da Antonio Iraci | Feb 14, 2022
Laura, finlandese, studia archeologia all’Università di Mosca dove si è facilmente inserita nell’ambiente culturale della città grazie alla sua relazione sentimentale con Irina, affascinante professoressa di letteratura. Insieme hanno progettato di andare a visitare i famosi petroglifi (graffiti rupestri) nei pressi di Murmansk, città russa situata oltre il circolo polare artico. Costretta ad affrontare il lunghissimo viaggio in treno da sola, dal momento che la compagna all’ultimo momento le dichiara forfait, la ragazza dividerà lo scompartimento assegnatole con Ljoha, giovane minatore aggressivo e maschilista.
Dopo La vera storia di Olli Mäki, opera cinematografica di esordio presentata nel 2016 a Cannes dove fu premiata come miglior film nella Sezione Un Certain Regard, il regista finlandese Juho Kuosmanen con Scompartimento n.6 ha ottenuto nel 2021, sempre a Cannes, il Premio Grand Prix Speciale della Giuria nonché la nomination ai Golden Globe 2022. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Rosa Likstrom, affronta in termini molto asciutti il tema della solitudine che coinvolge direttamente i due giovani protagonisti. Laura (Seidi Haarla) si trova a fronteggiare un lunghissimo viaggio in treno che la porterà nella zona più gelida della Russia per studiare alcune famose incisioni preistoriche. Suo malgrado, sarà costretta a dividere il proprio scompartimento con il giovane e invadente minatore Ljoha (Yuriy Borisov) che da subito inizierà a infastidirla con i suoi discorsi litigiosi e irritanti. Sorprendente come il regista riesca ad inquadrare sin dalle prime scene i caratteri dei due personaggi, così diversi tra di loro, che alla fine riusciranno però a trovare un’intesa che solleverà entrambi dal peso dell’emarginazione. Inquadrature con brevi movimenti di camera e una fotografia sgranata e sporca sono i tratti che da subito infastidiscono lo spettatore. Il regista inoltre riesce a fissare l’obiettivo, anche oltre il finestrino del treno, per inquadrare un paesaggio gelido, quasi spettrale, di una ex Unione Sovietica che non riesce ancora a liberarsi del suo passato ingombrante. Il tema della incomunicabilità è frequente nel contesto cinematografico, in questo film Kuosmanen affronta l’argomento con un occhio distante e disinteressato per presentarci due giovani che, nonostante la propria fragilità interiore, hanno comunque voglia di avventura, desiderio di colmare le proprie aspettative. Si percepisce lo stato d’animo dei due protagonisti, capaci di comunicare nel silenzio il proprio disagio interiore e nello stesso tempo consapevoli delle molte affinità che li legano. Non solo un lungo viaggio in treno, che avanza lento tra i desolati e innevati paesaggi della campagna russa, ma piuttosto un cammino interiore alla scoperta di se stessi e di ciò che di avventuroso e affascinante ci possa essere in un incontro, anche se non destinato ad avere un seguito. Il film, che a molti potrà sembrare estremamente fiacco e claustrofobico, visto che si svolge praticamente all’interno dello scompartimento e lungo il corridoio del treno, è sconsigliato ai cultori di action movie e a coloro che gradiscono trovare una happy end in ogni storia. Qui non c’è…
data di pubblicazione:14/02/2022
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da Antonio Iraci | Feb 12, 2022
(Berlino, 10/20 Febbraio 2022)
La Berlinale, nella Sezione Classics, rende omaggio a Pier Paolo Pasolini aprendo di fatto le celebrazioni che avranno luogo in Italia e all’estero per il centenario delle sua nascita. In anteprima mondiale è stata presentata la versione originale, restaurata in forma digitale, del film Mamma Roma, scritto e diretto da Pasolini e interpretato egregiamente da Anna Magnani. Dopo Accattone, fu il secondo lavoro del regista/scrittore, romano per adozione, interessato a descrivere il mondo proprio del sottoproletariato della scialba periferia romana, tema questo molto caro e ricorrente nelle sue opere e che lo vedrà impegnato tutta la vita in una lotta politica, solo contro tutto l’establishment dell’epoca, che poi lo porterà inesorabilmente al tragico destino che tutti conosciamo. Il restauro della pellicola, presentato per la prima volta al Festival di Venezia