da Antonio Iraci | Feb 10, 2016
(Berlino, 11/21 Febbraio 2016)
Al nastro di partenza questa attesissima 66esima edizione della Berlinale che, sotto la direzione di Dieter Kosslick, presenta un programma molto vasto, ricco per numero e provenienza di film di ogni genere. Verranno mostrati al pubblico circa quattrocento film, di cui 23 in Concorso.
A contendersi l’Orso 2016 saranno:
Ave, Cesare! di Ethan e Joel Coen, USA 2016
Chi-Raq di Spike Lee, USA 2015
Midnight Special di Jeff Nichols, USA 2015
Zero Days di Alex Gibney, USA 2016
Genius di Michael Grandage, USA 2016
24 Weeks di Anne Zohra Berrached, Germania 2016
Alone in Berlin di Vincent Perez, Germania 2015
News from Planet Mars di Dominik Moll, Francia 2016
L’avenir di Mia Hansen-Løve, Francia 2016
Being 17 di André Téchiné, Francia 2016
Hedi di Mohammed Ben Attia, Tunisia, Belgio, Francia 2016
Fuocoammare di Gianfranco Rosi, Italia, Francia 2016
Death in Sarajevo di Danis Tanovic, Francia, Bosnia-Herzegovina 2016
Soy Nero di Rafi Pitts, Germania, Francia, Messico 2015
Saint Amour di Benoît Delépine, Belgio 2016
Crosscurrent di Yang Chao, Cina 2016
Boris Without Béatrice di Denis Côté, Canada 2016
The Patriarch di Lee Tamahori, Nuova Zelanda 2016
Letters From War di Ivo M. Ferreira, Portogallo 2016
A Dragon Arrives! Di Mani Haghighi, Iran 2016
The Commune di Thomas Vinterberg, Danimarca 2016
United States of Love di Tomasz Wasilewski, Polonia, Svezia 2016
A Lullaby To The Sorrowful Mystery di Lav Diaz, Filippine, Singapore 2016
La giuria sarà presieduta dal premio Oscar Meryl Streep, già Orso d’oro alla carriera nel 2012; ad affiancarla nel giudizio ci saranno gli attori Alba Rohrwacher, Clive Owen e Lars Eidinger, la regista polacca Małgorzata Szumowska, la fotografa francese Brigitte Lacombe ed il critico Nick James.
Oltre ai film in Concorso altre 8 sezioni arricchiranno questa maratona berlinese: la Berlinale Shorts che comprende corti principalmente a tematica in controtendenza; Panorama con documentari di produzioni indipendenti “Made in USA”; soggetti di avanguardie cinematografiche e film a tematica sociale di rottura nella sezione Forum; la rassegna Generation di film dedicati ai giovani; sfilata di film di talenti tedeschi, in parte esordienti nell’ambito della sezione Prospettive Cinema Tedesco; Special che include produzioni straordinarie in omaggio alle grandi personalità del cinema; una sezione Omaggio, oltre ad una intitolata Retrospettive relative solo a film delle due Germanie nell’anno 1966.
Uno spazio della Berlinale verrà dedicato a tre importanti figure dello spettacolo, recentemente scomparse, che verranno celebrate dalla proiezione di tre famosi lungometraggi: L’uomo che cadde sulla terra di Nicolas Roeg per omaggiare David Bowie, Ragione e Sentimento di Ang Lee per ricordarel’attore britannicoAlan Rickmane Ballando Ballando del 1983 del nostro indimenticabile Ettore Scola.
Oltre alle Sezioni speciali, il Festival berlinese vedrà anche delle rassegne particolari quali Teddy30, per commemorare i trenta anni della Sezione Speciale Teddy Award dedicata ai film con soggetto gay; Culinary Cinema con la proiezione di film riguardanti il rapporto tra cibo-politica-cinema; Berlinale goes Kiez, programma per la diffusione dei film della Berlinale nei vari cinema periferici della città e Native, viaggio attraverso gli indigeni dell’Oceania, Australia e Nord America, mediante una serie di interessanti documentari.
Accreditati sarà presente durante questo Festival a Berlino e vi informerà, giorno per giorno, sui principali avvenimenti, raccontando le proprie impressioni sui film in concorso visionati.
data di pubblicazione:10/02/2016
da Antonio Iraci | Feb 6, 2016
Finn (Campino) è un famoso fotografo tedesco con una vita molto frenetica, ascolta musica a tutto volume ed è ossessionato da incubi che disturbano i suoi brevissimi sonni.
