vista appena finita la scuola, ognuno di loro ha percorso strade diverse e ora si ritrovano in occasione della festa per i 50 anni del Saint-Exupéry; ma a riportarli in Costa Azzurra non è stata la nostalgia per gli anni passati insieme ma i misteri che avvolgono la scomparsa, 25 anni prima, di Vinca Rockwell e del suo professore di filosofia, Alexis Clement, del quale tutti la ritenevano l’amante. I segreti che avvolgono queste sparizioni, che legano indissolubilmente i tre ex compagni di scuola, stanno per crollare come le pareti della loro vecchia palestra ed è questo il motivo che li ha riportati, dopo così tanto tempo, al Saint-Ex, questo e le minacce anonime che sono arrivate loro.
Benché tutta la storia si svolga in pochi chilometri quadrati insieme a Vinca, Thomas, Maxime e Fanny troviamo molti altri personaggi di cui Musso tratteggia magistralmente psicologia e sentimenti, le descrizioni “fisiche” di ognuno di loro sono tali da riuscire a “vederli” mentre si muovono all’interno della storia, le descrizioni degli incantevoli luoghi in cui si dipana la storia sono veramente mozzafiato “il percorso angusto ma lastricato, a picco sulle falesie. L’aria era pura e tonificante. Il mistral aveva spazzato via le nuvole e il cielo era disseminato di stelle. Dai bastioni della città vecchia alla baia di Nizza, passando per le montagne retrostanti, si godeva di una vista mozzafiato.”
Assolutamente da leggere.
data di pubblicazione:21/10/2018
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