da Antonio Jacolina | Nov 10, 2020
In un’epoca in cui la seconda ondata del Virus sta sconvolgendo, forse definitivamente, il Mondo così come lo conoscevamo fino a pochi mesi fa, in un’epoca in cui molto sarà rimesso in discussione e ci si domanda in che modo e quali mai saranno i futuri assetti sociali, ha senso indignarsi contro il buonismo e contro “la falsa igiene mentale del politicamente corretto”? Assolutamente sì! Sì, proprio perchè come nel passato anche nel futuro prossimo le ipocrisie, le cattive coscienze, le banalità elevate a summa ideologica potranno, se non contrastate, riproporre, come già oggi, tutta la loro negativa e nefasta influenza, vero oppio ottundente le coscienze civili della Società.
Daniele Poto, navigato giornalista ed autore di svariati libri, da sempre fortemente impegnato nella difesa del Valori Civili, ci regala con questo suo ultimo lavoro: Stroncature (riprendendo fin dal titolo stesso lo spirito con cui nel 1932 Giovanni Papini si scagliava contro i mostri allora sacri dell’establishment di fine ‘800 e di inizio ’900) un piccolo saggio, un cahier de doléances che ci apre la mente davanti alle tante ipocrisie del dominante conformismo di buona parte della ns. realtà quotidiana, e, soprattutto, quel che è più grave, proprio di quella parte di noi che si autodefinisce più progressista, illuminata, colta, riformista e socialmente aperta. Un pamphlet ricco di piccole e grandi informazioni, frutto di accurate ricerche e letture, scritto in modo fluido, con una prosa scorrevole e piacevole, ricco di analisi, a tratti approfondite, a tratti limitate a pochi ma significativi accenni che lasciano però sempre il segno ed inducono a riflettere su ciò che avviene attorno a noi nel quotidiano. Una Realtà composita piena di contraddizioni che Poto evidenzia dandocene una visione d’insieme per farci capire, per svelarci le tante falsità e complessità. Una lettura molto originale la sua, interessante ed utile per capire ciò che forse non sappiamo o che non vogliamo sapere, o, ciò che ci viene differentemente rappresentato, una lettura articolata su un itinerario fatto di tanti brevi capitoli tutti vivi ed evocativi, una sintesi al vetriolo di fatti, interpretazioni e conseguenze, una fotografia incisiva ed acuta dei “tanti vizi e delle pochissime virtù”! Ed ecco allora fra i tanti: La Pubblicità, tanto più invasiva e martellante quanto più inversamente proporzionale è la qualità del Prodotto; L’Edonismo Dominante di un Paese in cui solo un 5% legge, compra libri e biglietti per musei e mostre, mentre il restante 95% fruisce latu sensu della Cultura solo se e quando è gratuita e trendy, un Paese con un 5% di “Ottimati” ed un 95% di “Barbari” che preferiscono spendere solo per beni voluttuari ed effimeri; La “mancanza di coraggio” di un Paese Improduttivo che non ha più progettualità né individuale né collettiva, la cui economia è tornata paradossalmente al tenere “i soldi nel materasso”; Un Paese in ritardo ed in cui il Ritardo domina a danno dei pochi puntuali, in cui “i Populisti sono sempre gli altri”, in cui regna il “rito dell’apericena” che … “allude ma non conclude”, vera metafora di un’Italia paese del melodramma in cui tutto sembra muoversi ma in realtà tutto resta fermo come pure drammaticamente fermissimo è l’ascensore sociale ed in cui i Sindacalisti fanno carriera in Politica …
Uno studio accurato dunque delle tante sfaccettature italiche da “stroncare”, un saggio tutt’altro che pedante, anzi, al contrario, vivace, oggettivo e reale. Una vera miniera di informazioni da valutare. Da attento osservatore Poto ci rende partecipi senza menzogne ed infingimenti della sua passione civile e della sua indignazione e ci regala un’analisi lucida e venata di amarezza di quanto avvenuto fino ad oggi attorno a noi. Una opportunità da cogliere, un piccolo libro che merita di essere letto, una rara opportunità su cui riflettere per meglio comprendere gli auspicabili nuovi assetti che dovrebbero però sottostare al desiderio ed alla necessità di cambiare radicalmente gli equilibri dei valori del nostro vivere civile.
data di pubblicazione:10/11/2020
da Antonio Jacolina | Ott 28, 2020
Romanzo di esordio della quarantenne scrittrice scozzese, Eleanor Oliphant è stato un clamoroso successo editoriale fin dalla sua prima uscita nel 2018/19, e viene ora riproposto anche in edizione economica, un’opportunità per tutti coloro che non lo avessero ancora letto. Si tratta di un libro molto sensibile e divertente e, al tempo stesso, anche potente, un piccolo bijou, una piacevole sorpresa, toccante e vibrante di Verità, una brillante ed intrigante combinazione in cui è bello immergersi. Un libro facile a leggersi ed ottimista senza però essere l’ennesimo “feel good book”. Tutt’altro, è invece un libro sulla solitudine, i traumi della psiche, la follia, l’amicizia, la sofferenza e la diversità.
