AVE, CESARE! di Ethan e Joel Coen, 2016

AVE, CESARE! di Ethan e Joel Coen, 2016

Se il filosofo e sociologo tedesco Herbert Marcuse avesse visto il film Ave, Cesare!, firmato dai fratelli Coen e presentato come film di apertura all’ultima Berlinale, avrebbe sicuramente rivisto al meglio le proprie teorie sul capitalismo e sulla manipolazione delle masse da parte della cultura dell’intrattenimento.

Il film, ambientato in una Hollywood di celluloide degli anni cinquanta, in quei famosi Studios dove contemporaneamente si mescolano western, musical e polizieschi di ogni genere, sembra irridere alle situazioni stesse, a volte grottesche, che pur nella confusione generale, trovano sempre una soluzione per far andare avanti al meglio quanto previsto in copione. Il risultato è una divertente satira socio/culturale del tempo che solo la maestrìa dei fratelli Coen sa rendere al meglio, usando toni leggeri e quasi surreali, senza peraltro ricadere nel banale o nel tutto prevedibile. Il film, pur non atteggiandosi volutamente a divenire un classico d’autore, diventa invece un film autoriale grazie all’abilità di questi due registi che hanno saputo cogliere l’essenza del tema annunciato.

Di gran livello il cast, che va da Josh Brolin a George Clooney, da Alden Ehrenreich a Ralph Fiennes, e poi ancora Jonah Hill, Scarlett Johansson, Frances McDormand, Tilda Swinton, Channing Tatum, ed anche se alcuni di loro sono impegnati solo in piccoli camei, tutti insieme determinano la buona riuscita complessiva del film che rimanda, per situazioni e personaggi, a fatti e persone reali degli anni cinquanta.

Il messaggio che ci arriva è quello che le cose semplici, paradossalmente, sembrano essere quelle più sbagliate e che invece proprio dal caos nasce l’ordine e la felicità, che è quello che in fondo appaga noi comuni mortali in un futuro anteriore che oramai, minuto per minuto, ci respinge in un passato remoto e dove anche la luna piena, che si rispecchia nell’acqua, può così all’improvviso dileguarsi: basta semplicemente… tuffarvisi dentro.

data di pubblicazione:17/03/2016


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DIONYSUS – IL DIO NATO DUE VOLTE da Le Baccanti di Euripide, regia di Daniele Salvo

DIONYSUS – IL DIO NATO DUE VOLTE da Le Baccanti di Euripide, regia di Daniele Salvo

(Teatro Vascello – Roma, 4/13 marzo 2016)

In prima nazionale al Teatro Vascello questa ultima interpretazione classica tratta da Le Baccanti di Euripide con la direzione di Daniele Salvo, regista e attore emiliano, diplomato alla scuola attori “Teatro Stabile di Torino” e allievo di Luca Ronconi, con cui ha lavorato per molti anni sia come attore che come aiuto in svariati spettacoli.

Oramai di casa al Teatro Greco di Siracusa, dove ha portato sulla scena artisti di grosso calibro come Giorgio Albertazzi in Edipo a Colono e Maurizio Donadoni in Aiace di Sofocle, nonché Piera degli Esposti in Orestea, Daniele Salvo si presenta qui a Roma con le sue Baccanti, conquistandoci ed impressionandoci tra l’altro per la scelta accurata degli elementi di scena (Michele Ciacciofera) e dei costumi (Daniele Gelsi).

Dioniso, figlio di Zeus e di Semele, comune donna mortale, arriva a Tebe per convincere il re Penteo sulla sua natura divina, per incitare le donne a ribellarsi contro la propria condizione di sottomissione e per onorarlo sul monte Citerone, come Baccanti, mediante riti propiziatori in suo onore che in realtà si trasformano in vere e proprie orge liberatorie in cui, inebriate dal vino, potranno dare libero sfogo alle proprie irrefrenabili pulsioni.

Sulla sfondo della tragedia, lo scontro/incontro dei due personaggi principali: Dioniso e Penteo, in cui ben presto si afferma e si nega contestualmente la natura divina di uno e la tirannia dell’altro, ma dove poi le situazioni si capovolgono e le due personalità finiscono con rappresentare le due facce della stessa medaglia. Due immagini esattamente speculari che si fronteggiano per poi fondersi in un unico amplesso conciliatorio, sia pure illusorio.

L’idea del regista è che Le Baccanti sono poi quella parte irrazionale di noi, quel quid che vorrebbe esplodere per ridarci la nostra vera natura, oramai perduta nei meandri delle convenzioni piccolo/borghesi che ci hanno manipolato e contro le quali risulta oramai difficile ribellarci.

Fedele interprete del testo euripideo, Daniele Salvo scruta l’intimo dell’animo per dare una voce diversa ai personaggi, anche mediante utilizzo di suoni sgranati e forzati, quasi innaturali, ma che sgorgano dal profondo per raggiungere uno stato emotivo superiore, mantrico, liberatorio.

