da Giovanni M. Ripoli | Nov 28, 2024
Presso la Questura di Treviso, che non si vede mai, opera in qualità di ispettore capo della Polizia, Stucky, versione veneta del tenente Colombo. La serie è ispirata ai romanzi di Fulvio Evras ed è tutt’ora in onda.
Il riferimento al tenente americano Columbo (da noi ribattezzato Colombo, perchè suona più familiare), autore di una sterminata serie di stagioni nasce dalla constatazione che già dalle prime immagini è noto il o la colpevole. Tutto il giocattolo ruota quindi sulle capacità deduttive del nostro poliziotto volte ad incastrare il cattivo di turno. Stucky svolge le sue indagini rilassate in un’ora, il che non è un merito da poco. Il personaggio calza perfettamente nell’abbondante figura di Giuseppe Battiston, ironico e distaccato quanto basta, ma non per questo meno efficace e plausibile. Stucky, il nome è di origini persiane, per via di padre, si aggira sornione per vicoli, bar e osterie, di una Treviso spesso fotografata in notturni. Il meccanismo investigativo ribalta i normali canoni del thriller. Non ricorda né Montalbano, né Rocco Schiavone e, per fortuna, neanche il terribile ispettore Coliandro o altri svariati marescialli e marescialle delle tv nostrane, ma disegna un personaggio, curioso, “tignoso” alla ricerca della soluzione che lo spettatore conosce dall’inizio. Secondo la migliore tradizione RAI o dovrei dire dei giallisti di casa nostra. abbondano i personaggi di contorno. Ad affiancare un ispirato Stucky/Battiston abbiamo la bella e complice, Marina, medico legale interpretato con sobrietà da Barbora Bobulova e l’oste Secondo, alias Diego Ribon. Le trame sono ben orchestrate, lineari, direi di facile immediatezza narrativa. Non aspettatevi inseguimenti, sparatorie e nemmeno effetti speciali: si sa i budget Rai sono oculati, ma onestamente, in questo caso nemmeno sarebbero funzionali alla tipologia del personaggio. Stucky, infatti, si muove tranquillo, quasi pachidermico, nel suo impermeabile stazzonato, più incline al ragionamento e all’astuzia che non alle armi o agli inseguimenti o alla violenza. Il Veneto era già stato protagonista della serie, L’Alligatore, tratto dai romanzi di ben altro spessore di Massimo Carlotto, ma in tempi decisamente cupi, la versione di Stucky con i suoi ritmi lenti e la sua ironia ce ne offre una versione leggera ma mai banale. Visione rassicurante, quasi per famiglie. Alla regia si succedono, Valerio Attanasio e Matteo Visconti, su Rai2 ogni mercoledì altrimenti su Rai Play.
data di pubblicazione:28/11/2024
da Giovanni M. Ripoli | Nov 25, 2024
di e con Simone Colombari e Max Paiella
(Sala Umberto – Roma, 21 novembre/1 dicembre 2024)
Appassionata carrellata sull’arte e la variegata personalità di Enzo Jannacci, un artista a tutto tondo. Accompagnati da ottimi musicisti, Paiella e Colombari si fanno interpreti dei maggiori successi e qualche tonfo del dottor Jannacci, cantando ma anche raccontandone aspetti più umani e meno noti.