Eleanor ha 30 anni, lavora come contabile, le sue giornate seguono lo stesso ritmo sempre eguale: lavora e mangia da sola per tornare poi nel suo piccolo e spoglio appartamento ove vive da sola, conversa con una pianta sempre verde, il week end cede al conforto della vodka ed il mercoledì parla al telefono con la madre “lontana”. La ragazza ha una storia molto particolare dietro di sé ed ha dovuto costruirsi, per proteggersi e sopravvivere, un proprio piccolo mondo con il poco che ha ricevuto, riuscendo forse a colmare i propri bisogni primari, ma non certo quelli psichici ed affettivi. Eleanor, nonostante la sua asocialità, il suo parlare troppo franco e diretto, la sua logica atipica … sta bene , o … pensa di stare benissimo. In effetti è una ragazza un bel po’ “particolare”, il suo modo di vedere il mondo è gustoso e le sue riflessioni sono tanto originali quanto anche altamente precise ed intelligenti. La sua routine tranquilla ma alienata ed alienante salta però per una serie di fatti fra loro concatenati che le sconvolgono la vita, anche se non nel senso da lei inizialmente sperato.
Un libro molto più profondo di quanto possa apparire a prima vista seguendo la vita quotidiana del personaggio. Un romanzo buffo e commovente, leggero e profondo, luminoso e cupo che ci restituisce il ritratto toccante e complesso di una giovane donna ferita fin dalla sua prima infanzia.
L’autrice ci svela il suo personaggio, la sua “antieroina” tramite piccoli dettagli, con piccoli tocchi leggeri, un lavoro di cesello pieno di tanti piccoli messaggi e significati che fanno ridere e piangere fra momenti bizzarri e momenti toccanti. Piano, piano il lettore entra nel piccolo mondo di Eleanor e resta legato a questa strana, folle e lucida “eroina”.
La scrittura è semplice e fluida, lo humour è altamente British ed aiuta a sdrammatizzare le situazioni. Il ritmo è intrigante ed una volta immersi nelle digressioni stravaganti, allucinate ed allucinanti di questo estroso romanzo si rimane veramente magnetizzati dalla storia, ma, soprattutto da come essa viene raccontata da un “io narrante” tanto strambo quanto originale.
Si chiude infine il libro con un sorriso, un po’ di speranza ed ottimismo e … di certo … non ci fa affatto male di questi tempi!!
data di pubblicazione:28/10/2020
da Antonio Jacolina | Ott 24, 2020
Fin dal suo folgorante debutto nel 1987 con Presunto Innocente fu evidente che con Scott Turow era arrivato sulla scena letteraria un vero Maestro del genere poliziesco, o, meglio ancora, il vero padre del sottogenere del “Legal Thriller” colui che ha definito le regole del “Giallo Giudiziario”, vale a dire di quel tipo di romanzi che, come i suoi, possedevano un sottotono cupo e malinconico, un plot intrigante, un coinvolgente mistero centrale, notevole suspense e, soprattutto, elettrizzanti e coinvolgenti scene di dibattimento in aula di tribunale. Storie di uomini e di donne le cui vite sono segnate dal loro affidarsi alla Legge ed al dibattimento giudiziario tra incerte verità ed incerti valori morali nella ricerca della Giustizia, sempre ed inevitabilmente imperfetta.
La quasi immediata trasposizione sugli schermi del suo primo libro con un film di grande successo con Harison Ford e la splendida Greta Scacchi, contribuì, da subito, a dare al nostro scrittore una popolarità definitiva.
Sulla sua scia, nel “legal thriller” si sono poi infilati, senza mai però superarlo, emuli di successo come John Grisham, Michael Connely, Steve Martini e Richard N. Patterson, autori tutti con diversa prolificità, diversi ritmi e vivacità e con storie molto più dinamiche e variegate, ma, al contempo, anche autori con una qualità ed una capacità di scrittura molto più incostante di quella di Turow. Quest’ultimo infatti, in quasi 40 anni ha scritto solo dieci romanzi e, più che alla dinamicità delle sue storie ha centrato tutto il suo talento nella profondità dell’analisi introspettiva dei suoi personaggi e nella veridicità e nello sviluppo del plot e soprattutto dei dibattimenti in aula.