nel 1962, è stato realizzato da CSC – Cineteca Nazionale che è riuscita anche a recuperarne frammenti perduti, oltre a eliminare aggiunte arbitrarie, in modo da restituire così al pubblico il film nella sua forma originaria, così come era stato concepito. Non è un caso che proprio alla Berlinale si sia dato inizio agli eventi per il centenario del grande regista: oltre che ad essere un autore molto apprezzato in Germania, anche e forse soprattutto per i suoi scritti, Pasolini era un po’ di casa in questo Festival avendovi ottenuto l’Orso d’Argento per Il Decameron nel 1971 e l’Orso d’Oro per I Racconti di Canterbury l’anno successivo. In questo mondo globalizzato, caratterizzato dall’ideologia classista, potrebbe sembrare anacronistico il tema del sottoproletariato e le sue palesi aspirazioni al riscatto sociale sempre presenti nelle opere pasoliniane, ma di fatto non è così. L’insegnamento che l’uomo di oggi dovrebbe ereditare da una figura così controversa è quello di essere più onesto verso se stesso e verso il mondo intero, così carico di falsi valori borghesi e rivolto essenzialmente al consumo più sfrenato. Come comunicato in conferenza stampa da Marta Donzelli, Presidente della Fondazione CSC: “ Pasolini è una figura centrale per la cultura italiana ed europea, siamo felici che nell’anno del suo centenario gli omaggi che in tutto il mondo gli saranno dedicati prendano le mosse da un Festival come quello di Berlino”.
data di pubblicazione:12/02/2022
da Antonio Iraci | Feb 11, 2022
(Berlino, 10/20 Febbraio 2022)
Al via la 72esima edizione della Berlinale, finalmente tornata in presenza dopo la parentesi dello scorso anno per i ben noti problemi legati alla pandemia. Al Gala di apertura, davanti a un folto pubblico e ai massimi esponenti della cultura e dello spettacolo, il direttore artistico Carlo Chatrian, affiancato dal direttore esecutivo Mariette Rissenbeek, ha sottolineato come la maggior parte dei 18 film in concorso tratterà temi di attualità, con particolare riferimento alle problematiche in seno al nucleo familiare, e ambientati in centri periferici, fuori dalle grandi metropoli, proprio per evidenziare le diverse tipologie di modus vivendi. Tantissimi i film che verranno presentati anche nelle varie sezioni collaterali, peculiarità propria di questa rassegna cinematografica berlinese che oltre a presentare nomi già conosciuti al pubblico internazionale, mira nel contempo a lanciare giovani talenti, meritevoli di particolare attenzione.
Il film di apertura è Peter von Kant, con Isabelle Adjani e Denis Ménochet, del regista francese François Ozon, liberamente tratto dalla pièce teatrale Le lacrime amare di Petra von Kant di Rainer Werner Fassbinder, da cui lo stesso autore aveva tratto una omonima versione cinematografica nel 1972.
Di seguito gli altri film della selezione ufficiale, quasi tutti in anteprima mondiale:
AEIOU – A Quick Alphabet of Love di Nicolette Krebitz (Germania-Francia)
Alcarràs di Carla Simòn (Spagna-Italia)
Avec amour et acharnement (Both Sides of the Blade) di Claire Denis (Francia)
Rimini di Ulrich Seidl (Austra-Francia-Germania)
Call Jane di Phyllis Nagy (USA)
Drii Winter (A Piece of Sky) di Michael Koch (Germania-Svizzera)
Everything Will Be OK di Rithy Panh (Francia-Cambogia)
La ligne (the Line) di Ursula Meier (Francia-Svizzera-Belgio)
Les passagers de la nuit di Mikhael Hers (Francia)
Nana (Before, Now & Then) di Kamila Andini (Indonesia)
Rabiye Kurnaz gegen George W. Bush di Andreas Dresen (Germania-Francia)
Robe of Germs di Natalia Lòpez Gallardo (Messico-Argentina-USA)
So-seol-ga-ui Yeong-hwa (The Novelist’s Film) di Hong Sangsoo (Sud Korea)
Un año, una noche (One Year, One Night) di Isaki Lacuesta (Spagna-Francia)
Un été comme cą (That Kind of Summer) di Denis Cȏté (Canada)
Yin Ru Chen Yan (Return to Dust) di Li Ruijun (Cina)
Il film italiano in concorso è Leonora Addio di Paolo Taviani, il suo primo lavoro senza il contributo alla regia del fratello Vittorio scomparso nel 2018. Il film, nelle sale dal prossimo 17 febbraio, parla del movimentato viaggio delle ceneri di Pirandello da Roma a Agrigento ed è interpretato da Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker e Claudio Bigagli, mentre le musiche sono di Nicola Piovani.
