ONE SECOND di Zhang Yimou, 2022

ONE SECOND di Zhang Yimou, 2022

Cina, sul finire degli anni della Rivoluzione Culturale. Un paesaggio desertico e solitario, un villaggio sperduto nella desolazione. Un evaso da un campo di rieducazione (Zhang Yi) ed una intraprendente ragazzina (Liu Hao-Cun) si disputano una bobina di un film di propaganda, ognuno con scopi diversi, entrambi però per amore. Lo spunto per una storia epica e corale sul fascino del Cinema e sul suo potere come fabbrica di sogni o di illusioni individuali e collettive …

 

Presentata e vista alla recente Festa del Cinema di Roma dove era stata accolta con discordi giudizi dalla Critica Ufficiale, è (ed ancora resiste ammirevolmente, segno questo di una più che positiva accoglienza da parte del pubblico) sui nostri schermi cinematografici l’ultima opera del tanto celebrato regista cinese. La pellicola era già stata programmata per la Berlinale 2019, ritirata però all’ultimo minuto è stata poi rielaborata, rimontata con l’aggiunta di nuove scene ed infine è finalmente uscita in Cina solo alla fine del 2020.

Il regista di Sorgo Rosso (1987), Lanterne Rosse (1991), La Foresta dei Pugnali Volanti (2004) torna nuovamente al cinema d’autore e di qualità dopo le recenti e non certo memorabili escursioni nel mondo dei Blockbusters con divi americani. Il cineasta dimostra di avere ancora talento da spendere e storie da raccontare e ci regala una vicenda che porta tutti quei tratti distintivi che sono poi il suo marchio di fabbrica: un mix di tenerezza all’interno di una visuale epica ed immersiva che lascia però anche spazi alle emozioni intime. Pochi come lui sono maestri nell’arte del narrare e del rappresentare visivamente una storia. Il risultato è quindi un film tutto da ammirare, una gioia per gli occhi con immagini e riprese che catturano lo spettatore ed una storia accattivante. Un vero ritorno alle origini usando il realismo cinematografico per una vicenda edificante.

Un film politico, perché mostra la propaganda dell’epoca della Rivoluzione Culturale che agisce sulle masse rurali tramite il Cinema ed il fervente impegno di un proiezionista nei più sperduti villaggi. Al contempo anche un’intensa ed a tratti commovente e poetica lettera d’amore per il Cinema ed un magnifico, tenero racconto sull’incontro/scontro di una giovane orfana ed un padre evaso per poter vedere proiettati i pochi fotogrammi di un cinegiornale in cui appare l’immagine di sua figlia che non vede da anni. Il tutto sullo sfondo di un paesaggio desertico tanto desolato quanto anche suggestivo ed affascinante. Zhang Yimou ritrova veramente il talento narrativo che lo aveva fatto apprezzare fin dai tempi dei suoi primi capolavori. Le scene nel deserto sono tutte magnifiche, come pure quelle corali delle decine di abitanti del villaggio impegnati a ripulire la pellicola che doveva essere proiettata in una specie di Cinema Paradiso ai bordi del Deserto del Gobi, fra desolazione, povertà dignitosa ed entusiasmi per la Magia dello schermo che s’illumina di immagini in movimento.

Se la prima parte del film è centrata sul susseguirsi di vicende, talora comiche, relative ad un rullo di pellicola rubato ed al suo continuo passare di mano, nella seconda parte, il tono generale del lavoro sale assolutamente di qualità e di intensità emotiva con un afflato poetico, epico e tenero e con scene corali, sequenze, movimenti ed inquadrature di puro ed assoluto talento. Magia cinematografica rappresentata ed al contempo anche realizzata!

Il regista opera e guarda con la mano e con l’occhio dei suoi tempi migliori.

Una grande fascinazione che veramente cattura lo spettatore che ama il Cinema, lo ammalia, lo affascina attenuando così di molto quella sottile e maligna sensazione di artificiosità programmatica che un finale “un po’ artificiale e sottilmente politico” ingenera al termine del film.

data di pubblicazione:24/01/2022


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IL DIAVOLO E L’ACQUA SCURA – di Stuart Turton  –  Neri Pozza editore, 2022

IL DIAVOLO E L’ACQUA SCURA – di Stuart Turton – Neri Pozza editore, 2022

Dopo aver indubbiamente apprezzato il successo di critica e di pubblico del romanzo di esordio di Stuart Turton Le 7 morti di Evelyn Hardcastle, non si poteva non avere qualche timore nel valutare la sua opera seconda.

