da Antonio Iraci | Lug 11, 2024
Alice e François riuniscono i genitori nella sontuosa tenuta della famiglia di lei. Il padre di lui è un concessionario della Peugeot e da subito viene messo a disagio dai consuoceri, i Bouvier Sauvage, che vantano una discendenza nobile e vecchia di diversi secoli. I due giovani hanno intanto preparato una sorpresa: un test del DNA per tutti loro. Ognuno leggerà le proprie origini e rimarrà completamente spiazzato dal risultato scaturito da questo insolito esame di laboratorio…
La commedia alla francese riesce bene se a farla è un francese. Assioma inconfutabile che si applica perfettamente al film firmato dal regista Julien Hervé. Il plot, piuttosto elementare e meglio adattabile a una pièce teatrale, non si può certo considerare particolarmente esilarante. Due famiglie di classi sociali completamente diverse che si trovano a rivaleggiare in nome dell’amore sincero che unisce i loro rispettivi figli. Ognuno sembra legato alle proprie salde origini alle quali non intende certo rinunziare e che anzi diventa elemento di orgoglio quando si troveranno a conversare in salotto per accogliere la notizia del prossimo matrimonio dei figli. Certo non sarà facile per un Bouvier Sauvage acconsentire alla nozze della loro unica figlia e consegnarla nelle braccia di un Martin, insignificante concessionario d’auto. Superate a fatica queste differenze di ceto sociale, tutto sarebbe potuto andare liscio se i promessi sposi non avessero avuto la geniale idea, è il caso di dirlo, di sottoporre i rispettivi genitori al test del DNA. Lo scopo era di rivelare a ciascuno la propria reale discendenza. L’iniziativa, se può sembrare originale, non prevede certamente un risultato così esplosivo. Ognuno scoprirà qualcosa di inimmaginabile che porterà a rivedere nel bene e nel male le proprie convinzioni. Un film divertente, leggero, che vanta l’ineccepibile interpretazione di due grandi comici francesi: Didier Bourbon e Christian Clavier. Situazioni grottesche, ma sempre esilaranti, accompagnano lo spettatore in questa commedia che, forse nell’intento del regista, dovrebbe mettere alla berlina la società francese, così rigidamente attaccata ai propri sentimenti nazionalistici. Come sempre il lieto fine aggiusterà ogni velleità e ogni pregiudizio e il matrimonio verrà comunque fatto. Per la verità anche un poco in ritardo visto che nel frattempo si è materializzato un piccolo Martin per la felicità dei nonni che hanno già dimenticato le proprie inaspettate origini. Pian piano acquisiranno la giusta dose di saggezza per capire quanto siano importanti i rapporti umani che vanno anche vissuti con una buona dose di ironia e di umorismo.
data di pubblicazione:11/07/2024
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Iraci | Giu 26, 2024
Donya è miracolosamente riuscita a fuggire da Kabul dove lavorava come traduttrice presso le truppe statunitensi in Afghanistan. Ora vive a Fremont, in California, operaia in una piccola fabbrica cinese di biscotti della fortuna. Il pensiero dei suoi familiari e il rimorso per averli abbandonati nel suo paese rende le sue notti insonni. Per risolvere questo problema inizierà a frequentare lo studio di uno psicoterapista e pian piano darà un senso alla sua solitudine…
Il regista Babak Jalali, di origini iraniane, insieme alla regista e sceneggiatrice italiana Carolina Cavalli, confeziona su misura un film sulla figura quanto mai enigmatica di Donya. Una rifugiata che vive ai margini di una comunità afghana, in un paese non suo e che cerca con ogni mezzo di farlo diventare suo. La ragazza passa il suo tempo tra la fabbrica di biscotti della fortuna, dove lavora, e la sua modesta camera in un vero e proprio ghetto dove sono vigenti le leggi e le usanze del lontano Afghanistan. Proprio nella solitudine della sue interminabili notti da insonne, i pensieri salgono alla sua mente e le creano forti tormenti. A Kabul ha infatti lasciato ogni cosa e tutti i propri affetti. Lei stessa però si considera una fortunata per essere riuscita a porsi in salvo, fortuna che forzatamente cerca di trasferire agli anonimi consumatori di quei biscotti che contengono all’interno un messaggio profetico. Film nella sostanza statico pone Donya (Anaita Wali Zada) al centro di una schermo che lei stessa riesce a trapassare con lo sguardo e raggiungere direttamente lo spettatore. Il film infatti ruota su una staticità e una riproduzione di gesti senza soluzione di continuità che, aiutate da una fotografia in bianco e nero, sono quanto mai funzionali e dipingere l’immagine di una donna sola in cerca di amore vero. Se la sorte pare si prenda gioco di lei, in effetti, dietro le quinte, sta preparando per la ragazza la possibilità di un lieto fine, fornita da un meccanico (Jeremy Allen White) anche lui triste e solo. Come ogni lavoro che in qualche modo si focalizzi solo su l’immagine malinconica del protagonista, anche questo film rischia di annoiare, se non addirittura infastidire, lo spettatore. Se lo si guarda invece nell’ottica di una sorta di emancipazione e crescita, nella ricerca di una felicità che stenta ad arrivare, allora il film di Babak Jalali assumerà una valenza particolare e se è vero che la felicità sta nel biscotto giusto, allora basta avere la fortuna di trovarlo.
