da Antonio Iraci | Gen 28, 2023
Un uomo fondamentalmente scettico, una giovane atleta sulla sedia a rotelle per una fatale caduta, una agente di polizia fortemente afflitta per la perdita della giovane figlia e un ragazzino obeso con difficoltà alimentari: ognuno di loro, afflitto dai propri problemi esistenziali, decide di togliersi la vita. Ad accoglierli in una sorta di limbo c’è un uomo misterioso, che li terrà in ostaggio per una settimana dando ad ognuno la possibilità di ritornare sui propri passi…
Tratto dall’omonimo romanzo dello stesso regista Paolo Genovese, edito nel 2019 poco prima dello scoppio della pandemia, il film ha avuto una lunga gestazione e solo da poco si è arrivati alla versione compiuta, riveduta e corretta più volte, proprio per dare al pubblico un messaggio chiaro e univoco. Genovese qui mette sul grande schermo una storia che subito appare surreale: quattro individui, con caratteristiche esistenziali diverse, che dopo essersi suicidati si ritrovano insieme ad affrontare il post mortem insieme ad un uomo (forse un angelo o forse lo stesso Dio in persona?) che li terrà a soggiornare in un albergo fatiscente al centro di Roma. Per una sorta di alchimia sono resi invisibili e quindi possono aggirarsi tranquillamente anche tra i propri congiunti per osservare, senza essere visti, come abbiano reagito alla loro morte improvvisa. Nella storia della cinematografia vari cineasti hanno affrontato simili tematiche, basti pensare, per dare un esempio calzante, a Il Viaggio di G. Mastorna, titolo di un film ideato da Federico Fellini, avviato ma mai completamente realizzato. Il regista de Il primo giorno della mia vita, ha in mente però qualcos’altro: riesce ad intrecciare quattro storie diverse tra di loro ma che hanno in comune la ferma decisione di porre termine alla propria esistenza, di annullarsi nel dolore che si portano dietro e che non viene inteso da coloro che li circondano nella vita di tutti i giorni. C’è quindi da un lato lo sconforto di chi non vede soluzione al proprio dramma interiore, ma di contro c’è anche una larvata speranza di ricominciare, perché è proprio vero che la speranza è l’ultima a morire. Genovese con questo film post pandemico ci suggerisce quindi di non disperare perché questo mondo, con tutte le sue distorsioni e le sue bruttezze, vale comunque la pena di essere attraversato. Molto convincente la recitazione di Toni Servillo nel ruolo dell’uomo misterioso, che riesce a essere umano e reale in un contesto surreale. Anche la performance degli altri protagonisti, che lo affiancano in questa maratona per le strade, a volte affollate a volte completamente deserte di Roma, è molto credibile. Valerio Mastandrea è Napoleone, un uomo cinico che non crede più nella moglie e nel lavoro sociale che svolge, Margherita Buy è Arianna, afflitta dalla paura che il tempo possa cancellare il dolore per la figlia morta, Gabriele Cristini è invece Daniele, deriso persino dai suoi genitori per la sua obesità e infine Sara Serraiocco, nella parte di Emilia, è la giovane atleta di successo con la sindrome di arrivare sempre seconda nelle varie competizioni. Un inno alla vita quindi per farci comprendere come sia comunque importante viverla nel migliore dei modi, con la forza e l’ottimismo di andare avanti o prendere il coraggio per ricominciare tutto daccapo.
data di pubblicazione:28/01/2023
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da Antonio Iraci | Gen 26, 2023
(Berlino, 16/26 Febbraio 2023)
Presentata in conferenza stampa la lista completa dei film in selezione ufficiale. Il direttore artistico della Berlinale Carlo Chatrian ha voluto sottolineare come l’edizione di quest’anno avrà un taglio particolare perché molti film selezionati avranno uno sguardo rivolto alla guerra in Ucraina e alle proteste contro il regime in Iran. Temi di attualità che mettono seriamente in crisi, a livello mondiale, il principio stesso di democrazia e di libertà d’espressione. Ecco che il cinema, ancora una volta, assume quella funzione catalizzatrice, se non addirittura rivoluzionaria, di indurre al confronto proprio dove le opinioni sono in contrasto tra di loro. Ben 183 i film che verranno mostrati nelle varie sezioni, la maggior parte in prima mondiale, tra cui quelli in concorso per aggiudicarsi il prestigioso Orso d’Oro. Ecco si seguito la lista completa.
