LUPIN di George Kay – Miniserie NETFLIX 2021, Seconda Stagione

LUPIN di George Kay – Miniserie NETFLIX 2021, Seconda Stagione

Proseguono le avventure di Assane Diop (Omar Sy) “ladro gentiluomo” emulo di Arsenio Lupin, anzi, riprendono proprio là ove erano state interrotte al termine della Prima Stagione con il rapimento del figlio di Assane … Riuscirà il nostro Assane/Lupin ad avere finalmente giustizia e rivendicare l’onore di uomo onesto del padre e sciogliere così la sua ossessione per la vendetta?

 

Con qualche mese di ritardo dalla sua uscita ad inizio Estate, abbiamo avuto modo di vedere la Seconda Stagione di LUPIN, la miniserie francese che ha risvegliato, con il suo discreto successo, la Lupin/Mania (basta passare in libreria e vedere quanti libri sul ladro gentiluomo sono stati ristampati anche qui in Italia).

Questa nuova serie si iscrive nella completa ed assoluta continuità della precedente. I cinque nuovi brevi episodi (ca. 45 minuti) conservano la stessa efficacia di mero divertimento e di passatempo gradevole che era e resta negli obiettivi concreti dei realizzatori. Un prodotto, come già dicevamo, che non vuole affatto essere un capolavoro ma che punta, nel suo genere, ad essere efficace, innovativo, piacevole e costruito proprio per essere tutto ciò che serve ad una Serie TV per arrivare a toccare un pubblico vasto, familiare ed intergenerazionale. Accennare cioè a tanti temi badando bene però a restare solo in superficie, avvalendosi di storie e personaggi legati agli archetipi ed ai clichè in un susseguirsi continuo di colpi di scena. L’equivalente 2.0 dei buoni vecchi feuilleton, i romanzi popolari d’appendice di fine Ottocento.

L’arco narrativo riprende proprio là dove si era interrotto, sulla spiaggia di Etretat con il rapimento del figlio di Assane/Lupin e prosegue poi a Parigi ed è altrettanto ricco di azione, ritmo, avventure e sorprese. Ovviamente l’effetto novità della prima Stagione si perde ed il plot è ormai conosciuto e “l’intrigo” è spesso prevedibile anche perché gli sceneggiatori giocano ormai a carte scoperte. Nell’insieme però la nuova miniserie resta ancora gradevole, con gli stessi pregi e gli stessi difetti, ed in più, maliziosamente, una Parigi notturna e diurna usata con una “ruffianeria” tanto piacevole a vedersi quanto smaccata nella realizzazione. Ci sono ovviamente delle incoerenze, delle situazioni poco credibili ed i personaggi di contorno continuano ad essere ancora disegnati in modo superficiale e manicheo, soprattutto fra i “cattivi”, e ad essere interpretati in modo altrettanto superficiale. Ma, quale è la Serie per famiglie che è totalmente priva degli stessi difetti? Quindi, visti gli obiettivi, tutti gli elementi possono essere tanto difetti quanto anche pregi al tempo stesso!

Rispetto alla Prima Stagione questa volta è però cresciuto il “taglio” internazionale, con l’uso (come dicevamo) di una Parigi da cartolina, il ricorso a scene d’azione o spettacolari molto ben confezionate per un prodotto televisivo, girate spesso anche in esterno e con un notevole ed evidente dispendio di mezzi e risorse investite.

Ovviamente al centro di tutto resta sempre lui, Omar Sy, affabile e sorridente, con il suo carisma, la sua simpatia, la sua fisicità e la sua caratterizzazione che riesce a rendere vivo, interessante ed accettabile il personaggio.

