da Giovanni M. Ripoli | Apr 26, 2021
Libera accattivante esemplificazione della vita di Leonardo da Vinci in una serie TV di produzione internazionale destinata al grande pubblico. Ha debuttato il 23 marzo su Rai 1
Ai tanti che a torto o a ragione hanno storto la bocca di fronte alla serie incentrata sulla vita e le opere del grande artista accusandola di poca fedeltà storica, rispondo da umile scriba che di “fiction” trattasi/ trattavasi e come tale va/andava/ fruita.
Dalla scelta del fascinoso protagonista, l’attore irlandese Aidan Turner, un Leonardo ambizioso e permalosetto, alla comprimaria Caterina da Cremona resa credibile da Matilda De Angelis, in un personaggio che quasi certamente non è stato rilevante nella reale vicenda umana di Leonardo ( era, forse, solo una delle tante cortigiane del periodo), dalla trama romanzata alle attente scenografie, tutto è costruito per offrire un godibile spettacolo in tempi di pandemia a un pubblico internazionale. Naturalmente, a onore degli ideatori, Frank Spotnitz e Steve Thompson, va detto che non tutto è inventato, ma non era certo nelle intenzioni degli autori, seguire fedelmente le fonti storiche più accreditate limitandosi ad una rappresentazione del tempo e dei personaggi più noti incontrati da Leonardo nella sua vita. I meno giovani ricorderanno uno sceneggiato del ’71. La Vita di Leonardo da Vinci interpretato da Philippe Leroy nel doppio ruolo di Leonardo giovane e vecchio, ma l’ultimo “Leonardo” da ricordare era quello vestito da Paolo Bonacelli nel dissacrante e divertente, Non ci Resta che Piangere. Se confrontato poi con, Il Codice da Vinci, completamente privo di ogni verità storica, questo Leonardo, ripeto, seppure con molta fantasia e omaggi allo stile seriale ha alcune frecce al suo arco e si fa seguire con interesse. L’aria che si respira è la stessa dei, Medici( non a caso la stessa produzione Lux Vide più Rai), dietro ci sono 1900 ore di lavorazione, 3000 comparse, 2500 costumi, un significativo cast di attori italiani e stranieri, fra cui Giancarlo Giannini (Andrea del Verrocchio), Freddie Highmore (Stefano Giraldi) e i già citati protagonisti Aidan Turner e Matilda De Angelis, sempre più avviata ad una folgorante carriera da star internazionale. Sia Firenze che Milano sono state fedelmente ricostruite in studio ma appaiono credibili come suggestive sono le rappresentazioni dei momenti creativi e delle opere del genio del Rinascimento. Aggiungete una regia mai eccessiva (Dan Percival ex documentarista della BBC, pluri premiato), una trama “gialla” col nostro accusato ingiustamente di omicidio, qualche accenno alle sue perplessità sessuali, l’esistenza di un pargolo di dubbia paternità ed ecco che la miscela è perfettamente resa anche in vista di una seconda inevitabile stagione. Se della trama poco vi ho detto è per non togliervi il gusto di sintonizzarVi su Rai play per seguire tutti gli episodi. Per le verità storiche vi rimando a una biografia dello storico Charles Nicholl. Giudizio finale: potabile!
data di pubblicazione:26/04/2021
da Giovanni M. Ripoli | Apr 22, 2021
Stefano Bollani torna in tv con Valentina Cenni invitando gli spettatori nella loro casa di fantasia fra musica e cultura, aneddoti e ospiti dal lunedì al venerdì dalle 20.20 alle 20.45 su Rai tre, in onda dal 15 marzo.
