da Antonio Jacolina | Apr 5, 2018
(Roma, 4/10 Aprile 2018)
Isabelle (Juliette Binoche) è una splendida cinquantenne, parigina, artista e madre divorziata di una adolescente. E’ una donna dalla personalità complessa, romantica, fragile e forte. Una donna che ha passata l’epoca delle illusioni amorose ma non si rassegna, e cerca ancora l’Amore, l’anima gemella, l’uomo giusto. Quanto è difficile amare veramente!
La settantenne regista e sceneggiatrice francese C. Denis è conosciuta ed apprezzata fin dal suo primo esordio nel 1988 per il suo cinema fortemente rigoroso ed impegnato, centrato tutto sullo studio della condizione umana e sulle problematiche interculturali. Con L’Amore secondo Isabelle (Un beau soleil intérieur) già presentato a Cannes 2017 e visto oggi in anteprima italiana in occasione dell’VIII Festival del cinema francese in svolgimento a Roma, la regista si concede invece, di affrontare il tema delle relazioni uomo-donna, dei rapporti di forza sentimentali fra individui ed anche il discorso sul concetto dell’Amore Deluso, agendo, insolitamente per lei, con un film tutto virato sul registro dei toni di una commedia dolce-amara. Pur senza omettere di delineare una graffiante satira sociale di una certa borghesia intellettuale parigina, la cineasta ci disegna in effetti, un magnifico e luminoso ritratto di una donna matura ancora aperta all’Amore, e, nel contempo, tramite le sue vicissitudini affettive ed i suoi sentimenti, ci delinea, anche e soprattutto, un mosaico di ritratti maschili al vetriolo (seduttori, ipocriti, egoisti …) che ruotano tutti, come piccoli satelliti, attorno alla luce ardente della solarità interiore di Isabelle. L’Amore secondo Isabelle è un film pensato, scritto e diretto da donne, ma non è un film solo al femminile, al contrario è un film sui sentimenti amorosi in generale, sulla seduzione, sul potere manipolatorio delle parole, dei sottintesi e dei silenzi, il tutto all’interno di un gioco in cui si può essere, indifferentemente uomini o donne, sia attori sia vittime.
Al centro del film, costantemente presente in ogni scena, punto focale della cinepresa, dei suoi amanti e dello sguardo degli spettatori è la magnifica e bella J. Binoche. L’attrice sostiene letteralmente il film regalandoci una performance eccezionale con continui cambi di registri recitativi. Attorno a lei ruota la crema degli attori francesi, e, in un significativo cameo finale, emerge anche un monumentale G. Depardieu. La Denis dirige con mestiere e seduce per il ritmo del montaggio e per la maniera di filmare con una cinepresa che sembra quasi accompagnare i movimenti degli attori come in un ballo. Primi piani, campi e contro campi sembrano voler sottolineare, di volta in volta, la forza dei diversi personaggi. Il tono generale del film è reso leggero da una sceneggiatura ben scritta e da dialoghi ironici, pungenti e scoppiettanti. A tratti però, quasi per effetto di improvvisi corti circuiti, il film ha delle cadute di tono, perde di sobrietà, diviene ripetitivo, troppo verboso e frammentato a livello di banali clichés. Ciò non di meno, pur con questa alternanza fra tanti pregi e qualche difetto, L’Amore secondo Isabelle resta un buon film d’autore, supportato da una grande interpretazione della Binoche, una pungente commedia ironica, romantica, malinconica ed anche solare sui capricci dell’Amore e sulle difficoltà di amare veramente.
data di pubblicazione:05/04/2018
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da Antonio Jacolina | Apr 5, 2018
(Roma, 4/10 Aprile 2018)
Chloe (Marine Vatch) è una donna giovane ed affascinante ma fragile e depressa da star anche male fisicamente. Inizia ad andare in terapia e si innamora, ricambiata, del suo psicanalista Paul (Jérémie Renier), interrotta la terapia i due vanno a vivere insieme. Dopo qualche mese però Chloe scopre che Paul le ha nascosto una parte oscura della sua vita e della sua personalità.
