da Antonio Jacolina | Ott 25, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
New York. Anora (Mikey Madison) lavora in uno strip club. Qui incontra Ivan giovane figlio di un oligarca russo. Il ragazzo la fa entrare nel suo universo di lusso e denaro facile. Dopo una settimana vissuta in esclusiva con lei a suon di dollari, se ne invaghisce. Anora accetta entusiasta un precipitoso matrimonio a Las Vegas. I ricchi genitori alla notizia volano con il loro jet dalla Russia a New York e nel frattempo mandano i loro scagnozzi a porre fine all’improbabile storia…
Contro tutti i pronostici e confermando il tradizionale disaccordo fra Giuria e Critica, lo sceneggiatore e regista americano Sean Baker ha vinto la Palma D’Oro a Cannes ’24 con il suo settimo lungometraggio Anora. Come già con Red Rocket, presentato a Cannes e a Roma nel 2021, il cineasta prosegue la sua personale ricerca. Lo sguardo cinematografico di Baker continua infatti a posarsi sugli esclusi dall’american dream. Il suo script si concentra irridente su un Paese ormai corrotto dal desiderio del denaro facile. La sua è una colorita esplorazione dell’America marginale ed una riflessione arguta sull’inconciliabile incontro fra chi vive sulla soglia del benessere e chi invece è straricco. La Società che descrive è un contesto in cui ormai le differenze di classe sono insormontabili ed i due universi sono lontani anni luce fra loro. La forza del denaro non trova più confini. In una notte si può arrivare dalla Russia in America per esercitarvi con indifferenza le proprie prepotenze con l’arroganza di chi avendo i soldi ne ha anche il Potere.
Per Baker non è più tempo di favole o di sogni. Non siamo ad Hollywood né negli anni ’90. La Pretty Woman e la Cenerentola del Nuovo Millennio sono molto lontane dal loro precedente romantico ed ottimista. Non c’è più un Richard Gere innamorato ma un ragazzo inetto, viziato menefreghista che passa il suo tempo a divertirsi.
Al centro del film, vero punto di svolta narrativo di accelerazione del ritmo e cambiamento dei toni, c’è uno splendido piano sequenza. L’incontro scontro comico e surreale fra Anora e gli inetti sgherri mandati dai genitori russi. Gli fa seguito una corsa notturna per le vie di New York alla ricerca di Ivan, splendido rimando a Tutto in una notte di J. Landis. Complice attento del regista è un cast perfetto sia nei primi che nei secondi ruoli. Su tutti brilla per simpatia, bravura e tempi comici la giovane Mikey Madison.
Anora è una commedia vivace con un ritmo serrato e frizzante in crescendo che fa ridere e anche riflettere. Ben scritto, ben diretto e ben interpretato è un film gradevole che mantiene ciò che promette ed intrattiene piacevolmente.
data di pubblicazione:25/10/2024

da Antonio Jacolina | Ott 24, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Iran. Iman dopo anni di attesa viene nominato giudice istruttore al Tribunale Rivoluzionario di Teheran. La sua promozione porterà benefici a tutta la famiglia. Dovrà però subire le forti pressioni politiche e sottoscrivere condanne a morte. Scoppiano le proteste giovanili in tutto il Paese e scatta la repressione. La dura realtà entra anche nel suo nucleo familiare. Aumentano i contrasti, le paure, i sospetti. Tutto implode quando …
L’ultimo lungometraggio di Rasoulof merita ampiamente il Premio Speciale assegnatogli a Cannes 2024. Si tratta di un ottimo lavoro! Tra i migliori dell’anno. È un film di fattura classica ed altamente lirico in cui storia privata e vicende pubbliche si incrociano drammaticamente. Ottimo per la sua forza intrinseca, la sua intensità e la sua energia narrativa che non si diluisce né si riduce nonostante la durata di quasi tre ore. Un’opera rigorosa sul processo di disumanizzazione che i sospetti, le ambiguità e la violenza incombente possono produrre sugli affetti familiari, sui singoli e sulle masse. The seed of the sacred fig è scritto e diretto con mano ferma ed interpretato da un trio di attrici eccezionali. Stilisticamente attraversa scientemente tutti i generi cinematografici per evidenziare le tante contraddizioni dell’Iran di oggi. È una cronaca familiare, un dipinto sociale, un film politico, un road movie, un poliziesco, un thriller una denuncia ed un grande poema di dolore.
