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LIBRE di  Mélanie Laurent, 2024

LIBRE di Mélanie Laurent, 2024

(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)

Francia fine anni ’70 ed inizi anni ’80. Bruno Sulak (Lucas Bravo) insieme alla sua compagna e ad un amico, senza mai far ricorso alla violenza, rapina supermercati e poi gioiellerie di ogni tipo. Suo obiettivo è rubare ai ricchi per motivi personali e politici. La polizia si pone alla sua caccia con sempre maggiore impegno. Si apre una serie avventurosa di furti, inseguimenti, catture e rocambolesche fughe ed evasioni …

Anche le ciambelle francesi possono uscire senza il buco!

La Laurent è un’artista talentuosa e poliedrica. Attrice, cantante, sceneggiatrice è anche passata dietro la cinepresa ormai da qualche anno. Libre è il suo ottavo lungometraggio ed è centrato sui personaggi e sul mondo della cronaca poliziesco-giudiziaria. Un biopic molto romanzato ispirato alle vicende di un fuorilegge molto noto in Francia per le sue geniali rapine, per i gesti spettacolari e per le fughe ed evasioni. Tutto senza mai un atto di violenza fisica ma solo agendo con scaltrezza, audacia ed ingegnosità.

Educato, elegante, piacevole, carismatico e con un volto d’angelo Sulak è come un moderno Arsenio Lupin, un Robin Hood dalle mani pulite. Per la sua cattura si è mobilitata la polizia tutta ed il capo della Criminale. Un poliziotto tutto all’antica rispettoso dei codici d’onore e dell’avversario.

Il film della Laurent rende particolare omaggio all’umanità, all’intelligenza strafottente del rapinatore. Ai suoi sentimenti per la Libertà, per l’Amore e per l’Amicizia.

Ma… dicevamo, la ciambella questa volta è proprio uscita senza buco!

Non ci troviamo infatti nel solito meccanismo filmico in cui tutto è perfettamente equilibrato per ritmo e per sottigliezza di linguaggio cinematografico. La sensazione che fin dall’inizio resta addosso allo spettatore è che il film, a tratti, giri a vuoto o meglio su se stesso con una tendenza a ripetersi o a dilungarsi in frammenti insignificanti nello sviluppo creativo.

La sceneggiatura è infatti debole e scontata. Il film non trova il suo giusto ritmo e perde man mano tono, brio ed incisività. Le alchimie attoriali non funzionano bene. Alcune sequenze sono troppo insistite e manca l’armonia generale. Un film d’azione e tensione in cui c’è invece poca azione e la tensione non monta mai.

Libre è quindi solo un prodotto di genere, semplice e convenzionale privo di particolare originalità che non riesce a trovare la sua giusta dimensione. Un normale film commerciale destinato ad offrire solo un’occasione di svago e che non aspira ad altro che essere ciò che è. Peccato!

Molto probabilmente è un prodotto nato per essere destinato ad una visione non cinematografica e per un pubblico non troppo esigente.

data di pubblicazione:20/10/2024







LIBRE di  Mélanie Laurent, 2024

LA PIE VOLEUSE di Robert Guédiguian, 2024

(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)

Maria (A. Ascaride) non più giovane si arrangia assistendo con sincera dedizione diversi anziani. Di tanto in tanto però ruba qualche soldo un po’ qui e un po’ là. Lo fa per le sue precarie condizioni economiche (il marito gioca a carte) e per qualche golosità. Si allarga però più del solito per noleggiare un pianoforte e far prendere lezioni al suo giovanissimo nipotino. Per un intreccio di coincidenze viene scoperta e denunciata. Si creerà uno scompiglio non del tutto negativo che coinvolgerà più famiglie …

 

Per precisa volontà o forse solo per mera coincidenza alla Festa del Cinema sono stati presentati in solo due giorni ben cinque film francesi! La cinematografia francese è di una vitalità in crescita costante per produzioni, incassi, qualità, apprezzamenti e visibilità internazionale. Un Cinema spesso d’Autore che riesce sempre a combinare consapevolezza artistica e capacità di interagire con i gusti del pubblico delle sale. Un’ottima salute per merito sicuramente dei tanti talenti ma anche delle politiche governative di sostegno alla produzione ed alla distribuzione dei prodotti di qualità. Siamo arrivati al punto che ormai i film francesi passati sui nostri schermi l’anno scorso si avvicinano a competere con gli Stati Uniti il primato dei film stranieri distribuiti in Italia.

