IL CAPANNO DI FLIPKE e altri racconti di Georges Simenon – ed. GLI ADELPHI, 2022

IL CAPANNO DI FLIPKE e altri racconti di Georges Simenon – ed. GLI ADELPHI, 2022

Georges Simenon scrittore dalla compulsiva prolificità scrisse oltre 200 romanzi, ben 178 racconti ed innumerevoli brevi storie, raccontini, articoli, novelle e reportage dei suoi viaggi. Tutti questi ultimi venivano scritti per essere pubblicati sui giornali, sui settimanali o sulle riviste le più svariate, oppure spesso venivano dimenticati o lasciati più o meno volutamente nei cassetti. Alcuni sono piccoli gioielli che, se sviluppati, sarebbero potuti divenire poi splendidi romanzi, alcuni sono tracce, idee, situazioni o personaggi poi effettivamente ripresi ed ampliati nei suoi libri, parecchi altri sono invece solo e soltanto brevi schizzi di situazioni o di psicologie umane o spunti di storie poi abbandonate. Tutto quest’ultimo materiale, spesso trascurato dall’autore stesso quando in vita, è stato talora recuperato ed assemblato in raccolte dai vari editori un po’ a caso.

Accanto ai capolavori: i Romans Durs, i Maigret, abbiamo così anche un Simenon de i Racconti Sparsi. Un Simenon “minore”!

Abbiamo sempre detto che “di Simenon non si può buttare via proprio nulla”, è vero! Anche nei suoi raccontini ritroviamo in nuce i temi e le atmosfere letterarie del mondo dello scrittore belga: piccoli ritratti incisivi, accenni del dramma del vivere umano, del gioco beffardo del Destino, dei conflitti familiari e delle eterne inutili illusioni.

Quest’ultima raccolta Il Capanno di Flipke contiene 10 brevissimi raccontini scritti tutti tra il 1941 ed il 1945, e sette di essi sono totalmente inediti in Italia. Da un punto di vista letterario non aggiungono ovviamente nulla di nuovo alla figura dello scrittore.

Questa volta però, oserei dire sono proprio degli “avanzi di cassetto”, aggregati senza alcun filo conduttore, che molto probabilmente per esigenze commerciali o per vincoli editoriali una casa editrice seria come Gli Adelphi si è insolitamente trovata costretta a dover stampare e poi portare in libreria. La sensazione sgradevole è che si stia proprio raschiando il fondo! Mi auguro che non si sia trattato invece di un’operazione meramente economica. Un’operazione che comunque sia proietta più ombre che luci.

Come detto, da un punto di vista letterario si tratta veramente di ben poca cosa. Pur volendo ritrovare in essi lo stile asciutto ed essenziale dell’autore ed accenni alle umane vicende ed a personaggi disegnati con quell’acutezza psicologica con cui Simenon descriveva la sua umanità piccola, piccola, la loro brevità od esiguità è tale da non rappresentare affatto in modo degno lo scrittore, nemmeno il Simenon “minore” e la loro lettura non può che indispettire gli appassionati.

data di pubblicazione:24/02/2022

BELFAST di Kenneth Branagh, 2022

BELFAST di Kenneth Branagh, 2022

Il giovane Buddy (Jude Hill) ha appena nove anni quando vede attorno a sé, nella fino allora tranquilla Belfast, cambiare all’improvviso il suo piccolo mondo, fatto di innocenti amori scolastici, giochi nelle strade del quartiere, feste e cinema con i genitori e chiacchierate con i nonni. Confuso e spaventato dovrà prendere atto che la violenza esplosa ed il conflitto religioso imporranno delle scelte a lui ed ai suoi Cari…..

 

Esce domani sui nostri schermi cinematografici il buon film di Kenneth Branagh già visto all’ultima Festa del Cinema di Roma ove, per singolare coincidenza, era stato proiettato, quasi in contemporanea ad un altro film con bambini al centro delle vicende: l’altrettanto buono C’mon C’mon che sarà in sala a Marzo … dopo gli Oscar. Con Belfast il talentuoso attore, autore e regista, la cui eclettica genialità gli consente di spaziare magistralmente dai classici Shakespeariani ad… Assassinio sul Nilo, o anche a… Thor, ha inteso esprimere il suo tenero ricordo per la sua famiglia, i nonni e la città di origine.

La storia, fondendo realtà e finzione, si ispira, infatti, alle personali vicende dello stesso Branagh. Il nostro Autore, nato e cresciuto a Belfast, è stato costretto nel 1969, all’età di nove anni, a fuggire dalla sua città verso l’Inghilterra a causa dei violenti conflitti religiosi fra protestanti e cattolici scoppiati proprio quell’anno nell’Irlanda del Nord.

