VOLEVO NASCONDERMI di Giorgio Diritti – BERLINALE 2020

VOLEVO NASCONDERMI di Giorgio Diritti – BERLINALE 2020

logo(70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 20 Febbraio/1 Marzo 2020)

La storia di Antonio Ligabue sin dai tempi dell’infanzia in Svizzera dove, figlio di un’emigrante italiana, era stato adottato, sino all’espulsione che lo porta in Emilia dove inizia a vivere come un vagabondo in una capanna sul fiume Po, maltrattato e deriso da tutti per la sua disabilità fisica e psichica. Un emarginato che ha fatto della propria arte un motivo di vanto personale e di riscatto sociale per arrivare ad essere quello che desiderava profondamente e che sentiva di essere: un artista.

 

 

Giorgio Diritti, bolognese doc, è un regista che produce poco ma quello che fa è sempre di grande livello come è dimostrato dai suoi precedenti film e documentari, tutti super premiati in vari festival internazionali. Volevo nascondermi, presentato alla Berlinale in anteprima mondiale ed in concorso, non è un lavoro comune ma rientra nella categoria di quei film che lasciano sicuramente un’impronta nella storia della cinematografia internazionale. Il merito del regista è sicuramente quello di presentarci un artista nella sua dimensione più arcaica, quasi primordiale, inquadrandolo in quella parte d’Italia della Bassa Padana, al sud del fiume Po, in un contesto geografico e storico particolare (siamo in pieno periodo fascista) che rimanda a Novecento di Bernardo Bertolucci. Ligabue vive emarginato in una capanna lungo il fiume nutrendosi di ciò che trova, ma proprio lì inizierà anche la sua formazione artistica, dal contatto con la natura e dall’osservazione degli animali, e non certamente dalla storia più nobile ed alta delle Accademie. Dopo essere stato espulso dalla Svizzera, questo uomo si trova in un posto dove non viene capito né inizialmente accolto, e dove ha persino difficoltà ad inserirsi in un ambiente sia pur contadino e pressoché analfabeta come era quello emiliano di quegli anni. Per Ligabue l’unica possibilità di espressione è rappresentata dai sui quadri, dai colori forti ed aggressivi, una forma di pittura che rappresenta forse l’unico modo per tirarsi fuori dal buio in cui è sempre vissuto e dove non c’è stato mai spazio per un gesto di affetto né per una semplice carezza: “volevo nascondermi…ero un uomo emarginato, un bambino solo, un matto da manicomio, ma volevo essere amato”.

Elio Germano è Ligabue, e lo è non solo nella somiglianza fisica ma soprattutto nell’animo che l’attore riesce ad esprimere sin dalla prima scena, con un bagaglio di sofferenza mista ad una struggente tenerezza, innata ma mai nutrita dall’amore di nessuno. All’attore va il merito indiscusso di essere riuscito ad entrare nel personaggio in un modo talmente stupefacente da trasmettercene l’autenticità, senza costruzioni né forzature, ma con una naturalezza da grande interprete riuscendo nell’ardua impresa di farci cogliere la personalità ed il carattere decisamente complessi di questo grande pittore. Volevo nascondermi è un film che coinvolge sin dal primo momento, sino a portare lo spettatore ad una commozione profonda.

Ci auguriamo che proprio a partire da questa Berlinale questo splendido lungometraggio di Giorgio Diritti faccia molto parlare di sé.

data di pubblicazione:22/02/2020








MY SALINGER YEAR di Philippe Falardeau – BERLINALE 2020

MY SALINGER YEAR di Philippe Falardeau – BERLINALE 2020

logo(70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 20 Febbraio/1 Marzo 2020)

Joanna sbarca a New York con la grande aspirazione di diventare un giorno una scrittrice. Siamo a metà degli anni novanta e non è certamente facile per una giovane donna trovarsi da sola ad affrontare tutta una serie di difficoltà pur di realizzare il proprio sogno. Il lavoro come assistente di Margaret, a capo di un’importante agenzia letteraria, sarà per Joanna una buona opportunità per entrare in un mondo a lei sino ad allora sconosciuto…

 