Venticinque minuti per suonare, cantare, ma anche divertire e raccontare tante cose nuove sulla musica, sulla sua storia, sulle sue capacità di renderla un efficace antidoto “contro il logorio della vita moderna”. Quali migliori interpreti allora, per un intrattenimento rapido e intelligente se non Stefano Bollani e la sua deliziosa mogliettina Valentina Cenni, entrambi artisti di talento e coppia affiatatissima nel bucare lo schermo? Aneddoti scientifici, racconti di vita intersecati con cenni di filosofia, magia, esoterismo ma in primis musica di ogni luogo e tempo. Il tutto trattato con la leggerezza e l’ironia che è il tratto distintivo di Bollani, in grado di mescolare con il suo stile l’inclito e il colto, il rock e Mozart, la bossa nova e l’hip hop e l’innata grazia di Valentina Cenni, perfetta sparring partner che con garbo e celata malizia indaga gli aspetti più emozionali della musica, introduce e interroga gli ospiti ( mai banali) tiene in piedi il filo della narrazione della giornata e di tanto in tanto duetta col “maestro”. C’è poco da dire, una tantum, Rai “azzecca” un programma di livello in una fascia di non facile ascolto, mentre imperversano telegiornali di parte e telenovele infinite. Lo fa attraverso la musica e la costruzione di uno spartito accattivante e mai scontato, come detto, interpretato al meglio dal versatile e bravissimo Bollani e dalla Cenni, attrice, ballerina, cantante, entertainer di vaglia e i tanti ospiti, uno per puntata, che si affacciano nel salotto. Si va da Vinicio Capossela a Ornella Vanoni, da Cristina Donà a Checco Zalone, da Neri Marcorè a Edoardo Bennato, tutti rigorosamente dal vivo con Bollani al piano, ad accompagnare e reinterpretare i loro brani. Dunque, puro artigianato musicale, senza basi, senza applausi di figuranti per un autentico piacere destinato ad un pubblico raffinato e competente. In casi del genere vanno sottolineati i meriti ascrivibili alla produzione Ballandi e per Rai tre a Fosco D’Amelio, Giorgio Cappozzo, Rossella Ricci più i nostri Cenni&Bollani in collaborazione con gli autori Francesca Talamo e Marco Verdura. Il tutto per la regia di Alessandro Tresa. Ovviamente consigliato nella speranza che duri ancora a lungo.
data di pubblicazione:22/04/2021
da Giovanni M. Ripoli | Mar 21, 2021
Dopo aver lavorato a Legnano per cinque anni, il/la vice-questore Lolita Lobosco torna a Bari a dirigere la sua squadra, composta da soli uomini. Secondo gli autori sceglie di restare se stessa, non reprime il suo fascino e combatte la malavita e i pregiudizi.
Non sono per indole portato alle stroncature verso libri, film o sceneggiati che siano, come, in generale, nella vita. C’è tanto di bello che trovo inutile seguire cose che non catalizzino il mio interesse o peggio trasmettano emozioni negative. Ma, c’è sempre un “quando- ci- vuole- ci- vuole” come si giustificò quel cappellano dopo una bestemmia allorché fu colpito nei santissimi gabbasisi da una pallonata. La pallonata, per analogia, mi è stata inflitta da Rai Uno con la visione delle mortificanti, sconclusionate e banali, Indagini di Lolita Lobosco, ennesima serie che “più nazional popolare non si può” di recente ammannitaci in ben quattro episodi (ma, visto il successo destinata purtroppo a proseguire!). Chiarisco: ho dovuto vederla per una sola ragione. Si svolge a Bari (che ben conosco avendoci vissuto), e amici e parenti me l’hanno caldeggiata, quo ante, ovviamente. Come tutti sapete, le fiction tv sono ormai il terreno preferito per la caccia all’audience delle reti generaliste. Commissari, che a volte diventano vice-questori, carabinieri e carabiniere, ispettori /trici, magistrati e avvocati, assistenti sociali e malavitosi proliferano in tv più dei conigli, a volte, con conseguenze assai più devastanti. Ma torniamo alle ragioni della stroncatura che “rara avis” non fermerà certo il successo della serie. A proposito leggo su uno dei periodici esposti nelle edicole che la protagonista della serie, Luisa Ranieri “è la nuova Sophia Loren?” facendomi sorgere più di un dubbio sull’ordine dei giornalisti. Puntualizzo: la signora in questione, esordì nello splendore dei vent’anni e in virtù di un rigoglioso seno in un indimenticabile carosello (Anto’ fa’ caldo!), tra i suoi meriti c’è quello di essere sposa e madre dei figli del Commissario Montalbano, alias il simpatico Zingaretti, certamente una bella donna, purtroppo già incapace di recitare in italiano, meno che mai, nell’improponibile dialetto barese impostole dalla produzione (Lino Banfi sembra Gassman in confronto!). La meschina, la Lobosco della serie, dopo un soggiorno di cinque anni in terra di Lombardia, torna nella sua Bari e parla peggio dei suoi concittadini, è issata