Al centro di questo lungo e lento fluire narrativo c’è la piccola famiglia del giudice, facile metafora di una parte per il tutto. Cuore pulsante e determinante sono invece tre donne, la madre che mantiene l’equilibrio domestico e le sue due giovani figlie una universitaria e l’altra adolescente. Al compiacimento iniziale per la promozione del capo famiglia subentra presto la presa di coscienza dei tanti condizionamenti che la cosa comporterà per essere ligi e conformi alle regole e ai valori ritenuti consoni dal Potere. Questa presa d’atto, la contemporanea esplosione delle grandi proteste giovanili, la violenta repressione e la cruda realtà che entra in casa tramite i social media usati dalle ragazze innescano un crescendo di tensione. La pressione aumenta fino all’implosione quando scompare la pistola di servizio assegnata al padre. Tutto precipita.
Paura, sospetti, interrogatori e paranoia. Il film, con una messa in scena degna dei migliori film d’azione americani, cambia all’improvviso dimensione, ritmo e stile. Si trasforma da studio psicologico che era in un thriller schizoide con un padre divenuto orco che sequestra le sue donne, le incarcera, le insegue… Un crescendo in cui il regista lancia il suo messaggio politico di speranza sull’intelligenza e le infinite risorse delle giovani iraniane.
The seed of the sacred fig è un’opera che con il suo stile, i suoi tempi, i suoi ritmi affascina lo spettatore, lo cattura per lasciarlo con il fiato mozzato nel superbo finale. Un lavoro d’autore i cui echi ci risuoneranno dentro a lungo.
data di pubblicazione:24/10/2024

da Antonio Jacolina | Ott 22, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Messico. Manitas (Karla Sofia Gascòn) capo di un cartello della droga ingaggia un’avvocatessa (Zoe Saldana) brillante ma intrappolata in un lavoro senza avvenire. Le offre l’opportunità della sua vita. Simulare la sua morte, provvedere a sistemare la moglie (S. Gomez) ed i due figli in Svizzera e poi… Poi aiutarla a realizzare il suo più grande desiderio, divenire ciò che ha sempre desiderato di essere veramente. Divenire donna! Poter così vivere apertamente ed autenticamente la vita con la sua intima identità. Manitas sarà Emilia Pérez! ma…
Al giro di boa della seconda settimana della Festa arrivano i pezzi da novanta. I film e gli Autori che hanno già avuto riconoscimenti importanti.
Audiard è uno sceneggiatore e regista ampiamente affermato ed apprezzato. Dal ’94 ad oggi ha diretto solo dieci film, eppure ha già fatto ampia collezione dei premi maggiori a Cannes ed a Venezia e gli manca ormai solo l’Oscar. Emilia Pérez è il film dell’anno! A mio parere ha anche ottime chances di entrare fra le nomination finali e di vincere!
Il cineasta francese è un autore che ha già dimostrato di sfuggire agli schemi e di saper abilmente cambiare registro ad ogni suo lavoro. Ha vinto la Palma d’Oro con un film sull’immigrazione, un Grand Prix con uno carcerario, un Leone d’Argento rivisitando il western, ha narrato storie d’amore… Con questa sua nuova realizzazione, per cui a Cannes ’24 si è dovuto accontentare del Premio della Giuria e di quello per la Migliore Interpretazione Femminile dato ex aequo alle sue quattro protagoniste, ci sorprende ancora di più e ci regala il mai visto finora!
Un film immenso, visualmente mozzafiato ed estremamente profondo. O meglio, tre film in uno del tutto nuovo ed innovativo. Un thriller, una commedia mélo ed un musical. Il neonoir alla Michael Mann fuso con le esagerazioni liriche alla Almodovar che confluiscono insieme in un musical. Si badi bene, non in uno alla Broadway fatto di virtuosismi canori ma, al contrario, in uno con musiche, ritmi, sonorità e testi particolari e coinvolgenti che rimandano alle voci, ai brusii e ai rumori della realtà. Una musica che fa risuonare le parole, le lega fra loro e le collega alla messa in scena con coreografie perfette. Un’esperienza fisica pirotecnica. Sulla carta una scommessa tanto improbabile quanto coraggiosa e folle. Audiard avanza infatti su un filo sottile e ad ogni istante potrebbe cadere nel grottesco e nell’eccessivo. Sa invece molto bene quel che vuole e lo sa fare. Riesce a mantenersi su una rotta in cui tutto si concilia e si amalgama in un “nuovo”. Un nuovo fatto di incroci fra opposti e di audacie formali. Dopo l’immediato sconcerto occorre solo lasciarsi catturare e trasportare dal film, abbandonare la ragione e gli schemi, farsi prendere dalle emozioni e accettare il Cinema per quel che veramente è. Una magia, una macchina per inventare, per fingere e per illudere. L’autore infatti fondendo, con giochi visivi audaci, il maschile con il femminile, la violenza con la grazia, il polar con il mélo, la rabbia con i canti liberatori ha ottenuto un nuovo genere cinematografico. Quale? Non si può ancora sapere! E questa è tutta la forza e la novità del film. Vero Cinema totale!