Preceduto dall’alone sulfureo sollevato al Festival di Cannes 2017, ecco in anteprima italiana, in occasione dell’VIII Festival del Nuovo Cinema Francese, l’attesa opera di Ozon, il poliedrico e talentuoso regista e sceneggiatore francese, di sicuro uno degli autori di maggior successo e fra i più interessanti del cinema d’oltr’Alpe. Doppio Amore è il suo 17° lungometraggio ed è stato adattato dallo stesso regista da un romanzo breve: Vita di Gemelli di J.C.Oates. Dopo il delicato ed intimista Frantz, il nostro regista torna sugli schermi in un genere e su un tema che non ci saremmo di certo aspettati veder riaffrontare. Il cineasta francese ritorna infatti al genere thriller di cui aveva già dato ottimi prodotti ai tempi dei suoi Swimming Pool ed Amanti Criminali. Lo spunto questa volta è tornare ad analizzare ancora una volta, uno dei temi a lui cari: l’esplorazione, la ricerca del “doppio di sé”, il doppio benefico o malefico, o, tutti e due contemporaneamente, che ognuno di noi porta dentro di sé. Il tema dei gemelli. Chi sono infatti i “doppi” che Chloe incontra? chi siamo noi? si domanda il regista, chi è, alla fin fine, la stessa Chloe? Quali sono e cosa si nasconde nelle zone d’ombra di ciascuno di noi? Bravo nel miscelare generi cinematografici diversi, Ozon ci offre un thriller brillante, erotico e psicologico rendendo omaggio ai thriller psicologici o sovrannaturali degli anni ‘70 ed ‘80. Il regista si inserisce scientemente nella scia dei Polanski, De Palma e Cronemberg, con anche notevoli richiami ad Hitchcock. Un tale approccio poteva essere schiacciante. Invece l’autore riesce, pur nella continua citazione dei Maestri, a rompere gli schemi, esce dall’esercizio del mero omaggio e tributo e, con talento prende in mano la narrazione con uno stile tutto suo personale, dandogli spessore ed autonomia. Ozon sembra letteralmente far sua la sceneggiatura e trascina lo spettatore in una serie di giuochi, piste e manipolazioni che già nel suo precedente Nella Casa aveva dimostrato di saper ben maneggiare. Doppio Amore, in linea con le regole del genere, è un film sufficientemente trasgressivo ed ansiogeno da poter facilmente trascinare l’immaginario dello spettatore in una serie di intrighi narrativi, giocando abilmente con la paura, l’erotismo ed il fantastico. Non tutto è però perfetto, a tratti ci si perde nei vari meandri, ci sono purtroppo degli effetti gratuiti che riducono l’impatto con il sottinteso e l’implicito, c’è qualche elemento un po’ kitsch ed un finale poi troppo spiazzante che lascia delusi. Comunque sia, pur con i difetti di cui sopra, il film è un bel viaggio nei labirinti del subconscio femminile, un buon pretesto per uno studio sulle personalità multiple. Intense le interpretazioni della sua icona M. Vatch e del suo attore feticcio J. Renier, giunto con questa alla terza collaborazione con il regista. Doppio Amore è certamente un film meno convincente di Frantz, anzi molto lontano dalla sua eleganza e bellezza, ma resta pur sempre un buon prodotto di genere, un buon dramma psicologico girato con maestria e mestiere pur con qualche furberia di troppo.
data di pubblicazione:05/04/2018
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da Antonio Jacolina | Apr 4, 2018
(Roma, 4/10 Aprile 2018)
Per l’ottavo anno consecutivo, dal 4 al 10 Aprile, viene riproposto il Festival del Cinema Francese. Quest’anno l’iniziativa, anziché al cinema Fiamma, ahinoi chiuso da mesi, si svolgerà al Nuovo Sacher, alla Casa del Cinema ed all’Istituto Francese di Roma che ospiteranno le proiezioni e gli incontri con gli autori ed attori. Come ogni anno il Festival porterà poi in viaggio il Cinema Francese anche a Milano, Firenze, Napoli e Palermo.
Questa VIII edizione è centrata sul grande cinema d’Autore nella tradizione del cinema francese e, ciò non di meno in un continuo rinnovamento, con un focus speciale dedicato poi alle opere recenti di Arnaud Desplechin. Una buona opportunità per gli amanti del cinema, e del cinema francese in particolare, di seguire da vicino gli ultimi sviluppi di una cinematografia vitalissima per produzioni, pubblico, qualità, incassi ed apprezzamenti internazionali. Un cinema d’Autore, quello francese, che riesce sempre a saper combinare consapevolezza artistica e capacità di interagire con il pubblico delle sale. Un pubblico che, a differenza della triste realtà italiana, ancora affolla le sale grazie a sapienti politiche di sostegno culturale ed economico alla produzione ed alla distribuzione. Basti solo pensare che nel 2017 in Francia sono stati venduti ben 209,2 milioni di biglietti, a fronte dei soli 100 milioni scarsi venduti in Italia. In questa settimana di proiezioni potremo avere quindi la possibilità di cogliere un’ampia panoramica delle opere di alcuni dei più noti giovani cineasti d’oltr’Alpe. Alcuni film sono già stati presentati a Cannes ed a Venezia 2017 e passeranno poi nelle sale nelle prossime settimane. Il filo conduttore dell’intera rassegna, pur nella diversità artistica, è il bisogno dei cineasti di restare ancorati nel contemporaneo e nel reale, unitamente alla capacità autoriale di saper conciliare le esigenze del vero con il racconto ed i vari generi.