La peculiarità del film è che i cambiamenti e la violenza sono visti con il filtro dello sguardo innocente ed incredulo del giovane Buddy che ha solo una comprensione parziale di ciò che avviene e di quella che fino a poco tempo prima era la vita normale e che ora non lo è più. Il tocco autoriale del regista rende il lavoro molto originale e splendidamente supportato da una fotografia in un bianco e nero molto sofisticato che restituisce tutte le atmosfere dell’Irlanda di quegli anni e del piccolo mondo della working class. Un mondo che stava già lentamente cambiando e che i conflitti sovvertiranno completamente. La minaccia della violenza obbligherà i genitori del piccolo a superare le proprie incertezze, i vincoli affettivi ed i sogni che li trattengono a Belfast e li costringerà a prendere atto che per restare fedeli ai propri valori non resterà loro che tagliare con il passato per cercare di ritrovare la tranquillità altrove pur correndo il rischio di perdere la propria identità.

Teneri ricordi che hanno segnato la vita del regista che però, intelligentemente, è abile nel riproporli solo con un po’ di nostalgia ed un velo di malinconia, evitando ogni sentimentalismo o forzatura, alternando al dramma, grazie all’uso sapiente dello sguardo infantile, momenti di humour per alleggerire le atmosfere narrative. Il ritmo è sostenuto e scorrevole, senza pause se non quelle scientemente ricercate, ed è supportato da un ottimo montaggio e da una sceneggiatura ben costruita. Come sottofondo fa da colonna sonora il leggendario Van Morrison.

Oltre all’eccezionale giovane interprete, tutto il cast è perfetto: dalla intramontabile Judi Dench (la nonna) ai genitori Jamie Dornan (il padre) e la splendida Caitriona Balfe (la madre) che danno tutti il loro apporto emotivo ed “adulto” alla narrazione.

Un buon film, un’ottima regia, una buona ricostruzione. Un film tenerissimo che indubbiamente piacerà molto e che in sapiente equilibrio fra emozione e commozione (con il rischio talora di sembrare troppo freddo e distaccato) avrà sicuramente, oltre che le sue più che meritate nomination, anche buone probabilità di vincere.

data di pubblicazione:23/02/2022


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NOMINATION OSCAR 2022 – Considerazioni

NOMINATION OSCAR 2022 – Considerazioni

Come sempre nella lista delle candidature agli Oscar 2022 rilasciata appena ieri, ci sono film che erano già considerati ed apprezzati fra i possibili favoriti e film che invece erano quasi snobbati da Critica e Pubblico. Mancano, fra l’altro, va segnalato, i contestati vincitori di due prestigiosi Festival: Titane Palma d’oro a Cannes ’21, e L’évenement Leone d’oro a Venezia ’21.

Come sempre dietro le quinte delle nomination per gli Oscar c’è stata una sorda e dura lotta fra giganti per “sensibilizzare” i circa 10.000 membri dell’Academy aventi diritto ad esprimere le candidature per le varie categorie di premi.  Si delinea ora finalmente lo scenario reale per il vero e proprio rush finale di fine mese! Questa 94ma edizione dei prestigiosi Premi sembra però annunciarsi già come una vittoria delle superproduzioni sul cinema indipendente e, in particolare, come un possibile successo della potentissima Netflix che con ben 27 nomination nelle sezioni più importanti supera di gran lunga le candidature delle altre produzioni concorrenti: le Majors Hollywoodiane, i Big Studios, e gli Indipendenti .

Ci soffermiamo, per necessità di sintesi, solo sulla categoria più importante: le 10 candidature per il Miglior Film ( degli 8 già usciti in Italia, Accreditati ne ha già recensiti 6!).

Gran favorito sia nelle sezioni principali che in quelle più tecniche appare, al momento, essere più che meritatamente Il Potere del Cane il western anomalo e psicologico dell’ottima Jane Campion che accumula ben 12 nomination aggiungendole al viatico, di solito ben augurante, dei larghi consensi ed apprezzamenti già ricevuti a Venezia ed a quelli della Critica e del Pubblico. La Campion con la sua nomination per la Migliore Regia (la seconda, 28 anni dopo quella per Lezioni di Piano) entra di fatto nella storia del Cinema perché finora mai nessuna regista donna aveva accumulato due candidature.

