COCO CABASA di Klara Johanna Til, Olanda

COCO CABASA di Klara Johanna Til, Olanda

(CASA DEL CINEMA – Roma, 27/29 Aprile 2018)

Kaoutar Darmoni ha vissuto la sua infanzia in Tunisia in una famiglia dove il padre-padrone alzava le mani su di lei e sua madre se non gli obbedivano o se si permettevano di uscire fuori di casa senza il suo permesso. La ragazza appena può fugge in Francia, allo scopo di completare i suoi studi interdisciplinari socio-culturali sulla sessualità e sull’identità di genere. Delusa dall’esperienza di vita francese, oggi Kaoutar Darmoni è da qualche anno docente-ricercatrice presso l’Università di Amsterdam. Le interviste a Kaoutar e ad alcune persone in Tunisia, che l’hanno a suo tempo incoraggiata a lasciare il paese, ci fanno comprendere quanto sia stato per lei difficile emanciparsi e diventare la donna di successo che oggi è.

 

Coco Cabasa è un documentario che chiude Immaginaria, interessante rassegna cinematografica che ha presentato in tre giorni di proiezioni tutta una serie di film fatti da donne e nei quali le stesse hanno potuto affermare i propri diritti e la propria libertà di pensiero. Il racconto della tunisina Kaoutar, oggi donna affermata nella vita privata come in quella lavorativa, ci fa comprendere quanto ancora sia lunga la lotta che le donne devono affrontare per il raggiungimento della parità. Certo vivere in Tunisia non è la stessa cosa che vivere in un paese occidentale, ma dalle varie interviste che coinvolgono oltre la protagonista anche persone che le sono state vicine, si evince che la strada è comunque e sovente ovunque in salita. La donna che oggi ha in mente un progetto di emancipazione dovrà comunque assumersi rischi e oneri non indifferenti, oltre ad una grande dose di tenacia. Questo è dunque il messaggio forte che emerge da questo documentario che sicuramente deve essere considerato come un forte incoraggiamento a non perdersi d’animo. Kaoutar insegna anche come riprendere il controllo del proprio corpo mediante una serie di movimenti liberatori e di tecniche respiratorie coniugando allo stesso tempo la gestualità orientale araba con quella occidentale. Pratiche queste importanti che sicuramente aiutano a realizzare il controllo della mente e predispongono il soggetto a conquistare maggior sicurezza di sé. Coco Cabasa nasce da un progetto di Klara Johanna Til, giovanissima studentessa di cinematografia che dall’Olanda è riuscita a portare il film fuori dai confini nazionali, riscuotendo l’attenzione che merita.

data di pubblicazione:29/04/2018

COCO CABASA di Klara Johanna Til, Olanda

LA BELLE SAISON di Catherine Corsini, Francia

(CASA DEL CINEMA – Roma, 27/29 Aprile 2018)

Delphine lavora nella fattoria di proprietà dei genitori situata nella regione di Limousin in Francia. Disattendendo le loro aspettative che la vorrebbero accasata con l’amico di famiglia e d’infanzia Antoine, e a seguito dell’abbandono da parte della sua compagna, decide di trasferirsi a Parigi per iniziare lì una nuova vita. Un giorno per caso incontra Carole, donna affascinante a capo di un gruppo di attiviste femministe: Delphine ne rimane conquistata e decide di frequentare con lei le assemblee del movimento. Sullo sfondo di queste legittime azioni sociali, la relazione tra le due donne diventa sempre più intima sino a sfociare in un vero e proprio rapporto d’amore. Costretta a tornare in compagna per prendersi cura della fattoria di famiglia, Delphine è più che mai convinta a non tornare sui suoi passi, nonostante l’ostilità nei confronti del suo legame con Carole.

 

 

 

