da Antonio Iraci | Set 9, 2023
Seydou insieme al cugino Moussa, entrambi senegalesi, decidono di realizzare il loro sogno: raggiungere l’Europa e diventare cantanti famosi. Nonostante gli avvertimenti contrari, ma con il beneplacito di uno sciamano interpellato sul progetto, decidono di lasciare di nascosto la propria casa e di intraprendere il lungo e pericoloso viaggio. Gli ostacoli che dovranno affrontare saranno tanti e metteranno seriamente a rischio la loro stessa esistenza…
Come era più che prevedibile, sia da parte della critica che da parte del pubblico, la giuria di quest’anno, presieduta da Damien Chazelle, premia il film Poor Things di Lanthimos. Ma al nostro Matteo Garrone va il leone d’argento per la miglior regia che lascia più che soddisfatti i cinefili nazionali. Molti sanno che il regista, per la prima volta in concorso al festival del Cinema di Venezia, ama raccontare storie, riuscendo a creare una perfetta sintesi tra il mondo reale e quello onirico, con il risultato di inventarsi una favola che ha il sapore dell’amaro e del tenero nello stesso tempo. Con Io capitano il tema sviluppato è quello dell’immigrazione, uomini che dall’Africa affrontano dei rischi enormi pur di raggiungere in Europa una vita dignitosa e dare un futuro migliore ai propri figli. I pericoli sono tanti, e molti moriranno, come ben sappiamo, prima di vedere la terra ferma e realizzare il proprio progetto. Il film ha due protagonisti senegalesi, Seydou e Moussa, che vivono a Dakar, in un ambiente familiare dignitoso, e frequentano regolarmente una scuola. La loro aspirazione, arrivati in Europa, è però diversa da quella dei tanti migranti che affrontano il grande viaggio: i due non fuggono dalla povertà assoluta, ma vogliono solo raggiungere il successo con le loro canzoni e diventare famosi. Merito indiscusso di Garrone è quello di aver lasciato intatta la realtà in cui si muovono i giovani protagonisti, e di aver mantenuto persino la loro lingua originale, perché anche un doppiaggio in italiano avrebbe in qualche modo falsato lo spirito e il messaggio trasversale che si vuole dare al pubblico. Seydou Sarr (Premio Mastroianni come giovane attore emergente) e Moustapha Fall non ricoprono i ruoli di attori né seguono una recitazione da copione: i loro movimenti sulla scena sono la loro stessa vita, così come si svolge nel quotidiano, e le loro avventure sono proprio quelle raccontate da chi è sopravvissuto alla tremenda odissea, perché di questo si stratta. I soprusi, le torture e tutto quello che i giovani dovranno affrontare è pura realtà nonostante a noi, che stiamo da quest’altra parte del mare, venga raccontato qualcosa di diverso, sorvolando volutamente su dettagli di fondamentale importanza. Seydou non ha mai guidato una barca e non sa nemmeno nuotare, ma da obbligato “scafista” lui si prenderà la responsabilità di salvare tante vite perché lui, da improvvisato capitano, lo diventerà veramente. Garrone, ha realizzato un vero capolavoro di neorealismo e questo film, tenero e spietato nello stesso tempo, trasfonde una grande dose di umanità, quella che molti stanno perdendo o che forse non hanno mai avuto.
