da Antonio Iraci | Nov 16, 2023
Arturo viene abbandonato tra le rocce mentre sua madre muore. Con i suoi strilli disperati attira l’attenzione di una pecora che lo salverà. Passano gli anni e lui rimane però bambino, un essere primordiale cresciuto da tre donne, prostitute come la madre più per necessità che per vocazione, che lo accudiscono in tutto perché di fatto lui è nato diverso. Tra carezze e rimproveri Arturo riconosce istintivamente il richiamo della lana, perché alla pecora deve la sua salvezza…
Con l’asprezza narrativa che la contraddistingue in tutto, Emma Dante porta al cinema un suo precedente lavoro teatrale dove ancora una volta si parla di donne e del loro bieco sfruttamento. La regista non usa i mezzi toni per lanciare un messaggio di disperazione in favore di coloro che, per un verso o per l’altro, sono tuttora vittime di abusi e di sopraffazione. Ambientata in un piccolo borgo in riva al mare, quello siciliano per l’appunto, tra sporcizia e abbandono ambientale, dove le donne vengono obbligate a soddisfare in tutti i modi le soverchierie di uomini senza scrupoli, nasce così la storia di Arturo. Lui è un essere ibrido che vive nel suo mondo e fuori dal mondo degli altri, balla sino allo sfinimento e guarda la vita con gli occhi di chi ha già incontrato la morte. Si è colpiti dalla sua nudità che non trova vergogna, dal suo sguardo distaccato e discreto verso quel poco che lo circonda, alla ricerca continua di una fonte di calore che lo possa proteggere dalla cattiveria. Il film è sicuramente un pugno sullo stomaco, una denuncia aperta verso qualsiasi forma di maschilismo che usa la violenza sulle donne per giustificare la propria impotenza e la propria inettitudine. Oggetti alla rinfusa accumulati e raccattati chissà dove, bambini che corrono alla fonte per raccogliere l’acqua e poi le donne, tante donne che si danno per poco per raccogliere qualche soldo e provvedere alla sussistenza, senza speranza di un futuro migliore che possa riscattarle. Accanto a Fabrizio Ferracane, sulla scena chiamato Polifemo perché un occhio gli è stato portato via e nessuno crede che sia nato così, abbiamo Simone Zambelli, giovane protagonista che nasce con e per la danza ma che ora, è curioso di esplorare il mondo della recitazione, quasi a voler colmare un vuoto che in passato sembrava ossessionarlo. Nel film come nel teatro, Emma Dante ha voluto lui e si può affermare che la sua scelta è stata più che giusta. In una Sicilia fuori dal tempo dove mitologia e degrado si fondono, lo sguardo di Arturo è limpido come limpida è la sua espressione quando viene allontanato forzatamente dal suo mondo, crudele e protettivo nello stesso tempo. Finalmente distribuito nelle sale cinematografiche, dopo il successo a teatro, Misericordia fa parlare e riflettere sulla validità dei sentimenti, in un mondo che sta andando inequivocabilmente alla deriva e dove il concetto di compassione verso l’altro sembra sbiadirsi sempre di più.
data di pubblicazione:16/11/2023
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da Antonio Iraci | Nov 12, 2023
Mia lavora in una emittente parigina dove fa l’interprete dal russo. Una sera, mentre sfrecciava per le strade della città con la sua moto, viene colta di sorpresa da un temporale e decide di ripararsi in un ristorante. Dopo essersi seduta a bere qualcosa, inaspettatamente entra nel locale un terrorista armato che farà strage dei presenti. Mia, insieme ad altri miracolosamente sopravvissuti, sembra aver rimosso quel trauma collettivo e si impegnerà con se stessa a ricostruire passo dopo passo quei terribili momenti…
Alice Winocour, regista e sceneggiatrice francese, ci racconta degli attentati del 2015 a Parigi con un film presentato a Cannes nel 2022, nella Sezione Quinzaine des Réalisateurs, e finalmente distribuito nelle sale italiane. Da tempo aveva in animo di realizzare un film che di fatto sentiva come dovuto, visto che lei stessa aveva indirettamente subito quel dramma quando suo fratello era sopravvissuto all’attacco del Bataclan. Come poi ripreso nel film, la regista era rimasta in contatto con lui durante la strage e di aver poi interrotto la comunicazione per evitare che gli attentatori potessero scoprirlo e quindi ucciderlo. Ma non sono solo questi fatti di cronaca a rendere il film particolarmente interessante. Mia, egregiamente interpretata da Virginie Efira che per questo ruolo ha ottenuto un César, sia pur ferita non mortalmente come la maggior parte della gente presente nel locale, vuole ora ricostruire ogni dettaglio di quanto accaduto. La sua mente è confusa, lei stessa non è più la donna indipendente di prima, soddisfatta del suo lavoro e con accanto un compagno che la copre di attenzioni. Il suo andare a ritroso nella memoria, con l’aiuto di altri sopravvissuti, le consentirà pian piano di chiarire anche la propria esistenza e di resettare il rapporto con la persona con la quale credeva di essere felice. Ecco che la protagonista vorrà pian piano riappropriarsi di una vita che le stava sfuggendo di mano, riflettendo anche sui suoi affetti più cari che forse lei stessa aveva frainteso. Interessante come la regista riesca a individuare e analizzare la psicologia dei singoli personaggi, delle loro reazioni a un trauma in cui sono stati brutalmente coinvolti e dal quale cercano di allontanarsi per continuare a vivere come prima, anche se per molti sarà un’impresa pressoché impossibile. Un film che parla del dramma di una donna che tra visioni oniriche e frammenti di ricordi riesce infine a rielaborare il proprio vissuto e a ritagliarsi un’identità nuova, tra sofferenze e tentativi per riappropriarsi di un brandello di felicità.