data di pubblicazione:26/06/2024
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Iraci | Giu 17, 2024
Modesta vive con la madre e la sorella disabile in una povera casa di campagna di un entroterra siciliano. In famiglia viene trattata con disprezzo e si illude di ricevere attenzioni solo da un padre, sempre assente, che le manifesta interesse, che lei inizialmente scambia per affetto ma che si tramuta in un atto di violenza. A seguito di un incendio, rimasta sola, viene accudita in un convento di suore dove tra figlie di principi e principesse dovrà adattarsi, facendo crescere in se’ stessa la consapevolezza che anche lei un giorno potrà raggiungere quel rango e imparare così cosa veramente sia “l’arte della gioia”…
In veste di regista Valeria Golino dà veramente prova di grande abilità nella trasposizione cinematografica del romanzo postumo della scrittrice Goliarda Sapienza. Con una sceneggiatura scritta a più mani, Golino dà il meritato valore a una narratrice siciliana che ha saputo descrivere il mondo arcaico della sua terra, andando contro a una cultura patriarcale tipica di quel periodo di inizio novecento, e riuscendo a sfidare con coraggio quella morale che mortificava nelle donne “l’arte della gioia” ovvero la possibilità di essere libere di scegliere come vivere la propria vita. Il film, presentato nelle sale in due parti ma che di fatto nasce come mini serie televisiva di Sky, ruota tutto intorno alla figura di Modesta che sin da bambina sa con consapevole certezza ciò che vuole e come dovrà ottenerlo. Lei stessa dimostrerà capacità di adattarsi a qualsiasi situazione, prima in un convento, dove vivrà accanto a delle novizie, poi nel palazzo nobiliare della principessa di Brandiforti dove darà subito prova di intelligenza e soprattutto di grande pazienza. Attraverso un matrimonio di convenienza, tra alterne vicende che lei stessa riuscirà a superare, anche a costo di travolgere senza scrupoli la vita di altri, Modesta si convertirà in una dama aristocratica, capace di badare a se stessa e alla casa a cui ora appartiene di diritto. Una manipolatrice che sa benissimo come raggiungere il suo scopo, sfruttando la seduzione come arma per conquistare sia uomini che donne. Ritratto quindi perfetto di un essere ribelle che sfida il suo tempo, capace di sapersi imporre e di apparire nello stesso tempo amante sensuale e madre irreprensibile. Il film di Valeria Golino è impeccabile in ogni dettaglio, specialmente nella regia e nella scelta del cast. A partire dalla protagonista assoluta della scena, interpretata dalla bravissima Tecla Insolia, a seguire con Valeria Bruni Tedeschi nei panni di una principessa Brandiforti che passerà alla storia, sino a Jasmine Trinca nel ruolo della tormentata badessa Eleonora. Nei ruoli maschili una nota di merito va a Guido Caprino. I dettagli sono curati dalla stupefacente fotografia di Fabio Cianchetti con il montaggio di Giorgio Franchini. La regista, che da giovane aveva lavorato a stretto contatto con Goliarda Sapienza, all’epoca apprezzata attrice di teatro, è riuscita appieno a trasfondere una storia scabrosa in un capolavoro cinematografico che farà conoscere il vero e genuino significato della vita, senza remore o false vergogne.