Tanto più assurda sembra la vicenda, tanto più brillante è il risultato. Il Cineasta non si pone alcun limite al rischio di flirtare con l’inverosimiglianza, ciò che conta per lui è superare i limiti possibili del Cinema. Al centro del film i temi della trans identità, le ambiguità morali, le identità culturali. Storie di emancipazione, di realizzazione, di redenzione e di libertà. Libertà di essere ciò che si sente di essere dentro. Voglia di Potere e desiderio di essere amati per quel che si è. I destini di quattro donne capaci di reinventarsi, di battersi e di imporsi fra sogni, desideri, furori, rancori e rabbia vendicativa. Il regista gioca con le immagini in modo virtuoso. Immerge i suoi personaggi ora in luci ovattate, ora fluorescenti, ora cupe. Taglia lo schermo in due e poi in tre. Fa cantare le proprie eroine in mezzo a decine di figuranti. Il ritmo è incalzante. I testi sono vibranti. La messa in scena è magistrale e del tutto innovativa. Le coreografie perfette. Il cast è eccezionale e giustamente premiato. Le protagoniste sono veramente al vertice delle loro capacità artistiche. La coppia Gascòn e Saldana brilla su tutte e tutti ed è il cuore pulsante del film. In particolare la Gascòn, una vera epifania!
Emilia Pérez è quindi un film ridondante, smisurato e barocco, tanto folle quanto creativo che cattura e ammalia lo spettatore fino allo sconvolgente finale. Uno spettacolo totale. Un film che non può essere visto che in sala, su un grande schermo e con l’audio al massimo. Un’opera di una modernità e di una libertà geniali.
data di pubblicazione:22/10/2024

da Antonio Jacolina | Ott 20, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Francia fine anni ’70 ed inizi anni ’80. Bruno Sulak (Lucas Bravo) insieme alla sua compagna e ad un amico, senza mai far ricorso alla violenza, rapina supermercati e poi gioiellerie di ogni tipo. Suo obiettivo è rubare ai ricchi per motivi personali e politici. La polizia si pone alla sua caccia con sempre maggiore impegno. Si apre una serie avventurosa di furti, inseguimenti, catture e rocambolesche fughe ed evasioni …
Anche le ciambelle francesi possono uscire senza il buco!
La Laurent è un’artista talentuosa e poliedrica. Attrice, cantante, sceneggiatrice è anche passata dietro la cinepresa ormai da qualche anno. Libre è il suo ottavo lungometraggio ed è centrato sui personaggi e sul mondo della cronaca poliziesco-giudiziaria. Un biopic molto romanzato ispirato alle vicende di un fuorilegge molto noto in Francia per le sue geniali rapine, per i gesti spettacolari e per le fughe ed evasioni. Tutto senza mai un atto di violenza fisica ma solo agendo con scaltrezza, audacia ed ingegnosità.
Educato, elegante, piacevole, carismatico e con un volto d’angelo Sulak è come un moderno Arsenio Lupin, un Robin Hood dalle mani pulite. Per la sua cattura si è mobilitata la polizia tutta ed il capo della Criminale. Un poliziotto tutto all’antica rispettoso dei codici d’onore e dell’avversario.
Il film della Laurent rende particolare omaggio all’umanità, all’intelligenza strafottente del rapinatore. Ai suoi sentimenti per la Libertà, per l’Amore e per l’Amicizia.
Ma… dicevamo, la ciambella questa volta è proprio uscita senza buco!
Non ci troviamo infatti nel solito meccanismo filmico in cui tutto è perfettamente equilibrato per ritmo e per sottigliezza di linguaggio cinematografico. La sensazione che fin dall’inizio resta addosso allo spettatore è che il film, a tratti, giri a vuoto o meglio su se stesso con una tendenza a ripetersi o a dilungarsi in frammenti insignificanti nello sviluppo creativo.
