da Antonio Jacolina | Ott 23, 2021
L’Iran si fronteggia con l’Arabia Saudita; la Grecia e la Turchia attraversano una crisi che risale all’antichità; l’Australia si trova in mezzo alle due Nazioni più potenti del nostro tempo, Stati Uniti e Cina… stiamo entrando in una nuova fase di rivalità tra le grandi potenze, nella quale numerosi attori, anche di minore entità, lottano per essere al centro della scena. Da tempo ormai lo scenario geopolitico si sta muovendo verso un mondo “multipolare”. Stiamo tornando a quella che è stata la norma per la maggior parte della storia umana: un’epoca segnata da molteplici rivalità per il Potere.
Come nel suo precedente libro Le 10 Mappe che spiegano il mondo, anche quest’ultima opera tratta di montagne, fiumi e mari per comprendere la nuova realtà geopolitica del XXI° secolo. Per l’Autore la Geografia resta un fattore chiave che circoscrive ciò che l’Umanità può e non può fare e condiziona quindi le scelte politiche dei vari Stati.
Il nuovo Saggio di Marshall (che, individuato un filone editoriale d’oro, prosegue nel suo “sfruttamento”) è ancora una volta una lettura di estrema e stupefacente attualità, assai utile per riflettere sui condizionamenti che continuiamo a portarci dietro perché siamo e resteremo prigionieri della Geografia. Ineluttabilmente, sostiene l’Autore, tanto per il passato quanto per l’avvenire, certe aree del Mondo, e quindi certi Stati, operano ed opereranno politicamente, commercialmente e militarmente in un certo modo e con certi obiettivi.
Marshall, esperto di Relazioni Internazionali, conferma ancora una volta di saper coniugare rigore con chiarezza espositiva ed illustra con prosa scorrevole e con competenza di analisi, avvalendosi di un ampio supporto di mappe di facile lettura, i futuri scenari, la complessità dei rapporti mondiali e gli eventi che potrebbero avere conseguenze di vasta portata nel nuovo mondo multipolare che si prospetta. Un futuro in cui da un punto di vista energetico il petrolio andrà perdendo il suo potere, contesti in cui sarà il bisogno di acqua a condizionare le situazioni, crisi umanitarie con conseguenti ondate migratorie, tendenze autonomistiche di piccole regioni a fronte del venir meno degli Stati unitari… queste prospettive ed i connessi condizionamenti economico-sociali sono dettati dalla forza della Geografia dei luoghi e quindi dalla Geopolitica. In tale ottica Marshall esamina 10 aree cruciali: Australia, Iran, Arabia Saudita, Grecia, Turchia, Regno Unito, Spagna, Etiopia, Sahel e perfino lo Spazio. Quest’ultimo elemento è particolarmente singolare: chi possiede infatti lo Spazio?
Anche questa volta come nei suoi precedenti lavori, la visione dell’Autore resta per definizione deterministicamente legata ai vincoli geografici e quindi, volendo, si può contestare questo suo approccio soggettivo. Nonostante questo rilievo, l’ultimo lavoro di Marshall resta comunque uno studio estremamente interessante, attualissimo, aggiornato ad oggi, utile per avere una visione di insieme di avvenimenti che altrimenti si disperderebbero nelle dinamiche delle politiche internazionali. Una lettura piacevole ed istruttiva, una brillante opportunità per ragionare su quanto anche la realtà oggettiva della geografia condizioni e condizionerà gli elementi intorno ai quali girano le nostre Società.
Un libro consigliato per gli appassionati ed interessante anche per coloro che vogliono solo provare a capire come andrà il Mondo.
data di pubblicazione:23/10/2021
da Antonio Jacolina | Ott 23, 2021
Il giovane Buddy (Jude Hill) ha appena nove anni quando vede attorno a sé, nella fino allora tranquilla Belfast, cambiare all’improvviso il suo piccolo mondo, fatto di innocenti amori scolastici, giochi nelle strade del quartiere, feste e cinema con i genitori e chiacchierate con i nonni. Confuso e spaventato dovrà prendere atto che la violenza esplosa ed il conflitto religioso imporranno delle scelte a lui ed ai suoi Cari…..
Per singolare coincidenza o per abile programmazione la Festa ci ha dato l’opportunità di assistere, quasi in contemporanea, a due buoni film con bambini al centro delle loro storie. Da una parte il molto più che ottimo C’mon C’mon di Mike Mills ,dall’altra Belfast di Branagh.
