da Antonio Iraci | Nov 20, 2024
Il Prof. Stern, affermato psicoanalista, convoca nel suo studio romano sei dei suoi pazienti, lo stesso giorno alla stessa ora. Trattasi di un banale equivoco o di una semplice burla nei loro confronti? Ognuno è affetto da un disturbo compulsivo che si manifesta in modi diversi. Ma come conciliare le loro palesi idiosincrasie in una sala d’attesa diventata claustrofobica? Parlando inevitabilmente di sé, la stramba compagnia mette in atto una sorta di terapia di gruppo con effetti a dir poco singolari…
Paolo Costella dirige per il grande schermo un’opera cinematografica senza pretese tratta da un soggetto decisamente non originale. La storia infatti nasce come pièce teatrale di Laurent Baffie dalla quale, a sua volta, lo spagnolo Vicente Villanueva aveva già realizzato il film Toc Toc. Il regista genovese ne ricava ora una commedia tutta all’italiana con un cast leggero e ben assortito. I personaggi impegnati in questo singolare incontro/scontro sono Claudio Bisio, Claudio Santamaria, Margherita Buy, Valentina Lodovini, Leo Gassmann, Ludovica Francesconi e inoltre Lucia Mascino, quest’ultima come segretaria dell’atteso professore. Dopo l’iniziale disappunto, ognuno manifesterà i propri disturbi di natura ossessiva che diventeranno motivo di attenzione e di condivisione da parte degli altri. Una vera e propria terapia di gruppo spontanea dove verranno affrontati i propri traumi e le proprie paure. Alla fine si arriverà alla conclusione che tutto si può affrontare e risolvere, basta parlarne. Un tema che il regista affronta con sottile ironia, in un’epoca nella quale lo stesso concetto di psicoanalisi è messo in crisi dall’opinione generale. Se si va in analisi si è spesso considerati se non proprio pazzi, almeno schizoidi da tenere alla larga. La commedia va avanti tra battute non proprio al massimo dell’originalità, spesso sopra le righe per alleggerire volutamente una situazione paradossale. Partendo da un’idea che poteva essere frizzante si è arrivati a un finale confuso e neanche scontato. Nonostante la buona volontà dell’intero cast, il soggetto stesso perde via via di tono per approdare a un risultato poco convincente. Una commedia agrodolce che ci suggerisce solo una benché minima considerazione dei traumi altrui, nella vaga speranza che siano prima gli altri ad accorgersi dei nostri.
data di pubblicazione:20/11/2024
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da Antonio Iraci | Nov 20, 2024
1792, in piena rivoluzione francese Maria Antonietta, ultima regina di Francia, insieme al consorte Luigi XVI e ai due figli, viene arrestata e tenuta segregata nella Torre del Tempio, alla periferia di Parigi. La monarchia è stata definitivamente abolita e la famiglia reale deve subire costantemente i soprusi inflitti dai carcerieri. La sovrana si comporta in maniera esemplare e affronta con dignità il destino che le ha riservato il tribunale rivoluzionario…
Gianluca Jodice è un regista napoletano, classe 1973, già segnalato dalla critica per alcuni lungometraggi che hanno ottenuto importanti riconoscimenti. In Le Déluge, coproduzione italo-francese, ripropone il periodo estremo della vita di Maria Antonietta, ultima esponente dell’ancien régime, quando, rinchiusa insieme alla famiglia, in stato di assoluta segregazione, mantiene intatta la sua dignità di sovrana. Il film si divide in tre capitoli con l’intento di voler rimarcare le tre distinte fasi della sua vita passata dai lussi sfarzosi di Versailles all’isolamento totale nei locali putridi dove è confinata. Tutto in attesa della fase finale quando la sentenza la giudicherà colpevole di alto tradimento nei confronti della causa rivoluzionaria. Nello specifico il regista non mette volutamente in scena il prima e il dopo, il fasto della corte e l’esecuzione per ghigliottina, ma si concentra su quei giorni di attesa proprio per mettere in luce i caratteri dei singoli protagonisti. Luigi XVI (Guillaume Canet) ha un’indole debole e forse troppo remissiva, anaffettivo per natura cerca invece di presentarsi all’altezza della situazione di fronte al destino a cui dovrà andare incontro. Maria Antonietta (Mélanie Laurent) risulta invece essere il personaggio chiave dell’intera storia. La sua fredda determinazione nasconde invece un cuore tenero e affettuoso verso il consorte e i due figli, consapevole che anche loro sono segnati da un tragico epilogo. La rivoluzione e la definitiva caduta della monarchia infatti cambierà radicalmente il carattere di Maria Antonietta che da altezzoso si convertirà in protettivo verso i figli e indulgente verso il marito. Il film è essenziale nelle scene, la fotografia mette in risalto la sporcizia e il degrado delle stanze in cui vengono segregati gli ex sovrani, ma dove ancora paradossalmente si ripropongono le dinamiche regali. Un’opera tutto sommato ben riuscita, da un lato pertinente ai fatti storici ben noti, dall’altro rivelatrice di un’umanità sorprendente e sicuramente coinvolgente.