Molto atteso Occhiali Neri di Dario Argento, storia di un serial killer con Ilenia Pastorelli, Asia Argento, Andrea Gherpelli e Xinyu Zhang. Il film, che sarà presentato nella Sezione Special Gala, è una co-produzione tra Italia e Francia con Gateway Films in collaborazione con Rai Cinema e Cine + e verrà prossimamente distribuito nelle sale da Vision Distribution. A seguire altri 3 film italiani, tutti nella Sezione Panorama, Una femmina di Francesco Costabile, dove la violenza sulle donne è al centro della narrazione, Calcinculo di Chiara Bellosi, storia di una amicizia tra l’adolescente Benedetta e Armando, in arte Armanda, e Nel mio nome di Nicolò Bassetti che parla della conquista della propria identità di genere da parte di alcuni ragazzi.
La sezione Homage quest’anno sarà dedicata a Isabelle Huppert, attrice francese famosa nel mondo per aver recitato in quasi 150 produzioni tra cinematografiche e televisive, alla quale verrà assegnato l’Orso d’Oro alla Carriera in concomitanza con la proiezione del film À propos de Joan diretto da Laurent Larivière.
Dunque una Berlinale molto interessante, con film di alto spessore presentati da registi importanti, molti dei quali già veterani in questa importante kermesse cinematografica internazionale.
data di pubblicazione:11/02/2022
da Antonio Iraci | Feb 7, 2022
(Teatro Argentina – Roma,6 febbraio/8 maggio 2022)
Il Teatro Argentina ha dato il via all’ottava edizione di un ciclo di conferenze con il titolo generico di Luce sull’Archeologia, rassegna che comprende una serie di incontri domenicali con la partecipazione di docenti universitari e con il prezioso contributo di Claudio Strinati, storico dell’arte, e di Andreas M. Steiner, studioso delle più antiche forme di civiltà. In questo primo appuntamento si è partiti dallo studio di Göbekli Tepe, sito archeologico nell’odierna Turchia presso il confine con la Siria, forse la più antica testimonianza architettonica di un luogo di culto risalente al decimo millennio a.C. Successivamente è intervento il Prof. Emanuele Greco, dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, per parlarci dell’assetto topografico di Atene, identificata con il termine polis per indicare non soltanto la città-stato più importante dell’antica Grecia, ma anche il modello politico che ne caratterizzava il periodo storico dal potere dei tiranni alle prime forme di democrazia. Il Prof. Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico di Ercolano, ci ha invece parlato di Capua, la città dei tre cuori perché sintetizza la cultura degli Etruschi, che la fondarono, con gli interessi espansionistici dei Sanniti che diedero il via a circa cinquanta anni di conflitti contro i Romani che alla fine ne uscirono vincitori. Sorprendente come Capua venisse definita Altera Roma, proprio perché, nel periodo di massimo splendore, era considerata una tra le capitali più grandi del mondo antico. L’ultimo intervento, incentrato sull’idea di città come modello di studio urbanistico, è stato quello della Prof.ssa Annalisa Lo Monaco, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, che ha intrattenuto sul tema “Dall’utopia alla realtà: la città ideale, immaginata e raffigurata e la città reale”. Attraverso l’esame di documenti e di riproduzioni con la tecnica dell’affresco, si può studiare la struttura di una città modello, dove risulta facile distinguere la parte destinata alle abitazioni private da quella occupata dagli edifici pubblici e di culto. Dal concetto astratto di aggregato urbano ideale si passa a quello più concreto e reale dove, proprio su testimonianza degli storici, si impara a conoscere i problemi pratici della grande metropoli come quelli del traffico stradale che già sin da allora affliggeva Roma. In sintesi è risultato utile apprendere come sin dalle prime forme di civiltà la rappresentazione per immagini della città teneva in debito conto di un’idea di base, ben legata alla realtà e alle esigenze dell’uomo, e come tale idea si sia evoluta nel corso dei millenni per arrivare sino ai giorni nostri. Prossimo appuntamento per domenica 20 febbraio dove verrà affrontato l’interessante tema del rapporto che gli antichi romani avevano con gli Dei, con particolare riferimento alla topografia sacra dell’Urbe.
