da Antonio Jacolina | Feb 16, 2021
Inghilterra, Agosto1939. Il Mondo è sull’orlo della II Guerra Mondiale! In un elitario college femminile sulle coste de La Manica ove studiano l’inglese le figlie dei gerarchi del III Reich, insegnano una giovane professoressa, l’anziana direttrice (Judi Dench) ed un ambiguo professore di letteratura (Eddie Izzard). Agenti nazisti tramano nell’ombra, il controspionaggio inglese indaga sulla misteriosa scomparsa di un professore…
Un thriller di spionaggio ispirato ad una storia vera che era già uscito in alcune sale poco prima dell’inizio della Pandemia e che ora è disponibile in DVD e su SKY. Regista e coautore del soggetto e della sceneggiatura insieme all’eclettico Eddie Izzard, è il cineasta britannico Andy Goddard che ha al suo attivo anche la direzione di alcuni episodi di Downton Abbey. Tutto lasciava presupporre una possibile buona idea (le piccole storie che fanno la Grande Storia) ed anche un buon risultato, ma la realizzazione, va detto subito, è tale che definirla maldestra ed infelice è solo un gentile eufemismo. Dal punto di vista cinematografico il risultato è infatti un assurdo incredibile cui fa quasi dispiacere assistere.
In effetti la storia sembra iniziare bene, le atmosfere ed i personaggi sembrano essere quelle classiche proprie dei bei film di spionaggio in bianco e nero degli anni ’40, le location sono giuste e si intravvedono dei possibili sviluppi narrativi intriganti, ma … poco a poco il film cede e si schianta poi sotto il peso di una sceneggiatura che si rivela del tutto priva di senso e così sciatta che scade spesso in errori e momenti incongruenti, improbabili se non anche ridicoli, non solo nei dettagli ma anche nello sviluppo della trama principale, dei personaggi e dei protagonisti stessi. Il tono generale che sembrava voler essere serio precipita allora quasi nella parodia del genere, alcuni personaggi e storie si perdono poi senza ragione con notevoli ricadute sul ritmo e sull’evoluzione di tutta la logica narrativa. La Regia sembra aver perso il controllo del film. Lo spettatore non può che restare sconcertato e confuso davanti allo spettacolo cui sta assistendo e che sotto i suoi occhi si è trasformato in un assurdo privo di logica.
In questo disastro sembra salvarsi solo Judi Dench (grazie al suo talento ed esperienza) che da sola riesce a dare un po’ di residua credibilità alla storia, ma, a volte, sembra domandarsi cosa ci stia a fare in questo pasticcio. Con lei lo spettatore si domanda perché mai si sia ridotto a vedere questo film? La risposta è, ahinoi, un po’ pesante: perché “in astinenza da film” e perché non c’è quasi più nulla di cinematograficamente veramente valido da vedere sui piccoli schermi!!!
data di pubblicazione:16/02/2021
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da Antonio Jacolina | Feb 13, 2021
Dopo tanti Bestseller, romanzi mainstream o Polar più o meno buoni e coinvolgenti, perché non seguire l’esempio virtuoso di scrivere anche noi di qualche libro più di nicchia o, se non altro, meno ammiccante verso il lettore? L’opportunità ci viene data dalla riproposizione in economica del libro di David Grossman che era uscito per la prima volta circa 20 anni fa.
Che tu sia per me il coltello è di sicuro un libro non per tutti, un libro che si potrà solo amare od odiare, un libro non facile in cui ci si può perdere ma che, ad un certo punto, se si persiste, può anche affascinare gli animi sensibili e risultare una bella lettura che assorbe intimamente. Grossman, si sa, ha una scrittura elegante e ricercata, non agevole, in cui non c’è posto per la leggerezza e lo humour, il suo stile è rarefatto, denso e profondo, uno stile che può apparire ermetico ma che può anche far risuonare delle note interiori in cui riconoscersi. Il nostro libro ha infatti un ritmo ed una profondità tutta sua e non si può leggere tutto d’un fiato perché l’autore non usa alcun trucco letterario per attrarre il lettore. La sua lettura è un atto di volontà fino a quando riesce a scattare (se mai scatterà) l’affascinamento.