data di pubblicazione:12/11/2023
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da Antonio Iraci | Nov 8, 2023
Lubo Moser, appartiene alla popolazione nomade degli Jenisch e si esibisce come artista di strada insieme alla moglie e ai suoi tre bambini. Un giorno viene fermato e forzatamente arruolato nell’esercito svizzero per difendere i confini da una possibile invasione da parte della Germania, già da anni sotto la dittatura espansionistica di Hitler. Appena indossata la divisa di soldato, viene a sapere della tragica morte della moglie, mentre i figli sono stati affidati ad orfanotrofi per l’attuazione di un mirato programma di eugenetica…
Giorgio Diritti, essendosi formato con importanti registi come Pupi Avati, Ermanno Olmi e lo stesso Fellini, si porta dietro un’ottima impostazione che lo ha visto impegnato in film, per la verità non molti, tutti di altissimo livello. L’ultimo (Volevo nascondermi) era stato subito notato alla Berlinale del 2020, sia da parte della critica internazionale che da parte del pubblico che così aveva avuto modo di conoscere appieno la personalità estroversa del pittore e scultore Antonio Ligabue. Con Lubo il regista affronta tematiche molto delicate, a molti del tutto sconosciute. Nella bucolica e neutrale Confederazione Elvetica, mentre l’Europa era travolta dalla guerra, si portava avanti un programma denominato Kinder der Landstrasse che mirava a togliere ai legittimi genitori, generalmente di estrazione nomade, i propri figli, considerati bambini di strada, per affidarli a istituti e successivamente a famiglie adottive. I temi qui affrontati non riguardano solo i disperati tentativi del protagonista Lubo (Franz Rogowski) di rintracciare, attraverso la complicata burocrazia elvetica, i propri figli strappati alla madre che era morta nel difenderli. Viene di fatto sollevata la problematica che riguardava i beni preziosi delle famiglie ebree che venivano affidati ad intermediari per essere custoditi in Svizzera e sottrarli così alla razzia dei tedeschi. Beni mai rientrati in possesso dei legittimi proprietari. Un film quindi che affronta vicende drammatiche e piene di pathos, egregiamente interpretate da un cast di prim’ordine e con una ricostruzione più che fedele dei luoghi e delle situazioni. Un tentativo disperato di ricerca e di vendetta da parte del protagonista per farsi in qualche modo giustizia da sé, costruendosi una nuova identità, ma rispettando nello stesso tempo la propria natura di uomo libero, fuori da quegli schemi che a tutti i costi la società voleva imporgli. Il film, ora finalmente distribuito nelle sale, era stato presentato in concorso all’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
data di pubblicazione:08/11/2023
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da Antonio Iraci | Ott 26, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Arturo viene abbandonato tra le rocce mentre sua madre muore. Con i suoi strilli disperati attira l’attenzione di una pecora che lo salverà. Passano gli anni e lui rimane però bambino, cresciuto da tre donne, prostitute come la madre più per necessità che per vocazione, che lo accudiscono in tutto perché di fatto lui non è mai cresciuto veramente. Tra carezze e rimproveri Arturo riconosce istintivamente il richiamo della lana, perché alla pecora deve la sua salvezza…
Con l’asprezza narrativa che la contraddistingue in tutto, Emma Dante porta al cinema un suo precedente lavoro teatrale dove ancora una volta si parla di donne e del loro bieco sfruttamento. La regista non usa i mezzi toni per lanciare un messaggio di disperazione in favore di coloro che, per un verso o per l’altro, sono tuttora vittime di abusi e di sopraffazione. Ambientata in un piccolo borgo in riva al mare, quello siciliano per l’appunto, tra sporcizia e degrado ambientale dove le donne vengono obbligate a soddisfare in tutti i modi le soverchierie di uomini senza scrupoli, nasce così la storia di Arturo. Lui è un essere che vive nel suo mondo, balla sino allo sfinimento e guarda la vita con gli occhi di chi ha già incontrato la morte. Si è colpiti dalla sua nudità