data di pubblicazione:20/11/2024
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da Antonio Iraci | Nov 20, 2024
drammaturgia di Daniele Trombetti e Daniele Locci con: Daniele Trombetti, Daniele Locci, Francesca Anna Bellucci, Beatrice de Luigi e Federico Capponi
(Teatro Lo Spazio – Roma, 19/24 Novembre 2024)
Il giovane Antonello muore di cancro. Silvano ed Enrico, suoi amici del cuore dai tempi del liceo, si fanno carico di eseguire le ultime volontà: spargere le sue ceneri in un posto in cui si possa vedere l’aurora boreale. I due insieme a Linda, ex di Silvano e adesso la ragazza di Enrico, intraprendono in auto questo lungo viaggio da Roma a Stettino. Un percorso insidioso e turbolento ma anche pieno di bei ricordi, quando l’esuberante Antonello era ancora in vita e rendeva i loro incontri allegri e trasgressivi…
Una compagnia teatrale, sgangherata e divertente che riporta sulla scena uno spettacolo più che collaudato. I protagonisti, tutti giovanissimi, ci parlano di sé e dei propri problemi esistenziali e affettivi. Un mix di risentimento e rimbrotto reciproco, sovrastato da musiche a tutto volume che spesso si sovrappongono alle voci. Ma va bene così. Quello che conta è rendere l’atmosfera giusta e portare lo spettatore a ridere delle situazioni estreme che si sovrappongono senza soluzione di continuità. Creare una grande confusione, una valanga di parole sconnesse per far emergere l’intimo di ognuno di loro. Ci sono problemi sentimentali ancora da risolvere e certamente Silvano non può facilmente digerire gli otto anni di fidanzamento con Linda, andati in fumo proprio quando già si parlava di matrimonio. Tradito per giunta con il suo miglior amico che è costretto a sopportare durante il lungo e faticoso viaggio in auto verso la destinazione finale. Ora che è radicalmente dipendente da farmaci come potrà affrontare questa ulteriore prova di forza contro se stesso e trovare il giusto equilibrio? L’incontro casuale con Manuela, anche lei in fuga da una società che rifiuta la parità di genere, metterà Silvano definitivamente in crisi senza lasciargli alcun margine di manovra. Uno spettacolo ora riproposto al Teatro Lo Spazio-Roma che diverte in maniera seria perché fa riflettere sul concetto di amicizia, un qualcosa che al di là delle possibili interferenze è destinato a rimanere per sempre. Un messaggio che gli attori sanno ben trasmettere al pubblico e che il pubblico è disposto a recepire in toto. Atmosfera piacevole e leggera, creata apposta per intrattenere su un tema fondamentale, spesso trascurato per una dilagante forma di eccessiva superficialità.