data di pubblicazione:07/02/2022
da Antonio Iraci | Feb 3, 2022
L’ascesa e la caduta di Stan, uomo con un misero passato (contadino sì, ma con i denti dritti) che per puro caso entra a far parte di un luna park ambulante. Dotato di una spiccata intelligenza e grazie anche alla sua avvenenza fisica, riesce ben presto a imparare il mestiere di “indovino” che lo porterà a diventare il Grande Stanton, seducendo la ricca società newyorkese con i propri imbrogli. Per lui, abile manipolatore, sarà facile dimostrare di possedere doti soprannaturali di telepatia, chiaroveggenza, divinazione e, soprattutto, di essere capace di studiare i poteri occulti della mente umana.
Da Guillermo del Toro, che tutti ricordiamo per il successo ottenuto con il film La forma dell’acqua (Leone d’oro alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e due Oscar nelle categorie miglior regista e miglior film), ci si aspettava in effetti da tempo il ritorno a quel noir psicologico che ha caratterizzato buona parte della sua filmografia. La fiera delle Illusioni è tratto da un romanzo di William Lindsay Gresham e del quale già esiste una versione cinematografica del 1947, con la presenza di Tyron Power, a quel tempo considerato il divo hollywoodiano per antonomasia. Nella versione di Del Toro si rimane sicuramente subito impressionati dalla prima scena, in cui compare Stan (Bradley Cooper) impegnato a dar fuoco alla casa paterna per chiudere drasticamente un passato, che scopriremo essere per lui molto doloroso. Il plot che segue è piuttosto tortuoso, ricco di sorprese che costantemente accompagnano il protagonista in una escalation di falsità, e quindi di illusioni quando, da misero accattone, riesce a conquistare il consenso dell’alta società newyorkese appartenente ad un paese in procinto di tuffarsi nella tragedia della seconda guerra mondiale. La pellicola di Guillermo del Toro ci porta all’interno del lato più oscuro e torbido dell’uomo: in essa troviamo un mix perfetto di realtà e finzione, immaginazione e verità, psicanalisi e illusione ed ogni personaggio da manipolatore si ritroverà poi a essere a sua volta manipolato, divenendo lui stesso vittima del proprio inganno. Singolare come il regista riesca a passare da scene macabre, proprie del mondo dei cosiddetti freaks che sfruttano le proprie alterazioni fisiche per guadagnarsi da vivere, a scene patinate, ambientate in interni stile art déco, con quella ricercatezza estetica tipica degli anni Quaranta. Oltre a Cooper come protagonista principale, che sin dall’inizio riesce ad incarnare la figura di un uomo ambizioso e senza scrupoli pur di raggiungere i suoi obiettivi ma, al tempo stesso, di essere fragile e irrisolto con un passato rancoroso ancora da elaborare, il film può contare su un cast eccezionale: a partire dall’affascinante e bravissima Cate Blanchett nel ruolo della psicanalista Ritter, donna fatale e spietata, anche lei vittima di un trascorso quanto mai misterioso; e poi ancora su Toni Collette, Rooney Mara, Ron Perlman, Mary Steenburgen, oltre ai grandi Willem Dafoe, Richard Jenkins e David Strathairn.
La fiera delle Illusioni è una film di alto spessore sia per il tratto psicologico dei singoli personaggi, sia per le inquadrature e i tagli di scena. Dopo aver già ottenuto dei riconoscimenti, non ci sarebbe da stupirsi se anche i due attori principali riuscissero a conquistarsi una nomination agli Oscar 2022.
data di pubblicazione:03/02/2022
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