da Antonio Jacolina | Ott 19, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Tom (Edoardo Leo) laureato in lingue romanze, alleva vongole, deve avere il nulla osta della psicologa Lea (Miriam Leone) per riavere la patente … nel frattempo attorno a loro dilaga il Caos, sta per scoppiare la guerra con la Spagna e c’è di mezzo anche la Francia …
Che dire dei ben 130 minuti di questo coraggioso tentativo di fare un Action Movie all’Italiana visto alcuni giorni fa alla Festa? Si possono fare recensioni di pancia, tecniche o miste escludendo ovviamente quelle fatte per mera piaggeria o cortigianeria, quindi, a quale tipo di recensione ricorrere?
Potremmo allungare il brodo ed infilarci che il regista nell’intenzione di rappresentare il caos della nostra Società, aggiunge la guerra, le minacce che incombono, il crescente degrado di convivenza civile, il crollo dei valori, gli istinti peggiori che trovano spazio nei momenti bui, i frustrati e repressi che aspettano di rivalersi …
Ma che dire veramente del film? Essere indulgenti e girarci attorno? Infierire? Forse provare a capire perché “… i set sono pieni, ma le sale restano vuote…”.
L’idea fantapolitica è originale, coraggiosa ed attraente e sembrava promettere bene, guardando poi anche il ricco e qualificato cast gli spunti e sviluppi potevano essere tanti. Peccato! Veramente peccato! Purtroppo una volta partiti occorre poi riuscire a saper essere all’altezza delle tante e belle aspettative generate.
Il film che ne è risultato è un film con diverse imperfezioni, anzi, con più difetti che pregi!
La sceneggiatura in particolar modo è carente: dopo la bella intuizione avuta non riesce infatti a dare contenuti all’evoluzione narrativa che abbiano sostanza, spessore e che reggano alla distanza. Ne consegue che la narrazione filmica si spezzetta, quasi da subito, in un insieme di accenni, in tanti, troppi, temi e spunti messi non sempre a fuoco. Le scene così si accumulano senza essere completate e spesso sono inutili, superflue, disturbanti e poco legate con la stessa vicenda pur nei sui tanti piani di lettura intenzionali o sottintesi che siano. Il film è troppo lungo, gira a vuoto e le troppe ripetizioni lo appesantiscono impedendogli di prendere il volo e trovare la sua connotazione. Anche i bei momenti di cinema, che pur ci sono, vengono così opacizzati.
Implausibili e poco definiti sono poi pure i personaggi, troppi i personaggi che si accavallano. Gli effetti di questa carenza di scrittura e di guida ed indirizzo ricade poi sugli attori chiamati ad impersonarli. Peccato per Edoardo Leo, per Miriam Leone, per Giuseppe Battiston che ha veramente un bel ruolo (uno dei migliori) e per Stefano Fresi che invece è sacrificato in un personaggio non sviluppato a dovere.
data di pubblicazione:19/10/2022
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Jacolina | Ott 19, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Raymond (Ewan McGregor) e Ray (Ethan Hawke) sono due fratellastri, dopo essere cresciuti insieme, si sono allontanati, ma si rincontrano per raggiungere la città ove si terranno le esequie del padre violento e dispotico. Lo strambo funerale sarà l’occasione per scavare nel passato fra rabbia e dolore, ironia e follia …
Il bello ed il brutto dei Festival è che nella stessa giornata si può passare, senza soluzione di continuità, da un film più che pregevole come L’Envol ad uno solo discreto come il nuovo film scritto e diretto dal Rodrigo Garcia (figlio di Gabriel Garcia Marquez). Garcia è un attivo sceneggiatore, direttore della fotografia, regista televisivo e cinematografico apprezzato fin da quando a Cannes 2000 fu premiato per la sua Opera Prima: Le Cose che so di Lei.