Forse non riconosciuta al tempo da tutti la grandezza di Enzo Jannacci, l’artista meneghino riceve da qualche anno continui e significativi riconoscimenti, seppur tardivi. Inevitabili quelli del figlio Paolo, anch’egli valente pianista e autore di una interessante biografia, ma anche di Elio, della Rai, dei comuni di Milano e di Foggia (la famiglia era di origini pugliesi) e di tanti artisti che hanno avuto modo di apprezzarne il genio e la grande umanità. In questi giorni presso la Sala Umberto, è in atto un ennesimo tributo a cura degli ottimi, Max Paiella (romano, crooner, imitatore, autore, funambolico collaboratore del Ruggito del Coniglio e altro ancora) e Simone Colombari (fiorentino, attore, fine dicitore, nonchè autore di testi per Greg&Lillo,e altro ancora). Entrambi bravi ed affiatati nel riproporre alcuni dei passaggi più significativi della carriera artistica di Jannacci. Non dimenticando che il nostro ha frequentato tutto il gotha della cd canzone d’autore italiana. Dal primo Celentano, ai cantautori genovesi (Bindi, Tenco, Lauzi, De Andrè) , all’amico sodale Gaber e con lui, il nobel Dario Fo, Cochi e Renato, ma anche Beppe Viola, Walter Chiari e da ultimo Paolo Conte, di lui artisticamente innamorato (vedi le formidabili interpretazioni di Bartali e Messico e Nuvole). Compito non facile quello di rendere “in Italiano” la “milanesità” di Enzo Jannacci, come pure la sua apparente leggerezza in contrasto con i temi sociali, sottesi nelle sue ballate (Vincenzina e la Fabbrica o anche, El Purtava e’ Scarpe e’ Tennis). In Jannacci e Dintorni Paiella e Colombari, veri funamboli del palcoscenico, riescono a rendere le atmosfere e raccontare in modo lieve ma mai banale l’iter musicale e qualcosa della vita stessa del grande Jannacci. Lo spettacolo che si avvale di clamorosi musicisti meritevoli di citazione: Attilio Di Giovanni, Gino Mariniello, Alberto Botta, Flavio Cangialosi, Mario Caporilli, Claudio Giusti, tutti, dotati di “di grande orecchio” per dirla con Enzo. Repliche fino al prossimo primo dicembre.
data di pubblicazione:25/11/2024
Il nostro voto: 
da Giovanni M. Ripoli | Nov 20, 2024
(Museo Nazionale del Cinema di Torino)
Ci sono innumerevoli motivi per un salto a Torino, assurta nei giorni scorsi a capitale del tennis mondiale. Ovviamente la bellezza della città, culla del Liberty, il Museo Egizio, le sue raffinate pasticcerie e certamente la Mole Antonelliana, da anni Museo del Cinema, autentico must per appassionati della c.d. settima arte, grandi e piccini.
Attualmente sono in corso nella struttura due interessanti mostre. La prima si può ammirare percorrendo le suggestive rampe verso la volta, Movie Icons con 117 oggetti originali di scena fra costumi, memorabilia, locandine, provenienti da alcuni dei set di Hollywood. Come spiega l’esaustivo catalogo ad hoc, “oltre ai personaggi e alle azioni, un film è anche fatto di oggetti”. E su questi si concentra il percorso da cinefili, ricco di quei riferimenti che connotano le più note produzioni cinematografiche. Cito a caso,il cappello e la frusta di Indiana Jones, la bacchetta magica di Harry Potter, le divise di Star Wars, i costumi dei super eroi Marvel, la piuma di Forrest Gump, direte, feticci, ma alla fine non sono quei dettagli che valorizzano i film e restano nella memoria collettiva? Movie Icons, è dunque un viaggio che attraversa il cinema hollywoodiano degli ultimi quarant’anni. Un’occasione per uno straordinario refreshment dei principali cult movie e dei relativi backstage (e con questo ho fatto il pieno di terminologie anglosassoni!).
Di segno diverso, Serialmania. Immaginari narrativi da Twin Peaks a Squid Game, allestita al piano di accoglienza della Mole, che costituisce il primo progetto espositivo dedicato alle serie televisive, piaccia o no, destinate a successo planetario ai danni, ahimè del buon vecchio cinema in sala. Certamente da non sottovalutare, le serie tv hanno modificato le arti visive, e nelle sue versioni più raffinate, hanno creato forti modelli di riferimento per le nuove generazioni di spettatori. Una volta esistevano, i corti di Hitchcock, Bonanza, Perry Mason, Il Tenente Colombo (Columbo in originale), Ai Confini della Realtà, illustri precursori del genere. Oggi i cd nuovi immaginari narrativi, si presentano, spesso in versione seriale, con prodotti, attenti non solo all’estetica, ma spesso all’approfondimento psicologico dei personaggi. Registi famosi si sono già cimentati in questa nuova “disciplina” con risultati interessanti.