data di pubblicazione:09/09/2023
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da Antonio Iraci | Set 6, 2023
Robert Oppenheimer, fisico statunitense di origini ebree, sin dal periodo del suo dottorato presso l’Università di Gottinga concentra la sua ricerca sulla meccanica quantistica, basandosi sulle intuizioni del suo amico Albert Einstein. Diventato presto un famoso accademico, viene coinvolto nella sperimentazione della bomba atomica, progetto portato a termine con l’aiuto dei fisici più illustri del tempo. Siamo sul finire della seconda guerra mondiale e gli Stati Uniti decidono di sganciare l’ordigno su Hiroshima e Nagasaki, costringendo così il Giappone alla resa finale…
Prometeo disobbedì a Zeus, avendo rubato il fuoco agli dei per darlo agli uomini, e accettò responsabilmente le conseguenze di questa ribellione: incatenato a una rupe ai confini del mondo fu poi sprofondato nell’inferno. Con questo incipit Christopher Nolan cura la regia e la sceneggiatura di questo attesissimo film che insieme a Barbie sta raggiungendo record di incassi inimmaginabili, due film diametralmente opposti nel genere ma che stanno segnando un fenomeno mediatico di grande impatto, scherzosamente definito come Barbenheimer. Forse in pochi erano a conoscenza dei retroscena che coinvolsero i fisici più illustri dell’epoca, a cavallo della seconda guerra mondiale, riuscendo a portare avanti un progetto ambizioso e nello stesso tempo quanto mai distruttivo per l’umanità. Nolan riesce a concentrare nell’espressione e nella fisicità di Cillian Murphy, che interpreta per l’appunto la figura di Oppenheimer, il tormento di un uomo che ama esibire la propria ambizione ma che poi si rende conto di quanto il suo giocattolo sarà latore di distruzione e di morte. Il plot è molto articolato e abbraccia praticamente l’intera vita del fisico, dal periodo di studio universitario alle varie fasi del progetto, che sotto la sua direzione, portò alla realizzazione della bomba atomica e continua con le varie fasi del processo intentato contro di lui per il fatto di essersi schierato contro la realizzazione della bomba all’idrogeno. Nonostante la lunga durata, alla quale oramai ci stiamo abituando, la storia si lascia seguire con attenzione non solo per le immagini curatissime, in alternanza tra il colore e il bianco e nero, ma anche per gli effetti visivi, accompagnati da un suono dirompente e non solo in senso metaforico. Con un montaggio perfetto, il film riesce a coniugare un linguaggio scientifico, forse a volte ostico per chi non è esperto della materia, con le vicende personali e familiari che riguardavano il protagonista. Ne viene fuori la figura di un uomo in contraddizione con se stesso, un concentrato di genio e sregolatezza, che lo porterà a ribellarsi verso quelle stesse istituzioni che lo avevano supportato e poi abbandonato, se non addirittura condannato. Un grande capolavoro non solo per la fotografia e gli effetti speciali ma soprattutto per l’interpretazione degli attori, un cast eccezionale che oltre a Murphy include Matt Damon, Robert Downey Jr., Kenneth Branagh, Emily Blunt, solo per citarne alcuni. Un film, forse il migliore del grande regista inglese, già in odore di Oscar prima ancora che venisse distribuito nelle sale. Si suggerisce di vedere i due film, Barbie e Oppenheimer, uno dopo l’altro per scoprirne l’effetto (esplosivo) finale!
data di pubblicazione:06/09/2023
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da Antonio Iraci | Ago 10, 2023
(Globe Theatre – Roma, 9/27 Agosto 2023)
Egeo si presenta a Teseo, proprio quando fervono i preparativi del suo imminente matrimonio con la regina delle Amazzoni Ippolita, per chiedere il suo illuminato giudizio sul proprio dramma familiare. La figlia Ermia è corteggiata da Lisandro e ricambia il suo amore, ma il padre vuole che sposi Demetrio che invece lei rifiuta. Ai due innamorati non rimane altro che fuggire di notte per coronare il loro sogno e si danno appuntamento in un bosco, ignari che quello è un regno magico dove si aggira il folletto Puck…
Entrata oramai nel repertorio classico del Globe, anche quest’anno viene riproposta Sogno di una notte di mezza estate, forse la più conosciuta tra le commedie del grande drammaturgo inglese. Come spiegava lo stesso Riccardo Cavallo, scrittore, critico e studioso scomparso nel 2016, Shakespeare in quest’opera, più che nelle altre, ha voluto rimarcarne il carattere onirico e fiabesco, un sogno che trascende il mondo reale per entrare in quello irreale popolato da spiriti e sortilegi. Ecco quindi ricorrere gli schemi dell’universo classico greco, dove i mortali devono sottostare ai capricci degli immortali, in un intreccio senza soluzione di continuità tra astuzia e violenza, amore e abbandono. Come in tutte le fiabe anche qui abbiamo i prepotenti che cercheranno di prevaricare gli altri per soggiogarli ai propri voleri, giusti o sbagliati che siano, ma l’intervento magico, alla fine, sistemerà tutto nel migliore dei modi e la felicità trionferà.