La sceneggiatura è infatti debole e scontata. Il film non trova il suo giusto ritmo e perde man mano tono, brio ed incisività. Le alchimie attoriali non funzionano bene. Alcune sequenze sono troppo insistite e manca l’armonia generale. Un film d’azione e tensione in cui c’è invece poca azione e la tensione non monta mai.
Libre è quindi solo un prodotto di genere, semplice e convenzionale privo di particolare originalità che non riesce a trovare la sua giusta dimensione. Un normale film commerciale destinato ad offrire solo un’occasione di svago e che non aspira ad altro che essere ciò che è. Peccato!
Molto probabilmente è un prodotto nato per essere destinato ad una visione non cinematografica e per un pubblico non troppo esigente.
data di pubblicazione:20/10/2024

da Antonio Jacolina | Ott 19, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Maria (A. Ascaride) non più giovane si arrangia assistendo con sincera dedizione diversi anziani. Di tanto in tanto però ruba qualche soldo un po’ qui e un po’ là. Lo fa per le sue precarie condizioni economiche (il marito gioca a carte) e per qualche golosità. Si allarga però più del solito per noleggiare un pianoforte e far prendere lezioni al suo giovanissimo nipotino. Per un intreccio di coincidenze viene scoperta e denunciata. Si creerà uno scompiglio non del tutto negativo che coinvolgerà più famiglie …
Per precisa volontà o forse solo per mera coincidenza alla Festa del Cinema sono stati presentati in solo due giorni ben cinque film francesi! La cinematografia francese è di una vitalità in crescita costante per produzioni, incassi, qualità, apprezzamenti e visibilità internazionale. Un Cinema spesso d’Autore che riesce sempre a combinare consapevolezza artistica e capacità di interagire con i gusti del pubblico delle sale. Un’ottima salute per merito sicuramente dei tanti talenti ma anche delle politiche governative di sostegno alla produzione ed alla distribuzione dei prodotti di qualità. Siamo arrivati al punto che ormai i film francesi passati sui nostri schermi l’anno scorso si avvicinano a competere con gli Stati Uniti il primato dei film stranieri distribuiti in Italia.
Con La Pie Voleuse suo 23° lungometraggio, Guédiguian si è definitivamente lasciato dietro le spalle le cupezze di Gloria Mundi (2019) e riprende e sviluppa l’ottimismo della speranza di Et la fete continue (2023) per trasportarlo in una favola marsigliese. Una commedia drammatica a lieto fine in cui i sentimenti sono – apparentemente – un po’ più centrali rispetto ai soliti temi sociali.
Come è noto, il regista francoarmeno è un Autore arrabbiato ed impegnato. L’equivalente francese del britannico Ken Loach. A differenza del collega inglese preferisce però centrarsi sul dramma dei mutamenti dei valori causati dal capitalismo sulla Società tutta e su quella marsigliese in particolare. Torniamo infatti ancora una volta a Marsiglia.
Con la sua città il cineasta ritrova anche il suo gruppo di amici ed attori. Primi fra tutti la coppia Ascaride e Darroussin. La loro chimica recitativa fa di nuovo meraviglie. Attorno a loro gli altri comprimari di sempre. Giovani ed anziani, tutti egualmente bravi e complici nel dar vita e cuore ai loro personaggi. All’apparenza sembra un film corale. In realtà il fil rouge che lega le varie vicende sono due splendide figure femminili. Due donne forti, una matura presa fra malinconie e sogni, l’altra giovane ma volitiva e determinata nelle sue decisioni. Al cuore della vicenda ci sono sempre la precarietà economica e sociale e le solitudini. Le devastazioni che l’individualismo capitalista ha prodotto sulle aspettative. La malinconia che ne deriva, ci dice Guédiguian, non è però rinuncia o sconfitta. Ci sono certo i problemi ma ci sono anche le soluzioni, prevedibili o imprevedibili, che scaturiscono dalla solidarietà derivante dai legami di cuore o di amicizia.
Il film naviga con sensibilità in questa specie di commedia sentimentale e scorre con fluidità, forte di un’ottima sceneggiatura arricchita da dialoghi vivi. Splendide le musiche e le citazioni poetiche. Un vero inno alla forza della cultura!
La pie voleuse senza essere un melò è un film toccante che sembra uscito da un’altra epoca. Un film che sa alleggerire i tratti lirici e malinconici con humour e levità perché, ci ripete Guédiguian, c’è sempre l’ottimismo della Speranza! Un bel momento di Cinema.
data di pubblicazione:19/10/2024

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