Raymond & Ray è un viaggio fisico ed emotivo centrato sul passato e sul presente. Un film che resta sospeso fra il Road Movie, il Buddy Movie ed il dramma dolce amaro. Poteva essere peggio! Visto il tema poteva risultare un melodramma moraleggiante con invito al perdono ed alla riconciliazione davanti alla morte del padre anche se costui era stato dispotico, violento ed egocentrico. E’ invece un film sulle umane imperfezioni, paure ed errori cui un abile e sapiente ricorso ad una quota di umorismo e follia consente di scavare nel profondo dei protagonisti senza mai scivolare nel dramma. Semmai, c’è un giusto e sano tocco di realismo che restituisce le atmosfere autentiche del vivere quotidiano che sono fatte proprio di un incerto mix di opposte situazioni ed emozioni.
Il regista è bravo a liberarsi della tentazione e del rischio del mélo ricorrendo ad una direzione con mano leggera, ad un ritmo molto serrato e ad un susseguirsi di situazioni che evolvono velocemente e in modo naturale. Lo sostiene un’ottima sceneggiatura che rende gestibile e coerente l’alternarsi ed incrociarsi di momenti seri e momenti ironici o addirittura ilari che alleggeriscono per l’appunto il tema della pellicola. Al centro del film, anzi, il film è tutto nell’ottima performance e nella sintonia scenica dell’inedita coppia dei due protagonisti. Due grossi calibri del cinema che dialogano, duettano fra loro facendo scintille grazie a dialoghi precisi, veri, arguti e pungenti, finemente cesellati proprio sui personaggi. Una coppia di opposti che funziona benissimo in un alternarsi e succedersi di dolore, follia, assurdità, ironia e catarsi. Quando invece la vicenda si allarga oltre la coppia, il film, pur essendo bravi anche i secondi ruoli, sembra perdere vivacità, mordente e qualità e divenire, quasi ovvio e scontato.
Raymond & Ray di certo non aggiunge nulla di nuovo al Cinema,è solo un film discreto e nulla di più. Un film che si può vedere con piacere, gustarlo ed apprezzare l’interpretazione dei due attori che sanno dare vera profondità e sfumature umane ai loro rispettivi personaggi.
data di pubblicazione:19/10/2022
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Jacolina | Ott 18, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
1918, Francia rurale del Nord. Segnato dagli orrori della Guerra, Raphael (Raphael Thierry) ritorna al paese, un ambiente gretto ed ostile, trova la moglie morta e la piccola Juliette allevata dalla proprietaria della fattoria (Noémie Lvovsky). Un racconto che dura due decenni accompagnando l’infanzia e l’adolescenza della giovane Juliette (Juliette Jouan) fino a quando …
Pietro Marcello è pittore, scrittore, documentarista e regista. Dopo il successo di Martin Eden (2019) questo suo terzo lungometraggio è stato presentato con successo alla Quinzane des Réalisateurs a Cannes ’22. Un film francese diretto da un regista italiano!! Già questo la dice lunga!
Di nuovo lo spunto è un’ispirazione letteraria: un libero adattamento de Le Vele Scarlatte scritto nel 1923 dallo scrittore russo Aleksandr Grin.
Diciamolo subito! Un film controcorrente per modi, stile, eleganza, charme e modernità di linguaggio. Un film delicato, poetico, dolce e magico, diretto per di più con un tocco eccezionale, con capacità autoriale e scrittura originale. Un film piccolo e compatto che brilla di bellezza e lirismo e dalla narrazione dolce e piacevole. Un ottimo film da non perdere!
Come suo solito il regista con il suo stile narrativo sensibile ai dettagli, ondeggia a tratti fra il documentario e la fiction alternando e fondendo però con maestria le immagini, dandoci così l’illusione di continuità in una realtà idilliaca. Lo supporta una fotografia magnifica che esalta i paesaggi da sogno dando loro toni di luce caldi e morbidi. Marcello sa lavorare in modo singolare ai confini di più Generi, in equilibrio, sospeso fra il racconto, la favola e le suggestioni della Storia.
La Grande Storia vista in quella minuta, intima ed onirica dei suoi piccoli personaggi persi nella Francia profonda.
Tanto il padre Raphael è legato al legno ed alla terra, tanto la figlia Juliette è uno spirito d’aria e vola, vola via con i suoi canti e le sue parole. Canta il suo desiderio di libertà, sogna, come le ha predetto la maga del bosco, le vele scarlatte che un giorno verranno a portarla via nel mondo … Nell’attesa. Il Tempo è quasi fermo, sembra non scorrere in una realtà paesana immobile. Il regista osserva infatti la vita procedere immutata da sempre nel gretto ambiente rurale, un piccola ottusa società da cui non si può fuggire nemmeno andando a studiare in città perché le città ripropongono la stessa grettezza d’animo. Unica fuga restano l’immaginario, la fantasia, la poesia e la musica.