La rappresentazione in scena è curata nei minimi dettagli, proprio per cogliere in pieno lo spirito shakeaspeariano, volto a dimostrare quanto effimera sia la felicità e quanto il teatro, ancora una volta, possa svolgere la propria funzione di rendere reale ciò che inizialmente era stato concepito come sogno. Utilizzando l’espediente del teatro nel teatro, dal momento che nella storia si inserisce anche una troupe di sconclusionati commedianti che cercano di allestire uno spettacolo per festeggiare le imminenti nozze di Teseo, duca d’Atene, Shakespeare ci parla anche di teatro e di tutto ciò che rende tangibile quello che l’immaginazione possa concepire. Bisognerebbe citare uno per uno gli attori in scena, tutti all’altezza di una recitazione spontanea, ora grave ora scanzonata, che ha coinvolto il pubblico sin dalle prime battute. Una esecuzione memorabile come afferma lo stesso Teseo, proprio adatta a festeggiare i venti anni del Globe, per una serata divertente e sicuramente da non dimenticare.
Una produzione Politeama Srl, in scena all’arena del Globe fino al 27 Agosto.
data di pubblicazione: 10/08/2023
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da Antonio Iraci | Ago 3, 2023
(Globe Theatre – Roma, 2/6 Agosto 2023)
Prospero, legittimo duca di Milano, da dodici anni vive su un’isola imprecisata del Mediterraneo insieme alla figlia adolescente Miranda. Suo fratello Antonio, aiutato dal re di Napoli Alonso, lo ha deposto e mandato in esilio usurpandone così il potere. Con la complicità di Ariel, spirito al suo servizio, e utilizzando le sue arti magiche, Prospero viene a sapere che suo fratello sarebbe passato vicino all’isola e scatena pertanto una tempesta che farà naufragare la nave…
Il teatro universale di Shakespeare incontra quello di Eduardo De Filippo, proprio nell’ultimo lavoro del grande drammaturgo inglese, in un’opera singolare dove di fronte a un’azione indegna non si prospetta alcune azione vendicativa da parte dell’usurpato, piuttosto, al contrario, un atteggiamento quanto mai benevolo nei confronti dell’usurpatore. Forse è proprio questo che ha spinto Eduardo ad affrontare una riedizione de La Tempesta dove, pur sforzandosi di attenersi fedelmente al testo di partenza, utilizza un linguaggio tutto suo ed esattamente quello proprio del napoletano arcaico del Seicento. Se da un lato è palese il riferimento all’uomo impostore che vuole il potere che non gli spetta, dall’altro è proprio il ricorso alle arti magiche e soprannaturali, con l’intervento di forze misteriose ultraterrene, che rende l’intreccio quanto mai interessante e perlopiù adattabile ai giorni nostri. Ecco quindi che interviene la “napoletanità” di Eduardo a riequilibrare il tutto, smorzando i toni accesi con una mimica e una espressività propri del teatro partenopeo. Quest’impresa difficile viene affidata dall’attore e regista teatrale Arturo Cirillo, napoletano Doc, al suo conterraneo Andrea Lucchetta al fine di mettere in scena una spassosa pièce, frizzante e quanto mai unica nella sua originalità. Sulla scena gli allievi ed ex allievi dell’Accademia Nazionale “Silvio D’Amico”, di una bravura quasi disarmante, che hanno lasciato il pubblico a gustare in un’unica carrellata un’opera impegnativa, ma resa lieve proprio dalla loro stessa interpretazione, naturale e comprensibilissima. Se alla fine il racconto si ricompone e tutti ritornano ai loro posti, incoraggiati dalla bontà d’animo di Prospero, non rimane altro che aggiungere a questo felice epilogo il beneplacito ufficiale da parte degli spettatori, chiamati a liberare gli attori con un meritato applauso. Una produzione Politeama srl e Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, in scena all’Arena Globe Theatre fino al 6 Agosto.