Con La Pie Voleuse suo 23° lungometraggio, Guédiguian si è definitivamente lasciato dietro le spalle le cupezze di Gloria Mundi (2019) e riprende e sviluppa l’ottimismo della speranza di Et la fete continue (2023) per trasportarlo in una favola marsigliese. Una commedia drammatica a lieto fine in cui i sentimenti sono – apparentemente – un po’ più centrali rispetto ai soliti temi sociali.

Come è noto, il regista francoarmeno è un Autore arrabbiato ed impegnato. L’equivalente francese del britannico Ken Loach. A differenza del collega inglese preferisce però centrarsi sul dramma dei mutamenti dei valori causati dal capitalismo sulla Società tutta e su quella marsigliese in particolare. Torniamo infatti ancora una volta a Marsiglia.

Con la sua città il cineasta ritrova anche il suo gruppo di amici ed attori. Primi fra tutti la coppia Ascaride e Darroussin. La loro chimica recitativa fa di nuovo meraviglie. Attorno a loro gli altri comprimari di sempre. Giovani ed anziani, tutti egualmente bravi e complici nel dar vita e cuore ai loro personaggi. All’apparenza sembra un film corale. In realtà il fil rouge che lega le varie vicende sono due splendide figure femminili. Due donne forti, una matura presa fra malinconie e sogni, l’altra giovane ma volitiva e determinata nelle sue decisioni. Al cuore della vicenda ci sono sempre la precarietà economica e sociale e le solitudini. Le devastazioni che l’individualismo capitalista ha prodotto sulle aspettative. La malinconia che ne deriva, ci dice Guédiguian, non è però rinuncia o sconfitta. Ci sono certo i problemi ma ci sono anche le soluzioni, prevedibili o imprevedibili, che scaturiscono dalla solidarietà derivante dai legami di cuore o di amicizia.

Il film naviga con sensibilità in questa specie di commedia sentimentale e scorre con fluidità, forte di un’ottima sceneggiatura arricchita da dialoghi vivi. Splendide le musiche e le citazioni poetiche. Un vero inno alla forza della cultura!

La pie voleuse senza essere un melò è un film toccante che sembra uscito da un’altra epoca. Un film che sa alleggerire i tratti lirici e malinconici con humour e levità perché, ci ripete Guédiguian, c’è sempre l’ottimismo della Speranza! Un bel momento di Cinema.

data di pubblicazione:19/10/2024








LIBRE di  Mélanie Laurent, 2024

L’ART D’ETRE HEUREUX di Stefan Liberski, 2024

(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)

J.Y. Machond (B. Poelvoorde) è un modesto e velleitario pittore “concettuale” che vive e lavora a Bruxelles. Insoddisfatto della sua vita artistica e personale è ad un punto critico. Quale migliore soluzione allora che stabilirsi nel luogo simbolo degli impressionisti, a Etretat in Normandia. Lì potrà avere i giusti stimoli ed ispirazioni atte a rigenerarlo come uomo e come artista e dipingere finalmente il capolavoro che gli darà l’auspicata fama e gli cambierà la vita. I luoghi, le scogliere, i panorami e gli incontri soprattutto quello con un pittore figurativo locale e con Cécile (C. Cottin) gallerista bella, intrigante e manipolatrice, gli faranno scoprire non la via per l’Arte ed il successo ma quella “molto più semplice” per la Felicità…

I cineasti francesi e con loro anche i belgi, non è nemmeno più una notizia ma solo l’ennesima conferma, sono divenuti ormai dei veri maestri nella capacità di proporre, scrivere, interpretare e realizzare commedie. Commedie di volta in volta divertenti, tenere, brillanti o anche agrodolci ma sempre eleganti, ben fatte e garbate. Film che sono spesso anche dei piccoli gioiellini cinematografici capaci di affrontare con coraggio e sensibilità anche temi seri e di mettere d’accordo il diavolo e l’acqua santa cioè Botteghino e Critica. Scoperte sempre gradite ed apprezzate, divenute quasi consuetudine qui alla Festa del Cinema di Roma.