My Salinger Year, del regista e sceneggiatore canadese Philippe Falardeau, apre questa settantesima edizione della Berlinale. Un film leggero, una tipica commedia american style divertente, niente affatto superficiale, che ci porta in una New York degli anni novanta ancora tradizionalmente legata ai propri principi sociali, ma già pronta per accogliere quella rivoluzione socio-culturale che sarebbe presto scaturita con l’avvento e la diffusione di Internet. Joanna lavora in una prestigiosa agenzia che cura gli interessi di scrittori di grosso calibro quali F. Scott Fitzgerald, Agatha Christie e Dylan Thomas, ma il suo compito è quello di raccogliere accuratamente le decine di lettere che ogni giorno arrivano per J. D. Salinger da parte dei suoi numerosi fan, leggerle per poi cestinarle, con il divieto categorico di rispondere. La ragazza trova una realtà dove non tutto procede con regolare razionalità e senza volerlo entrerà nel mondo del giovane Holden, protagonista appunto del romanzo di Salinger che agli inizi degli anni cinquanta, appena pubblicato, diventò un best seller in tutto il mondo. Il film ci vuole ricordare come i giovani di quella generazione non si sottrassero al fascino di un giovane, appena sedicenne, che con il suo spiccato senso critico, ma psicologicamente emotivo e fragile, si sarebbe comunque ribellato a un establishment deviato, tipico della società americana di quel tempo. Margaret Qualley, appena reduce dal successo per la sua partecipazione nel film C’era una volta a…Hollywood di Quentin Tarantino, nel film interpreta una intensa e spontanea Joanna, riuscendo ad esprimere al meglio le emozioni di questa giovane ambiziosa e sognatrice, che si trova catapultata in un mondo nuovo ma ancora decisamente condizionato dal passato. Sigourney Weaver interpreta invece Margaret, capo dell’agenzia, ed è perfetta nel ruolo della donna in carriera, rigida verso qualsiasi iniziativa che non nasca direttamente da se stessa. My Salinger Year ha tempi e ritmi giusti, senza lungaggini e inutili divagazioni, mirando alla vera essenza delle cose e dei sentimenti.

Un buon inizio per questa attesa edizione della Berlinale che, come già annunciato nel nostro articolo di apertura, sarà piena di interessanti novità per la presenza del nuovo direttore artistico Carlo Chatrian.

data di pubblicazione:20/02/2020








70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE

70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE

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È stata presentata ufficialmente la giuria internazionale che affiancherà Jeremy Irons, già presidente, nella valutazione dei film in concorso per l’Orso d’Oro:

Bérénice Bejo, attrice argentina naturalizzata francese diventata famosa per The Artist, accanto all’attore Jean Dujardin. Il film fu presentato nel 2011 al Festival di Cannes ed ottenne ben 5 premi Oscar. In questa occasione la Bejo aveva ottenuto una nomination mentre nel 2013 a Cannes ricevette il premio come miglior attrice per la sua interpretazione nel film Il passato di Asghar Farhadi.

Bettina Brokemper, produttrice tedesca dal 2003 a capo della società di produzione Heimatfilm da lei stessa fondata. Ha prodotto diversi film di successo come La sposa siriana di Riklis nonché diversi lungometraggi dei due registi danesi Lars von Trier e Thomas Vinterberg, entrambi fondatori della corrente cinematografica Dogma 95.

Annemarie Jacir, regista, sceneggiatrice e produttrice cinematografica palestinese. Dopo essersi formata presso la Columbia University di New York ritornò in Palestina dove presentò il suo primo film Il sale di questo mare che le procurò l’espulsione dal suo paese da parte delle autorità israeliane. Con il suo secondo lavoro Quando ti ho visto, fu riabilitata ed ora risiede stabilmente nella città di Haifa.

Kenneth Lonergan, sceneggiatore, drammaturgo e regista statunitense che nel 2017 vinse l’Oscar per migliore sceneggiatura originale con il film Manchester by the Sea. Precedentemente, nel 2002, aveva ottenuto una nomination agli Oscar, sempre per la sceneggiatura, in quanto co-autore insieme a Jay Cocks e Steven Zaillian per Gangs of New York di Martin Scorsese.

Luca Marinelli, attore italiano che non ha bisogno di grandi presentazioni. Ricordiamo solo che esordì nel 2010 con La solitudine dei numeri primi, diretto da Saverio Costanzo mentre nel 2015 vinse il David di Donatello per il film Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti. Nell’ultima Biennale del Cinema di Venezia ha vinto la Coppa Volpi come miglior attore nel film Martin Eden, regia di Pietro Marcello.