Questa volta la storia ha luogo nel 1634 ed è ambientata su un veliero della Compagnia Olandese delle Indie Orientali in viaggio da Batavia verso Amsterdam. Il Governatore, sua moglie ed altri notabili sono a bordo per fare ritorno in patria, fra loro anche il più rinomato investigatore dell’epoca Samuel Pipps ed il suo aiutante Arent Hayes. L’investigatore è però rinchiuso in catene, ed il suo assistente deve cercare di chiarire i misteriosi eventi e le diaboliche entità che incombono sulla nave durante la lunga e pericolosa navigazione. Brillante idea! Indagine in un contesto “chiuso” che più chiuso e definito di una nave non può essere. Un mystery navale con toni di sovrannaturale e di fantasy. Assassinii, intrighi, atmosfere gotiche e surreali, ammutinamenti … un caos in cui nulla è come sembra essere.

Non si può evitare di fare riferimento al romanzo d’esordio visto che i due lavori si somigliano tanto quanto, al tempo stesso, differiscono però fra loro. Se il primo era un mystery ed un poliziesco ad enigmi che ricordava molto le atmosfere e le inchieste alla Agatha Christie e di Hercule Poirot, questo nuovo lavoro del nostro autore si rifà invece alle atmosfere ed alle inchieste di Conan Doyle e del suo Sherlock Holmes. Tutto il processo investigativo teso a risolvere i misteri che si addensano sulla nave riprende infatti i percorsi di analisi deduttiva e riflessione propri dell’investigatore di Conan Doyle. Turton è però scrittore abile ed astuto, ed anche questa volta mette del suo in modo molto intrigante, dando spazio e rilievo investigativo (sia pure anacronisticamente con l’Epoca) ai personaggi femminili, tutti dotati di forte personalità, indipendenza e libertà di comportamento. Il nuovo libro si presenta quindi come un discreto mix di Sherlock Holmes, di Stephen King e dei … Pirati nei Caraibi.

È evidente che quest’opera seconda, pur non essendo mai banale è però molto più convenzionale. Lo stile descrittivo, diretto e preciso, la scrittura accessibile ed accattivante restano apparentemente identiche ed apprezzabili. Però, c’è un però, mancano la briosità, l’originalità nella costruzione del plot e la vivacità narrativa che avevano determinato il gran successo dell’esordio. L’intrigo è certamente meno complicato, più accessibile e quindi la lettura del libro è meno impegnativa e di conseguenza scorrevole, però il romanzo è troppo lungo e spesso Turton perde anche la rotta. Troppi personaggi secondari si accavallano fra loro, troppe inutili false piste, troppo pochi i momenti intriganti e troppi quelli noiosi e ripetitivi, troppi e gratuiti gli anacronismi. Il finale poi risulta troppo debole, folle e caotico, quasi affrettato.

Insomma non una delusione, questo non si può certo dire, perché il libro si legge pur tuttavia piacevolmente, ma siamo molto, molto lontani dal precedente. Il Diavolo e l’Acqua Scura è dunque solo un normale romanzo fra il fantastico ed il poliziesco che può essere gradevole a leggersi e proprio nulla di più. Difficile fare il bis quando si è debuttato con i fuochi d’artificio.

data di pubblicazione:23/01/2022

LE 7 MORTI DI EVELYN HARDCASTLE  di  Stuart Turton  –  Neri Pozza editore, 2022

LE 7 MORTI DI EVELYN HARDCASTLE di Stuart Turton – Neri Pozza editore, 2022

Se vi piace giocare a Cluedo … Se siete appassionati lettori di Miss. Marple o di Hercule Poirot … Se amate gli intrighi ben confezionati … Se amate i polizieschi labirintici, enigmatici ed ambientati in un unico luogo … Se amate i thriller fantastico sovrannaturali … Se amate tutto ciò, bene, questo libro è fatto per voi! Se non amate nulla di quanto sopra, allora non aprite questo libro!

Il meno che si possa dire di questo romanzo di esordio che ha regalato, da subito, all’inglese Stuart Turton un’eccezionale successo di critica e di pubblico a livello mondiale, è che l’autore ha sicuramente un’immaginazione debordante, una capacità di scrivere più che apprezzabile ed uno stile accessibile ed accattivante. Un’idea originalissima ed insolita la sua, una costruzione narrativa attenta ai dettagli e sapientemente arricchita da una buona dose di ironia che alleggerisce l’evoluzione del plot.

Invitato ad un ballo in maschera nella decadente magione di campagna di Blackheath House, il protagonista Arden Bishop potrà disporre di un’intera giornata per scoprire chi fra gli ospiti – tutti dell’Alta Società – assassinerà Evelyn Hardcastle, la bella figlia del proprietario terriero.