su tacchi vertiginosi e flirta con presunti indagati. La circondano macchiette da avanspettacolo tra cui si salvano i soli attori realmente pugliesi (la brava Lunetta Savino su tutti). Ma se la protagonista lascia a desiderare, peggio fanno gli sceneggiatori con dei plot che sembrano scritti da Paperino e direi che il de-merito maggiore va ascritto all’autrice dei romanzi (?), tale Gabriella Genisi (da Mola di Bari) che-beata lei- dichiara di vivere tra Bari e Parigi capace di pubblicare (prima da Marsilio-Sonzongo ) e far trasporre in sceneggiati Rai le sue deplorevoli stupidaggini che non sono né gialli né romanzetti rosa (persino Moccia in confronto sembra Shakespeare!). Tra le perle della mini-serie ne segnalo per decenza solo alcune: i baresi sono dei trogloditi, parlano ancora tutti col Voi fascista; in questura non c’è un poliziotto che parli italiano: il vice questore si muove su una Bianchina degli anni sessanta o si fa portare su un triciclo a motore; le magistrate sono a livello di Barbara D’Urso… Cosa salvare allora? Beh qualcosa da salvare c’è sempre, come insegna De Andrè (è dal letame che nascono i fiori!). Per esempio? i droni che riprendono il meglio della città e gli ameni luoghi circostanti di Bari e provincia. Qualche buon caratterista e qualche ricetta gastronomica. Veramente poco per una serie che può attrarre solo concittadini di bocca buonissima. I primi colpevoli di questa triste messinscena de-meritano di essere citati, in primis i produttori, Barbagallo, Rizzello e, si spiega, Luca Zingaretti (consorte della Ranieri), poi il regista, Luca Miniero, nonché gli sceneggiatori o presunti tali, Gaudioso, Gambaro e Reale, …della scrittrice già dissi . Se ne sconsiglia vivamente la visione!
data di pubblicazione:21/03/2021
da Giovanni M. Ripoli | Feb 12, 2021
Siamo nel 1870 in terra d’America (leggi selvaggio West). Il Capitano Jefferson Kyle Kidd tra i pochi in grado di leggere, si guadagna da vivere riportando le notizie scritte sulle differenti testate americane vagando di città in città. Vorrebbe tornare a casa, ma una bambina, sopravvissuta ad una strage, ad opera di bianchi, in un campo Kiowa , gli viene affidata. Essendo di buoni e onesti sentimenti, il nostro se ne fa un punto d’onore nel portarla con sé e proteggerla. Riuscirà nell’impresa?
Devo confessare che amo i western tout court, con una netta preferenza per quelli che una volta venivano definiti “classici”, per intenderci, Ombre Rosse, L’Uomo che Uccise Liberty Valance, Sentieri Selvaggi. Quest’ultimo citato non a caso, perché, Notizie dal Mondo del regista inglese, Paul Greengrass (un nome tanto particolare da apparire falso!), senza farne un remake, mutatis mutandis, in qualche modo lo evoca, naturalmente senza essere John Ford (il Titano: quello che sta al western come Shakespeare al teatro)!
Come si sa- Andrè Bazin docet – il western è il genere di eccellenza della cinematografia USA. Dall’epoca del muto ad oggi, con rare eccezioni, tutti i registi più famosi e anche molti attori hanno diretto film ispirati alla Frontiera americana. Naturalmente il genere si è evoluto, passando dal mero intrattenimento, seppure di eccelso livello, ad una maggiore introspezione degli avvenimenti anche in chiave di revisionismo storico. Non è ovviamente questa la sede di una dissertazione critica sul genere chiaramente in costante declino da molti anni, ma quello che va rimarcato è il periodico rarefatto apparire, ancora oggi, di buoni western, con alcune eccellenze (Gli Spietati di Clint Eastwood, ad esempio). Come collocare allora la pellicola di Greengrass in visione dal 10 febbraio su Netflix? Un prodotto onesto e godibile, ma niente di più. Perfetto nella rappresentazione delle desolate location, curatissimo nei dettagli e nella scelta degli attori: Tom Hanks, asciutto e misurato nelle vesti di un capitano Kidd, forse disilluso, ma ancora capace di “fare la cosa giusta”e la deliziosa, bravissima, Helena Zengel, capelli biondi e occhi azzurri capaci di intenerire anche Erode…nel personaggio-cardine della vicenda, Johanna/Cicada. La storia che in nome del politicamente corretto non si può raccontare nel dettaglio (odio la parola, spoiler!) ha una sua e desta pure qualche emozione, ma, quello che manca a farne un gran film è la mancanza di estro, il coraggio formale artistico. Notizie dal Mondo, va avanti piatto, troppo generico nel suo semplice raccontarsi, senza mai un vero colpo di scena capace di sorprenderci. A dirla tutta è soffuso di buonismo, pieno di battute che suonano artefatte, generiche, troppo sentimentali. Però, onestamente, non è che sia molto di meglio sui diversi network, quindi credo ci si possa accontentare e godere anche di questo piccolo western.