Liberski, artista multiforme – regista, scrittore e sceneggiatore – è il primo a presentarsi al pubblico della Festa con questa sua piccola commedia con cui torna a dirigere dopo 10 anni. Affronta con garbo, empatia, ironia e leggerezza un tema non banale e certamente non da poco: come essere felici e come cogliere i veri valori della Vita. Il suo film ed il suo protagonista richiamano subito alla mente Jacques Tatì ne Le vacanze di Monsieur Hulot ed un non lontano film di successo: Emotivi Anonimi (2011). Anche oggi come allora al centro della vicenda ci sono personaggi candidi, teneri e fragili, quasi surreali, che la vita ha costretto ai margini e che hanno difficoltà ad esprimere i loro veri talenti. Personaggi onesti ed impacciati in cui ancora una volta lo spettatore potrà riconoscersi e sentirsi poi partecipe dei loro sforzi nel susseguirsi di situazioni sia divertenti che toccanti.

Come sempre dietro questi piacevoli risultati c’è un’ottima sceneggiatura, ben scritta, ben costruita in ogni suo elemento dall’inizio alla fine senza mai una caduta di tono. La messa in scena nella splendida Normandia è curata. Il ritmo è molto sostenuto e vivace. Il montaggio è serrato e non lascia tempi morti. I dialoghi poi sono sempre eccellenti, più che mai cesellati al dettaglio, veri e credibili e soprattutto coerenti con i personaggi. Al centro ovviamente i due protagonisti bravi a dar vita e corpo ai loro ruoli, perfetti nei tempi comici e capaci di esprimere con finezza, realismo e profondità interpretativa la girandola di sentimenti ed emozioni, la vulnerabilità e lo spaesamento. Oltre al perfetto stuolo di secondi ruoli concorre a dar manforte alla coppia anche F. Damiens splendido comprimario nei panni del pittore e bon vivant locale.

L’Art d’etre heureux è dunque una gradevole opportunità per andare al cinema e godersi una commedia tenera, profonda, ben scritta, ben diretta e ben interpretata. Un film che ci farà sorridere in modo intelligente ed anche riflettere, impartendoci anche una lezione di saggezza e di filosofia di Vita. Non poco e, soprattutto, non da tutti.

data di pubblicazione:18/10/2024








LIBRE di  Mélanie Laurent, 2024

EN FANFARE di Emmanuel Courcol, 2024

(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)

Thibault (B. Lavernhe) è un apprezzato direttore d’orchestra a livello internazionale. Gli è stata diagnosticata la leucemia e deve fare delle indagini mediche per un possibile trapianto di midollo. Scopre di essere stato adottato e di avere un fratello di sangue anche lui adottato. Jimmy (P. Lottin) vive in un villaggio vicino a Lille nel Nord della Francia. Sono stati adottati a pochi mesi, uno da una famiglia dell’alta borghesia, l’altro da una famiglia operaia. Anche il secondo ama la musica. Suona però il trombone in una banda di paese che è alla ricerca di un capobanda. Diversi per esperienze di vita, estrazione sociale, livelli culturali e per carattere i due fratelli impareranno a conoscersi e…

Prima della Festa di Roma, En Fanfare è stato presentato con buoni giudizi, nella sezione Première a Cannes 2024. Questo quarto lungometraggio di Courcol che lo ha scritto, diretto ed interpretato, va detto subito, è senz’altro un buon lavoro! L’autore conosce bene il suo mestiere, sa come scrivere, dirigere e come e quando toccare con levità il cuore degli spettatori. Conosce i tempi comici e gli equilibri fra il dolce e l’amaro. In modo particolare, sa circondarsi anche di attori di talento.