La Belle Saison di Catherine Corsini (L’amante inglese, Les Ambitieux, La Répétition) è un film che ben si inquadra nella filmografia della regista francese, oramai da tempo impegnata nella battaglia contro le violenze sessuali e coniugali perpetuate nei confronti delle donne. Molto attenta alle problematiche relative ai rapporti di coppia, e in particolare a quelli di natura omosessuale, la Corsini con questo film, presentato ieri nell’ambito del Festival Immaginaria, ci riporta alle lotte sociali degli inizi degli anni settanta quando, in piena campagna abortista, le donne iniziarono ad organizzarsi per dimostrare così la loro ferma determinazione a rivendicare i diritti sulla propria persona. Il film però non vuole solo raccontare un momento particolare della storia dell’emancipazione femminile dai condizionamenti sociali che le volevano relegate a ruoli sociali secondari, al centro dello script c’è anche la narrazione di un intenso rapporto affettivo. Le difficoltà di allora, vale a dire come affrontare una storia omosessuale in un ambiente sociale ostile, seppur a tinte più tenui ancora oggi sono frutto di pregiudizi da cui la società fa fatica a distaccarsi. Le due donne vivono intensamente una bella stagione d’amore, ma quando sembrano decidersi a condividere apertamente i loro sentimenti, eccole ricadere nella paura di presentarsi come diverse, fuori dagli schemi imposti da una morale oramai retrograda. In tale contesto gli ampi spazi della campagna francese fanno da contrappunto ad una Parigi in pieno fermento sociale, caratteristico proprio di quegli anni post-sessantotto. La Belle Saison è decisamente una love story : le immagini che riguardano i rapporti intimi tra le due donne sono segnati da semplici pennellate d’effetto, dalle quali lo spettatore percepisce una intensità di sentimenti che solo una esperienza personale vissuta è in grado di dare: la Corsini ci riesce alla perfezione.

data di pubblicazione:29/04/2018

COCO CABASA di Klara Johanna Til, Olanda

EXTRA TERRESTRES di Carla Cavina, Porto Rico/Venezuela

(CASA DEL CINEMA – Roma, 27/29 Aprile 2018)

Teresa è una astrofisica che vive nelle Canarie e lavora con la sua compagna Daniela presso un centro di osservazione stellare. Dopo sette anni di lontananza da casa decide di tornare in famiglia, in Porto Rico, allo scopo di invitare i parenti al suo matrimonio che si celebrerà alla falde del vulcano Teide. L’impresa sin dall’inizio non si prospetterà facile in quanto il padre ha una mentalità molto retrograda che tiene in pugno figli e moglie, da tempo costretti a vivere una vita di sotterfugi pur di seguire in segreto i propri ideali di felicità. Teresa, convinta dovrà lottare duro contro un genitore prepotente e dispotico, lei vegetariana e lui grande allevatore di polli, che non hai mai compreso le sue scelte di vita e men che meno i suoi sentimenti verso Daniela.

A dare il via a questa tredicesima edizione di Immaginaria è stato scelto il film Extra Terrestres, primo lungometraggio della regista portoricana Carla Cavina conosciuta per i suoi corti e documentari già presentati in molti Festival internazionali a tematica lesbo-femminista. Il film, pur utilizzando metaforicamente l’immagine galattica di stelle e pianeti vaganti nell’universo secondo un ordine cosmico prestabilito, non è un film su extra terrestri ma al contrario racconta di esseri umani che si ritrovano ad affrontare il quotidiano con i normali problemi di sempre. Teresa ha un rapporto stabile con Daniela, compagna nella vita privata e nel lavoro, e dopo anni di assenza da casa sente la necessità di affrontare una volta per tutte la famiglia per comunicare la sua decisione di sposarla. Ecco che la giovane si troverà suo malgrado a lottare contro un padre autoritario, che mai accetterà la sua relazione affettiva omosessuale ritenuta anormale e quindi inaccettabile. Messo di fronte a questa realtà, l’uomo casualmente verrà a conoscenza di un mondo parallelo e segreto dove anche gli altri membri della famiglia hanno trovato rifugio per sfuggire al suo dispotismo. Interessante come la regista abbia utilizzato il linguaggio delle stelle per farci comprendere la forza dell’amore che, al di là delle distanze interplanetarie, è ancora una volta il fulcro energetico che muove i singoli esseri umani in un piccolo pianeta, come il nostro, sperduto nel nulla. Ne viene fuori un film sicuramente ben costruito che non trascura il messaggio che sta alla base dell’intera storia anche se a tratti sembra perdersi nella banalità, così come l’interpretazione degli attori che non riescono a dare quel quid tale da rendere la pellicola convincente per il folto pubblico che affollava le tre sale messe a disposizione dalla Casa del Cinema.

data di pubblicazione:28/04/2018

COCO CABASA di Klara Johanna Til, Olanda

IMMAGINARIA – International Film Festival of Lesbians & Other Rebellious Women

(CASA DEL CINEMA – Roma, 27/29 Aprile 2018)

