da Antonio Jacolina | Mag 21, 2024
Francia 1976. Pierre Goldman ebreo, intellettuale e militante di estrema sinistra già condannato all’ergastolo per quattro rapine a mano armata è sottoposto a nuovo processo per due omicidi avvenuti durante l’ultima. Si proclama innocente con irruenza provocatoria divenendo un’icona politica. L’approccio ideologico è in contrasto con la strategia del suo giovane avvocato. Rischia così la ghigliottina …
Dopo Anatomia di una caduta ecco un nuovo film processuale francese. Altrettanto interessante e coinvolgente anche se molto diverso nella forma. Kahn rievoca il famoso e tumultuoso processo Goldman. Personalità carismatica ed affascinante l’imputato utilizzò l’aula per denunciare la Polizia di antisemitismo ed accusare il Sistema Giudiziario e tutto l’Establishment francese. Il regista avrebbe potuto tranquillamente scegliere la via convenzionale del biopic. Preferisce invece concentrarsi sul dibattimento vero e proprio. Coerentemente, fatto salvo un breve prologo, il racconto si svolge tutto nell’aula giudiziaria. Una scelta rischiosa. Una scelta che però offre al cineasta l’opportunità di una direzione e di una messa in scena classiche nella forma ma del tutto originali nella sobrietà e nella precisione. Una ricostruzione priva di qualsiasi artificio (filmati, flashback, voix-off…).
I film processuali traggono forza e fascino dalla capacità con cui la regia riesce a rendere apprezzabile il predominio della parola sull’immagine. Il processo è un teatro ove ognuno rappresenta la propria verità. Le opposte versioni vengono narrate attraverso le diverse capacità dialettiche. Mettendo in scena solo l’aula, Kahn si concentra unicamente su ciò che viene detto. Un film verboso? Tutt’altro. L’autore sa bene utilizzare il fascino delle parole restando sempre in un contesto cinematografico. Un gioco abilissimo di alternanze di campo e controcampo e di piani ravvicinati resi tutti incisivi e dinamici da un ritmo serratissimo e da un montaggio perfetto. È evidente il riferimento a capolavori come L’Affaire Dreyfus e, soprattutto, la Passione di Giovanna d’Arco di Dreyer. La scelta compositiva di un formato di immagine di 4/3 che riduce lo schermo, le inquadrature fisse sui soggetti o sui volti sottolineano il rimando ai classici del passato ma servono anche a rafforzare la logica narrativa. L’unica vera azione nel film sono infatti le parole pronunciate o urlate.
Il regista con intelligenza non prende alcuna posizione di parte né pretende di fare una ricostruzione fedele dei fatti. Trascende dalla vicenda e vuole piuttosto riflettere su un passato in cui risuonano echi di un presente. Una riflessione sulla Giustizia, sui vincoli culturali, sul razzismo occulto e, soprattutto sulla fragilità dei ricordi e delle certezze. La difficoltà di fare Giustizia e di fare emergere la Verità.
Come in Anatomia di una caduta la Giustizia è un problema di punti di vista! A chi credere? Lo spettatore è lasciato solo, nella stessa difficile situazione dei giurati e con lo stesso peso di coscienza.
Il Caso Goldman è un lavoro riuscito, un film autoriale di dialoghi ed altissima recitazione. Un dramma teso ed asciutto che brilla per le sue qualità di scrittura. Un’opera di grande intensità, coinvolgente e mai noiosa che continua a risuonarci dentro anche parecchio tempo dopo averla vista.
data di pubblicazione:21/05/2024
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da Antonio Jacolina | Mag 17, 2024
Come ogni anno dal 2017 si rinnova l’appuntamento con il Ciclo di Conferenze Lectures Méditerranéennes promosse dall’Ambasciata di Francia a Roma. Un’opportunità per gli appassionati di Storia, Letteratura ed Arte. Un’occasione per conoscere il passato di quella realtà unica che è il Mondo Mediterraneo. Meglio ancora, i tanti Mediterranei che lo compongono, ieri come oggi. L’area del Mediterraneo, per la sua originalità e complessità, ha avuto, ha ed avrà infatti un ruolo centrale nel processo di costruzione del Mondo Europeo.