Il film ha l’intelligenza di non prendersi troppo sul serio pur essendo confezionato alla perfezione per cogliere la sensibilità del pubblico. A parte lo spunto drammatico iniziale, al suo centro ci sono soprattutto l’amore fra fratelli, le identità familiari e le adozioni, il determinismo sociale, il conflitto e le disparità economiche e culturali ed infine la Musica. La bellezza e la forza della Musica.

Senza mai eccedere né in seriosità né in banalizzazioni la grazia di En Fanfare è proprio nella capacità del regista e dei suoi interpreti di restare in equilibrio sulle varie sfaccettature della vicenda narrata senza mai privilegiare un tema rispetto ad un altro. Tutto un abile gioco di dettagli e sfumature che consente di mettere gioia ed humour nei momenti difficili e mantenere un tono brioso e leggero anche nei momenti seri.

Un buon film senza grandi pretese che non si pone in cattedra né tantomeno scivola nel melodramma o nei tanti possibili cliché. La chiave di tutto è ovviamente una sceneggiatura attenta e dettagliata coerente con dialoghi ben scritti e reali. I ritmi sono incalzanti in una giusta alternanza fra momenti seri e spazi comici. La musica è ovviamente al centro di tutto e quindi la colonna sonora non può che essere complice e sublime fino al magnifico finale. Il cast tutto, compresi i secondi ruoli, è in stato di grazia, vivace, convincente e mai esagerato.

En Fanfare è quindi una piccola emozionante commedia di caratteri che ha quel piccolo buon sapore rassicurante delle cose già viste e conosciute. Ci seduce con la sua grazia, la sua sincerità e la sua tenera semplicità. Buon vecchio cinema popolare nel senso più nobile del termine. Un simpatico ed intelligente feel good movie che farà passare buoni momenti con sorrisi, risate ed anche qualche lacrima. Ciò che ci si attenderebbe dal cinema “sotto casa” e che alla Festa è stato a lungo applaudito.

data di pubblicazione:18/10/2024








MEGALOPOLIS di Francis Ford Coppola, 2024

MEGALOPOLIS di Francis Ford Coppola, 2024

Un futuro lontano e distopico. Una città, cuore dell’Impero, che sembra ed è New York ma si chiama New Rome… Cesare Catilina (A. Driver) è un geniale architetto ed ingegnere che ha la capacità di fermare il Tempo. Utopisticamente intende rifondare la Città e lo Stato su nuovi modelli e valori. Il suo progetto prevede la demolizione di parte dell’esistente e la riedificazione con l’utilizzo di un materiale da lui inventato. Il MEGALON (da cui il titolo) ecologico ed inalterabile. Gli si oppongono l’establishment ed i centri di Potere. In primis Cicero (G.Carlo Esposito) il sindaco conservatore, colluso e corrotto e la ricca famiglia dei Crasso (J. Voight e S. LaBoeuf). Sullo sfondo amori contrastati, matrimoni, feste ed orge, intrighi, lotte di Potere, congiure, tentati omicidi ed una nascita salvifica frutto dell’Amore…

 

La decadenza di New York e, per traslato, la decadenza dell’Impero Americano e della Civiltà Occidentale paragonata al declino ed alla caduta di Roma e del suo Impero sotto il peso delle lotte di Potere, della cupidigia e degli interessi personali di pochi privilegiati politici.

Dopo 13 anni F. F. Coppola torna dietro la cinepresa e lo fa con un’opera ambiziosa e visionaria che fonde in sé più generi, dal dramma fino alla fantascienza… e… forse ne crea anche uno nuovo. Una favola futurista trattata come fosse una tragedia shakespeariana. Una realizzazione grandiosa, geniale ed eccessiva. Una messa in scena ricca, strabordante e barocca. Un taglio che più che satirico è quasi farsesco. Interpretazioni attoriali ridondanti ed enfatiche. Una scommessa ambiziosa tanto folle quanto provocatoria ma pur sempre geniale.