In conclusione una Seconda Stagione ancora una volta divertente, ironica ed intrigante che, comunque sia, cattura piacevolmente lo spettatore e … prelude già ad una Terza. Non sarà di certo la Serie del decennio né dell’anno, ma è piacevole da seguirsi e da scordarsi poi subito dopo, proprio come un feuilleton!

data di pubblicazione:29/11/2021

PROMISES di Amanda Sthers, 2021

PROMISES di Amanda Sthers, 2021

Alexander (Pierfrancesco Favino), figlio di madre inglese e padre italiano, ha solo 10 anni quando suo padre muore annegato sotto i suoi occhi. Pur vivendo un’adolescenza in un contesto agiato fra la madre a Londra ed il nonno paterno (Jean Reno) a Roma, ne resterà segnato per sempre nel carattere. Quando la vita gli farà incontrare il vero amore e la vera passione in Laura (Kelly Reilly) non saprà osare per prendere la giusta decisione al giusto momento … la ricercherà e la rimpiangerà tutta la vita …

  

Presentato e recensito poche settimane fa alla 16ma Festa del Cinema di Roma ove è stato accolto con giudizi contrastanti, esce oggi sugli schermi l’ultimo lavoro di Amanda Sthers. Apprezzata scrittrice, sceneggiatrice e regista, la francese Sthers ha adattato per questo suo 4° lungometraggio lo script dal suo stesso romanzo omonimo uscito nel 2015. Al centro del suo film c’è una grande storia d’amore inespressa ed incompiuta, che avrebbe potuto concretizzarsi ed essere vissuta se solo il protagonista avesse avuto la forza, il coraggio e l’egoistica determinazione di prendere una decisione.

Un intrigo esistenziale sull’incapacità soprattutto degli uomini, di taluni uomini, di saper cogliere l’opportunità di essere felici e prendere su di sé il rischio di amare. Chi? Chi allora meglio di una donna autrice e regista può provare a trovare la giusta modalità per scrivere prima, e rappresentare poi, questa incapacità ed anche il rimpianto che la felicità e l’occasione perduta genererà per tutta la vita? Una storia di sicuro vista e rivista, tanto nella Vita quanto al Cinema, ma, ciò non di meno, è una storia ogni volta sempre coinvolgente perché tocca nel profondo l’essenza stessa dell’Essere Umano: la costante ricerca della Felicità e dell’Amore e con loro la ricerca del Tempo perduto e delle opportunità perdute fino … alla presa di coscienza finale che non esisterà un’altra opportunità per una seconda occasione.

Alexander il protagonista, è bloccato emotivamente per non soffrire, vincolato fra famiglia, amicizie e lavoro. Un uomo in bilico fra due anime, che cerca di fuggire i fantasmi di un passato che lo ha segnato e lo segna. Vive un effimero presente senza nemmeno darsi spazio per sognare un futuro o lottare per averlo. Così, quando incontra l’Amore ed intuisce che può essere la Felicità di cui ha bisogno, non è però in grado di agire per riuscire a viverlo perché è abituato a subire e non sa più osare.

Il film, come fosse una riflessione del pensiero, è costruito a spirali in un’alternanza continua fra passato, presente e flashforward che creano quasi una dimensione narrativa atemporale come in effetti è il pensiero, così come al di là del tempo e dell’attimo è, di per se stessa, anche la domanda se si è felici. Il montaggio dà ritmo e scansione, ora lenta ora rapida, alla narrazione che procede come sospesa in un mare di pensieri. La regista però, pur operando con eleganza ed essendo sufficientemente abile ad evitare di scadere nel melodramma, sembra talora perdersi proprio nelle tante, troppe, spirali dell’intreccio narrativo e la sua direzione conseguentemente risulta insicura e discontinua. Favino, di contro, è veramente bravo e dimostra di saper essere a suo agio anche in una realizzazione internazionale recitando in modo partecipe, tenero ed intenso, un po’ più sottotono è invece la bella Reilly. Precisi, come sempre in questo tipo di produzioni, quasi tutti i secondi ruoli.