Lo spunto narrativo è il casuale incontro fra Yair (l’IO narrante) ed una donna sconosciuta, una donna sposata solo intravista ad una riunione, e la subitanea, conseguente decisione di avviare con lei una relazione epistolare, una corrispondenza di amorosi sensi, senza volere o doversi mai incontrare, aprendole il proprio cuore, confidandole ciò che sente la propria anima.
Un monologo epistolare, un’opera originale per forma e linguaggio, quasi un romanzo sperimentale ma al tempo stesso anche delicato e fonte di sensazioni contrastanti. L’intero libro è costituito dalle lettere inviate da Yair ed i veri protagonisti sono i sentimenti, le emozioni che sottostanno alle parole scritte. Ciò che veramente conta sono infatti le parole, parole che vanno scelte con cura per esprimere ogni volta la profondità, la verità del sentimento verso l’altro, la cui assenza fisica esaspera ancor più il desiderio. Si genera così una complicità ed una confidenza assoluta per giungere, proprio tramite il potere delle parole, alla Verità su di sé e sull’altro. Una storia d’amore immaginata e desiderata, mai vissuta e che mai sarà vissuta, ma egualmente intensa, anzi, proprio per questo più travolgente perché più potente è la forza della mente, del pensiero, del desiderio e dei sentimenti. Un uomo che scrive, che si interroga, che si dichiara, che si confessa, si espone e si svela sentimentalmente ed intimamente ad una donna solo tramite la sua corrispondenza amorosa.
Un libro coinvolgente sulla forza e l’irruenza dei sentimenti e sulla potenza dell’incontro di anime. Un libro molto particolare da leggere e comprendere con molta calma perché ogni parola scritta, a differenza di quelle pronunciate, è potente, tagliente e precisa come un coltello.
data di pubblicazione:13/02/2021
da Antonio Jacolina | Feb 7, 2021
1939, Contea di Suffolk, Inghilterra Orientale, una ricca vedova cardiopatica (Carey Mulligan) intende fare degli scavi sotto dei piccoli rilievi nelle sue proprietà ed ingaggia un archeologo dilettante (Ralph Fiennes) che opera lontano dall’establishment ufficiale. Emergerà un tesoro archeologico del VII sec. che cambierà la Storia come allora conosciuta e sarà anche occasione per riflettere su …
In attesa che con la diffusione dei vaccini antiCovid si possa tornare nuovamente nelle sale cinematografiche, ecco, grazie a Netflix, una buona occasione per restare in contatto con il Cinema Vero. Un buon film di genere, un “film di una volta”, semplice, semplice ma che cattura, per profondità ed intensità, gli spettatori. Ovviamente non quelli che cercano solo azione, adrenalina e ritmi veloci. Se siete fra questi ultimi evitatelo, vi annoierete!
Il lavoro del giovane e talentuoso regista australiano Simon Stone (ispirato da un avvenimento reale ed adattato da un romanzo di successo del 2007) è, in effetti, un lavoro perfettamente British fatto di atmosfere e di ambientazioni, assolutamente classico per forma, contenuti e ritmi narrativi e recitativi. Il ritmo è anzi scientemente pacato e lento, voluto e ricercato quasi fosse un sottotesto rispetto agli avvenimenti narrati, perché è come una riflessione sul senso della vita dei protagonisti davanti al senso della scoperta archeologica: la fragilità della Storia davanti alla fragilità effimera dei Sentimenti che non si ha la forza di confessare ed accettare. Una metafora filosofica sul potere del Tempo su ciò che scompare e su ciò che resta. Il Tempo e la Storia quali testimoni del vivere umano.
Di che film stiamo parlando? Di un noioso mélo inglese? o, di una commovente allegoria sulla morte e la vita? Pur se diametralmente opposti fra loro stiamo parlando di entrambi. Infatti la prima parte (forse fin troppo ridondante) è tutta centrata sulle ricerche archeologiche, sulle figure dei due protagonisti e sul possibile idillio fra i due cuori solitari; la seconda parte, al contrario, evita il vicolo cieco verso cui sembrava incamminarsi e si anima di vivacità grazie a personaggi collaterali che fanno emergere il vero tema metafisico del film, per l’appunto: il Tempo che passa e ciò che sopravvive al Tempo. Il tutto è ben raccontato con poesia, delicatezza e gentilezza in un contesto quasi fuori del reale, quasi onirico, con lo spettro della II Guerra Mondiale sullo sfondo. Una bellezza visuale (certe riprese ricordano Terrence Malik) ed una messa in scena efficace in un insieme leggermente romantico che però non scivola mai nello sdolcinato.