I 18 film della selezione ufficiale, di cui 16 in prima mondiale:
20.000 especies de abejas di Estibaliz Urresola Solaguren (Spagna)
Bai Ta Zhi Guang di Zhang Lu (Cina)
Bis ans Ende der Nacht di Christoph Hochhäusler (Germania)
BlackBerry di Matt Johnson (Canada)
Disco Boy di Giacomo Abbruzzese (Francia-Italia-Belgio-Polonia)
Le grand chariot di Philippe Garrel (Francia-Svizzera)
Ingeborg Bachmann – Reise in die Wüste di Margarethe von Trotta (Svizzera-Austria-Germania)
Irgendwann werden wir uns alles erzählen di Emily Atef (Germania)
Limbo di Ivan Sen(Australia)
Mal Viver di João Canijo (Portogallo-Francia)
Manodrome di John Trengove (Regno Unito-USA)
Music di Angela Schanelec (Germania-Francia-Serbia)
Past Lives di Celine Song (USA)
Roter Himmel di Christian Petzold (Germania)
Sur l’Adamant di Nicolas Philibert (Francia-Giappone)
The Survival of Kindness di Rolf de Heer (Australia)
Suzume di Makoto Shinkai (Giappone)
Tòtem di Lila Avilés (Messico-Danimarca-Francia)
Molti i film italiani distribuiti tra le varie Sezioni, ma l’unico in gara per l’Orso d’Oro è Disco Boy che segna il debutto cinematografico di Giacomo Abbruzzese, protagonista Franz Rogowski nei panni di un legionario francese che lotta nel Niger accanto ad un gruppo armato locale contro le multinazionali petrolifere che minacciano la sopravvivenza di un villaggio. Abbruzzese, è un regista, sceneggiatore e fotografo di Taranto, conosciuto e più volte premiato per i suoi documentari e cortometraggi. Mario Martone presenta nella Sezione Berlinale Special Laggiù qualcuno mi ama, viaggio personale del regista nel cinema di Massimo Troisi per rendere omaggio al grande attore scomparso. Sempre nella stessa Sezione Andrea di Stefano presenta L’ultima notte di Amore, protagonista Pierfrancesco Favino nei panni di un tenente di polizia che indaga su una rapina di diamanti in cui è stato ucciso il suo miglior amico e collega. Le mura di Bergamo, documentario di Stefano Savona per la Sezione Encounters, che ci riporta al marzo 2020 quando la città fu colpita in maniera devastante dalla pandemia, prima di espandersi in tutto il mondo. La proprietà dei metalli, diretto da Antonio Bigini per la Sezione Generations, è la storia di Piero, un bambino che vive in un piccolo paese di montagna del centro Italia. The good mothers, di Elisa Amoruso insieme a Julian Jarrold per la Sezione dedicata alle serie tv, che descrive il mondo della ‘Ndrangheta dal punto di vista di tre donne che l’hanno coraggiosamente combattuta.
La giuria internazionale quest’anno sarà presieduta dall’attrice e regista americana Kristen Stewart, oramai di fama internazionale per aver interpretato il ruolo di Bella Swan come protagonista della saga di Twilight, adattamento cinematografico dei romanzi della scrittrice statunitense Stephenie Meyer. Nel 2015 ha ottenuto il Premio César come migliore attrice non protagonista per il film drammatico Sils Maria. Recentemente ha ottenuto il plauso della critica per l’interpretazione di Diana Spencer nel film biografico Spencer. Gli altri componenti della giuria saranno resi noti il prossimo 1 febbraio.
La Berlinale renderà omaggio al regista Steven Spielberg con l’Orso d’Oro alla carriera e durante la kermesse cinematografica verranno riproposti ben 8 suoi lungometraggi, incluso il suo ultimo film The Fabelmans, ancora in distribuzione nelle sale italiane.
Dopo due anni di assenza, causa pandemia, quest’anno Accreditati ritorna alla Berlinale e vi terrà puntualmente aggiornati su tutti gli aventi con il consueto entusiasmo di voler condividere con voi i momenti più importanti del Festival.
data di pubblicazione:26/01/2023
da Antonio Iraci | Gen 25, 2023
Brodie Torrance è il comandante di un volo in rotta tra Singapore e il Giappone. L’aereo improvvisamente viene colpito da una violenta tempesta e il pilota è costretto a tentare un atterraggio di fortuna su una sperduta isola delle Filippine. Tra i superstiti, quasi tutti miracolosamente illesi, c’è anche un pericoloso pregiudicato ex Marine, ammanettato e scortato per essere consegnato all’FBI, che si rivelerà strategico quando i passeggeri e l’equipaggio verranno catturati e tenuti in ostaggio da uno gruppo di guerriglieri che occupano il territorio.
