da Antonio Jacolina | Feb 18, 2020
Parafrasando il titolo di un buon film ancora nei cinema, potremmo iniziare con Il Mistero Louise Penny. Come nel film, stiamo forse assistendo a giochi di marketing? Alla nascita indotta di un successo editoriale? … Un mistero! Un mistero di un’autrice 62enne molto conosciuta ed apprezzata in Canada e nei paesi anglofoni ma quasi sconosciuta in Italia. Una quasi sconosciuta da 6 milioni di copie di libri sulle inchieste di Armand Gamache, Ispettore Capo della Sureté del Quebec, dall’esordio nel 2005 ad oggi: 14 volumi dopo! Quasi sconosciuta perché, in realtà, della scrittrice erano già usciti per i tipi PIEMME due suoi romanzi nel 2013 e nel 2017, senza però suscitare interesse nel grande pubblico. Con la pubblicazione nella primavera scorsa da parte di EINAUDI di Case di Vetro (il 13° della serie) sembrerebbe invece essersi messo in movimento qualcosa che porta a prevedere, a breve, l’uscita di altri libri dell’autrice in una rincorsa, partendo dalla fine, a recuperare il tempo perduto.
La Penny lavora con mano lieve, il suo stile è scorrevole ed è capace, pur in un mix in cui le emozioni e le riflessioni prevalgono sull’azione, di mantenere la tensione narrativa fino alla fine. E’ sobria, misurata e meticolosa nello scrivere ed i suoi personaggi sono pieni di umanità, colorati e reali. L’Ispettore Gamache è un uomo non più giovanissimo, vecchio stampo anche se moderno, colto, attento ed attuale. E’ una forza tranquilla la cui bonomia è segnata da ben nascoste linee di tenebre che ne fanno un personaggio scettico ma sensibile al tempo stesso, che, più che l’azione, segue la logica deduttiva e, che più che le armi, preferisce usare la mente. Un mix di reminiscenze inglesi con Hercule Poirot, Sherlock Holmes e francesi con Maigret (non a caso siamo nel Quebec anglofrancese). Se ci si lascia andare alle atmosfere sospese nel tempo, del tutto desuete nei gialli attuali che sono invece ritmati dal succedersi incessante di azione e colpi di scena, se ci si lascia affascinare da come un’inchiesta possa svolgersi quasi con discrezione, senza grandi brividi e con storie un po’ fuori del comune ma sempre puntellate da buoni dialoghi e bei personaggi … si potrà anche finire con l’affezionarsi all’Ispettore Gamache.
Lo spunto di Case di Vetro è interessantissimo e stimolante: subito dopo la festa di Halloween una figura mascherata, nerovestita mette a disagio ed impaurisce gli abitanti, con la sua sola incombente e muta presenza nella piazza del piccolo idilliaco villaggio di Tre Pini, non lontano da Montreal. Lo spunto, al di là dell’incrociarsi di omicidi, di processi ed inchieste, ed alternarsi di presente e passato, serve a svelare fatti in cui la coscienza di tutti, Gamache compreso, sarà messa a nudo. Una riflessione sulla Legge, sulla Coscienza come valore supremo, sugli abusi e manipolazioni della Legge stessa, “Si può infrangere la Legge per una giusta causa?”. Tutt’attorno un microcosmo di personaggi che fanno da “coro” e da contraltare all’evolversi lento ma progressivo della suspense. Un buon polar con il gusto di una volta. Difficile però, dopo soli tre libri, e con 13 libri di ritardo, dire se la ricetta sia fresca oppure ripetitiva, ma gli ingredienti per il successo, sia pure a “ritmo di valzer lento”, ci sono tutti. Vedremo a breve.
data di pubblicazione:18/02/2020
da Antonio Jacolina | Feb 16, 2020
Michael Connelly è uno dei maggiori scrittori di crime stories, un vero narratore naturale. Nessuna necessità di presentare oltre un autore i cui romanzi polizieschi si susseguono ormai da decenni senza che mai la qualità e l’interesse vengano meno. Come è possibile tutto ciò? Cosa fa la differenza con gli altri autori di cui abbiamo parlato recentemente? Basta arrivare appena alla terza/quarta pagina del libro ed ecco davanti a noi la risposta: il lettore è già catturato, una storia ben costruita, ritmo serrato ed avvincente fin dalle prime righe, atmosfere realistiche dettagliate e dinamiche in cui si viene condotti con mano sicura passo dopo passo, le situazioni, le ansie sono vere e si succedono tenendo sempre col fiato sospeso. Si entra subito nell’universo di Connelly e si è presi dal desiderio di sapere come vanno a finire le inchieste. Inchieste che sono sempre ben descritte senza superficialità, tutte le storie funzionano, sia quella principale che le digressioni parallele. L’immersione è totale, sempre!