Al centro ed a sostegno del film sono le eccellenti interpretazioni attoriali di Ralph Fiennes e della smagliante e sempre più brava ed incisiva Carey Mulligan che danno profondità ed umanità ai personaggi da loro incarnati giocando tutto su intensità ed interiorità della recitazione. Alla coppia di protagonisti si aggiunge poi l’affascinante Lily James con tutto il suo slancio vitale ed il suo talento.
La Nave Sepolta potrà forse apparire semplice e convenzionale agli spettatori più sofisticati, ma, in questi tempi assai grami per il cinema, è un film che si fa apprezzare proprio perché semplice, bello, ben fatto e teneramente melanconico come ormai non se ne vedono quasi più!
data di pubblicazione:07/02/2021
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da Antonio Jacolina | Feb 5, 2021
Elisabetta II deve affrontare la fine dell’esperienza del governo laburista di Wilson, la successiva ascesa della Tatcher, Primo Ministro dal 1979 al 1990. Due forti personalità femminili che si contrappongono, la rivoluzione liberista che scuote la Gran Bretagna, le Falkland. Le difficoltà dell’erede Carlo con la principessa Diana e nello sfondo l’altra donna: Camilla Parker …
Dopo due Stagioni stupefacenti, coinvolgenti e di elevata qualità, la terza e la quarta cambiano “traumaticamente” tono e ritmo oltre che volti, lasciando spazio a nuovi attori più avanti con gli anni per dare seguito visivo al prosieguo del regno di Elisabetta II. Ci vuole un po’ per lo spettatore per adattarsi sia alla variazione dei personaggi cui ci si era affezionati, sia, soprattutto, al ben più sostanziale cambio di approccio narrativo. Il taglio che era squisitamente molto cinematografico, frutto di un continuo lavoro di cesello sulla messa in scena e di un ritmo narrativo costante, varia ora in modo radicale: il ritmo è infatti totalmente diverso, più lento ed incostante, perde la linearità narrativa, aumentano le elipsi ed i salti temporali per dover seguire il lungo arco di tempo che si è voluto concentrare in solo due Stagioni. Il ruolo poi dei fatti storici che erano la forza della serie è ora molto meno rilevante e molto meno caratterizzante, anzi, spesso gli avvenimenti appaiono solo in sottofondo o sono solo appena velocemente accennati e risolti. La narrazione è, di contro, troppo centrata sulla realtà intima dei protagonisti Reali. Ne consegue un cambio di passo che fa progressivamente perdere molto dello charme che caratterizzava la Serie che, di colpo, appare essere divenuta se non banale, di sicuro priva di fascino e di grandi emozioni, riducendosi a dare troppo spazio alle storie d’amore e di tradimenti. Una rappresentazione un po’ troppo di maniera che finisce, come dicevamo, per concentrarsi troppo sugli aspetti personali della Famiglia reale, trasformando inevitabilmente la rappresentazione storica in una normalissima “quasi fiction”. Situazioni, vicende e personaggi come la Tatcher avrebbero dovuto fare più da contraltare narrativo ed avrebbero meritato una centralità maggiore.
Era, per certi versi, prevedibile un certo calo di tono generale perché è inevitabile che, dopo due Stagioni al Top, una parte dell’emozione e dell’interesse iniziale possa diminuire e perché alla lunga ci si abitua a tutto, anche alla qualità, ma questa volta la discontinuità è rilevante. Resta bene inteso che Peter Morgan e la sua squadra continuano ad essere documentati come mai, si sente veramente tutta la sua passione per il soggetto e la qualità della scrittura e della realizzazione. Proprio grazie a questo l’autore, pur nella discontinuità di qualità generale e di taluni episodi in particolare, riesce ad evitare di scivolare nella banale “soap-opera” e riesce a restare sempre convincente e con standard di qualità pur sempre buoni. Probabilmente ci sono state modifiche del progetto produttivo generale e ci sarebbero voluti più episodi per recuperare quel respiro narrativo che aveva determinato il successo delle prime due stagioni.