Seguono poi due buoni e singolari remake: il discreto ed apprezzabile science fiction kolossal Dune di Denis Villeneuve con le sue 10 nomination e poi l’immancabile e sempre bravo Steven Spielberg con le sue 7 nomination per la sua altrettanto apprezzabile personalissima “rivisitazione 2.0” del genere della commedia musicale West Side Story che nel lontano 1961 aveva fatto incetta finale con ben 10 Oscar. Un film il suo che avrebbe assolutamente meritato una distribuzione più ampia sui nostri schermi! Entrambi sono due film di genere che si rivolgono quindi ad un pubblico ristretto di appassionati ma che tuttavia per la loro autoriale qualità stilistica e realizzativa sono degni di essere visti.

Come da pronostici e favoriti hanno poi il loro più che giusto e meritato spazio, molto apprezzati sia da Critica che da Pubblico: il tenero ed autorialissimo amarcord in bianco e nero di Kenneth Branagh: Belfast (applaudito alla Festa di Roma) con ben 7 candidature fra cui anche la Miglior Regia, e poi: l’ottimo, profondo e sensibile giapponese Drive my Car di Ryusuke Hamagushi acclamato a Cannes che, fra l’altro, ottiene anche il significativo e duplice apprezzamento di concorrere in 3 categorie di primaria importanza: Miglior Regia e soprattutto contemporaneamente sia al Miglior Film sia anche al Miglior Film Straniero.

Salva l’onore il discusso e controverso e forse imperfetto Nightmare Alley del visionario Guillermo del Toro con delle candidature tecniche ed una sola nella categoria regina del Miglior Film; lo stesso dicasi per il messianico Don’t Look up di Adam McKay e per Coda di Sian Heder un delicato remake americano del fortunatissimo originale francese La famiglia Bélier.

… Poi … poi fra i candidati al Miglior Film Straniero … c’è lui … È stata la mano di Dio.

… tutto può accadere … e … non potremo allora non esserne felici per il Cinema Italiano!

La corsa prosegue ora non necessariamente secondo l’ordine delle candidature e con molte possibili sorprese.

data di pubblicazione:09/02/2022

GLI OCCHI DI TAMMY FAYE di Michael Showalter, 2022

GLI OCCHI DI TAMMY FAYE di Michael Showalter, 2022

Stati Uniti, anni ’70 ed ’80 del secolo scorso, Tammy Faye (Jessica Chastain) ed il suo carismatico marito Jim Baker (Andrew Garfield) si fanno spazio nel mondo dei televangelisti affascinando l’America profonda e creando dal nulla un network televisivo che estende i suoi interessi in molteplici attività. Un business che va ben al di là della diffusione delle parole di Fede. Chi manipola? Chi è manipolato?Tutto è ambiguo! Fino a quando …

Esce oggi nelle sale cinematografiche il film con cui si è aperta l’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma. Diciamolo subito, non resterà certo negli annali, ma potrà essere semmai ricordato essenzialmente per l’ottima interpretazione della Chastain in uno di quei ruoli “totali ed immersivi” che in America spesso portano dritti, dritti all’Oscar. La Critica autorevole pronostica già una nomination per la sua intensa interpretazione.

La Chastain dà infatti vita e sostanza al percorso esistenziale ed alla personalità atipica, fragile e, nel contempo, determinata di Tammy Faye disegnando un ritratto eccezionale ed affascinante di una donna dal carattere dai tanti risvolti. Scompare letteralmente sotto il trucco per riapparire poi come Tammy Faye a suo totale agio recitativo. È in scena costantemente e tutto il film poggia sulla sua magnifica interpretazione che, a tratti, sembra quasi intenzionalmente sfiorare la caricatura. L’attrice riesce però a discostarsene con un solo sguardo, uno sguardo intenso che fa emergere tutta la fragilità ed i tormenti interiori che si nascondono nel fondo di un personaggio complesso le cui esperienze familiari giovanili hanno influenzato le sue attese, la sua religiosità. Una Fede ed una personalità che restano fortemente ingenue ed infantili perchè condizionate da nodi irrisolti. Un essere umano che pur dietro un look ed atteggiamenti eccessivi e caricaturali, merita simpatia piuttosto che pietà e disprezzo, e… ogni volta, gli occhi della Chastain lavorano magistralmente per ricordarcelo! Una performance recitativa ed interpretativa veramente rimarchevole, tutta centrata sul contemperamento degli eccessi della personalità con l’interiorità espressiva

Nel cast oltre ad Andrew Garfield, il carismatico marito, ed allo stuolo di eccezionali secondi e terzi ruoli, va segnalata poi anche Cherry Jones (nei panni della mamma di Tammy) che con la sua capacità recitativa fa da contrappunto di concretezza nel delirio di illusioni. La regia, supportata da una buona sceneggiatura, è sapiente ed equilibrata e dimostra una buona capacità di direzione artistica in un film tutto centrato sulle esuberanze recitative. Pur rasentandolo spesso, evita abilmente di cadere nel kitsch e in altre possibili sbavature