Al film, di per sé gradevole, manca però qualcosa … qualcosa per essere veramente un buon film! la continuità narrativa soffre infatti per l’eccessiva frammentazione, manca un pieno coinvolgimento emotivo e l’insieme appare fin troppo distaccato ed alla fine non riesce affatto a smuovere le emozioni profonde dello spettatore che osserva sì le pene del protagonista ma non ce la fa proprio a commuoversi per la sua felicità perduta!

data di pubblicazione:18/11/2021


Scopri con un click il nostro voto:

THE FRENCH DISPATCH di Wes Anderson, 2021

THE FRENCH DISPATCH di Wes Anderson, 2021

Francia Anni ’60/’70… Il fondatore e direttore di un magazine americano con base nella fittizia cittadina di Ennui-sur-Blasé muore all’improvviso lasciando dietro di sé una redazione addolorata. La rivista chiuderà e l’ultimo numero antologico sarà composto dai migliori articoli pubblicati che costituiscono la trama del film. L’occasione per mettere in scena una raccolta di storie e di un mondo idealizzato da parte di un geniale e visionario creatore di immagini con un cast eccezionale da scoprire di volta in volta….

 

Wes Anderson dal 1995 ad oggi ha realizzato solo 10 lungometraggi ma è già un mito assoluto nel mondo della Settima Arte per la sua genialità, eccentricità ed estetica personale che, unitamente ad una capacità di trasfigurazione fiabesca della realtà, sono la sua inconfondibile cifra stilistica. Ognuno ama od odia il suo personale Anderson: quello de I Tannenbaum, de Il Treno per Darjeeling, di Grand Budapest Hotel o anche di Moonrise Kingdom. Si può solo amare od odiare l’artista. Non ci sono mezze misure! Si amerà o si odierà quindi, a maggior ragione, The French Dispatch perché è un divertissement che il regista e la banda dei suoi attori si sono concessi. Un divertissement che è la summa dell’arte di Anderson, più film in uno e quindi più Anderson in uno.

The French Dispatch, presentato quest’anno a Cannes, è un film strutturato in segmenti e in sketches che sono a loro volta anche un viaggio fantasioso attraverso il grande cinema francese dagli anni ‘30 ai ‘70, un omaggio affettuoso al The New Yorker (il mito dell’editoria e del giornalismo americano) ed alle bandes dessinées, i fumetti francesi. Un divertissement, un gioco, in cui attori celebri recitano o passano sullo schermo senza soffermarcisi più di tanto. Sono tutti bravi, belli e ben diretti e si vede che si divertono a recitare, quale che sia il trucco dietro cui si nascondono. Attorno a loro Anderson si diverte a sua volta a rifare, per la gioia sua e dei cinefili, Tati, Renoir, Truffaut, Godard, Cluzot, Melville… come solo un appassionato del cinema francese – come lui notoriamente è – potrebbe fare ed apprezzare. Tanti Anderson, dunque, ma l’ispirazione nei vari episodi non è sempre la stessa. Talora l’idea iniziale, pur se geniale, si spegne dopo un po’, comunque sia il marchio autoriale è sempre presente anche nei momenti di stanca: la padronanza della regia, la direzione artistica fenomenale, la straordinaria capacità di pianificazione di ogni sequenza, la creatività scenografica senza limiti, il perfetto senso del ritmo, la capacità di rendere credibile l’incredibile e reale il surreale, alternando attori e cartoons, colori pastello e bianco e nero in modo quasi naturale e normale.

Una capacità creativa a tratti poetica che, libera dai legami di una narrazione classica, dà spazio a tutta la fervida immaginazione dell’autore ed al suo esuberante gusto pittorico e formale.

Però, c’è un però… come dicevamo a tratti il ritmo rallenta, zoppica e l’ispirazione geniale svanisce. L’autore sembra quasi compiacersi nelle citazioni e nell’autocitazione e diviene troppo sofisticato, poco sorretto dalla flebilità delle storie. Alla fine gli sketches sono sì belli ma sono pur sempre degli sketches, per loro natura ineguali e di breve respiro.

The French Dispatch è quindi un film autoriale ma un po’ ineguale che sicuramente sedurrà i fedelissimi del regista restando probabimente un’opera minore nella sua filmografia, un lavoro interessante teoricamente e tecnicamente ma talora evanescente che potrà tanto affascinare quanto anche stancare. Una vera summa di immagini, anzi il sogno smisurato di un collezionista di immagini! Una messa in scena eccentrica che è una ghiottoneria per gli occhi ed un’antologia del cinema di Anderson.