Jean-François Richet è un regista e sceneggiatore francese molto apprezzato per aver diretto diversi film d’azione e tra questi L’ora della fuga, con Vincent Cassel come protagonista, per il quale nel 2009 ottenne il prestigioso premio César per la regia. Il suo ultimo lavoro The Plane, action movie super adrenalinico, si inserisce pertanto bene in questo suo genere e riesce perfettamente a interessare e a coinvolgere emotivamente lo spettatore sin dai primi minuti di proiezione. Certo la sceneggiatura, curata da Charles Cumming e J.P. Davis, non brilla di particolare originalità, avendo già visto tanti film su disastri aerei e incredibili salvataggi di fortuna, ma in questo caso la storia risulta ben confezionata, asciutta e senza lungaggini che avrebbero sicuramente allentato la tensione a scapito della riuscita tutto sommato buona. Questa sicuramente dovuta anche alla presenza di un attore di tutto rispetto come Gerard Butler, già sperimentato in diversi ruoli d’azione, che interpreta esattamente la parte del capitano dell’aereo, sotto la cui responsabilità dipende l’incolumità dei suoi passeggeri, non soltanto per tirarli fuori dalla tempesta che colpisce l’aereo, quanto poi per sottrarli dalle mani di un gruppo di spietati e sanguinari ribelli. Co-protagonista in questa rocambolesca impresa è Mike Colter nei panni di Gaspare, tra i passeggeri ma ammanettato, pronto per essere consegnato alle autorità americane per alcuni crimini che ha commesso ma non è dato sapere. L’attore statunitense, con il suo fisico palestrato, è sicuramente adatto al ruolo di un ex Marine pronto a andare con la mano pesante contro i guerriglieri dell’isola, senza scrupoli e esitazione nella lotta proprio come il supereroe Luke Cage, dell’omonima serie televisiva, di cui dal 2016 ne è stato l’apprezzato protagonista. The Plane è un film che intrattiene bene lo spettatore, calibrato al punto giusto grazie alla regia di Richet, e che riesce anche a infondere quella giusta dose di suspense, senza eccedere nei toni in un plot forse improbabile ma sicuramente avvincente. Distribuito da Lucky Red e Universal Pictures International Italy, è proprio da consigliare agli amanti del genere action.
data di pubblicazione:25/01/2023
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da Antonio Iraci | Gen 24, 2023
Sophie e il padre Callum stanno trascorrendo insieme una vacanza in una località balneare della Turchia. La vita dentro il villaggio turistico, le nuove conoscenze, il primo bacio: dopo anni, la ragazza rivive quei meravigliosi momenti attraverso dei filmini che lei stessa aveva girato in quei giorni. In quelle immagini che scorrono, il passato diventa presente con la nostalgia di qualcosa che forse non potrà più ripetersi, le situazioni cambiano con il rimpianto di non poterle più riproporre come si vorrebbe…
Charlotte Wells, sceneggiatrice e regista scozzese, si presenta sulla scena cinematografica internazionale con il suo film di esordio Aftersun che ha già guadagnato diversi consensi, e non solo da parte del pubblico. Il successo è sicuramente dovuto all’originalità della narrazione dal momento che viene presentata una storia che riguarda in effetti un qualcosa apparentemente già archiviato nella mente della giovane protagonista, senza peraltro fornire contezza di capire a volo cosa sia potuto succedere prima e dopo quel preciso momento. Sophie (Frankie Corio) è una bambina molto intelligente di appena undici anni che sta trascorrendo con il padre una breve vacanza estiva al mare. Tutto ciò che riguarda i fatti antecedenti e successivi è appena tratteggiato da alcune immagini molto frammentarie che volutamente lasciano allo spettatore il rompicapo di risistemare i vari tasselli del puzzle. C’è sicuramente una separazione in corso tra la madre e il padre (Paul Mescal), appena trentenne, fortemente legato alla figlia sia pur in maniera non opprimente, cosa che permette ad entrambi di scambiarsi le prime confidenze anche nel campo delicato dei sentimenti. Oggi Sophie è accanto a un’altra ragazza, presumibilmente la sua compagna, e si sente un neonato piangere, forse suo figlio. Questi piccoli flash non danno molti indizi, tutto rimane fuori dal contesto, ciò che importa è tutto concentrato in quei giorni di vacanza che erano la base indimenticabile di un rapporto padre-figlia verosimilmente genuino. Quello che la regista mette in luce, e lo fa veramente con grande professionalità, è il fluire di quei giorni, come sospesi tra due momenti, il prima e il dopo, carichi di dolore, forse per qualcosa di non realizzato, di non vissuto, di non compreso. Ecco dove sta la singolarità di questo film: una storia semplice ma raccontata in maniera discontinua, senza una normale sequenza temporale che possa agevolare la comprensione degli eventi. Ma proprio questa voluta reticenza è la chiave per provare a comprendere qualcosa che sfugge, quel sentimento così presente in quei giorni e che oggi la protagonista non ritrova più. Un film che va visto per scoprire, tra le pieghe del racconto, qualcosa che non risulta per niente facile da raccontare.