Una sera, alla guida della sua auto, rischia letteralmente la morte ed il mancato incidente cambia radicalmente la sua esistenza in quanto si renderà conto della inutilità della propria vita. Decide pertanto di lasciare la Germania e di trasferirsi a Palermo, con il pretesto di effettuare un servizio fotografico.
L’assillo per la morte sembra inseguirlo anche dopo l’incontro con Flavia (Giovanna Mezzogiorno), restauratrice casualmente impegnata su un affresco raffigurante proprio il trionfo della morte, che comunque lo aiuterà a riconsiderare in meglio il proprio atteggiamento verso se stesso e verso gli altri.
Il film non sembra aver ottenuto il riconoscimento dovuto ad un grande regista come Wim Wenders, forse per un troppo palese riferimento autobiografico, che ne ha sicuramente compromesso il buon esito, ed è stato accolto freddamente dalla critica e dal pubblico.
La storia ambientata principalmente tra i vicoli maleodoranti di una Palermo decadente ci suggerisce questo primo piatto dal sapore squisitamente palermitano: la paste con le sarde.
INGREDIENTI: 500 grammi di sarde fresche deliscate – 600 grammi di finocchietto fresco – 50 grammi di uvetta di Corinto – 30 grammi di pinoli – 2 cipolle bianche – 500 grammi di bucatini – una bustina di zafferano – olio, sale e pepe q.b.
PROCEDIMENTO: lessare il finocchietto in acqua abbondante e salata. Preparare un soffritto con le cipolle in abbondante olio d’oliva, versare il finocchietto già lessato e tagliato a pezzetti, quindi continuare la cottura per una ventina di minuti. Aggiungere l’uvetta ed i pinoli ed alle fine le sarde fresche ben pulite, private delle lische, ed aggiungere una grattata di pepe a piacere. Lasciare cuocere per altri cinque minuti. Cuocere i bucatini nell’acqua dove precedentemente è stato lessato il finocchietto dopo aver aggiunto anche lo zafferano. Finita la cottura, riversare la pasta nel condimento e lasciare riposare. La pasta così insaporita va servita tiepida.
da Antonio Iraci | Feb 4, 2016
Bruno (Valerio Mastrandrea) è insegnante in un istituto alberghiero di Milano. Infelice ed irrisolto nella vita, nonostante già sufficientemente adulto, si sente ancora oppresso dalla madre Anna (da giovane: Micaela Ramazzotti, da anziana: Stefania Sandrelli), donna molto bella in gioventù ma soprattutto estroversa ed esuberante verso gli uomini.
Richiamato a Livorno, sua città natale, dalla sorella Valeria (Claudia Pandolfi) al capezzale della mamma gravemente ammalata di tumore, si troverà ad affrontare tutti i problemi irrisolti sin dai tempi dell’adolescenza, quando era convinto che quella donna, tanto amata e tanto odiata, fosse una persona di cui vergognarsi. Sarà in questa circostanza che Bruno potrà finalmente riconciliarsi con lei, apprezzando finalmente le sue doti di donna affettuosa, generosa e dotata di una prorompente vitalità.
Indiscusso erede di quella grande corrente definita “commedia all’italiana”, Paolo Virzì torna a far parlare di sé e della sua abilità di cineasta navigato per aver ancora una volta portato sul grande schermo la drammaticità di un personaggio che solo di fronte alla morte riuscirà a comprendere l’amore materno ed a perdonare un passato che ingiustamente lo aveva ingannato e confuso.
Durante una sua lezione il prof. Bruno Michelucci parla con palese disgusto di una pietanza a base di gelatina che qui invece si vuole opportunamente esaltare, suggerendo questa ricetta di pollo in gelatina.
INGREDIENTI: 600 grammi di petto di pollo intero – 150 grammi di prosciutto cotto – 150 grammi di pisellini surgelati – un barattolo di giardiniera sott’aceto – una confezione di wurstel piccoli – 3 uova – dado per gelatina.
PROCEDIMENTO: Fare bollire il petto di pollo ed una volta raffreddato tagliarlo a cubetti. Bollire i pisellini in acqua salata e bollire anche le uova sino a farle diventare sode. Tagliare la giardiniera a pezzetti piccoli e con le fette di prosciutto creare come dei piccoli involtini ripieni dei sottaceti stessi.
Sistemare sul fondo di una casseruola rettangolare, meglio se di vetro e comunque precedentemente bagnata con acqua, prima le uova sode, opportunamente tagliate a fettine sottili molto regolari, e poi i pisellini, mentre i wurstel tagliati a metà dovranno essere sistemati verticalmente ai bordi del recipiente.