Qui non si tratta di trovare nuove soluzioni, ma di seguire l’interpretazione genuina della narrazione mediante l’uso di tecniche visive di grande effetto per il pubblico e con l’obiettivo di portare in scena uno spettacolo emotivamente coinvolgente.

Ottimo il cast in scena e singolare la recitazione di Manuela Kustermann, nella parte di Agave, e Ivan Alovisio in quella del figlio Penteo, oltre al coro delle Baccanti che hanno raggiunto momenti di grande effetto coreografico, trasmettendoci quel pathos tipico della tragedia greca classica.

data di pubblicazione:05/03/2016


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IL GIORNO DELLA CIVETTA di Damiano Damiani, 1968

IL GIORNO DELLA CIVETTA di Damiano Damiani, 1968

Il Capitano dei Carabinieri Bellodi (Franco Nero), in servizio in un paesino dell’entroterra siciliano, si trova ad indagare sul delitto dell’impresario edile Salvatore Colasberna, ucciso dalla mafia. La stessa mattina dell’omicidio si perdono le tracce di un certo Nocolosi, la cui moglie Rosa (Claudia Cardinale), messa alla strette, confessa che il marito quel giorno aveva incontrato sul luogo dell’omicidio un certo Zecchinetta, pregiudicato in diverse questioni mafiose. Intanto il boss del paese Don Mariano Arena (Lee J. Cobb) cerca di depistare le indagini facendo credere che Nicolosi avrebbe ucciso Colasberna, ritenendolo amante della moglie, quindi per puro delitto passionale. Il Capitano, grazie anche all’aiuto di un confidente della polizia (Parrinieddu), non si convince di questa versione dei fatti e continua deciso nelle indagini anche se, risultando oramai chiaro a tutti la dinamica del delitto, non riuscirà ad ottenere la condanna del vero colpevole. Tutto quindi verrà insabbiato: lo scomodo Capitano Bellodi trasferito in altra sede; Don Mariano verrà allontanato temporaneamente, ma praticamente libero; ed il nuovo Capitano, con un atteggiamento più conciliante, verrà apostrofato come “quaquaraquà” dagli stessi mafiosi locali, vale a dire come un uomo privo di qualsiasi valore morale e senza l’onore di un vero uomo.

Tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, in questo film il regista evidenzia in maniera particolare l’atmosfera di omertà esistente in Sicilia e la corruzione diffusa in tutti gli ambienti: politico, giudiziario, ecclesiastico. Ottima la sceneggiatura di  Ugo Pirro e dello stesso Damiani. Bravi gli attori, a partire dai comprimari Tano Cimarosa (Zecchinetta) e Serge Reggiani (Parrinieddu), convincente Franco Nero (premiato col David), in una delle sue interpretazioni migliori, nel dare al Capitano Bellodi il volto pulito del funzionario dello Stato che ancora crede nei valori della Giustizia.  Bravissima Claudia Cardinale (anch’essa premiata) con quell’atteggiamento torvo e sensuale che contraddistingue il suo personaggio.

Il film ci suggerisce questa ricetta dal sapore tutto siculo: sformato di broccoli al gratin.

INGREDIENTI: 1 kg di broccolo, possibilmente romanesco – 300 grammi di salsiccia – 100 grammi di parmigiano grattugiato – 100 grammi di provola dolce – 100 grammi provola affumicata – ingredienti per la besciamella: latte, burro, noce moscata, farina, sale e pepe q.b..

PROCEDIMENTO: Lessare il broccolo in acqua salata e lasciare raffreddare, quindi tagliarlo a pezzetti. Fare cuocere la salsiccia sfumandola con un poco di vino, togliere quindi il budello e sgranarla. Preparare una besciamella piuttosto densa e mescolarla ai broccoli e salsiccia; aggiungere il parmigiano e un poco di pepe. Preparare una teglia, imburrandola, e versare il preparato con i broccoli mettendo al suo interno anche la provola, sia dolce che affumicata, tagliata a cubetti.

Prima di infornare, cospargere la superficie con una spolverata di pan grattato, un poco di pepe e dei fiocchetti di burro. Fare cuocere in forno a 180 gradi per venti minuti e poi almeno altri dieci, solo con il grill. Servire lo sformato tiepido.

SUFFRAGETTE di Sarah Gavron, 2016

SUFFRAGETTE di Sarah Gavron, 2016

Londra 1903. Appena a ridosso dell’età vittoriana, in un clima decisamente maschilista dove solo all’uomo era devoluto tutto il potere decisionale sia nel pubblico che nel privato, con il termine dispregiativo di “suffragette” si indicavano quelle donne che lottarono attivamente per l’ottenimento del diritto al voto.

Il film di Sarah Gavron ci mostra, in maniera diretta e senza ricorso ad immagini retoriche, una Inghilterra pervasa da palesi lacerazioni politico/sociali in cui l’economia si basava essenzialmente sullo sfruttamento del lavoro femminile, proprio a causa del divario culturale esistente verso la figura maschile, e che sfociò in un atto di ribellione, prima pacifica poi armata, sicuramente preludio di tante altre lotte che portarono al completo riscatto della donna nella società.