Kleber Mendonca Filho, regista, sceneggiatore, produttore e critico cinematografico brasiliano. Firmò nel 2012 il suo primo film Il suono intorno, mentre nel 2016 presentò a Cannes Aquarius con protagonista Sonia Braga. Nel 2017 era presidente della giuria della Settimana Internazionale della Critica del Festival di Cannes.

Dopo queste ultime informazioni non rimane che attendere con noi di Accreditati il giorno 20 Febbraio per la presentazione del film di apertura, My Salinger Year del regista canadese Philippe Falardeau, di questa attesissima edizione della Berlinale.

data di pubblicazione:05/02/2020

70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE

70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE

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Oggi è stata presentata in conferenza stampa la lista completa dei film in selezione ufficiale. Quest’anno sarà quasi un giubileo per la Berlinale, per definizione degli stessi organizzatori, dal momento che si celebra la settantesima edizione; altro elemento importante, che caratterizzerà l’evento, sarà la presenza di Carlo Chatrian per la prima volta in qualità di direttore artistico del Festival al posto di Dieter Kosslick che per quasi venti anni aveva ricoperto l’incarico. Ci saranno molte novità a livello organizzativo e tante nuove iniziative che accresceranno l’importanza di questa kermesse cinematografica. Basti pensare che oltre alle varie sezioni collaterali (Panorama, Berlinale Shorts, Forum, Prospettive del Cinema Tedesco, Generation, Retrospettive, Teddy Awards, Native, ecc.) si aggiungerà “Encounters”, un nuova sezione che comprenderà una quindicina di film che nello specifico daranno nuova forma al mondo più che a rappresentarlo, in sintesi andranno ad interpretare, con un’ottica particolare, la storia del cinema sotto vari aspetti: autobiografico, intimo, filosofico, epico, surreale, politico e sociale. Altro evento di questa edizione speciale sarà il programma “On Transmission” in cui a turno verranno invitati sette registi, accompagnati ciascuno da un proprio ospite, che parleranno del cinema di oggi e presenteranno poi un proprio lavoro. Nell’introdurre i film in concorso per l’Orso d’Oro, Carlo Chatrian ha voluto aggiungere: “ che i film raccontano storie intime e sconvolgenti, individuali e collettive che hanno un effetto duraturo e ottengono il loro impatto dall’interazione con il pubblico. Se c’è una predominanza di toni scuri, può essere dovuto al fatto che i film che abbiamo selezionato tendono a guardare al presente senza illusione, non per causare paura, ma perché vogliono aprire gli occhi. La fiducia che il cinema ripone nell’umanità, questi esseri sofferenti, maltrattati e manipolatori, è ininterrotta, così ininterrotta che li vede costantemente come i suoi protagonisti ”…

Il film di apertura sarà My Salinger Year del regista canadese Philippe Falardeau che avrà come interprete principale Margaret Qualley, recentemente vista in Once Upon a Time…in Hollywood di Quentin Tarantino.

Ecco i 18 film della selezione ufficiale, di cui 16 in prima mondiale:

Berlin Alexanderplatz di Burhan Qurbani (Germania-Olanda)

DAU. Natasha di Ilya Khrzhanovskiy e Jekaterina Oertel (Germania-Ucraina-Regno Unito-Russia)

Domangchin yeoja di Hong Sangsoo (Corea)

Effacer l’historique di Benoît Delépine (Francia-Belgio)

El pròfugo di Natalia Meta (Argentina-Messico)

Le sel des larmes di Philippe Garrel (Francia-Svizzera)

First Cow di Kelly Reichardt (USA)

Irradiés di Rithy Panh (Francia-Cambogia) documentario

Never Rarely Sometimes Always di Eliza Hittman (USA)

Rizi di Tsai Ming-Liang (Taiwan)

The Roads Not Taken di Sally Potter (Regno Unito)

Schwesterlein di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond (Svizzera)

Sheytan vojud nadarad di Mohammad Rasoulof (Germania-Repubblica Ceca­­­­-Iran)

Todos os mortos di Caetano Gotardo e Marco Dutra (Brasile-Francia)

Siberia di Abel Ferrara (Italia-Germania-Messico)

Undine di Christian Petzold (Germania-Francia)