Sistemare quindi alla rinfusa i pezzetti di pollo, gli involtini di prosciutto, e tutto il resto del condimento rimasto senza un vero e proprio ordine, ma in modo tale da riempire sino all’orlo la casseruola esercitando anche una pressione con la mano per far aderire bene il contenuto. A questo punto versare delicatamente la gelatina, precedentemente preparata secondo le istruzioni fornite sulla confezione, sino all’orlo e sistemare il tutto in frigorifero. Una volta rassodato questa specie di sformato freddo, capovolgerlo su di un piatto, stando ben attenti a non frantumare la massa ottenuta e quindi il disegno creato con le uova ed i pisellini. Si otterrà pertanto una pietanza gustosa e sicuramente di grande effetto visivo, ideale quindi per un ricco buffet.
da Antonio Iraci | Feb 2, 2016
Non si comprende la ragione perché questo piccolo capolavoro, opera prima del regista venezuelano Lorenzo Vigas, stia passando così, quasi in sordina, per le sale italiane nonostante possa fregiarsi del Leone d’oro, conquistato a pieni voti all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Il film, lento e violento allo stesso tempo, vede come protagonista Armando (Alfredo Castro) un cinquantenne scialbo e triste che si muove silenzioso per le strade di una Caracas rumorosa ed ostile alla ricerca di un qualcosa verso cui puntare il proprio sguardo. A questo punto tutto ciò che circonda l’oggetto della sua attenzione può sfuocarsi, svanire, annullarsi perché diventa privo di interesse e non funzionale al suo scopo: adescare giovani ragazzi, una preda da portare a casa e da pagare in cambio di una fugace, parziale nudità.
Siamo vicini alle ambientazioni pasoliniane dei Ragazzi di vita, perché anche qui lo spirito che anima questi giovani di strada è di vivere alla giornata, rubacchiando quello che capita loro, bighellonando in cerca di un riscatto sociale che non arriverà e che semmai innescherà un odio verso tutto ciò che sta al di sopra delle proprie reali possibilità.
Per Armando, fatale risulterà l’incontro con uno di questi giovani di nome Elder (Luis Silva) che dopo un inizio burrascoso, lentamente verrà quasi affascinato dall’uomo, pur dovendo affrontare l’ostilità di sua madre e dei suoi compagni di malaffare. Interessante l’analisi psicologica tendente a sottolineare come l’intercambiabilità dei ruoli possa essere qui funzionale alla credibilità del racconto che, pur con i suoi tempi, non sembra soffrire di pesantezza espressiva né tantomeno di prevedibilità, in quanto ogni atto sembra rimanere sospeso, anche nel momento della sua conclusione.
Sicuramente un film da non sottovalutare.
data di pubblicazione 02/02/2016
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da Antonio Iraci | Gen 30, 2016
(Teatro dei Conciatori – Roma, 26/31 gennaio 2016)
Al Teatro dei Conciatori, in una atmosfera decisamente da Off-Off Broadway, Nadia Perciabosco ci racconta in maniera più comica che tragica il suo rapporto personale con il Buco che incombe sul fondo della scena, essenziale e fagocitante, minaccioso ma anche ammiccante. Ma il Buco in effetti che rappresenta? Sicuramente, pur percependolo, sfugge a qualsiasi effettiva definizione in quanto è tutto e niente allo stesso tempo, è bianco o nero a seconda del nostro punto di osservazione, è oggettivo e soggettivo in quanto ci può far star bene o male a seconda di come lo interpretiamo.
Ecco che la protagonista, in un serrato monologo, ci porta la propria esperienza personale con il Buco, mediante l’utilizzo di un suo singolare stile espressivo, per abbattere il muro invisibile tra realtà e finzione e portare lo stesso pubblico a confessare in pubblico il proprio buco esistenziale.
Ci si trova così ad affrontare una sorta di terapia psicoanalitica di gruppo, uno psicodramma, dove ci si confronta, ci si confessa, parlando delle proprie debolezze e dei propri punti di forza, e ci si conferma il concetto base di teatro/vita: portare in teatro la vita quotidiana e viceversa in uno spazio che diventa luogo comune d’incontro per rappresentare se stessi.
Un gioco drammaturgico spontaneo dove la protagonista diventa anche psicoterapeuta ed il vissuto personale parte integrante della rappresentazione scenica per indagare sull’essenza del Buco che è insito in ognuno di noi.
Ma alla fine si potrà rielaborare il concetto di base e superare il conflitto che agita il nostro essere sin dalla nascita?
In effetti si può, basta soffermarci sull’assioma che tutte le ciambelle riescono con il buco.
data di pubblicazione: 30 gennaio 2016
Il nostro voto:
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