Festival Internazionale del Film di Roma – 16/25 ottobre 2014 CONFERENZA STAMPA

Festival Internazionale del Film di Roma – 16/25 ottobre 2014 CONFERENZA STAMPA

Lunedì 29 settembre, nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, Marco Muller ha presentato le ultime novità pratico-organizzative della nuova edizione del Festival/Festa del film di Roma, venendo incontro alle ridotte disponibilità di budget e confermando gli spazi a disposizione, compatibilmente con gli impegni delle sale dell’Auditorium e del MAXXI.

Quest’anno il Festival è stato anticipato alla metà di ottobre, per ri-collocarsi in un momento che fosse equidistante dalla fine della Mostra del Cinema di Venezia e l’inizio del Festival di Torino, ri-acquistando una migliore possibilità di re-inserirsi con una propria identità, dando spazio a grandi film popolari ma singolari e prestando una maggiore attenzione al pubblico, che diventa così protagonista assoluto nel valutare le pellicole ed i contenuti del programma stesso.

“Novità assoluta” infatti di questa nona edizione del Festival, che a breve ri-prenderà la denominazione iniziale di Festa del Film, oltre a quella che non avremo più delle giurie ma saranno gli spettatori a votare il film preferito, dando quindi maggior risalto al proprio gusto e decretando insomma quali saranno i film più belli.

Tale scelta, volta a sottolineare il carattere popolare della manifestazione, non vuole nel contempo trascurare l’aspetto internazionale dell’evento: seppur ben 16 film sono italiani con 10 prime nazionale, 21 sono i paesi di provenienza dei 51 lungometraggi selezionati, con oltre a 24 prime mondiali, 6 internazionali ed 11 europee.

Due commedie apriranno e chiuderanno questa edizione del Festival: Soap Opera di Alessandro Genovesi, una commedia corale sulle storie, i sentimenti e gli equivoci che coinvolgono gli inquilini di un condominio nella notte di Capodanno, e Andiamo a quel paese scritto, diretto e interpretato da Salvatore Ficarra e Valentino Picone, commedia ambientata in Sicilia che racconta le spassose vicende di due disoccupati che, tornati nel loro paese d’origine, immaginano una originale soluzione per uscire dalla crisi.

Il Direttore Marco Muller ha infine enfatizzato il rinnovato coinvolgimento del MiBACT nelle attività della Fondazione Cinema per Roma ed ha sottolineato l’attenzione sempre più ampia che il Ministero sta dedicando al Festival ed alle sue manifestazioni collaterali, quale evento internazionale di elevato spessore culturale.

Una breve ma animata manifestazione di protesta improvvisamente si è sollevata tra il numeroso pubblico presente, che reclamava la mancata accettazione alla selezione del film su Califano dal titolo Non escludo il ritorno (come l’omonima canzone), dopo che da parte dei vari addetti ai lavori presenti erano state poste diverse le domande, per la maggior parte banali e capziose, come sempre….

data di pubblicazione 1/10/2014

VIA CASTELLANA BANDIERA di Emma Dante, 2013

VIA CASTELLANA BANDIERA di Emma Dante, 2013

(70^ Festival di Venezia – In Concorso)
Favelas palermitana: duello di Samira e Rosa
Due donne in duello in via Castellana Bandiera, tra colpi di clacson e una minzione liberatoria, sullo sfondo di una Palermo afosa e caotica. Samira, anziana e silenziosa, pazza per la perdita prematura dell’unica figlia. Rosa, giovane e granitica, fuggita da una città ostile e da una madre opprimente, non sappiamo perché, forse per la sua omosessualità. Loro due a fronteggiarsi nelle rispettive auto, a scrutarsi con sguardi inesorabili e incuranti della tragedia che si sta scatenando attorno a loro. Unico squarcio d’amore, da un lato, quello del nipote di Samira che le si rivolge nella propria lingua (il greco albanese ancora vivo e parlato in quel paese siciliano che si chiama appunto Piana degli Albanesi) supplicandola di cedere il passo e soprattutto di non morire. Mentre, dal lato di Rosa, abbiamo un segno di tenerezza nella filastrocca cantata dalla sua compagna, Clara, che comunque ritorna a lei con uno slancio di puro affetto. A notte tutto si placa, ma non cede l’ostinazione delle due protagoniste. Ma la fine arriva, all’alba, comunque con il cedimento fisico di Samira. Allora tutti corrono, accorrono, soccorrono, tutti verso il baratro: perché di questo si tratta. Tanto questa, a Palermo, “iè strata qa nu spunta” strada senza uscita, senza soluzione…