Il film è tutto qui, in questo disegno del reale e della poesia, incrociando l’uno con l’altra in un piccolo universo al cui centro sono la Natura e … le donne, la vera chiave verso il Futuro con la loro positività, sensibilità, forza e concretezza. Diversi i piani di lettura dell’opera: il peso del Tempo, l’ambiente cupo di un villaggio, le persone diffidenti ed ostili ed infine i sogni, rifugio di pace atemporale quasi sul filo del soprannaturale. Il ritmo del film scorre via scientemente senza scosse, aiutato da un ottimo montaggio e tenuto ben saldo dal regista. Il cast è formato dagli attori già citati e caratteristi tutti di gran talento. Raphael Thiéry dal volto rude, quasi una maschera scolpita nel legno è bravissimo e ricorda incredibilmente Michel Simon. Da segnalare poi sul finale anche il sempre fascinoso Louis Garrel.
Dopo aver visto un film come questo sarà difficile tornare alla sguaiatezza di certi nostri film! Non credete ai denigratori che vi diranno che si tratta di mera estetica senza sostanza e di vuota esaltazione romantica.
data di pubblicazione:18/10/2022
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Jacolina | Ott 17, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Jack Foley (Russel Crowe) è un giocatore d’azzardo divenuto miliardario con i diritti di un software da lui inventato. Ad un punto cruciale della sua vita riunisce i più cari amici d’infanzia in una sua lussuosa villa per una partita di poker. La partita è un pretesto, il suo piano è portarli davanti alla verità delle loro vite ed al di là dei loro intimi segreti. Ci sono però alcuni imprevisti che sconvolgono il piano originario …
Immersi nell’oceano di apparenza, di superficialità e grossolanità che ci circonda e che manifestano i nostri cosiddetti modelli sociali, non riusciamo nemmeno ad immaginare che in altri contesti sociali, culturali e religiosi chi è stato baciato dalla Fortuna e dal Successo possa avere dei valori e dei sentimenti morali e spirituali e che li professi. Russel Crowe sembra proprio averli e crederci e non avere timore di parlarne nei suoi film.
Dopo i discreti apprezzamenti avuti nel 2014 con il suo esordio alla regia con The Water Diviner in cui toccava (in un mix di film di guerra e di commedia romantica) il tema del rispetto per il dolore e della memoria degli scomparsi, è stata presentata alla Festa la sua opera seconda. Poker Face ha avuto diverse traversie produttive e Russel Crowe ne ha scritto la sceneggiatura, lo ha diretto ed interpretato.
Diciamolo subito, non si tratta certo di un capolavoro, ma credo che ciò non fosse nemmeno nelle pretese di chi lo ha realizzato. È solo un discreto film commerciale, un più che discreto B Movie e nulla di più. Ma perché mai da Crowe dovevamo aspettarci per forza un capolavoro? e perché doverlo quindi criticare se non ce lo ha dato? Il suo film è un onesto prodotto, nulla di più, e ne ha tutte le caratteristiche nel bene e nel male, semmai unisce e mischia diversi generi e tipi: il thriller, lo psicologico, il film introspettivo, il film sul gioco, sull’amicizia o d’azione. Indubbiamente la somma di tante componenti narrative, accennate, iniziate e poi abbandonate può creare disorientamento e sembrare che siano fra loro del tutto scollegate. Lo spettatore non perde però totalmente il filo narrativo perché il vero ed unico legante sono Russel Crowe, la sua perplessità davanti alla presa di coscienza della propria umana fragilità ed il significativo quesito sul senso della propria vita e sul proprio lascito esistenziale. Questo è il tema del film.
Certamente i temi evocati non sono di poco conto e di sicuro sono ben superiori alle forze, alle capacità di scrittura ed a quanto il film possa mai riuscire a poter dare, ciò non di meno, sia pure a tratti, ci sono elementi interessanti e di qualità.