La rassegna in questione si sofferma in particolare su dodici titoli. Da, I Segreti di Twin Peaks (primo piccolo capolavoro del genere di David Lynch) a Breaking Bad ( la serie must per eccellenza) passando per, E.R,Medici in Prima Linea, al nostro, Romanzo Criminale, all’infinito, Il Trono di Spade, all’angosciante distopico, Squid Game, etc. Tra inquadrature e sequenze non mancano le fotografie di Gregory Crewdson, dipinti di Mario Schifano, ed altri riferimenti all’arte tout court. La rassegna non è esaustiva, ma rappresenta comunque un primo significativo tentativo.
In ogni caso se, per caso, le mostre estemporanee non fossero di piena soddisfazione, il Museo ha molte altre sezioni, la cui visione di sicuro giustifica il prezzo del biglietto.
data di pubblicazione:20/11/2024
da Giovanni M. Ripoli | Nov 7, 2024
Un viaggio nel mondo del cinema e più in generale della cultura, attraverso intelligenti e partecipati incontri a casa Monda
Premetto di nutrire stima e riconoscenza nei confronti dell’autore. Ma anche un po’ di sana invidia, dopo la lettura di questo interessante concentrato di celebrazione dell’arte a tutto tondo. Stima e riconoscenza mi derivano dall’aver seguito da spettatore la Festa del Cinema di Roma, che, sotto la direzione di Antonio Monda ha toccato, a mio modesto avviso, i suoi massimi livelli. La piccola (?) invidia, invece, nel saperlo a New York nella sua bella casa su Central Park West, dove con la moglie Jacqui, pare ottima cuoca, accoglie molti di quanti nel cinema, nella letteratura, nella musica e nello sport hanno, in qualche misura, contribuito a migliorare se non a cambiare il mondo. Il libro in questione parla di loro: di Robert de Niro e Martin Scorsese, di Lucio Dalla e Jim Morrison, di Vittorio Gassman e Al Pacino. di Claudia Cardinale e Meryl Streep, Ma anche di David Foster Wallace e Philip Roth, di Saul Bellow e Don Delillo, di Mohamed Alì e John McEnroe e di tantissimi altri da riempire le ricche e coinvolgenti e direi appassionate 740 pagine che compongono l’opera. A riprova dell’ autenticità della frequentazione di tante celebrità, è divertente l’episodio del portiere/concierge che al ritorno di Monda nella sua abitazione gli racconta che durante il giorno lo hanno cercato nomi come Woody Allen, Elie Wiesel, Henry Kissinger, etc chiedendogli poi lui chi sia in realtà. Direi che sono diversi i motivi di interesse per la lettura di, Incontri Ravvicinati, ma il primo è la sensazione di empatia generata dall’ l’autore, affabile ospite verso i suoi “eroi, Colpisce l’umanità e la franchezza di tanti personaggi ( ne ho contati 150) che, tranne in alcuni casi, sembrano aprirsi completamente e sinceramente nelle conversazioni, quasi confessioni, con l’autore- ospite. Il libro va letto tutto (ma il lettore può scegliersi i personaggi di suo maggiore interesse) ed è pertanto inutile sottolineare i momenti più intimi e sofferti, le arguzie e le rivelazioni, le massime o i suggerimenti che intellettuali e artisti comminano nelle esaustive 740m pagine. Ne cito solo una ascrivibile all’incontro col grande romanziere Saul Bellow che così risponde a Monda alla sua richiesta di dargli un consiglio: “ chi vuole un consiglio, vuole in realtà un complice!”. Ecco la cifra finale del viaggio proposto da Antonio Monda, credo stia proprio nella complicità sincera che si crea fra un piccolo grande intellettuale di origini calabresi, peraltro professore alla New York University e molti dei giganti della cultura internazionale, suoi veri amici dei quali ci racconta senza falsa modestia ma con autentico coinvolgimento. Come dice nell’introduzione Jonathan Safran Foer… grandi personalità creative si confidano con Anonio perchè gli vogliono bene! Tutto qui!
data di pubblicazione:07/11/2024
da Giovanni M. Ripoli | Nov 1, 2024
Incentrato su alcuni momenti salienti della vita di Enrico Berlinguer, storico leader del PCI. In particolare, si fa riferimento al lungo e difficile cammino che avrebbe potuto portare il Partito Comunista Italiano, primo in Europa, a guidare il Paese, attraverso un dialogo con la Democrazia Cristiana, in quello che fu chiamato Compromesso Storico, ovvero il tentativo di costruire il socialismo nella democrazia. I fatti racconteranno un’altra storia!