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LO SCONOSCIUTO DEL LAGO di Alain Guiraudie, 2013

LO SCONOSCIUTO DEL LAGO di Alain Guiraudie, 2013

(66^ Festival di Cannes – Sezione Un Certain Regard)
Il lago: un luogo claustrofobico di sesso e morte
Le sequenze si ripetono monotone tra un parcheggio assolato, un boschetto, una spiaggia sul lago. Tipica ambientazione gay per addetti ai lavori. Ci si chiede, come sempre, se le scene e gli amplessi siano eccessivamente espliciti o necessari. Ma allo spettatore vaccinato a questo od altro, queste scene non disturbano lo svolgersi dell’azione dove sesso e morte sembrano coinvolgere il protagonista (Franck). L’indifferenza di fronte al pericolo persino della propria vita di fronte alla passione amorosa, rende la storia avvincente e trattiene lo spettatore con il fiato sospeso. Dove ci porterà il tutto? La calma apparente del lago cosa nasconderà? Un animale mostruoso degli abissi o semplicemente un delitto? Ci si chiede: perche? Tra tutti i frequentatori della spiaggia viene evidenziata la figura di Henri, unico non gay “doc” dell’intera vicenda, ma anch’egli non esente da una morbosa attrazione verso la morte. Ottime le inquadrature che hanno portato al regista Alain Guiraudie un premio per la miglior regia al Festival di Cannes di questo anno, sezione Un Certain Regard. Film cupo come il buio e la solitudine che incombono alla fine sui luoghi, dove tutto è avvolto dal silenzio. ma solo il tempo di una notte. Al mattino si ripete il rituale con un intreccio, senza sosta, di sguardi e di abbordaggi facili e dove il voyerismo coinvolge tutti, persino lo spettatore più recalcitrante e benpensante…


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CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO di Ettore Scola, 2013

CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO di Ettore Scola, 2013

Mi sono recato a veder il film con l’orecchio attento del bambino che ascolta dal nonno, per la prima volta, la storia di un grande. Scola che racconta il suo Fellini. Ho percepito in tutto molta ironia e leggerezza, infatti il mio occhio non entra nello specifico tecnico, ma interpreta e legge per sensazioni ed emozioni. Il racconto si dipana tra reminiscenze di aneddoti e scorribande notturne personalmente vissute da Scola con Fellini, ma non si trova alcun rammarico del tempo che scorre inesorabile per tutti. i ricordi sono funzionali anche a questo: a rivivere i bei momenti ed avere il coraggio di poterli raccontare con un sorriso, più che con tristezza. Scola si muove in un mondo di celluloide, proprio come il suo amico Federico, senza tralasciare la magia del “suo” Studio 5 dove tutto era possibile, pure far entrare la nave Rex in movimento o la laguna di Venezia. Ma la vera magia ultima si scopre durante la veglia funebre del maestro dove lo stesso Fellini, pur nell’amarezza delle sue ultime avventure cinematografiche, quando aveva forse esaurito il suo raccontare, rinasce come un Pinocchio monello e bugiardo inseguito dai due gendarmi. il tutto termina sulla giostra dove si susseguono, ad un ritmo sempre più incalzante, le immagini dei suoi film oramai passate alla storia. La magia del cinema o la magia della vita?


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