Un film dunque sicuramente non perfetto anzi con delle pecche, ma in cui traspaiono però le buone intenzioni, c’è cuore, c’è impegno, ci sono sprazzi di talento, intensità ed onestà. Di certo manca molto la continuità stilistica a causa dei tanti cambi di registro. Pur con questi difetti veniali ed ammissibili in quella che è solo una “seconda prova”, il racconto si segue, la messa in scena è buona, c’è sempre sufficiente tensione, il ritmo ha i suoi tempi ben scanditi e nulla sembra essere affidato al caso. Come dicevamo, il film è essenzialmente retto tutto dall’interpretazione costante e generosa di Russel Crowe che si conferma ancora come un attore dalla recitazione e dalla presenza scenica ammirevole, buono è poi, come sempre in queste produzioni, anche il resto del cast che fa da contorno.
Nell’insieme dei film visti fino ad oggi, anche un B Movie semplicemente discreto come Poker Face riesce a brillare nell’oscurità con solo pochissime altre stelle.
data di pubblicazione:17/10/2022
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Jacolina | Ott 16, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Philippa Langley (Sally Hawkins), insoddisfatta del suo lavoro e della sua vita affettiva, si rifugia negli studi storici, appassionandosi della figura di Riccardo III, e decide di affermare la verità storica e ritrovare il luogo della sua sepoltura grazie alle sue intuizioni…
La Storia, si sa, la racconta chi ha vinto! Se poi i fatti vengono rappresentati da un Autore come Shakespeare che dipinge lo sconfitto Riccardo III come un assassino, usurpatore e deforme, la “Verità e la Storia” saranno per sempre e per tutti solo quelle dei vincitori e del Bardo. Di Riccardo III non si saprà più nemmeno dove fosse stato sepolto. Solo nel 2012 un’impiegata si metterà in testa di ritrovare i suoi resti. Ci riuscirà e avrà successo là dove da secoli tutti avevano fallito. E’ una storia tanto incredibile quanto vera.
Stephen Frears, regista ironico e provocatorio fin dagli esordi, riunisce la sua squadra di autori e ripropone la formula che aveva già usato con successo con Philomena (2013) per raccontarci ancora una volta la storia di un piccolo personaggio che lotta per ristabilire la Verità. Un outsider che riesce a vincere! Una donna alla ricerca di se stessa, che affronta ostacoli insormontabili per provare a sé e al mondo intero che merita di esser presa sul serio, apprezzata e rispettata.
…Se io, inviato anzitempo in questo mondo palpitante, scolpito a metà, così zoppo e sgradevole che i cani mi abbaiano contro se gli passo accanto… sono queste le parole che Shakespeare fa dire a Riccardo III e che colpiscono il cuore già turbato di Philippa. Dedicherà tutto il suo tempo all’impresa, confrontandosi con ricercatori, storici, archeologi e infine con le autorità e l’Università di Leicester, ove è convinta di aver individuato il luogo di sepoltura del Re sulla base delle sue sole intuizioni.
Sullo schermo Frears adotta come suo registro l’impassibilità, limitandosi a proporre i fatti ed a rappresentare in sottofondo le atmosfere di un certo ambiente sociale britannico. Leggermente enfatizzato, per dare tono alla narrazione, è invece il confronto/scontro con l’establishment universitario. Una geniale invenzione teatrale è poi l’apparizione di Re Riccardo a sottolineare le personali vibrazioni della protagonista. Un suggestivo tocco drammatico che metaforizza l’ambigua distinzione tra ciò che è reale e ciò che è solo intuìto.
La vera carta vincente del film è però l’interpretazione attoriale. Al centro di tutto e su tutti primeggia la Hawkins in un ruolo perfetto per le sue corde: viva, fragile ed al contempo determinata e coraggiosa. Con lei Steve Cogan, l’ex marito, e tutto un gruppo di buoni attori e caratteristi, precisi nei loro ruoli.
The Lost King è in definitiva un film piccolo ma interessante. Un film molto inglese, con un leggero tocco sentimentale che aggiunge un po’ di zucchero senza farlo mai risultare stucchevole.
data di pubblicazione:16/10/2022
Scopri con un click il nostro voto:
Gli ultimi commenti…