I nuovi attori e coprotagonisti tutti, sono bravi nei loro ruoli, talora ingrati e, dopo un po’, ci si abitua anche ai loro volti: Olivia Colmans veste i panni della Regina più matura, Tobias Mendez è il Principe Filippo ed Helena Bonham Carter è Margaret.
Pur con queste incoerenze di messa in scena ed eccessi di melodrammaticità anche queste due ultime stagioni di The Crown continuano tuttavia ad essere godibili e si confermano al di sopra della massa delle altre serie. Aspettiamo di vedere le preannunciate prossime Stagioni.
data di pubblicazione:05/02/2021
da Antonio Jacolina | Gen 26, 2021
Sandy Kominsky (Michael Douglas) mancato grande attore hollywoodiano riconvertitosi da tempo in insegnante di recitazione per giovani aspiranti attori, si barcamena, con notevole dose di autoironia, fra disillusioni ed ansie legate all’età. Insieme al suo affermato agente e migliore amico da sempre Norman Newlander (Alan Arkin), affronta la vita che corre via veloce, l’amicizia e qualche nuova opportunità …
Non è vero che le piattaforme di streaming si rivolgono solo ai giovani millennials!
La “Silver Economy” cioè tutto il settore che si sviluppa attorno alle opportunità offerte dalla Terza Età, è ormai uno degli assi portanti delle scelte economiche del prossimo futuro. Non è quindi un caso che anche un gigante come Netflix, che conosce perfettamente quanto sia cresciuta l’età media dei propri abbonati, abbia deciso di investire in quantità e qualità su una strategia di conquista e fidelizzazione di un mercato ricco come quello multi generazionale.
In tale ottica si muove quindi la recente Miniserie (2 Stagioni: 2018 e 2019 di 16 puntate di soli 25 minuti ciascuna) Il metodo Kominsky premiata con 2 Golden Globe per la migliore commedia TV e per il migliore attore protagonista. Una storia di amicizia fra due “giovani e vivaci” ultra settantenni hollywoodiani. Una commedia molto intelligente, brillante, dolce-amara, accattivante e provocante. Autore e regista è il talentuoso Chuck Lorre che con abilità, mano sicura e delicata riesce ad unire temi leggeri e temi seri seguendo con ironia e talora allegria, le vicende di questi due “giovani anziani”, ridendo di loro e con loro stessi, senza mai ledere la dignità ed il buon gusto anche quando tocca temi triviali, parlando di solitudine, di vecchiaia che avanza, di nuovi affetti e di figli sempre in modo garbato ed elegante come raramente capita di vedere in TV. Una SitCom estremamente ben diretta, ben sceneggiata, intrigante, ottimamente interpretata con dialoghi pungenti cesellati in modo sopraffino, ben ritmata con un montaggio incalzante senza tempi morti, mai noiosa.
Al centro due grandi attori: Michael Douglas ed Alan Arkin, l’alchimia e la complicità fra loro è evidente e bucano lo schermo entrambi, fanno scintille, sono esilaranti e si rubano la scena l’un l’altro giocando autoironicamente sui propri passati. Attorno a loro una serie di comprimari e caratteristi tutti perfetti in ogni ruolo, e poi, per la gioia dei cinefili, una serie di guest stars ultralusso: Elliot Gould, Danny de Vito, Kathleen Turner, Ann-Margret ed altri che sarà un piacere scoprire, che si prestano con autoironia ed autocitazioni sul Tempo che passa.
Una Serie veramente divertente, geniale, fresca e vivace malgrado l’età dei protagonisti e gli argomenti affrontati sempre con gusto e leggerezza senza mai scivolare nella parodia, nelle gags o nei cliché. Una Serie ricca di intelligenza, di humour e briosa, soprattutto mai pesante, lacrimosa o, men che meno, volgare. Uno sguardo diverso e leggero sulla Vita che vola via veloce, una bella storia di amicizia e complicità che può essere vista ed apprezzata da qualsiasi pubblico ed a qualsiasi età e di cui è già stata annunciata la Terza Stagione.
Il Metodo Kominsky funziona! Caspita se funziona!
data di pubblicazione:26/01/2021
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