data di pubblicazione:03/08/2023
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da Antonio Iraci | Lug 28, 2023
Alla morte del genitore quattro fratelli, per l’esattezza Luca, Silvia, Mattia e Giorgio, si ritrovano dopo anni di separazione nella casa della loro infanzia, unico bene lasciatogli in eredità. Vogliano a qualsiasi prezzo sbarazzarsi di quella elegante dimora perché nasconde ricordi terribili per loro e anche perché ognuno ha, per motivi diversi, urgente bisogno di quel denaro. A poco a poco, ciascuno manifesterà le proprie fragilità e decideranno così di organizzare una strana battuta di caccia, passione che da piccoli avevano dovuto subire e accettare con prepotenza dal padre padrone…
Ancora una volta il regista umbro Marco Bocci, qui al suo secondo lungometraggio, affronta i problemi all’interno della famiglia ma dopo A tor Bella Monaca non piove mai in questo ultimo lavoro si spinge oltre l’immaginario, con un film drammatico e portato alle più estreme conseguenze. I quattro fratelli, veri protagonisti sulla scena, hanno preso da tempo il volo dalla casa paterna, costruendosi un’esistenza indipendente e lontani da qualsiasi forma di affetto sincero. Luca (Filippo Nigro) ha una concessionaria ed è ricattato da gente malavitosa per impegni che non riesce a rispettare. Silvia (Laura Chiatti) ha un passato da tossicodipendente e convive con una donna incinta nella speranza un giorno di diventare madre del nascituro. Mattia (Pietro Sermonti) è un artista che convive con una cantante fallita e che improvvisamente perde una committenza per lui molto importante. Giorgio (Paolo Pierobon) è in balìa di una moglie e di una figlia, entrambe viziate in un benessere che lui fa fatica a garantire. Le loro vite quindi hanno preso direzioni diverse, ma sono unite tutte da una palese insoddisfazione e rimangono, sia pur inconsapevolmente, legate ad una esperienza familiare dolorosa, se non tragica. Una voce narrante accompagna le vicende, sovrapponendo così una fiaba dei fratelli Grimm, trovata che sembrerebbe originale ma che crea in effetti un certo fastidio, interferendo con prepotenza alla suspense che si vorrebbe, ma non si può, pienamente trasferire allo spettatore. Bisogna ammettere che la recitazione è sorprendente, anche da parte dello stesso regista che interviene nel ruolo di un personaggio secondario, ma ciò non basta a riscattare in pieno il film stesso. Bocci cerca di scavare nel profondo dei singoli individui, rivelandone le singole debolezze, e ci sarebbe riuscito se non avesse messo troppa carne al fuoco, creando così confusione e disorientamento. Se la morale inculcata dal padre, soprattutto in quelle forzate battute di caccia che imponeva ai figli, si fosse limitata a dimostrare quanto il più forte nella vita ha più chance di sopravvivenza, sicuramente il racconto avrebbe avuto più credibilità. Il film mostra invece delle cadute e delle ingenuità che lo rendono, soprattutto nell’epilogo, quanto mai prevedibile e scontato. Un’occasione sprecata che avrebbe potuto portare a qualcosa di più sentito, di meno articolato ma sicuramente più pregno di quella drammaticità di cui all’inizio si vedevano tutte le premesse.
data di pubblicazione:28/07/2023
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