Obiettivo delle Lectures è dare alle grandi questioni di questo millennio (mobilità, denatalità, religioni, ambiente…) la profondità e l’analiticità di una riflessione storica. Capire la realtà contemporanea infatti richiede la rivisitazione delle epoche e delle persone del passato attraverso gli occhi e le domande degli studiosi del XXI Secolo. Quest’anno il Ciclo sarà articolato in quattro incontri tra Maggio e Giugno in contesti già di per sé affascinanti. Palazzo Farnese (21 Maggio h.18), Villa Medici (27 Maggio h.18), Palazzo Primoli (3 Giugno h.18), Palazzo Altemps (10 Giugno h.18). Il tema centrale è “La morte di una scrittura e l’inizio di un mito. I Greci ed i geroglifici”.
Un fenomeno tanto suggestivo quanto concettualmente istruttivo. La scomparsa di una scrittura utilizzata continuativamente dagli Egizi dal 3100 A.C. a tutto il IV secolo D.C. significa molto più di un tramonto e della fine di una Cultura e di una Civiltà. Cosa c’è storicamente al di là del Mito creato dai Greci e della sua influenza sull’immaginario collettivo? Quali i fattori che determinano il declino e la morte di una scrittura e della Cultura che essa rappresenta? Quali i cambiamenti? Quali le rivoluzioni culturali, religiose, politiche e demografiche che sottostanno a tale processo? Quale è l’elemento detonatore? E’ possibile e ripetibile nel presente o nel contesto prossimo venturo?
L’ingresso è libero previa iscrizione presso l’Ambasciata o il Centro Culturale Francese.
data di pubblicazione:17/05/2024
da Antonio Jacolina | Mag 15, 2024
Pierre Bonnard (Vincent Macaigne) affermato pittore di talento incontra nel 1893 la giovane Marthe (Cecile de France). Un colpo di fulmine. Diverrà la modella per i suoi nudi, musa, compagna, moglie ed ossessione. Una relazione creativa e passionale. Marthe fragile e disturbata cercherà nel pittore la sua sublimazione personale e sociale anche a costo di mentire…
Provost stimato regista e sceneggiatore francese autore di altri apprezzati film sulla vita di artisti, si trova a suo agio nei biopic. Questo suo 8° lavoro presentato al XIV Festival del Cinema Francese tenutosi ad Aprile a Roma è il ritratto sensuale di Pierre Bonnard. Pittore postimpressionista, agiato e molto dotato ebbe un notevole successo tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. Meglio ancora il film è la storia della tumultuosa, singolare e pluridecennale relazione artistico/creativa fra il pittore e la sua compagna, musa ed ossessione. Dal loro primo fulminante incontro per strada nel 1893, al matrimonio nel 1925, ed oltre. Più di 40 anni di vita.
Il regista è un autore sensibile e buon ritrattista di personaggi femminili. Anche questa volta la sua attenzione è, in effetti, tutta centrata sulla controversa ed enigmatica personalità di Marthe. Una donna, tanto indipendente e libera quanto problematica, che trova nella passione sublimante per Bonnard l’autoriconoscimento e l’elevazione sociale ardentemente desiderati. Una persona fragile e complessa con un suo mondo di illusioni e menzogne che ha dovuto accontentarsi di essere la “modella nuda” di un grande artista di cui non riesce a comprendere i codici artistici, ad accettarne l’ambiente, né tantomeno l’edonismo mondano. Sullo sfondo anche i temi ben più ampi dell’emancipazione femminile, della durata dell’Amore, dell’esclusività affettiva e del talento artistico delle donne. Il regista si limita però ad accennarli ed a sfiorarli, preferendo concentrarsi sull’ossessione amorosa e creativa della coppia.