data di pubblicazione:12/02/2021
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da Giovanni M. Ripoli | Feb 12, 2021
Petra Delicato, ispettore/trice della polizia di Barcellona, decide di prendersi una vacanza dal crimine e si rifugia in un convento di suore in Galizia sentendo l’esigenza di raccontare il suo vissuto: famiglia, studi, scelte di vita, amori, conflitti.
Chi già conosce Petra Delicado, abile e brusca poliziotta catalana, creata dalla fantasia di Alicia Gimenez-Bartlett, potrà, forse, trovare inutile la biografia in questione, priva com’è di quelle indagini poliziesche e di quello humor che ne avevano caratterizzato i primi undici episodi, decretandone un meritato successo su scala europea. Si tratta infatti, papale- papale, del racconto autobiografico, narrato in prima persona, che la stessa Petra ci fa della sua vita, senza omissioni di: contesto familiare, studi, matrimoni, divorzi, insomma, una sorta di tutto- quello- che- avreste- voluto- sapere di e su Petra! Anche perché, già, nei precedenti undici racconti molte delle notizie ci erano state fornite e, inserite come flash back o vissute in presa diretta, avevano, probabilmente, un ben altro sapore, rispetto a una semplice ricostruzione temporale. Però, per chi non conosce il personaggio, questa “autobiografia” può costituire un buon viatico verso la comprensione di una donna-poliziotto (la prima moderna dopo Miss Marple) da leggere e amare nella serie poliziesca originale di ben altro impatto. Oggi, scrittori sceneggiatori, persino ex politici, tutti si cimentano nel genere poliziesco, giallo, thriller, noir o come vi aggrada chiamarlo; gli esiti, ovviamente, non sempre sono felici. Dopo, tenenti, detective, commissari, vice-questori, quasi tutti uomini, di recente si è assistito alla proliferazione di donne investigatrici, carabiniere, PM, e quant’altro, ma, tocca dirlo, l’antesignana di tutte è stata proprio lei, la nostra Petra, cazzuta, onesta, proto femminista, nell’occasione, descritta come donna che ha sempre rivendicato la propria indipendenza da figlia, da moglie, da avvocato prima e poliziotta poi. La finta biografia permette naturalmente alla Gimenez-Bartlett di parlare di tante cose (la Spagna franchista, la religione, la Barcellona dei tempi andati, il concorso di polizia, il cibo, l’amore ,il sesso…) e questo lo fa da par sua.
Non si può negare, infatti, che al di là di un senso di già noto e la carenza di autentici colpi di scena, il libro è ben scritto, e specie nelle pagine dedicate alla costruzione e distruzione degli amori della volubile Petra si fa leggere con interesse e partecipazione ( certo maggiore da parte di un pubblico femminile). Dulcis in fundo, le domanda che sorgono spontanee , possono essere: si sentiva il bisogno di un episodio del genere nella già felice saga della investigatrice catalana? Si tratta di una astuta scelta imposta dalla casa editrice? Nasce dettata dalla mancanza di una vera spinta creativa? ( è certamente più facile una biografia che inventarsi una intrigante trama “gialla”) Ai “ poster”, come direbbe il grande Frassica l’ardua risposta, intanto sappiate che – critiche a parte-
Il libro viaggia comunque da settimane nella lista dei più venduti del nostro paese.
data di pubblicazione:12/02/2021
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