In quest’ultimo romanzo il personaggio feticcio, il leggendario detective Harry Bosch è ormai in pensione, incomincia ad essere ed anche a sentirsi anziano ed a dubitare di sé, incontra fortuitamente la giovane detective Renée Ballard, (appena apparsa nei due ultimi romanzi) ed intorno ad un cold case nasce pian piano una fiducia reciproca ed una possibile futura partnership. Dall’incontro non si perdono né le qualità consolidate di Bosch, né si annacquano quelle in via di definizione della nuova eroina ai cui contorni lo scrittore riesce già a dare personalità ed umanità. Sono entrambi due solitari, indipendenti, testardi e ribelli alle gerarchie. Lei è solo più giovane e più sportiva. In breve, Connelly fa invecchiare Bosch che ha ormai quasi 70 anni, e procede così ad una attualizzazione dei contesti, ma fa del “nuovo” usando e mantenendo però il “vecchio”. La nuova eroina è solo il pendant femminile e giovanile di Harry.
Definiti i nuovi contorni resta lo stesso piacere di sempre nel seguire un’inchiesta che prende sempre più ritmo e diviene mozzafiato, non ci si annoia un secondo nell’avanzare millimetrico verso la conclusione con una tensione che regge fino alle ultime pagine senza mai ricorrere ad artifici, in un perfetto dosaggio fra l’intrigo e la vita privata dei protagonisti. Un romanzo ben confezionato, credibile ed efficace. Anche questa volta la qualità è eccellente. Un ottimo poliziesco.
data di pubblicazione:16/02/2020
da Antonio Jacolina | Feb 14, 2020
Mussò da quando ha esordito in Francia nel 2004/05 è uno scrittore, con oltre 35 milioni di copie vendute nel mondo, che ha inanellato da allora ad oggi mediamente un libro l’anno, quasi tutti best seller più volte adattati per TV e Cinema. Il suo è uno stile letterario accattivante e moderno capace di dare ritmo a storie ove in genere si mescolano, con molta scaltrezza, suspense ed emozioni, fantastico e realtà con atmosfere poliziesche da noir. L’autore è entrato nelle classifiche delle vendite italiane solo da alcuni anni e la casa editrice, cavalcando l’opportunità, ha tradotto e dato alle stampe per Natale anche quest’ultimo libro, che, in realtà, era già uscito in Francia nel 2015.
L’Istante Presente non è né un thriller né tantomeno un noir, semmai è un insolito fantasy. Ambientato a New York narra le suggestive vicende di un giovane medico che colpito da “una sorta di maledizione” è costretto per 24 volte, dal 1991 al 2015, a salti temporali senza poter, di conseguenza, vivere in continuità una vita di affetti normali, e così via fino al suo ultimo viaggio nel tempo oltre il quale non si sa cosa accadrà.
Lo spunto, pur se non originalissimo, non è banale ed il lettore viene inizialmente catturato dall’intrigo e da un clima di sospensione onirica, ma, la mancanza di solidità e spessore dei personaggi appena abbozzati e la ripetitività delle situazioni fanno cadere il mordente già a metà percorso, generando una sensazione di vuoto. Manca l’azione, manca l’empatia con la storia, fino ad arrivare poi ad una conclusione sconcertante che più finta non può essere. Quel che può apparire un colpo di scena geniale è, al contrario, un finale banale che apre ad un risvolto psicoanalitico e metaforico sull’egoismo dello scrittore troppo impegnato per riuscire a vivere la sua vita, i suoi dolori e le sue gioie. Uno scrittore che scrive di uno scrittore come già in La ragazza di carta e in Central Park. Far terminare così i propri libri non è un elemento distintivo autoriale, ma piuttosto una caduta di qualità narrativa, una delusione, in totale incoerenza con la storia raccontata cui viene quasi appiccicata quale messaggio moralistico. Alla fine sembra sempre lo stesso libro: … una storia fantastica, un amore difficile, un colpo di scena con poco mordente. Mussò ha sì un certo qual talento, ma un romanzo l’anno è troppo per tutti, anche lui dovrebbe avere il coraggio di scrivere di meno e scrivere meglio e di osare di uscire da sentieri ormai battuti e ribattuti.
data di pubblicazione:14/02/2020
da Antonio Jacolina | Feb 11, 2020
Michel Bussì è autore di Polar (mix di polizieschi e noir) dal successo ormai planetario e dai molteplici adattamenti televisivi che è esploso anche in Italia a partire dal 2011 con l’uscita di Ninfee Nere. Con questo suo ultimo romanzo, il 12°, lo scrittore ci porta in un intrigo un po’ diverso dal solito, in un contesto meno poliziesco ed un po’ più romantico.