Con questo suo ultimo film il talentuoso attore, autore e regista, la cui eclettica genialità gli consente di spaziare dai classici Shakespeariani a…Thor, ha inteso esprimere il suo ricordo per la sua famiglia, i nonni e la città di origine.
La storia si ispira, infatti, alle personali vicende dello stesso Branagh. Il nostro Autore, nato e cresciuto a Belfast, è stato costretto nel 1969, all’età di nove anni, a fuggire dalla sua città verso l’Inghilterra a causa dei violenti conflitti religiosi fra protestanti e cattolici scoppiati proprio quell’anno nell’Irlanda del Nord. Un dramma che, dopo aver covato per anni sotto la cenere, durerà decenni con oltre 3500 morti.
La peculiarità del film è che i cambiamenti e la violenza sono visti con lo sguardo innocente ed incredulo del giovane Buddy che ha solo una comprensione parziale di ciò che avviene e di quella che fino a poco tempo prima era la vita normale e che ora non lo è più. Il tocco autoriale del regista rende il lavoro originale, filmato in un bianco e nero molto sofisticato che restituisce tutte le atmosfere dell’Irlanda di quegli anni e del piccolo mondo della working class. Un mondo che stava già lentamente cambiando e che i conflitti sovvertiranno completamente. La minaccia della violenza obbligherà i genitori del piccolo a superare le proprie incertezze, i diversi punti di vista, i vincoli affettivi ed i sogni che li trattengono a Belfast e li costringerà a prendere atto che per restare fedeli ai propri valori non resterà loro che tagliare con il passato per cercare di ritrovare la tranquillità altrove pur correndo il rischio di perdere la propria identità.
Ricordi che hanno segnato la vita del regista che però, intelligentemente, è abile nel riproporli con un po’ di nostalgia ma evitando ogni sentimentalismo o forzatura, alternando al dramma, grazie all’uso sapiente dello sguardo infantile, momenti di humour per alleggerire le atmosfere narrative. Il ritmo è sostenuto e scorrevole, senza pause se non quelle scientemente ricercate, ed è supportato da un ottimo montaggio e da una sceneggiatura ben costruita. Come sottofondo fa da colonna sonora il leggendario Van Morrison. Oltre all’eccezionale giovane interprete, tutto il cast è perfetto: dalla intramontabile Judi Dench (la nonna) ai genitori Jamie Dornan (il padre) e la splendida Caitriona Balfe (la madre).
Un buon film, una buona ricostruzione ma, a mio giudizio, gli manca una piena e profonda partecipazione emotiva. Un film che indubbiamente piacerà ma con poco cuore e che quindi non emoziona e non commuove come avrebbe potuto.
data di pubblicazione:23/10/2021
da Antonio Jacolina | Ott 21, 2021
Per quale motivo, se non si è un appassionato, interessarsi ad un nuovo libro su ROMA? L’ennesima analisi di un accademico americano sul declino e sulla caduta dell’Impero? Niente affatto! Il libro di Harris è invece un libro interessante scritto con prosa scorrevole che genererà sicuro interesse fra i cultori di Storia, ma, potrà anche coinvolgere, soddisfare ed arricchire i neofiti offrendo uno scorcio di visuale divulgativa del tutto nuova su Roma e, “lato sensu” sul concetto eterno ed universale di Potere. Un approccio molto originale e moderno, una chiave di lettura diversa e stimolante su temi che si suppone spesso di conoscere già a sufficienza.
L’idea di Roma ed il concetto di Potere sono legati in modo indissolubile. L’Impero Romano è durato più a lungo di qualunque altro. E’ dunque legittimo per l’autore chiedersi cosa effettivamente sia il Potere e come, di conseguenza, per definirne la vera natura, si debba analizzare l’esercizio di questo potere all’interno di una determinata Società in un lungo contesto storico. Cosa e perché poi qualcosa andò storto per Roma? Perché Roma non riuscì più a mantenere la sua posizione? Cosa ne determinò la fine?
L’approccio innovativo di Harris, pur nei vincoli di sintesi espositiva dovuta alla lunghezza dell’arco temporale preso in esame, parte dalla sovrapposizione comparativa fra loro di vari e ben definiti periodi della storia romana per la durata di dieci secoli (dal 400 A.C. al 641 D.C.). Lo storico studia infatti le dinamiche del Potere dall’epoca Repubblicana al Principato; da Tiberio a Costantino; dalla morte di Costantino all’inizio dell’espansione araba. Più in particolare esamina poi a fondo il Potere Interno (il Soft Power nelle sue varie forme) rispetto al Potere Esterno.