data di pubblicazione:20/11/2024
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da Antonio Iraci | Nov 15, 2024
drammaturgia e regia di Mario De Masi con Alice Conti, Alessandro Gioia, Giulia Pica, Fiorenzo Madonna, Antonio Stoccuto
(Teatro India – Roma, 14/17 Novembre 2024)
Una madre, due fratelli, una sorella. Questa è la famiglia Caini, così come viene chiamata dai vicini di casa. Durante una delle sue frequenti scorribande notturne con le amiche, la ragazza incontra in discoteca un giovane artista performativo di cui si innamora. Dopo una risoluta resistenza, il giovane si convince di fare la conoscenza con i futuri nuovi parenti. Le sue idee innovative sull’arte contemporanea metteranno seriamente in discussione il solido equilibrio dell’intero nucleo familiare…
La Compagnia I Pesci ha origini napoletane e con la regia di Mario De Masi porta in scena il terzo capitolo di una trilogia tutta basata sul concetto della famiglia, intesa come nucleo sociale di una realtà tutta da esplorare. Con Caini il regista pone il suo sguardo indiscreto all’interno di una casa, chiusa in se stessa e impermeabile verso ogni ingerenza esterna di qualsiasi tipo. I soggetti in questione hanno tra di loro un patto di solidarietà che li tiene uniti da un qualcosa, un segreto forse a cui non è possibile accedere e che sembra legarli in maniera inscindibile. L’impatto con il giovane artista, di cui la figlia si è innamorata, metterà seriamente in crisi i singoli membri di questa ermetica famiglia, tutta intrisa di un area di mistero e di sacralità. Forse il segreto ha a che fare con il padre di cui non c’è più traccia da tempo. Scomparso o addirittura morto? Sarà proprio questo l’enigma che via via sarà svelato e che lascerà tutti sorpresi e sconcertati. Tutti rimangono affascinati dalla personalità del giovane estraneo e inizieranno ad apprezzarne il suo modo coerente di vivere l’arte e a condividerne l’essenza. Certo il destino che gli riserverà non sarà per niente generoso anche se lui si era sforzato con tutto se stesso di fare della propria creatività qualcosa di edificante, senza mai cedere alle tentazioni esteriori. Il progetto di una nuova performance all’interno di una cava, così come proposto dai due ambigui fratelli, gli aprirà tutta una serie di misteri incomprensibili. Una forza travolgente lo spingerà verso uno posto vuoto e senza ritorno. Lo spazio è buio come buio è l’animo di chi ci vive, pronto a reiterare un rito cannibalesco e di morte. Un gruppo di attori giovani e bravi, bene assortiti e anche coesi nel portare avanti un discorso sull’indissolubilità del vincolo familiare e sulla validità dell’arte, intesa come espressione universale del genere umano. Lo spettacolo in questione suggerisce la necessità di prendere contatto in qualche modo con questa realtà e lancia al pubblico un messaggio semplice e inequivocabile.
data di pubblicazione:15/11/2024
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da Antonio Iraci | Nov 14, 2024
200 d.C. A seguito della conquista della Numidia da parte della flotta romana, guidata dal generale Marco Acacio, Lucio Vero viene catturato e scortato a Roma come schiavo. Il giovane si distingue subito per le sue doti di lottatore e viene comprato da Macrino che lo fa addestrare come gladiatore. Intanto si organizzano i giochi al Colosseo alla presenza degli imperatori Caracalla e Geta. Lucio ne esce sempre vincitore e tra i vari intrighi di corte emergono le sue reali origini romane…
Sono passati quasi venticinque anni da quando Ridley Scott ha diretto il suo primo Gladiatore. Il film ottenne 5 premi Oscar e 4 Bafta e lanciò definitivamente Russel Crowe nell’Olimpo di Hollywood. Il nuovo lavoro del più che ottuagenario regista britannico è a tutti gli effetti un sequel, sia in termini cronologici degli eventi sia per quanto riguarda la storia vera e propria. Si ripropongono alcuni frammenti del precedente film in cui è da protagonista la figura di Massimo Decimo Meridio (Crowe) al momento della sua morte, dopo aver sconfitto nell’arena l’imperatore Commodo. Ci si concentra ora sulla figura di Lucio (Paul Mescal) figlio di Lucilla (Connie Nielsen) e nipote quindi di Marco Aurelio. Il regista, pur rimanendo abbastanza fedele agli avvenimenti, si lascia andare a qualche licenza storica che però di fatto non altera minimamente l’effetto finale della pellicola. Al di là delle scene plateali dei combattimenti che si svolgevano nel Colosseo, Ridley Scott entra nell’animo dei personaggi e ne fa dei veri eroi. Lucio è stato allontanato da Roma, appena dodicenne perché in pericolo di vita, e ora vi ritorna da schiavo con la missione di ripristinare nell’Urbe quell’ordine morale che si era perso con gli ultimi imperatori. In questa nuova edizione ci si avvale di continui effetti speciali che contribuiscono a renderla veramente maestosa con scene mozzafiato verso le quali lo spettatore non può rimanere indifferente. Paul Mescal è stato rimodellato fisicamente per farlo apparire imbattibile e dotarlo di un perfetto phisique du rôle. Ottima l’interpretazione di Pedro Pascal nella parte di Marco Acacio e soprattutto quella di Denzel Washington nel ruolo di Macrino, personaggio storico ambiguo e senza scrupoli. Film sicuramente interessante, girato bene da un maestro del cinema che ha diretto tra l’altro capolavori come Alien, Blade Runner e Thelma & Louise, tutti oramai capitoli importanti nella storia del cinema. Bisogna ammettere che i due gladiatori non sono minimamente paragonabili anche se in alcune scene l’uno è il rimando dell’altro.
data di pubblicazione:14/11/2024
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