Dopo, Andreotti (Il Divo, diretto da Paolo Sorrentino), Berlusconi (Loro, ancora di Sorrentino) e Craxi (Hammamet di Gianni Amelio), tocca ad Enrico Berlinguer, peraltro già omaggiato in diversi film-documentario, sin dal lontano 1984, anno dell’addio a Enrico Berlinguer di Bernardo Bertolucci, l’onore di una importante produzione cinematografica per la regia di Andrea Segre. Che il personaggio, uomo e politico sia stato importante, amato e comunque rispettato anche dagli antagonisti lo dimostrano, per restare nel mero segmento cinematografico, i tantissimi tributi (film, docu-film, trasmissioni tv) a lui riservati negli anni dai vari Minoli, Mellara, Samuele Rossi, l’immancabile Veltroni (Quando C’era Berlinguer) solo per citare i più noti.
In questi casi, ovvero pellicole su personaggi, specie se politici, molto amati o molto divisivi, il rischio che si corre è quello di farne dei “santini” o dei “mostri”. Il film del bravo Segre cerca in qualche misura di superare questi schemi. Parte dal titolo con l’incipit di Antonio Gramsci: ” Di solito si vede la lotta delle piccole ambizioni, legate a singoli fini privati, contro la grande ambizione che è indissolubile dal bene collettivo”. Chiarendo in primis che è al bene fatto popolo che guardava il giovane segretario del più forte partito comunista d’Europa nei difficili anni Settanta.
Anni in cui alle difficoltà interne, salari, occupazione, sanità (non è che Segre fa parlare il suo Berlinguer di quello che succede oggi?) si aggiungono le forti divergenze con l’URSS di Breznev. La linea tracciata da Berlinguer e chiaramente non gradita a Mosca, sarà quella di muoversi nell’alveo di un socialismo che si allinea alle regole democratiche. L’episodio dell’incidente stradale in Bulgaria, nel quale il leader italiano rimase leggermente ferito, racconta di come le sue posizioni non fossero molto in sintonia con quelle sovietiche. L’iter della pellicola per rimanere al Berlinguer- politico continua con le costanti clamorose vittorie elettorali del PCI (ma anche il Golpe in Cile, la vittoria nel referendum per il divorzio) e al contempo gli incontri con gli omologhi leader democristiani nell’ ambizioso tentativo di governare insieme il Paese. Ambizione che si tradurrà in illusione con la morte di Aldo Moro da parte delle cd Brigate Rosse. Ma, rispetto a una storia politica, già molte volte narrata e purtroppo nota, il film di Segre si distingue per la ricostruzione del privato di Enrico Berlinguer. Minuziosa e credibile è la fotografia del vissuto familiare come della coralità che ruota intorno al politico sassarese. Qui il plauso va esteso agli ottimi interpreti dal solito, per bravura riconosciuta, Elio Germano, un Berlinguer non imitato ma fedele, alla dolce Elena Radonicich nel ruolo della moglie Letizia. Ma sorprende in positivo Paolo Pierobon, persino migliore a mio parere dell’Andreotti di Servillo. Tutto il cast in ogni caso si è perfettamente calato nei rispettivi ruoli e stiamo parlando di alcuni dei migliori attori di casa nostra: Roberto Citran, Paolo Calabresi, Giorgio Tirabassi, Francesco Acquaroli, etc
A completare la buona impressione che il riuscito film di Segre ha destato, regista a parte, sono i meriti da ascrivere al co-sceneggiatore Marco Pettenello, all’autore del montaggio Jacopo Quadri e alle musiche originali di Iosonouncane.
data di pubblicazione:01/11/2024
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