Bishop sarà però condannato a rivivere incessantemente questa stessa giornata infinite volte, risvegliandosi ogni volta nel corpo dei vari invitati, finchè non riuscirà a risolvere l’intrigo, a ricomporre le varie tessere del mosaico ed a scoprire così il vero colpevole.

Un’ambientazione molto molto British che ricorda le atmosfere di Dowton Abbey e di Gosford Park … i segreti, i non detti, le menzogne cause di tanti delitti e vendette, il passato che incombe, la malvagità nascosta dietro la forma ed il rispetto dell’etichetta.  Un’inchiesta alla Agatha Christie.

Una volta accettati i presupposti inverosimili, il lettore odierà o amerà questo romanzo ( non ci sono vie di mezzo ) e ne vivrà i vari avvenimenti attraverso un protagonista per poi tornare a riviverli nei panni di un altro ancora, ed ogni volta, vedrà formarsi dei frammenti del puzzle fra scoperte e suspense continue. Un’idea che certamente può sconcertare all’inizio ma che si rivela poi coinvolgente e che consente di ben definire le psicologie dei vari personaggi e di articolare l’intreccio di cause e motivazioni.

Lo scrittore è brillante, ingegnoso, astuto, intrigante ed è parimenti abile nel tenere la rotta narrativa pur nella complessità della storia e nel mantenere alta la tensione fino alla fine delle 523 pagine allorchè tutti gli enigmi si ricomporranno. Un racconto forse troppo lungo e complesso che richiede, di sicuro, una gran concentrazione per non perdere il filo. Ciò non di meno, una volta calatisi nella lettura e lasciatisi catturare dal ritmo incalzante e dai tanti risvolti non si potrà non apprezzare in pieno tutta l’essenza del thriller e sarà allora piacevole arrivare alla sua conclusione.

Le 7 Morti di Evelyn Hardcastle è senza dubbio un interessante poliziesco ad enigmi. Un’inchiesta per lettori che amano impegnarsi negli intrighi e nella ricerca della Verità come si usa nei buoni, vecchi, cari, classici polizieschi inglesi, con però in più … un tocco, non sgradevole e mai banale, di fantastico.

data di pubblicazione:12/01/2022

LA FURIA DI UN UOMO di Guy Ritchie – Prime Video, 2022

LA FURIA DI UN UOMO di Guy Ritchie – Prime Video, 2022

Un’insolita, livida e periferica Los Angeles, una società di trasporti valori i cui furgoni vengono rapinati, un uomo enigmatico (Jason Statham) che si fa assumere come vigilante ma che è molto di più di ciò che vuole apparire, una rapina audacissima ed una vendetta …

 

Guy Ritchie, sceneggiatore e regista britannico, noto ai più per essere stato anche marito di Madonna, ha avuto una carriera molto altalenante. Dopo un inizio esaltante ed autoriale, alla fine degli anni ’90, ha subito poi una serie di pesanti batoste al botteghino per riprendere a risalire lentamente la china con i due Sherlock Holmes (2009 e 2011) e recuperare infine posizioni e successo con il buono ed ironico The Gentlemen (2019).

Con questo nuovo lavoro, ispirato ad un film francese del 2004, l’autore ritorna ancora una volta al suo genere preferito: storie di malavita e di rapine, destrutturandole ed aggiungendovi anche tutti gli elementi del Thriller e del Revenge Movie. Dalla mescolanza di tutte queste varie componenti esce un prodotto tutt’altro che banale che, sullo sfondo di una Los Angeles insolitamente fredda, cupa e monocolore, ci restituisce una perfetta atmosfera di noir e di poliziesco. Quasi un film che viene da un’altra epoca, da un mondo di “B Movied’antan! Un film d’azione all’antica, brutale, cinico, duro ed amorale ma molto ben fatto.

Il regista mette infatti in sordina il suo humour britannico e, con un esercizio di sobrietà ed in modo meno estroso del suo solito, si mette tutto al servizio della sua storia (una storia più che classica e già vista), per darci un film programmatico d’azione, ben ritmato ed efficace. Un film brillantemente realizzato grazie ad una regia ed una messa in scena abilissima che non ha mai bisogno di ricorrere ad effetti speciali inutili. Ritchie gioca come sempre con i tempi narrativi ritagliando la vicenda in più capitoli proposti in ordine sparso con l’intento di sconcertare lo spettatore ed accrescere l’intensità drammatica della narrazione. La forza della pellicola è senza dubbio proprio nel modo con cui i vari pezzi del puzzle si ricombinano poi coerentemente. L’autore ha infatti un gran talento nel montaggio oltre che nel ritmo e nella qualità delle inquadrature. La fotografia poi è altrettanto degna di nota per come contribuisce allo sviluppo narrativo trasmettendo tutta la cupezza del contesto e dei personaggi.