data di pubblicazione:17/06/2024
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Iraci | Giu 12, 2024
A seguito di alcune inspiegabili mutazioni che stanno interessando gli uomini, François, accompagnato dal figlio Émile, va a trovare la moglie in osservazione presso un centro di ricerca. La donna, come tanti altri, si sta fisicamente trasformando in un animale e viene pertanto trasferita in un lager al sud della Francia. Nonostante queste precauzioni, il fenomeno sembra dilagarsi a dismisura e le autorità inizieranno a dar loro la caccia…
Come Gregor Samsa, che Kafka pone al centro del suo racconto La metamorfosi, così il genere umano, senza un perché, si ritrova un bel giorno a trasformarsi in un animale qualunque, forse un insetto forse un uccello, senza alcun apparente nesso logico. Il regista e sceneggiatore francese Cailley, qui al suo secondo lungometraggio in veste di regista, ci presenta un film ibrido del genere fantasy con tracce di fantascienza e horror. Gli esseri umani, trasformati geneticamente e fisicamente, risultano impotenti di fronte a questa inarrestabile alterazione. A loro non resta che comunicare la loro sofferenza tramite gli occhi, unico elemento dell’uomo a loro rimasto. Nel seguire i disperati tentativi di François alla ricerca di una moglie-orso dispersa in un bosco, non si può far altro che solidarizzare con lui che tenta il tutto e per tutto per salvaguardare l’incolumità di questa creatura, oramai indefinibile, braccata dalla polizia. Nella storia assume anche una posizione di rilievo la figura del figlio sedicenne che a tutti i costi deve lottare per ottenere tutto ciò che gli altri della sua età già hanno. La sua è anche una sfida contro il tempo perché il dramma che sta iniziando a mutare il suo corpo non lascia alcuna via d’uscita. Quello che veramente colpisce e come Émile tenti, per quanto possibile di ribellarsi, di nascondere questa stranissima condizione soprattutto di fronte al padre e ai compagni di scuola. Forse il regista trae spunto da questa singolare storia per parlare di diversità e di come per molti giovani di oggi diventi una vera e propria tragedia. Non si può rimanere quindi indifferenti di fronte a questa intensa sventura esistenziale, intrisa di genuino pathos affettivo, che coinvolge in egual misura tutti i protagonisti. Ottima regia e ottima interpretazione del giovane Paul Kircher e di Romain Duris, attori già più che collaudati in precedenti film. Presentato lo scorso anno a Cannes, The Animal Kingdom ha subito registrato un record di consensi e ha vinto ben 5 premi César tra cui come miglior colonna sonora, per le musiche di Andrea Laszlo De Simone, e per i migliori effetti speciali curati da MPC e Mac Guff. Se ne consiglia la visione.
data di pubblicazione:12/06/2024
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Iraci | Mag 29, 2024
Vincent lavora come pubblicitario in uno studio grafico di Lione. Un giorno uno stagista, che fa pratica con lui, lo aggredisce con il suo tablet senza apparente motivo. Da quel momento Vincent sarà vittima di attacchi sempre più frequenti da parte di persone comuni che casualmente incrociano il suo sguardo. Pur isolandosi nella casa di campagna, sarà inevitabile incontrare qualcuno che senza motivo lo vuole morto. La violenza intanto aumenta nel Paese come un virus irrefrenabile che si sta diffondendo tra la gente…
Presentato lo scorso anno a Cannes alla Semaine De La Critique e in Italia al Torino Film festival, finalmente ora nelle sale l’atteso film horror diretto dall’esordiente regista francese Stéphan Castang. Si tratta di una storia alquanto angosciante perché ambientata in una società dove la violenza sembra estendersi inspiegabilmente a macchia d’olio. Partendo dal mite Vincent (Karim Leklou) al centro della vicenda, ben presto si scoprirà che alcuni individui, come lui, sono violentemente aggrediti non appena vengono fissati da altri, sia pur incontrati occasionalmente. Basta uno sguardo e si scatena una furia omicida che li vuole morti. Ma basterà isolarsi per evitare questa spirale di violenza contagiosa oramai fuori controllo? Dopo aver abbandonato tutto e tutti il protagonista dovrà affrontare una serie di avventure e dovrà lottare tenacemente per difendere la propria incolumità. L’incontro con Margaux (Vimala Pons), una cameriera di un fast food, aprirà uno spiraglio nella sua vita che presto si è trasformata in un perenne incubo. Ma Vincent sarà attaccato anche da lei che pur amandolo non potrà controllare la propria aggressività. Il regista ci spinge a riflettere sui malesseri di questa società che spinge all’isolamento esistenziale e che trova nell’arma della violenza il mezzo per sopravvivere. Una visione quindi catastrofica di un’epoca carica di odio e di guerre di potere. Il protagonista è una persona normale che non ha mai fatto del male a nessuno eppure è al centro di una malvagità collettiva senza possibilità di scampo. Un film pieno di sorprese, per la maggior parte sgradevoli, che sicuramente coinvolgono grazie anche alla sapiente regia di Castang che già per questo suo primo film ha attirato l’attenzione della critica internazionale.
data di pubblicazione:29/05/2024
Scopri con un click il nostro voto:
Gli ultimi commenti…