In questo contesto, fra i vari masterclass ed incontri con registi ed attori, e la ventina di opere presentate nelle molteplici proiezioni giornaliere, vi segnaliamo quelli di cui è già prevista una prossima uscita sugli schermi romani:
I fantasmi di Ismael di A. Desplechin, presentato a Cannes ’17, (da non trascurare poi il focus su alcune delle sue ultime realizzazioni); La casa sul mare di R. Guédiguian; L’atelier di L. Cantet già Palma d’Oro a Cannes 2008 con La classe; L’amore secondo Isabelle della regista Claire Denis ed una splendida e bravissima J. Binoche; Parigi a piedi nudi di D. Abel e F. Gordon ed infine il tanto atteso e sulfureo Doppio Amore del prolifico e talentuoso F. Ozon, anche questo visto a Cannes ’17.
data di pubblicazione:04/04/2018
da Antonio Jacolina | Mar 22, 2018
Dopo aver scoperto che il marito, appena nominato Sir, ha da tempo una relazione, la sessantenne e snob Lady Sandra (Imelda Staunton) lascia la sua villa nel Surrey e si rifugia a Londra nell’appartamentino della sorella Biff (Celia Imrie) che conduce ancora una vita libera da condizionamenti, con amici altrettanto vitali ed alternativi. In questo contrasto di realtà, Sandra riscoprirà più autentici valori con l’aiuto anche di uno dei nuovi amici: Charlie (Timoty Spall).
“La Vita Comincia Oltre i 60 Anni” potrebbe tranquillamente essere la sintesi del film. Sappiamo che da tempo il Cinema ha scoperto che le aree di maggior profitto cui dedicare attenzione sono le due punte estreme dell’arco dei suoi spettatori. Da una parte i giovani, dall’altra il cosiddetto “Grey Pound” (dal colore grigio dei capelli) il sempre più crescente numero di potenziali spettatori della “Terza e Quarta Età”. E’ proprio questo il target di parecchi dei film che vediamo passare sui nostri schermi: Appuntamento al Parco, Ruth e Alex, Mai così vicini, tanto per citarne alcuni.
Il nostro film è diretto dall’eclettico R. Loncraine. Il settantaduenne regista inglese, con ampia esperienza sia televisiva che cinematografica, ha attraversato, nella sua lunga carriera, una molteplicità di generi: dal pluripremiato shakepeariano Riccardo III fino ai recenti film per la Terza Età, suo è difatti anche il sopraccitato Ruth e Alex. Il film di cui parliamo oggi: Ricomincio da Noi appartiene proprio al classico sottogenere dei film “sul passaggio di età”. Non tanto il passaggio dall’adolescenza all’età adulta come in Lady Bird, quanto piuttosto quello altrettanto inevitabile e difficile verso l’”Età Matura”. Una fase di cambiamento altrettanto cruciale, quasi una seconda o terza chance per riuscire a dare un diverso valore alla propria vita recuperando progetti, oppure creandosene di totalmente nuovi e vitali avendo il coraggio di saltare verso il “Nuovo”. Pensiamo, fra i tanti, a Marigold Hotel. Il film di Locraine è dunque un film su come si può riscoprire la bellezza della vita. Una favola, un racconto delicato su come riprendere con entusiasmo il cammino. Con un tale tema c’era il grosso rischio di scivolare in una storia strappalacrime oppure in una scadente rassegna degli stereotipi sulla terza età. Pur non sostenuto da un grande sceneggiatura e pur non potendo evitare qualche clichè e sviluppi narrativi prevedibili, Loncraine dirige con sufficiente mestiere e riesce a mantenere la storia ai livelli di una commedia gentile e dolce-amara, divertente ed a tratti commovente, senza essere mai banale o superficiale. Un notevole supporto gli viene dato da un eccellente cast di attori, un trio di ottimi “veterani” del Teatro e del Cinema Inglese che unitamente a validi caratteristi, consentono di attraversare con successo l’alternanza di situazioni di nostalgia e commozione con quelle allegre e ricche di humour britannico. C’è una qualche lontana eco di Una canzone per Marion. Se in quest’ultimo ottimo film l’elemento catartico per il cambiamento di vita era il coro musicale, in Ricomincio da Noi l’elemento è invece la scuola di ballo ed il ballo corale che danno al film un vero tocco di originalità con gradevoli scene ed ottimi brani musicali entrambi estremamente coinvolgenti e contagiosi. In conclusione il film è una delicata ed a tratti frizzante commedia in grado di far accettare i lutti, far sorridere sull’età e sul coraggio di uscire dagli schemi della ragione per seguire le emozioni e trasmettere, soprattutto, l’accattivante messaggio che “Non si deve mai aver paura di vivere” .