Ognuno continuerà così ad amare o ad odiare il proprio Wes Anderson.

data di pubblicazione:14/11/2021


Scopri con un click il nostro voto:

CARISSIMO SIMENON, MON CHER FELLINI – ed ADELPHI Piccola Biblioteca 2021

CARISSIMO SIMENON, MON CHER FELLINI – ed ADELPHI Piccola Biblioteca 2021

La Festa del Cinema di Roma proiettando in anteprima pochi giorni fa il breve documentario prodotto da Rai Movie Fellini e Simenon di Giovanna Ventura sull’amicizia dei due grandi del Cinema e della Letteratura, offre agli appassionati dell’uno o dell’altro l’opportunità di andare a rileggersi o ad acquistare il libricino prontamente ristampato da Adelphi e rimesso in libreria proprio per l’occasione.

Si tratta del breve carteggio intercorso fra i due artisti dal 1969 al 1989 anno di morte di Simenon. L’amicizia, o meglio, il legame culturale ed umano fra i due autori era in effetti nato già in occasione del Festival di Cannes 1960 quando Simenon, presidente della giuria, consegnò la palma d’oro a Fellini per la sua Dolce Vita. A prima vista nulla può apparire più antitetico dei due personaggi, perché nulla dei loro metodi e della loro produzione sembra apparentemente mostrare elementi di somiglianza; tanto il regista è onirico, effervescente, barocco e surreale, tanto lo scrittore è invece metodico, minimalista, organizzato ed austero. Come nacque allora il rapporto fra due artisti così diversi?

Leggendo le pagine di questa breve ma interessante raccolta epistolare si potrà comprendere che pur diversi come produzione, i due erano simili come uomini, Simili erano infatti le loro affinità psicologiche e spirituali. Entrambi erano soggetti a ricorrenti momenti di depressione, erano ossessionati dai ricordi d’infanzia, dal mondo circense, dall’immagine femminile e dalle stesse dinamiche creative caratterizzate ora da momenti di alta ispirazione ed ora da blocchi assoluti.

E’ Simenon che con acume particolare coglie il senso vero della filmografia di Fellini, lo compara con se stesso, affermando che entrambi indagano sull’essenza dell’essere umano e sulla capacità di cogliere una speranza nella rappresentazione della fallacità delle azioni e dei progetti umani. Uno opera con le parole, l’altro con le immagini. Ambedue risultano affascinati dai misteri della psiche ed interessati alla psicanalisi di Jung e quindi convinti della forte influenza del subconscio sulla loro produzione artistica e sui loro impulsi.

Il libretto è una vera opportunità, rapida e scorrevole di entrare nel mondo e nel privato di due personalità sensibili e curiose. Un’opportunità per gli appassionati di Simenon per scoprire l’uomo e le sue motivazioni artistiche e, con l’occasione, svelare anche l’uomo Fellini. Scopriremo un Simenon di 17 anni più anziano del regista che assume il ruolo di fratello maggiore pronto a trasmettere incoraggiamenti, esperienza e saggezza.

Non si tratta certamente di un capolavoro della letteratura epistolare, ma, ciò non di meno, il libretto è un documento interessantissimo, testimonianza sincera della reciproca stima professionale ed umana fra due sommi artisti che si articola fra rispetto, pudore di sentimenti, fratellanza umana e complicità. La singolarità è che i due pur impegnandosi a volersi incontrare ad ogni possibile occasione, nella realtà dei fatti in 20 anni si videro ben pochissime volte.