Ritratto di un Amore è un film dalla fattura classica articolato su ritmi molto posati. Provost, salvo qualche spunto interessante e coinvolgente, non esce dai canoni del genere, non rivoluziona e non intende rivoluzionare il modo di filmare la creatività artistica. La sua attenzione è sulla qualità della messa in scena e sulla corretta riproduzione di un’epoca, degli ambienti e delle atmosfere. Le luci e la fotografia sono perfette. Una rievocazione sottile e ben curata che tende ad esaltare ed a portare in primo piano il talento recitativo degli attori. I due protagonisti sono bravi, perfettamente a loro agio e rendono con naturalezza tutte le varie e complesse sfaccettature dei personaggi. Molto buoni anche i secondi ruoli nelle loro caratterizzazioni.
In conclusione un film normale, coerente con le aspettative. Discretamente girato ed interpretato, gradevole e coinvolgente. Formalmente raffinato, con una visione un po’ romantica e dall’aria culturale ma mai pedagogico.
data di pubblicazione:15/05/2024
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da Antonio Jacolina | Mag 10, 2024
Nei momenti bui della Pandemia si scriveva che il Cinema era morto e che le sale cinematografiche erano ormai finite. Il futuro sarebbe stato solo delle Piattaforme Streaming. Il recupero della libertà di aggregazione ha invece segnato l’inizio della ripresa. Il 2023 poi, con il fenomeno BarbienHeimer e con l’ennesimo Mission Impossible, ha confermato la definitiva inversione di rotta. Il ritorno delle Grandi Produzioni, dei Blockbuster e dei film di qualità ha riportato il grande pubblico nelle sale cinematografiche. Si è tornati ovunque alla “normalità” dei livelli pre covid.
Grande è quindi l’attesa per il prossimo Festival di Cannes. Sulla Croisette si apre la stagione dei Festival Internazionali, quelli sulle cui passerelle passano i film di grandi ambizioni e di elevata qualità. La Kermesse ci darà una sicura indicazione di come sarà la stagione cinematografica.
Una recente ricerca indica che è in atto un significativo cambio generazionale tra gli spettatori e che il cinema di qualità attrae molto anche i giovani. Un dato che fa ben sperare! Cannes punta ad incontrare proprio questo rinnovamento e ad esserne precursore e cassa di risonanza. Da qui la decisione di nominare Presidente della Giuria, Greta Gerwig la giovane regista che con il suo Barbie ha superato tutte le barriere fra i generi cinematografici e li ha innovati radicalmente. Da qui anche la presenza in Concorso di numerosi giovani Registi emergenti.
Quest’anno però tornano, attesissimi, anche i Grandi del Cinema che porteranno i propri film autoriali addirittura in Concorso: F.F. Coppola il futuristico Megalopolis; D.Cronenberg The Shrouds; J.Audiard Emilia Perez; P. Schrader Oh Canada; M. Hazanavicius La plus précieuse des marchandises; G.Lellouche L’amour ouf; e infine Y. Lanthimos Kind of kindness.
Fuori Concorso verranno anche presentati Furiosa: a Mad Max Saga di G.Miller, prequel della Saga omonima, ed il western Horizon – An American Saga diretto da K.Costner. Tra le Proiezioni Speciali, avremo poi anche Oliver Stone con Lula e Daniel Auteuil con Le fil.
A George Lucas verrà consegnata la Palma d’Oro per la Carriera.
Un totale complessivo, forse eccessivo, (l’accusa di “gigantismo” pare giustificata) di ben 115 film in 12 giorni, ripartiti fra la Selezione Ufficiale, Un Certain Régard, le altre Sezioni, i Fuori Concorso e le Séances Spéciales. Una kermesse culturale e commerciale straripante che, insieme alla Quinzaine des Cinéastes e alla Settimana Internazionale della Critica, metterà in mostra tutto il meglio del Cinema disponibile al momento.
Il Cinema Italiano sarà presente con Pierfrancesco Favino in Giuria e con solo due film in Competizione. Paolo Sorrentino concorre infatti con Parthenope e Roberto Minervini, nella sezione Un Certain Régard, con I Dannati. Un po’ italiano perché realizzato in coproduzione con la RAI è infine Marcello mio di Christophe Honoré, nella Selezione Ufficiale.