data di pubblicazione:22/03/2018
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da Antonio Jacolina | Mar 19, 2018
Il racconto di una lunga storia fra lo scrittore Victor (Nicolas Bedos) e la bella, intelligente ed amorevole Sarah (Doria Tiller) che, splendida figura di donna colta e tenace, ne riesce a divenire moglie, musa ed eminenza grigia che sa agire nell’ombra con discrezione, interagendo intelligentemente con la crescente notorietà del marito. Quasi 50 anni di vita in comune con tutte le sue sfumature, belle, buffe, tristi e gioiose, fra gli alti e bassi, le separazioni e le riconciliazioni di un “Amore Irreversibile” fuori del comune.
“Dietro ad ogni uomo di successo si nasconde sempre un grande donna”: sarebbe interessante sapere se questo assioma si adatti o meno anche alla coppia Bedos – Tiller oltre che nel film anche nella loro vita quotidiana. Ancor più interessante sarebbe poi sapere se corrisponda anche alla realtà artistico/creativa della nostra coppia l’intrigante colpo di scena nel sottofinale del film. Ovviamente non possiamo anticipare nulla, ma di certo possiamo già dirvi che Un Amore Sopra Le Righe è un doppio esordio ben riuscito. Fortuna? Abilità? Entrambe!
Il film è difatti il positivo debutto nella regia di Bedos ed anche l’esordio brillante come attrice della Tiller. Entrambi hanno anche scritto a quattro mani sia la sceneggiatura che i dialoghi. I due sono ben conosciuti in Francia, lui è un affermato scrittore, polemista, umorista ed attore (Tutti pazzi per Rose e Turbolenza d’Amore), lei invece è una star della TV. Il film è dunque un’opera prima ambiziosa con un approccio quasi femminista perché, ben più che Victor, è Sarah al centro del racconto, un vero omaggio alle donne, soprattutto a quelle che vivono nell’ombra e da lì sostengono ed esaltano i talenti dei loro uomini illuminati dal successo. Bedos dirige con maestria e mano salda con toni graffianti, spesso coraggiosamente provocatori, scorretti ed irriverenti, giocando “con e contro” i vari clichès sui benpensanti, la borghesia retriva, la cultura ebraica, gli intellettuali radical chic, agendo sui diversi livelli di narrazione, tutti legati fra loro dalla voce narrante di Sarah che ricorda la vita della coppia. La sua regia, in una messa in scena gradevole, riesce abilmente a gestire il susseguirsi di situazioni che accompagnano i 45 anni della storia, senza mai ripetersi, evitando di perdere di vista il filo del racconto. Riesce anche a mantenere costante, con tratti di gradevole comicità e dialoghi frizzanti, il ritmo ed il tono brillante della narrazione.
A guardare bene si può cogliere più di qualche ammiccamento a W. Allen o a J. Cassavetes. La Tiller è una piacevole scoperta (ha il fascino della J. Birkin di una volta), ha talento di vera attrice, si impone da subito con un’interpretazione molto convincente e naturale, e, pur nella bella alchimia fra i due attori, è lei che prevale. Eccellenti le caratterizzazioni degli attori secondari. Geniale il colpo di scena dell’epilogo. Qualche difetto è riscontrabile nella lunghezza del film ed in qualche eccesso di verbosità. Piccole cose per un esordio. Un Amore Sopra Le Righe è dunque una gradevole commedia romantica, una graziosa, intelligente e tenera storia sull’”Amore Irreversibile”, un po’ melò, un po’ ironica, graffiante, a tratti commovente e con un pizzico di humour nero.
Un commento “rubato” all’uscita dal cinema:”… rapiti da una storia d’amore che rimane, nonostante la vita, totalmente integro ed esclusivo, forse anche troppo! … Un Amore così si può vedere solo nei film?? …”
data di pubblicazione: 19/3/2018
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