Un criterio del tutto nuovo che analizza con una visione più ampia le idee astratte, i simboli, la propaganda, gli strumenti religiosi, culturali, economici e sociali che contribuirono a diffondere e mantenere il Potere di Roma, l’Idea di Roma stessa, l’accettazione di Roma Universale. E … di contro, esamina anche come questi stessi elementi intangibili, al loro venir meno, affievolirsi o contaminarsi con altre idee o valori religiosi, agirono sul processo di indebolimento di un Insieme non più in grado di tenere il passo con le necessità di mobilitare tutte le energie collettive per respingere le minacce alla sua stabilità. La forza propulsiva delle élite, la disciplina sociale, la lealtà al mito di Roma, l’ideale comune si frantumarono tutti perché minati dai dissidi, dalla frantumazione del corpo sociale e soprattutto dalle fratture causate dalle diverse fedi ed appartenenze.
Un approccio estremamente ambizioso quello di Harris: fare uno studio comparato sull’espressione del Potere in un millennio, focalizzando la sua ricerca sul soft power. Una visione che nessun altro lavoro aveva finora preso in esame. Una visione ampia ed omnicomprensiva ed una lettura moderna del passato che dovrebbe farci riflettere sull’espressione del Potere nei moderni “imperi”… quello Americano e quello Cinese.
data di pubblicazione:21/10/2021
da Antonio Jacolina | Ott 20, 2021
Il lato oscuro del Mondo dell’Arte! Il “dietro le quinte” dell’incredibile storia del SALVATOR MUNDI. Un quadro di Leonardo, oppure attribuibile a Leonardo, o alla sua Scuola, o una copia o anche un falso! Tutto e niente! Un’avventura che parte da New Orleans nel 2005 ove viene scovato per poco più di 1000 dollari fino ad essere poi rivenduto da Christie’s nel 2017 a ben 450 milioni di dollari! Da allora è nuovamente scomparso nel nulla … forse nelle mani di un principe arabo … forse l’erede al trono Saudita …
La storia, se scritta da uno sceneggiatore Hollywoodiano sarebbe eccessiva ed assurda, ma è invece realtà. Una storia che è un mix di dubbi ed intrighi che coinvolgono personaggi inverosimili: cacciatori d’opere d’arte, mercanti, restauratori, direttori di grandi musei, critici ed esperti, media internazionali, finanzieri, oligarchi russi e poi la politica internazionale. Giochi di Potere, geopolitica post petrolifera, orientamento delle masse e gli Arabi. Colpi di scena, doppi e tripli giochi, l’FBI ed anche la CIA.
Un affascinante ed insolito documentario girato dal danese Koefoed come fosse un vero film: un vero heist thriller movie che, al di là delle vicende narrate, vuole anche denunciare il cinismo del Potere che si avvale, ancora una volta di più, per i propri fini anche del bello, dell’arte, e della storia della nostra civiltà. Il film già presentato al Tribeca Festival di New York prima di venire qui a Roma è un racconto molto vivo e molto coinvolgente che come un lungo filo parte da New Orleans e si snoda per New York, Londra alla National Gallery, passa per Parigi, Ginevra, di nuovo al Louvre, poi le più prestigiose Case d’Asta per perdersi infine … di nuovo nel buio … forse in un bunker, in un “porto franco”, forse in … un mare di dune di sabbia.
Il ritmo narrativo usato dal regista è sempre incalzante, vivace, incisivo, mai tedioso o eccessivo. Riesce a tener viva la curiosità ed il dubbio con continui colpi di scena narrativi, combinando sapientemente interviste, belle riprese originali e filmati d’epoca. Così facendo l’autore esamina tutti i possibili punti di vista svelando le sfaccettature del mistero o della truffa, ed il viaggio del Leonardo perduto subito dopo essere stato “ritrovato” diviene un’interessante, emozionante odissea fra arte, commercio, mistificazione, avidità, finanza, speculazione e politica.
La fondatezza o meno dell’attribuzione, i misteriosi movimenti di denaro, sono misteri, dubbi affascinanti già di per se stessi, se poi messi tutti insieme in relazione fra loro ed in un contesto ambiguo, in una storia lunga 15 anni, dopo ben 600 anni di silenzio e buio assoluto, è evidente quanta abbondanza di materiale ci sia per dare spazio alle fantasie più fervide ed all’affascinazione filmica. Ne risulta infatti una buona realizzazione cinematografica, accattivante, ricca di suspense, interessante e coraggiosa che combina intelligentemente ironia, sarcasmo e serietà che coinvolge gli intervistati (liberi di essere se stessi) e lo spettatore (anche il più informato dei fatti).