data di pubblicazione:24/01/2023
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da Antonio Iraci | Dic 11, 2022
Tori e Lokita vivono in un centro di accoglienza per migranti in Belgio. Si sono conosciuti su un barcone che dall’Africa li ha catapultati direttamente in Europa dove stanno cercando di crearsi un futuro lontano dagli orrori dei propri paesi d’origine. Pur non essendo parenti, dichiarano alle autorità di essere fratelli in modo tale che anche l’adolescente Lokita possa dimostrare di avere i requisiti necessari per ottenere un riconoscimento legale. Con questo obiettivo preciso saranno disposti a tutto, anche a collaborare con la malavita locale…
Con questo ultimo lavoro, recentemente premiato a Cannes, i fratelli Dardenne ancora una volta rivolgono il loro sensibile sguardo al sociale ed ancora una volta utilizzano l’innocenza dei giovani, costretti per necessità a confrontarsi con il mondo, sovente spietato, degli adulti. In questo film i due giovanissimi protagonisti, fuggiti dall’Africa, dovranno ricorrere a tutte le proprie risorse per cercare di convincere le autorità del Belgio a riconoscere il proprio stato sociale e permettere così di integrarsi legalmente nella vita del paese che li ospita. Tema tristemente di attualità, che riscontriamo ogni giorno sui notiziari e sui social, che ci riporta a quelle problematiche con cui ognuno di noi si trova a confrontarsi, anche se preferirebbe volgere a volte altrove la propria attenzione. Tori anagraficamente è un bambino ma ha già il carattere di un uomo fatto, che sa bene ciò che è necessario fare affinché anche Lokita possa ottenere lo status di rifugiata che le permetterà di trovare un lavoro dignitoso e vivere soprattutto nella legalità. I Dardenne mirano al cuore dello spettatore non per parlare di finzione, ma per darci uno spaccato di vita vera osservata dal punto di vista dei due giovani protagonisti, vittime di una società burocrata e ottusa, che mira alla forma e poco alla sostanza. Il loro cinema è fatto di persone vere e delle loro storie: non solo intrattenimento ma riflessione su ciò che è giusto per arrivare a costruire tutti insieme, migranti e non, un futuro migliore, senza pregiudizi e inutili conformismi. Ottima la scelta dei due attori non professionisti Pablo Schils che interpreta Tori e Joely Mbundu nella parte di Lokita, entrambi perfetti nei loro ruoli di vittime di un sistema corrotto che sfrutta la loro semplicità per il proprio tornaconto e per portare avanti affari disonesti. La loro “fratellanza” è reale anche se non di sangue: entrambi, dopo aver attraversato l’inferno, sono alla ricerca di una vita migliore che solo la spensieratezza della loro età acerba può ancora dare loro. Non casuale la scelta di quella canzone- filastrocca che tanti anni fa portò Angelo Branduardi a diventare famoso: alla fiera dell’est diventa il simbolo di ribellione alla schiavitù, il desiderio di liberarsi da ogni fanatismo, il grido disperato di chi vuole solo vivere e lavorare in pace. Ecco quindi che il messaggio dei Dardenne si traduce in una denuncia all’attuale sistema di immigrazione attuato attraverso gli occhi di chi desidera ancora illudersi di trovare in questo mondo la piena libertà e un’adeguata dignità.
data di pubblicazione:11/12/2022
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