L’ultimo processo è ambientato, ancora una volta, nell’immaginaria Kindle County e segue il ritorno ed al tempo stesso il commiato dell’avv. penalista Sandy Stern che, quasi come un alter ego o proiezione letteraria dell’autore stesso, è stato sempre presente fin dal primo romanzo, a volte in ruoli marginali, a volte in ruoli più significativi. Questa volta è invece al centro della scena, in un processo non facile che sarà il suo addio alla professione perché ha ormai 85 anni, due volte vedovo e sopravvissuto ad un cancro. L’avvocato scende in campo a difesa di un amico di famiglia (medico, ricercatore, e premio Nobel per la sua scoperta sul cancro) accusato di omicidio, frode ed insider trading. Turow con la sua talentuosa capacità ci racconta una storia di debolezza umana, di avidità, di rivalsa, di disonestà intellettuale, di invecchiamento. Un romanzo sulla complessità e difficoltà di arrivare a formulare un giudizio alla ricerca della Verità e della Giustizia. Nessuno come l’autore ha saputo e sa infatti illuminare il lato umano sottostante l’applicazione della Legge.
Tuttavia qualcosa non va, forse anche l’autore come il suo avvocato sta perdendo smalto e lucidità! Turow, pur continuando a scrivere, come sempre, con mano esperta, sembra aver perso la connessione con i suoi lettori. La storia principale ahinoi è purtroppo prevedibilmente scontata, poco avvincente e tirata un po’ troppo per le lunghe e così anche le due/tre sottostorie di supporto. I personaggi sono freddi, privi di vitalità e passione e poco coinvolgenti. E’ pur vero che si tratta di un giallo atipico da aula giudiziaria, incentrato, salvo qualche raro momento, solo su ciò che avviene durante il dibattimento davanti al giudice e quasi nessuno spazio è lasciato a ciò che precede ed accompagna il processo, ma questa volta manca del tutto la suspense ed ogni effetto avvincente. Il risultato è un romanzo che è schiacciato da un eccesso di tecnicismi, di norme procedurali, di verbosità e di dettagli che rallentano il ritmo, distraggono e annoiano nella loro ripetitività i lettori, anche quelli esperti od appassionati di procedure legali.
Il “legalese” ha forse preso la mano all’autore ed a tratti la vicenda sembra arrancare e si stenta parecchio a riconoscere il Turow che ci si attendeva o che si desiderava.
data di pubblicazione:24/10/2020
da Antonio Jacolina | Ott 10, 2020
Citando l’ottimo Daniele Poto dicevamo che “Di un grande scrittore non si butta via niente …”, anzi aggiungevamo, a proposito di un autore prolifico fin quasi alla patologia quale è Simenon, che: ”Di Simenon non si può buttare via proprio nulla!”, questa volta dovremmo addirittura dire:”Ma proprio nulla di nulla, nemmeno le briciole…”.
Pur essendo per noi, per gli appassionati e per i cultori dello scrittore belga qualsiasi sua uscita editoriale sempre una Festa, davanti a quest’ultima pubblicazione di un “Simenon minore” potremmo però essere tentati di domandare alla pur meritoria Casa Editrice quale debba essere mai il limite delle “briciole” da voler pubblicare.
Si tratta, come per i recenti La Cattiva Stella e Le Linee del Deserto di una raccolta di brevi raccontini, non più però appunti di viaggio o appunti di vicende poliziesche, ma, al contrario, piccole storie scritte, quasi “a tempo perso”, fra il 1939 ed il 1941 appositamente per il settimanale politico-letterario Gringoire, fatta eccezione per il più articolato racconto che dà il titolo alla raccolta, apparso invece a puntate sul settimanale Pour Elle.
Sono brevi storie, dei bozzetti, quadretti di vita che possono sembrare, a prima vista, semplici, poveri e banali, quasi di maniera: mogli, mariti, amanti, tradimenti, personaggi che si muovono ai margini della Società fra caffè fumosi impregnati dall’odore di Calvados e di abiti bagnati, fra piccole pensioni o sotto il sole della Costa Azzurra o sotto quello equatoriale. Una umanità piccola, piccola con le sue meschinerie, le umane miserie, illusioni, delusioni e, su tutto e tutti, l’eterna assurdità del Destino e del Caso. Pochi tratti veloci, poche righe … ecco però un lampo di eccellenza, un guizzo … ecco allora il grande Simenon che riesce subito a catturare il lettore, che riesce con nulla a ricreare atmosfere ed a portare alla luce i vari infiniti ed eterni risvolti umani e psicologici dei suoi personaggi, le illusioni, le debolezze, gli angoli oscuri dell’animo, il Fato.