Si inaugura oggi alla Casa del Cinema la XIII edizione di Immaginaria, Festival tutto al femminile organizzato dall’Associazione Culturale Lesbica Visibilia di Bologna insieme al Festival MIX – Milano, con il supporto di numerose unioni lesbo-femministe internazionali. Come in passato, anche quest’anno verranno proiettati film diretti da registe di ogni parte del mondo, tutte impegnate nel sociale per portare a conoscenza tematiche particolari, non facilmente riscontrabili nei normali circuiti di distribuzione. Durante questa kermesse romana verranno presentati in concorso 7 lungometraggi e ben 13 corti, tra questi 5 documentari tutti ovviamente incentrati sulla tematica propria che caratterizza questo Festival. Da ricordare che Immaginaria, fondata venticinque anni fa a Bologna, è la prima manifestazione cinematografica italiana che ha come obbiettivo di portare sullo schermo i problemi delle donne con orientamento sessuale lesbico e soprattutto la loro lotta per emanciparsi dai soliti cliché imposti dalla società maschilista e fallocratica vigente nel nostro beneamato Paese. Quindi i film proposti hanno lo sguardo attento di donne coraggiose, impegnate per la difesa del diritto a vivere serenamente a propria sessualità, con l’intento di superare ogni bigotto e anacronistico pregiudizio. Novità di questa edizione è l’aver introdotto per la prima volta la Sezione speciale “Donne al Corto” che presenterà cortometraggi italiani in anteprima per poi essere distribuiti in maniera più capillare nei festival LGBTQ. Accreditati seguirà la manifestazione e informerà sulle proiezioni in programma.

data di pubblicazione:27/04/2018

 

THE HAPPY PRINCE di Rupert Everett, 2018

THE HAPPY PRINCE di Rupert Everett, 2018

Alla fine del 19esimo secolo Oscar Wilde rappresentava un’icona nell’alta società londinese, affascinata oltre che dai suoi lavori anche dalla sua personalità carica di umorismo e di trasgressione al tempo stesso. A causa della dichiarata omosessualità venne condannato e messo in prigione: due anni dopo ne uscì profondamente provato nel fisico e senza più soldi perché, nel frattempo, le sue opere teatrali erano state messe al bando e non più rappresentate. Trasferitosi in esilio a Parigi, dopo falliti tentativi di riconciliarsi con la moglie Constance, Wilde decise di chiudere la relazione con il giovane Lord Douglas responsabile di averlo trascinato in quel totale disastro. Pur tra i fumi dell’assenzio, Oscar Wilde riuscì comunque con i suoi racconti per bambini a conquistarsi l’affetto di un folto pubblico che fedelmente lo seguirà sino alla fine dei suoi giorni.

 

 

Dopo aver interpretato il ruolo di protagonista in tantissimi film di successo (per citarne alcuni: Ballando con uno sconosciuto, Il matrimonio del mio miglior amico, Shakespeare in Love, L’importanza di chiamarsi Ernesto, Stage Beauty, Hysteria) Rubert Everett è alla sua prima regia con The Happy Prince, presentato quest’anno alla Berlinale nella Sezione Teddy Award. Interpretando il ruolo di Oscar Wilde, il regista Everett sembra dare il meglio di sé e confermare una eccellente bravura supportata da una evidente maturità personale che incide in maniera determinante nell’imprimere una giusta dose di empatia nel personaggio da lui rappresentato. L’immagine che ne viene fuori si adatta perfettamente alla figura dell’insigne scrittore, che negli ultimi anni della sua vita si era completamente lasciato andare a degli eccessi che la puritana società vittoriana di allora difficilmente avrebbe potuto tollerare. Il film ci parla di Oscar Wilde oramai in esilio a Parigi, lontano dall’amata moglie Constance e dai suoi due figli, in uno stato di perenne indigenza e oramai prossimo a morire, pur tuttavia sempre pronto a ironizzare sulla propria persona e a guardare il lato buono delle cose. Ecco così che Rupert Everett riesce nel delicato compito di non rivelare il lato buio della personalità di Wilde, ma al contrario di mostrare la sua capacità di venir fuori dalle situazioni più cupe con ineguagliabile sarcasmo. Riferendosi al De Profundis, testamento di Wilde dalla prigione, Everett ci narra di un uomo che fu punito per essere quello che lui stesso desiderava essere, senza ricorrere ad ipocrisie o ad atteggiamenti che contraddicessero la sua genuina personalità. The Happy Prince è una favola per bambini, oramai di rilevanza universale, che colpisce il cuore di tutti a prescindere dall’età anagrafica ed il film che ne porta il titolo ha centrato in pieno lo spirito del suo autore, considerato a ragione tra i grandi della letteratura di tutti i tempi. Nell’ottimo cast spicca Emily Watson nella parte di Constance e Colin Firth nel ruolo dell’amico Reggie Turner. Il film è nelle sale italiane e se ne consiglia la visione.

data di pubblicazione:13/04/2018


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