Molti sono i film italiani distribuiti tra le varie Sezioni, di cui due in gara per l’Orso d’Oro. Il primo è Volevo nascondermi di Giorgio Diritti (Il vento fa il suo giro del 2005, L’uomo che verrà del 2009) con Elio Germano nei panni del pittore Ligabue, artista naif la cui vita fu molto travagliata e compromessa per la sua disabilità non solo fisica ma anche mentale. Lo stesso Elio Germano sarà protagonista anche del film in concorso Favolacce, opera seconda dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo che esordirono proprio qui a Berlino nel 2018 con La terra dell’abbastanza: trattasi di una storia ambientata in una estrema periferia romana dove famiglie al limite della sopravvivenza vivono le proprie drammatiche situazioni. Avremo poi nella Berlinale Special Gala Pinocchio di Matteo Garrone mentre nella sezione Panorama Semina il vento di Danilo Caputo, una storia ambientata tra gli uliveti pugliesi aggrediti da un parassita letale. Infine nella sezione Generation Palazzo di Giustizia di Chiara Bellosi e in Forum La casa dell’amore di Luca Ferri e Zeus Machine nonchè L’Invincibile di Nadia Rocchi e David Zamagni.

La giuria internazionale quest’anno sarà presieduta dall’attore britannico Jeremy Irons, premio Oscar nel 1991 per il film Il mistero von Bulow che non necessita di alcuna presentazione perché conosciuto dal pubblico per il suo particolare ruolo come protagonista in film di grande successo internazionale. Gli altri componenti della giuria non sono stati ancora resi noti.

La Berlinale renderà omaggio all’attrice inglese premio Oscar Helen Mirren con l’Orso d’Oro alla carriera, riconoscimento ben meritato per le sue splendide interpretazioni di personaggi complessi (da Elisabetta II in The Queen a Caterina la Grande…) e dotata di una forte personalità.

Appuntamento quindi con Accreditati che saranno presenti a Berlino e vi terranno aggiornati sugli eventi principali della manifestazione.

data di pubblicazione:30/01/2020

L’INGANNO PERFETTO di Bill Condon, 2019

L’INGANNO PERFETTO di Bill Condon, 2019

Betty McLeish e Roy Courtnay si incontrano online in una chat e, nonostante entrambi ottantenni, combinano un appuntamento galante per conoscersi. Lei è una ricca vedova che vive con un nipote, mentre lui è un abile imbroglione che organizza truffe ai danni di sprovveduti investitori. Anche Betty rientra nei piani di Roy che, da astuto corteggiatore, riesce ad entrare in intimità con la donna per impossessarsi del suo cospicuo patrimonio. Ma Betty si rivelerà più furba di Roy…

  

 

Bill Condon, affermato regista e sceneggiatore statunitense già premio Oscar per Demoni e dei, ne L’inganno perfetto si avvale della sceneggiatura di Jeffrey Hatcher che ha tratto il soggetto dall’omonimo romanzo di Nicholas Searle. Il ruolo dei protagonisti è affidato a due grandi: Helen Mirren (Oscar per The Queen e prossima all’assegnazione dell’Orso d’Oro alla carriera in febbraio) e Ian McKellen, famosi interpreti del cinema anglosassone ma soprattutto veterani del teatro shakespeariano.

L’inganno perfetto è una pellicola che sfugge a ogni classificazione perché è un mix di dramma, thriller, noir psicologico con un tocco splatter, in cui tutta una serie di intrighi e abili sotterfugi coinvolgono facendo restare con il fiato sospeso sino all’ultimo fotogramma, così come ci aveva abituati il grande Alfred Hitchcock. Nel plot sono inseriti ampi flashback che rimandano ad un passato oscuro e sicuramente cupo della storia tedesca, in deciso contrasto con la trama ambientata ai giorni nostri; un rimando tuttavia che, oltre a svelare la vera identità del protagonista Roy Courtnay, a volte sembra eccessivo e poco funzionale al mantenimento della suspance, con un finale che sembrerebbe affrettato, seppur sorprendente, come se il regista avesse voluto arrivare a concludere entro tempi canonici prima di cadere in qualcosa di assolutamente prevedibile.

Il film comunque regge, sicuramente grazie all’abilità dei due protagonisti in un recitato che rasenta la perfezione, in cui anche la semplice espressione dei volti spesso ripresi in primo piano esprime lo stato d’animo e il pensiero che sta dietro ad ogni azione. Condon ha quindi puntato su due cavalli vincenti ottenendo un risultato interessante, per un film che mantiene comunque un ritmo dinamico e che tutto sommato riesce a catturare la curiosità del pubblico.

data di pubblicazione:08/12/2019


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