Una sequenza incredibile di coincidenze riportano la ancor bella cinquantenne Nathalie, hostess dell’Air France, sui luoghi ove vent’anni prima, già felicemente sposata e madre di una figlia, aveva incontrato la passione della sua vita. Chi sta creando tutte queste nuove coincidenze? Il Destino o qualche sconosciuto? E poi … per quale motivo far riaffiorare questi dolci ricordi e rimpianti? Presente e Passato si incrociano e si alternano in un gioco continuo in cui l’Amore diviene centrale rispetto al plot poliziesco.
Una scelta voluta da parte di Bussì, uno sconfinamento in altri territori letterari per dimostrare probabilmente di saper andare anche oltre i propri registri. Lo scrittore, lo sappiamo, sa raccontare le storie ed è bravo a creare le situazioni, pur non sapendo però gestire bene i finali, ma questa volta l’accumulo ed il mix dei fatti narrati è eccessivo. Dopo un buon inizio il racconto stenta a decollare fino a perdersi poi del tutto, il gioco infatti si allunga troppo, diviene ripetitivo e la storia ed i personaggi mancano di solidità e di spessore psicologico. L’ispirazione sembra essere un po’ affaticata e la suspense ed i colpi di scena latitano o non sono ben calibrati. Il risultato è che dal romantico si scivola subito nel melenso e dal thriller si scade subito nell’assurdo. Un insieme di clichè si susseguono senza che scatti mai la vera scintilla. Se l’intenzione di Bussì era di scrivere un romanzo sentimentale, purtroppo per lui e, soprattutto per il malcapitato lettore, è scaduto nel sentimentalismo da “romanzetti rosa”. E’ evidente che le storie d’amore non sono nelle sue corde ed abbiamo molta nostalgia del primo Bussì poliziesco. Una lunga pausa di riflessione gli gioverebbe senz’altro.
data di pubblicazione:11/02/2020
da Antonio Jacolina | Feb 8, 2020
Georges Simenon scrittore dalla compulsiva prolificità scrisse oltre 200 romanzi ed innumerevoli racconti. Circa 75 sono quelli dedicati all’ispettore Maigret, mentre ca.120 sono i Romanzi Duri, come li definì lo scrittore stesso.
Per gli appassionati questi e solo questi sono i soli e veri Simenon! In estrema sintesi potremmo ripartire i Romanzi Duri in tre gruppi: quelli scritti in Francia fino al 1944; quelli dell’”esilio” americano, ed infine quelli del rientro in Europa fino alla decisione di smettere di scrivere nel 1972. I migliori, salvo alcune eccezioni, sono indubbiamente quelli del primo periodo. Quelli in cui Simenon definisce il suo universo. un universo in cui ogni lettore poteva e può identificarsi. Una galleria di uomini e donne, autentici ed universali. Poco importa che siano parigini, cittadini o paesani, notabili o professionisti, su tutti l’ineluttabile Destino è in attesa di far scattare la sua trappola.
La Cattiva Stella uscito a fine 2019, appartiene al primo gruppo, anche se più che un romanzo è una raccolta di racconti pubblicati su Paris Soir quali reportages del lungo giro del mondo e dei tropici che Simenon fece fra il ‘35 ed il ’37. Articoli poi rivisti e raccolti dall’autore in un volume con questo titolo dato alle stampe nel 1938.
Pur nella loro contenuta dimensione il lettore ritrova nel libro tutti i temi tipici della visione e delle atmosfere letterarie di Simenon: il passato, il presente e l’avvenire che si legano in una dimensione su cui pesa ed opera il Destino che fa agire i personaggi nati sotto una cattiva stella e non concede loro nessuna opportunità. Il libro va letto come fosse un unico romanzo dai tanti capitoli con diversi protagonisti in diverse situazioni. Avventurieri, turisti da banane e quelli che credono che “il meglio” sia sempre in un altrove, un altrove esotico o nelle colonie, ove si possa vivere solo di aria e Natura. Una Natura che invece, con pochi e brevi tocchi Simenon ci descrive come soffocante e così inclemente da rendere ancora più pesante il fallimento delle illusioni
La Cattiva Stella non è certo uno dei migliori lavori dello scrittore, né questa era la pretesa, lo stile è un po’ più asciutto del solito, il taglio è in effetti ancora giornalistico, ma resta pur sempre esaustivo, nitido ed efficace con descrizioni e ritratti incisivi di un mondo coloniale ed esotico sconcertante, e di vicende umane drammatiche anche quando ironiche o buffe.
data di pubblicazione:08/02/2020
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