data di pubblicazione:10/11/2021

16^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA: CONSIDERAZIONI FINALI

16^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA: CONSIDERAZIONI FINALI

La Festa si era aperta in concomitanza della bella notizia del ritorno al 100% del riempimento delle sale cinematografiche e teatrali. Quale migliore auspicio per una manifestazione che continuava “coraggiosamente e responsabilmente” a svolgersi, come l’anno passato, in presenza, pur con i condizionamenti del pass sanitario, delle mascherine e dell’obbligo per tutti di prenotazione on line degli spettacoli che si intendevano vedere. Un condizionamento quest’ultimo che toglieva quella sensazione tipica dei Festival di poter liberamente seguire l’istinto o cogliere al volo le “voci” per privilegiare all’ultimo momento la scelta di un film piuttosto che un altro, scoprendo spesso, in tal modo, dei piccoli gioielli. Ci si abitua però a tutto e ci si abitua pure al terribile algoritmo che decide la fila ed il posto … e se ne coglie il positivo quando il sistema funziona e l’intera macchina funziona. E, va detto che la Festa tutta, ha veramente funzionato senza sbavature sotto tutti i punti di vista: organizzazione, gestione, rapporti, quantità e soprattutto qualità! Non era scontato visti i tempi di profonda crisi produttiva del mondo cinematografico a causa della perdurante pandemia.

Lo confermano le cifre fornite a consuntivo dal Presidente Laura Delli Colli e dal Direttore Antonio Monda: un totale di quasi 60.000 ingressi fra spettatori paganti ed accreditati negli 11 giorni di Kermesse e di proiezioni, pari ad una copertura dell’89% dei posti disponibili. Un indubbio risultato, un bel segno di rinascita e di speranza dopo i momenti bui del recentissimo passato!!

Un merito che va riconosciuto alla manifestazione, alla sua struttura e soprattutto a Monda, il Direttore che la guida già da 7 anni e si spera possa essere riconfermato e possa così cogliere i frutti della “ripartenza” del settore per le prossime edizioni.

La Festa è stata caratterizzata dalla gran varietà delle tematiche e del tipo dei film offerti con anche una presenza significativa e qualificata di testimonianze di artisti e star internazionali (cosa non scontata visti i condizionamenti imposti dal Covid). I film in concorso o solo presentati rappresentavano sia paesi ove l’industria cinematografica è consolidata per qualità e quantità di prodotti, sia paesi ove il cinema muove ancora timidi passi. Poteva sembrare, di primo acchito, che quest’anno dovessero mancare o mancassero, gioco forza, i grandi titoloni o i successi già preannunciati, ed invece, quasi come in un crescendo musicale, sono emersi, in assoluta sintonia di valutazioni sia dei critici che degli appassionati di cinema, tutta una serie di film di gran qualità, per contenuto, per interpretazione o per regia. Film di cui sentiremo parlare e che vedremo accolti con successo quando appariranno sugli schermi in sala cinematografica.

Il Premio del Pubblico secondo i voti espressi, come da tradizione romana, dagli spettatori è andato meritatamente a MEDITERRANEO di Marcel Barrena di cui ci parlerà più in dettaglio la nostra Panerai. Meritano comunque una menzione anche titoli come C’MON C’MON, BELFAST, LES JEUNES AMANTS e CYRANO, solo per citarne alcuni.

La sezione autonoma e parallela dedicata ai giovani: ALICE nella CITTA’ ha poi assegnato il premio della sua giuria per il migliore film a PÈTITE MAMAN di Céline Sciamma; quello per la migliore regia è stata correttamente assegnato a K. Branagh per BELFAST.

Forse qualche aspettativa delusa, qualche previsione sbagliata, ma nel complesso la qualità generale dei film presentati è stata molto buona a riprova delle buone scelte operate dagli organizzatori che unitamente alla significativa e partecipe presenza di pubblico sono un buon segno ed anche una conferma, nel loro complesso, di una vitalità e qualità ormai stabilmente acquisita.

Una Festa dunque con alcuni ottimi film, diversi buoni film, varie prove autoriali ed anche qualche gioiellino piccolo piccolo che fa buon cinema e che speriamo possa uscire sui nostri schermi.

Appuntamento di nuovo a ROMA 2022!!

data di pubblicazione:25/10/2021