Vedremo se la qualità dei nostri Autori e l’arte diplomatica persuasiva di Favino riusciranno ad incontrarsi ed a portare finalmente all’Italia un riconoscimento. Speriamo!
data di pubblicazione:10/05/2024
da Antonio Jacolina | Mag 8, 2024
Dodin (B. Magimel) è un gastronomo rinomato nella Francia del 1885. Vive nella tranquillità della sua casa di campagna. La sua cuoca Eugénie (J. Binoche) è il suo braccio destro. La loro intesa lavorativa è divenuta in 20 anni anche una relazione affettiva creando una routine gastronomica e sentimentale perfetta. Dodin vorrebbe sposarla ma Eugénie non ha alcun interesse. Perché cambiare una ricetta quando funziona? Dodin allora …
Anh Hung è un regista e sceneggiatore franco-vietnamita. Il suo film d’esordio Il Profumo della papaya verde vinse il Premio Caméra d’Or a Cannes 1993. Il secondo, Cyclo vinse il Leone d’Oro a Venezia 1995. Questo suo 7° film ha vinto il Premio per la Regia a Cannes 2023. Evidentemente è un Autore che si prende i suoi tempi ma il grande talento estetico resta pur sempre la sua cifra stilistica. Scenografie molto ricercate, inquadrature studiate e curate come fossero quadri, uso sapiente della fotografia e del colore, ritmi lenti e contemplativi. Il Gusto delle Cose è un’opera da cui traspira l’amore per la Francia d’antan e per i suoi piaceri culinari. Un omaggio ai sapori, alle alchimie della buona cucina. In parallelo è anche un’ode alle sfumature dei sentimenti umani.
Il lungo ed ipnotizzante piano sequenza iniziale in cui viene mostrato tutto il processo realizzativo di un piatto elaborato è una professione di fede verso la Cucina e verso l’Amore. I fuochi, i vapori, il sobbollio del brodo, i rumori delle stoviglie e dei coltelli sostituiscono le parole. Un balletto silenzioso della cinepresa fra pentole e mestoli. L’abilità del Regista e del Direttore della Fotografia seguono i gesti metodici e tranquilli dei due protagonisti. Un insieme armonico che anticipa e rende la profondità, la complicità e la completezza della relazione fra il gastronomo e la sua cuoca. Collaborare a realizzare un piatto ed ogni gesto connesso sono un segreto linguaggio comune con cui si esprimono con pudore e delicatezza i sentimenti di un amore maturo. La bellezza delle immagini è coinvolgente e rende tutta la sensualità alchemica della passione culinaria ed affettiva.
Si tratta di un’opera poco comune ed autoriale in cui la parte narrativa è quasi un pretesto ed ha una rilevanza limitata malgrado l’accenno anche a temi come il desiderio di libertà, l’emancipazione femminile, l’amicizia e la perdita. La vera ed unica ambizione del film infatti è raccontare la forza calma delle due passioni.
La Binoche e Magimel sostengono il film. Ex coppia nella vita reale hanno una chimica incredibile e magnetica. La loro complicità è palese e palpabile. Riempiono le inquadrature con il loro carisma e con la misurata intensità delle interpretazioni. Ottimi anche gli attori di secondo piano. L’abilità delle riprese, la messa in scena, la regia ed il montaggio sono straordinari, la fotografia è una gioia per gli occhi. I ritmi sono scientemente lenti come le stagioni che si succedono. Un’opera volutamente “vecchio stile” ma affascinante ed espressiva che cattura pian piano lo spettatore con la magia della sua delicatezza.
Più sensuale de La cena di Babette e di Chocolat, Il Gusto delle Cose entra di diritto tra i classici del cinema culinario. Se però vi aspettate una puntata di Masterchef o un film d’azione evitate di andarlo a vedere!
data di pubblicazione:8/05/2024
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