Il protagonista Jason Statham è un’icona di cui i Critici dicono che “ha un’espressione in meno di quelle di Clint Eastwood giovane”, che qui però, grazie alla personalità ed alle capacità del regista, mette in mostra un insolito talento riuscendo a ben rendere con la sua inespressività granitica tutta la furia fredda ed il dolore interno del personaggio. Attorno a lui un ottimo stuolo di caratteristi tutti giusti e bravi nei rispettivi ruoli, da segnalare un cameo di Andy Garcia e poi Scott Eastwood (sì proprio il figlio di Clint) in un promettente ruolo di cattivo che gli calza come un guanto.

La Furia di un Uomo è dunque un film d’azione d’autore, filmato con eleganza e stile che diviene particolare grazie ad un montaggio sapiente. Un prodotto perfettamente calibrato, ben orchestrato ed efficace che delizierà i fans dei polar. A mio parere il film avrebbe ancor più guadagnato se Guy Ritchie avesse osato appropriarsi totalmente della storia e si fosse allontanato dai sicuri sentieri battuti e gli avesse regalato uno sviluppo ed un finale meno convenzionali.

data di pubblicazione:12/01/2022


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EMILY IN PARIS – di Darren Star – (Seconda Stagione) su Netflix, 2022

EMILY IN PARIS – di Darren Star – (Seconda Stagione) su Netflix, 2022

Proseguono le avventure della giovane Emily (Lily Collins) quintessenza dell’americana media. Ormai stabilitasi a Parigi, la ragazza si trova un po’ più a suo agio anche se non riesce ancora a padroneggiare bene il francese né tantomeno ad abituarsi a pieno alle diverse abitudini e comportamenti dei francesi e dei parigini in particolare. Triangoli amorosi, gelosie, equivoci e nuovi incontri … Continua il confronto/scontro di culture, fra stereotipi zuccherosi e situazioni talora anche divertenti.

 

 

Diciamocelo subito, Emily in Paris è una feel good serie per eccellenza. Va vista quindi con molta leggerezza e soprattutto va giudicata con coerente animo leggero. Difatti è una serie volutamente esagerata ed intenzionalmente superficiale e lontana dalla reale Realtà! Proprio questo vuole essere il carattere distintivo di tutta la produzione. Buffa, improbabile, piena di banalità e cliché, ma, ciò non di meno, sottile e raffinata.

Certo, come sovente avviene, nelle opere seconde ci sarà nello spettatore un po’ di delusione. Se nella prima serie c’era qualcosa di molto originale e frizzante, pur nell’uso abbondante dei luoghi comuni, un qualcosa, quel qualcosa, che aveva poi affascinato il pubblico (complice l’adorabile freschezza di Emily/Lily), oggi, una Stagione dopo, la freschezza sembra essere molto diminuita, si scivola sovente nel banale e si ricorre all’abusato giochino del triangolo amoroso o alle gelosie, ma non mancano però sprazzi saporiti e piccanti che rendono ancora abbastanza gradevoli ed accettabili, nel loro complesso, questi nuovi brevi 10 episodi.

Darren Star continua infatti imperterrito a miscelare abilmente e furbescamente le sue ricette di successo: un po’ di Sex and the City, un pizzico di Il Diavolo Veste Prada, una puntina di Amélie, e poi tanta, tanta Aria di Parigi. Ecco così sfornata la sua solita commediola romantica, leggera leggera, con contorno di cliché e confronto fra raffinatezza ed ingenuità. Le produzioni di Star (lo abbiamo detto a suo tempo) potranno pur essere accusate di essere solo confezioni spumeggianti ed intercambiabili, ma, di sicuro, non sono mai noiose o mal fatte.

Un po’ più centrata sulle personalità dei personaggi e meno sugli stereotipi, questa nuova stagione pur non mantenendo sempre il mordente della precedente continua però ad essere ben diretta, tecnicamente ben fatta e ben interpretata. Le due protagoniste, Parigi e Lily Collins, danno il loro meglio, la prima con tutta la sua bellezza ed il suo charme, la seconda con la sua freschezza sbarazzina. Entrambe rendono bene tutto lo spirito frivolo e leggero di questa piccola commediola frizzante. A tal proposito sia ben chiaro: Emily non è certo spumeggiante come uno Champagne Grand Cru, al massimo è uno Spumante che si lascia bere gradevolmente. Le sue bollicine non ci rendono ebbri ed allegri ma riescono a darci comunque una piccola breve euforia pur sempre piacevole. Nulla di più! Ma, ai tempi del Covid, non è poi male allontanarsi un po’ dal quotidiano con stile ed eleganza. Ovviamente si intravvede già una Terza Stagione prossima ventura.

data di pubblicazione:11/01/2022