Coppola, si sa, ha già rivoluzionato la Storia del Cinema con i suoi capolavori: Il Padrino, La Conversazione, Apocalypse Now e Dracula. Certamente non ha più nulla da dimostrare a sé o agli altri. Dal suo alto scranno dà quindi libero sfogo alla propria smisurata fantasia ed ambizione, alla caotica libertà dei suoi sogni ed ai suoi eccessi creativi. Fa quello che vuole! Ad 85 anni si regala il più costoso giocattolo e svago personale pagandoselo di tasca propria. Ben 120 milioni di dollari per finanziarsi un sogno inseguito per oltre 40 anni, scritto e riscritto oltre 300 volte! Un film sperimentale con cui continua a giocare con la sostanza e la forma. Probabilmente un modo nuovo di raccontare che sottende però anche la necessità assoluta di un diverso modo di gustare ed apprezzare un film da parte del pubblico. Una modalità che rifugge da ogni precedente convenzione. Secondo il regista ”C’è un solo vero critico cinematografico al di sopra di gusti, invidie e rancori: il Tempo!” Il test del Tempo gli ha già dato ragione quasi mezzo secolo fa con Apocalypse Now. Vedremo questa volta. Difficile rifare il bis? Si vedrà.

Ben attenti, per convinzione personale e per serietà, a non accodarci all’onda modaiola, conformista e supponente delle stroncature e critiche negative e derisorie, dobbiamo dire che Megalopolis è un film che non si può valutare, osannare o anche condannare dopo una sola prima visione. Ce ne vorrebbero non due o tre, ma forse una decina prima di poter trovare la chiave di lettura e di giudizio all’interno del Caos onirico, della ridondanza barocca, delle innovazioni, delle provocazioni e della indubbia genialità. Al momento occorre solo che lo spettatore si immerga nello spettacolo, si affidi e si lasci travolgere, senza domande, dal flusso di un’opera dall’energia e dall’inventiva visuale impressionanti anche quando sembra che tutto giri a vuoto. E… lo sembra spesso! L’ispirazione è il Caos stesso e dentro c’è di tutto e di più: citazioni di altri Maestri da Godard a Malick, da Fellini a Nolan, satira, farsa, storie d’amore lagrimevoli, il Kitsch, il Trash, superpoteri, citazioni filosofiche di poeti ed imperatori, dialoghi risibili, riferimenti shakespeariani, metafore elementari, giochi circensi, veli trasparenti, pepli, fumetti, Opera, Teatro, un pizzico di Storia Romana ed un po’ di latino quanto basta. Il film sembra nutrirsi schizofrenicamente di tutto questo eccesso per poi provvedere a restituirlo allo spettatore che ne sarà o irritato e disgustato oppure coinvolto ed affascinato. Nulla è prevedibile. Tutto potrà avvenire. Ognuno dovrà ben valutare se cimentarsi o meno con il rischio!

La messa in scena, si è detto, è spettacolare. La sceneggiatura è ondivaga. Il montaggio lascia talora sconcertati. Il ritmo narrativo è irregolare. La recitazione del cast stellare è scientemente enfatica e quasi caricaturale. I dialoghi sono teatrali e bizzarri. Il tocco cui ci aveva abituati il Maestro si riconosce solo a tratti.

Megalopolis di certo è un film che conferma quanto Coppola sia bravo nel creare. Però conferma anche quanto il suo sguardo cinematografico ed i suoi parametri siano fermi agli anni 80 e 90 del secolo scorso Quanto anche le sue riflessioni siano superate e datate.

Cosa è allora Megalopolis? Difficile dire. Un esercizio di stile? Una innovazione? Una provocazione? Uno scherzo di un megalomane ormai libero da ogni logica rappresentativa? Una semplice raccolta di immagini superflue e scoordinate? Un futuro capolavoro o un attuale obbrobrio? Alla fine della proiezione- ribadiamo- lo spettatore potrà sentirsi tanto disgustato e sconcertato quanto invece affascinato e sorpreso. Comunque sia si chiederà: ”Ma se non sapessi già che è un film di Coppola cosa ne penserei davvero?”

Sicuramente Megalopolis è spettacolo, per il resto ad ognuno la prova con coraggio e passione. D’altra parte bisogna fare come diceva Lino Ventura: “…i film li scelgo, come scelgo un Amore, correndo dei rischi!”.

data di pubblicazione:18/10/2024


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