Perché, alla fine le masse credono perché hanno bisogno di credere che qualcosa sia vera, che poi non lo sia non ha più nessuna importanza. L’evento diviene un Mito perché serve un Mito!
data di pubblicazione:20/10/2021
da Antonio Jacolina | Ott 18, 2021
Alexander (Pierfrancesco Favino), figlio di madre inglese e padre italiano, ha solo 10 anni quando suo padre muore annegato sotto i suoi occhi. Pur vivendo un’adolescenza in un contesto agiato fra la madre a Londra ed il nonno paterno (Jean Reno) a Roma, ne resterà segnato per sempre nel carattere. Quando la Vita gli farà incontrare il vero Amore e la vera Passione in Laura (Kelly Reilly) non saprà osare per prendere la giusta decisione al giusto momento … la ricercherà e la rimpiangerà tutta la vita …
”Favino speaks english, and even speaks it very well”! Complimenti! L’attore potrà piacere o non piacere, ma gli va dato atto che oltre che essere, a nostro parere, bravo e simpatico, è anche preparato e svetta nello scenario degli attori nostrani costretti nei limiti linguistici della nostra realtà. Gli si prospetta auspicabilmente anche un’opportunità di carriera internazionale vera. Auguri!
Scrittrice, sceneggiatrice e regista la francese Sthers ha adattato per questo suo 4° lungometraggio lo script dal suo stesso romanzo omonimo uscito nel 2015. Al centro del film di oggi c’è una grande storia d’amore inespressa ed incompiuta, che avrebbe potuto concretizzarsi ed essere vissuta se solo il protagonista avesse avuto la forza, il coraggio, l’incoscienza e l’egoistica determinazione di prendere una decisione. Un intrigo esistenziale sull’incapacità soprattutto degli uomini, di taluni uomini, di saper cogliere l’opportunità di essere felici e prendere su di sé il rischio di amare. Chi? Chi meglio di una donna autrice e regista può trovare allora la giusta modalità per scrivere prima, e rappresentare poi, questa incapacità ed il rimpianto che la felicità e l’occasione perduta genererà per tutta la vita?
In un certo qual modo è una storia che ricorda molto L’età dell’innocenza di Scorsese, una storia quindi vista e rivista, ma è una storia ogni volta sempre coinvolgente, perché tocca nel profondo l’essenza stessa dell’Essere Umano: la costante ricerca della Felicità e dell’Amore e con loro la ricerca del Tempo perduto e delle opportunità perdute fino … alla presa di coscienza di averle perse definitivamente. Allora non resterà che il dolore ed il rimpianto perché, a quel punto, c’è solo la consapevolezza che non esiste un’altra opportunità per una seconda occasione.
Alexander è bloccato emotivamente per non soffrire, vincolato fra famiglia, amicizie e lavoro. Un uomo in bilico fra due anime, cerca di fuggire i fantasmi di un passato che lo ha segnato e lo segna. Vive un effimero presente senza nemmeno darsi spazio per sognare un futuro o lottare per averlo. Così, quando incontra l’Amore e intuisce che quello può essere la Felicità di cui ha bisogno, non è in grado di agire per riuscire a viverlo perché, abituato a subire, non sa più osare.
Il film, come fosse una riflessione del pensiero, è costruito a spirali in un’alternanza continua fra passato e presente e flashforward che creano quasi una dimensione narrativa atemporale come in effetti è il pensiero e perché la vera domanda se si è felici è, di per se stessa, al di là del tempo e dell’attimo. Il montaggio dà ritmo e scansione, ora lenta ora rapida, alla narrazione che procede come sospesa in un mare di pensieri. La regista opera con molta eleganza e con mano sicura, evitando di cadere nel melodramma. Bravo, a suo agio, partecipe, tenero ed intenso Favino, un po’ più sottotono la bella Reilly. Precisi, come sempre in questo tipo di produzioni, tutti i secondi ruoli. Pur buono al film forse manca però qualcosa per essere ottimo, forse un pieno coinvolgimento emotivo, non che debba essere per forza struggente sia ben chiaro, tutt’altro! Ma, l’insieme appare fin troppo distaccato. Non vuole o non riesce a smuovere le emozioni profonde dello spettatore che osserva le pene del protagonista ma non ce la fa a commuoversi per la sua felicità perduta!
data di pubblicazione:18/10/2021
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