Proprio in questo sfondo a tinte cupe, la narrazione prende corpo per identificare l’azione delle “suffragette” che, sotto la spinta della carismatica Emmeline Pankhurst (Meryl Streep), leader e fondatrice del movimento, prende via via forza assumendo le caratteristiche di una vera e propria lotta dinamitarda volta a sabotare i simboli di quelle istituzioni talmente “ingessate” da ignorare regolarmente le istanze delle donne per l’estensione del voto e per il riconoscimento di pari dignità nell’ambito lavorativo.

Figura centrale è Maud Watts (Carey Mulligan, pluripremiata per il film An Education del 2009) che quasi accidentalmente viene a contatto con il gruppo e che ben presto diventerà una delle principali attiviste, incoraggiata da Edith Ellyn (Helena Bonham Carter, interprete in film di grande successo e con due Nomination come Miglior Attrice per il film The Wings of the Dove del 1997 e per Il Discorso del Re del 2010), ad iniziare la propria rivolta nella lavanderia, dove lavorava sin dall’età di otto anni, per tredici ore al giorno sotto le molestie del suo datore di lavoro. Brutalmente picchiata dalla polizia, più volte arrestata, persino allontanata forzatamente dal figlio e messa sulla strada da un marito di poco spessore, Maud insieme alle altre donne seguirà sino in fondo il pensiero della Pankhurst, che incitava appunto ad una lotta terroristica per la conquista della parità dei diritti.

Il film è curato alla perfezione da un punto di vista scenografico da Alice Normington che è riuscita a riprodurre un ambiente in cui i personaggi si muovono con assoluta naturalezza, come nel caso delle sequenze girate nella lavanderia dove, dietro l’apparente compostezza delle operaie, si percepisce perfettamente la loro sofferenza e lo stato di semi schiavitù in cui erano costrette a lavorare. La regista assieme alla sceneggiatrice Abi Morgan, coadiuvate da un team tutto al femminile, hanno raggiunto un ottimo risultato anche grazie ad un cast di livello eccellente che è riuscito a dare un volto credibile alle figure storiche che si muovono nella vicenda, regalandoci un pezzo di storia che molti ignorano e che invece risulta essere il punto di avvio di quel processo di emancipazione generale per il quale ancora oggi molte donne lottano.

data di pubblicazione:2/03/2016


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TESS di Roman Polanski, 1979

TESS di Roman Polanski, 1979

Tess (Nastassja Kinski) viene mandata nel nord della Francia per rivendicare una presunta parentela con la famiglia d’Urberville, ritenuta di nobili origini, ma che nella realtà invece riunisce solo nuovi ricchi che hanno comprato il nome per darsi più rispettabilità sociale. Il giovane Alec Stoke (Leigh Lawson) la accoglie a nome della famiglia e subito si innamora di lei. Più volte rifiutato dalla ragazza, pur di averla per sé, la violenta; Tess darà alla luce una bambina (Sorrow) che tuttavia morirà subito dopo la nascita.
Tempo dopo la giovane conoscerà Angel (Peter Firth) di cui si innamorerà; quando, dopo averla sposata, Angel verrà a conoscenza del passato burrascoso della moglie, fuggirà in Brasile abbandonandola. Approfittando dell’assenza di Angel, Alec si ripresenterà per risolvere i problemi pratici di sussistenza in cui, nel frattempo, era piombata la famiglia di Tess e nel contempo per rivendicare il suo amore. Tornato Angel dal Brasile, la situazione precipiterà inevitabilmente: Tess ucciderà Alec e poi verrà giustiziata per l’omicidio commesso, con il conforto finale che il marito almeno sposerà la sorella minore Liza.
Il film, dalla trama molto complessa, ebbe un grande riscontro nel pubblico e da parte di tutta la critica internazionale facendo vincere a Polanski diversi importanti premi tra cui ben tre Oscar e due Golden Globe, oltre a tantissime nomination, segnando l’esordio della bravissima Nastassja Kinski che venne premiata come miglior attrice debuttante. Il film, che ha il suo tragico epilogo tra le misteriose megaliti di Stonehenge, ci suggerisce questa ricetta dal sapore tutto inglese: fricassea di pollo.

INGREDIENTI: 8 sovracosce di pollo – 100 grammi di pancetta a dadini – due cipolle bianche – un dado per brodo – due tuorli d’uovo – un limone – olio d’oliva q.b. e una noce di burro – sale e pepe.
PROCEDIMENTO: Pulire bene le sovracosce di pollo togliendo la pelle, infarinare e soffriggere in abbondante olio d’oliva ed una noce di burro, insieme alle cipolle. Aggiungere la pancetta a dadini, fare insaporire e rosolare ben bene; correggere di sale e pepe, e quindi aggiungere il brodo molto ristretto. Lasciare cuocere a fuoco moderato per circa 30 minuti. Alla fine, quando il brodo si sarà asciugato, aggiungere il battuto ottenuto con i tuorli d’uovo ed il succo di un limone e togliere subito dal fuoco, facendo risposare il tutto. Il piatto va servito tiepido.