che non trova vergogna, dal suo sguardo distaccato e discreto verso quel poco che lo circonda, alla ricerca continua di una fonte di calore che lo possa proteggere dalla cattiveria. Il film è sicuramente un pugno sullo stomaco, una denuncia aperta verso qualsiasi forma di maschilismo che usa la violenza sulle donne per giustificare la propria impotenza e la propria inettitudine. Oggetti alla rinfusa accumulati e raccattati chissà dove, bambini che corrono alla fonte per raccogliere l’acqua e poi le donne, tante donne che si danno per poco per racimolare qualche soldo utile a provvedere alla sussistenza, senza alcuna speranza in un futuro migliore che possa riscattarle. Accanto a Fabrizio Ferracane, sulla scena chiamato Polifemo perché un occhio gli è stato portato via e nessuno crede che sia nato così, abbiamo Simone Zambelli, giovane protagonista che nasce con e per la danza ma che ora, è curioso di esplorare il mondo della recitazione, quasi a voler colmare un vuoto che in passato sembrava ossessionarlo. Nel film come nel teatro, Emma Dante ha voluto lui e si può affermare che la sua scelta è stata decisamente vincente. Lo sguardo di Arturo è limpido come limpida è la sua espressione quando viene allontanato forzatamente dal suo mondo, crudele e protettivo al tempo stesso. Il film sarà nelle sale dal 16 novembre ed è sicuramente da non perdere.
data di pubblicazione:26/10/2023
da Antonio Iraci | Ott 24, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Dopo anni di monarchia assoluta il re del Bhutan, piccolo stato nella catena dell’Himalaya, decide di abdicare e di indire, per la prima volta nella storia del Paese, elezioni sul modello delle democrazie occidentali. Il popolo, di natura prevalentemente rurale, non solo non è preparato a questo cambiamento epocale ma non ne intravede neanche il motivo, visto che tutti sono felici e contenti del proprio sovrano. Intanto il monaco Tashi è incaricato dal suo capo spirituale buddista di procurargli delle armi…
Arriva a sorpresa in questa edizione della Festa del Cinema di Roma un film già presentato al Toronto Film Festival, scritto e diretto da un regista bhutanese, occasione più che rara visto che il Paese continua a mantenere una rigida politica isolazionistica per proteggere il proprio patrimonio culturale e la propria indipendenza. Il film è quindi un’opportunità per entrare nel modus vivendi di un popolo che vive felice di quello che ha e che guarda con riluttanza ogni cambiamento che possa di fatto interferire negativamente sul proprio stato sociale. La storia narrata è divertente ma non superficiale perché segue le vicende rocambolesche di Ron, che dagli Stati Uniti si ritrova sull’Himalaya per seguire le tracce e recuperare un fucile, da tempo nelle mani improbabili di un vecchio. Il giovane americano deve comprare a tutti i costi quel prezioso cimelio, mentre la popolazione locale non sa neanche mettere a fuoco il concetto di arma e dell’uso che se ne può fare. Ecco che il regista, con un messaggio veramente sottile, ci fa comprendere come noi occidentali abbiamo oggi un’idea distorta della democrazia e di come le armi siano diventate un mezzo di aggressione anche per risolvere problemi di ridicola entità. Il film intreccia varie vicende e ricorre spesso ai principi religiosi del buddismo dove un punto cardine sembra essere il concetto di compassione, inteso come partecipazione empatica alla vita del prossimo. La narrazione quindi è allegra e profonda nello stesso tempo, macchiettistica ma con risvolti di sentita religiosità in quanto riesce bene a miscelare la vita dei monaci con quella degli abitanti dei villaggi, e trasmette quella felicità che trova fondamento nella semplicità. Dal piccolo stato himalayano ci arriva quindi una boccata di ossigeno, un insegnamento universale sul denaro e sul suo degenerato utilizzo a scopi essenzialmente edonistici. Forse aveva proprio ragione Platone quando era scettico sul concetto di democrazia, senza peraltro aver la più lontana idea di come oggi viene applicata…
data di pubblicazione:24/10/2023
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