Basato su un documentario di egual titolo il film è un classico dramma biografico costruito sulla storia della coppia di telepredicatori. Un ritratto però troppo lusinghiero e compassionevole, un’ambiguità maggiore avrebbe meglio rispecchiato la realtà, e, soprattutto, avrebbe dato alla narrazione anche un tocco di complessità e realismo maggiore. Sullo sfondo, ma non marginale, la religione dei telepredicatori come business, il ruolo dei circoli religiosi, veri organismi corporativi che operano secondo le regole delle grandi imprese capitaliste. I conflitti di idee, di interessi, le relazioni politiche, il controllo delle masse, delle donazioni, dei voti e le collusioni con il Potere.

data di pubblicazione:02/02/2022


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IL COLLEZIONISTA DI CARTE di Paul Schrader – Amazon Prime Video, 2022

IL COLLEZIONISTA DI CARTE di Paul Schrader – Amazon Prime Video, 2022

Taciturno, solitario, Bill Tell (Oscar Isaac) è un reduce dall’Iraq, da poco uscito da un penitenziario militare. Fugge da un passato che lo tormenta, è un’anima persa che cerca di espiare le colpe e redimersi. Passa da un Casinò all’altro accontentandosi di vincere poco, mettendo a frutto il talento di “contatore di carte” che ha perfezionato nei 10 anni di carcere. Incontra casualmente Cirk (Tye Sheridan), un giovane sofferente e sbandato, e lo prende sotto le sue ali protettive. Ma il Destino ha già segnato le carte…

 

 

Schrader appartiene alla Storia del Cinema Americano. E’ uno sceneggiatore leggendario (suoi gli script dei primi capolavori di Scorsese: Taxi Driver, Toro Scatenato e L’ultima tentazione di Cristo) ed è anche regista discontinuo. Oggi, a 75 anni, ci regala un bel film – di sicuro uno dei suoi migliori dai tempi di American Gigolòche, presentato a Venezia, è uscito in sala e sulle piattaforme televisive.

Non stiamo parlando di un film qualsiasi! Il Collezionista di Carte è una pellicola quasi vintage, quasi fuori del tempo e, nella forma, nei colori e nella sostanza, quasi anni ’70. Un prodotto che, ad immagine del suo impenetrabile protagonista, rifiuta ogni spettacolarità e si muove in atmosfere e ambiti molto introspettivi. Al centro, senza glamour, luce e lustrini, ci sono i casinò, il grigiore del gioco, la monotonia dell’attesa che si scoprano le carte. “Tutto è nell’attesa, finché non avviene qualcosa”, dice la voix off di Bill Tell. L’attesa del momento della Verità! Così nel Gioco, così nella Vita.

Tutto l’universo di Schrader, il suo cinema, le sue storie, sono in quelle parole: attesa, tensione, acme finale, colpa, espiazione, redenzione. Il regista continua a confrontarsi con gli stessi temi da sempre, senza però essere mai ripetitivo perché ogni volta esamina nuove e diverse sfaccettature del problema.

Tante, ovviamente, le somiglianze con Taxi Driver, tante le somiglianze tra De Niro ed Isaac. L’attore incarna il suo enigmatico personaggio con un talento magnetico, con una forza contenuta e repressa, ammirevole e geniale. La sua prestazione meriterebbe senz’altro una nomination ai prossimi Oscar. Intorno a lui un cast di ottimi co-protagonisti: il giovane e bravo Tye Sheridan, Tiffany Haddish e – in un cameo – l’amico di sempre, Willem Dafoe.

Quel che, però, rende particolare il film è una regia elegante e contenuta che mantiene sapientemente un ritmo lento in attesa della catarsi, giocando su due registri: quello iniziale del “film di giocatori e di casinò” e quello centrale, in cui gli spettatori vengono portati nel mondo di un uomo traumatizzato e di un cuore nelle tenebre. Il tutto supportato da una sceneggiatura definita al millimetro, da una messinscena sobria, quasi claustrofobica, rafforzata da una fotografia che gioca con le oscurità e da una colonna sonora originale, di grande bellezza ed efficacia.

Schrader è però bravo a salvarsi dal rischio della mera vacuità estetica e riesce a dare alla narrazione una dimensione tanto umana quanto politica. In filigrana, infatti, dietro al dramma del protagonista, c’è anche un’America con tutte le sue ipocrisie, le sue colpe e le sue macerie morali e sociali.

data di pubblicazione:29/01/2022


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