Intrigante ed affascinante come sempre!! Ed ecco allora la risposta alla domanda se e perché anche le “briciole” di un grande scrittore possono essere pubblicate!
La lettura è ovviamente leggera e piacevole, Simenon da par suo, porta il lettore dove vuole lui, con una scrittura asciutta, fluida e veloce senza alcuna pretesa letteraria e con un taglio molto giornalistico, pur restando magistrale nell’inventare e disegnare vicende umane in modo nitido, efficace ed esaustivo e nel saper cogliere e rendere i comportamenti osservati nel suo continuo scrutare i propri simili ed i loro animi.
data di pubblicazione:10/10/2020
da Antonio Jacolina | Ott 1, 2020
L’uscita di un nuovo libro di un autore prolifico e di qualità costante come Ken Follett è sempre un avvenimento fin dal suo primo successo La cruna dell’ago nel lontano 1978, soprattutto se poi si tratta, ancora una volta, di un romanzo storico. Se infatti abbiamo amato I pilastri della terra (1989), letto Un mondo senza fine (2007), ed accettato Una colonna di fuoco (2017), non potremo non appassionarci e rallegrarci per questa nuova opportunità che lo scrittore inglese ci offre di viaggiare ancora una volta con lui nel Tempo e in un periodo storico da lui prediletto: l’Inghilterra dell’Alto Medioevo. Siamo fra la fine del X Secolo e gli inizi dell’Anno Mille. I secoli bui del periodo anglo-sassone stanno quasi alla fine, si intravvede già l’epoca dell’influenza Franco-Normanna e dei futuri costruttori di città e cattedrali, l’alba di una rinascita.
Così come tutte le migliori Saghe Cinematografiche hanno, ad un certo punto, il loro inevitabile prequel, ecco che questo quarto libro della “quadrilogia di Kingsbridge” è, di fatto, il prequel di quanto narrato in quel best seller da 22 milioni di copie che fu, a suo tempo, I Pilastri della terra.
Molte e palesemente volute sono le risonanze con quel grande successo, d’altra parte tutta la saga è stata scientemente costruita sulla stessa falsa riga: dei potenti che abusano del loro potere, dei meno potenti che lottano per l’affermazione del Bene e della Giustizia fra piccole vittorie e sconfitte, fino poi alla resa dei conti finale. Non si sfugge mai a questa regola! La capacità di Ken Follett di preparare e far crescere situazioni intriganti e poi di saperle abilmente sciogliere, è, difatti, proprio il suo marchio di fabbrica. Così come lo è anche la sua capacità di immergere, fin dalle prime pagine, il lettore nelle realtà lontane nel tempo facendogli vivere le emozioni e le passioni dei suoi personaggi, in un equilibrio perfetto fra il racconto e la descrizione ricca di dettagli del vivere quotidiano dell’epoca. Un talento inimitabile che ne fa il Maestro incontestabile del genere storico/romanzesco, un talento dietro al quale si percepisce anche tutto il grande ed accurato lavoro preparatorio di ricerca e ricostruzione.
Tre i personaggi principali, i loro destini si incrociano sullo sfondo di guerre contro i Gallesi, di incursioni dei Vichinghi, di crescenti contatti con i Normanni che si sono insediati in Francia, di nobili locali, di vescovi corrotti ed avidi, di monaci e fondatori di abazie e costruttori di cattedrali. Intrighi, amori, lotte per il potere. Temi specifici del contesto storico narrativo ed anche temi universali ed eterni.
Fu sera e fu mattina è un bell’affresco, come un bell’arazzo medievale, che cattura per tutte le sue 781 pagine, un romanzo avvincente ancora degno di elogi e che, come sempre, non deluderà gli ammiratori di Follett. Lo stile è fluido, il ritmo è incalzante in un succedersi di colpi di scena intriganti ma non artificiosi, il plot è ben saldo, ben confezionato e coinvolgente. Un libro che si fa leggere tutto d’un fiato attendendo impazientemente già una nuova storia.
A voler proprio essere maliziosi si potrebbe pensare anche ad un’operazione editoriale tesa a sfruttare al massimo la redditività di un filone di successo e trovare, ad essere pignoli, qualche leggera caduta di stile e momenti di scrittura precipitosa… Se però Ken Follett è intelligente e bravo, come in effetti è… molto probabilmente questo libro è la conclusione della saga ed il prolifico scrittore passerà sicuramente a nuovi progetti.
data di pubblicazione:01/10/2020
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