da Antonella Massaro | Ago 29, 2019
Un padre e un figlio accomunati dalla passione e dalla dedizione per la scoperta dello Spazio. Una minaccia, proveniente dal passato, che rischia di distruggere il futuro del Pianeta Terra. Un dramma intimista e psicologico proiettato nell’infinità dell’Universo.
Roy McBride (Brad Pitt) è un astronauta impeccabile: esperto, coraggioso, con il battito cardiaco che resta regolare anche quando precipita da una stazione spaziale per approdare sano e salvo sulla Terra. Quella stessa Terra che, neanche a dirlo, rischia di scomparire per una minaccia proveniente dallo Spazio più profondo. Si tratta di qualcosa che ha a che vedere con il padre di Roy (Tommy Lee Jones), autentica leggenda per le successive generazioni di astronauti e scomparso misteriosamente dopo un progetto destinato a spingersi fino ai confini del Sistema solare, oltre le colonne d’Ercole dello Spazio conosciuto e conoscibile. Suo figlio è il solo davvero in grado di chiudere quel cerchio, intraprendendo una missione che dovrebbe condurlo a salvare la Terra, ma durante la quale dovrà prima di tutto salvare se stesso.
Dopo Gravity e First man, Venezia ritenta la via della fantascienza “spaziale”. Il tormento individuale di un uomo, consumato nelle dimensioni incommensurabili dell’Universo, si proietta sullo sfondo di un futuro (forse immaginato come non così remoto) nel quale andare sulla Luna somiglia molto a un viaggio con un volo low cost, per poi ritrovare sul nostro satellite, deprivato della poesia che lo ha reso celebre, tutte le storture del mondo contemporaneo: dalle insegne accattivanti dei mega stores alla criminalità violenta e spregiudicata.
Ad astra, tuttavia, sembra fermarsi a metà dell’opera. Malgrado alcune scelte senza dubbio apprezzabili sul piano estetico e nonostante la recitazione intensa e introspettiva di Brad Pitt (che è anche il produttore del film), il racconto di James Gray non riesce a sviluppare fino in fondo il dramma esistenziale dell’ennesima vittima del complesso di Edipo, che dietro la maschera imperturbabile di lucido dominatore delle proprie emozioni nasconde “solamente” la paura di restare solo. La storia, impreziosita da personaggi minori affidati ad interpreti di eccezione (Donald Sutherland, Liv Tyler, Ruth Negga) si regge spesso su passaggi banali o decontestualizzati e il confronto con alcuni capisaldi del genere, a partire dal “citato” 2001: Odissea nello spazio, rischia di risultare impietoso.
Il vero merito di Ad astra è stato certamente quello di riportare al Lido Brad Pitt che, confermando il suo talento di interprete e di produttore, colora la Mostra con quel tocco di divismo hollywoodiano forse poco “autoriale” ma certamente in grado di sintetizzare l’irrazionale magia del Cinema che, almeno qualche volta, riesce nel proverbiale intento di mettere d’accordo pubblico e critica.
data di pubblicazione: 29/08/2019
da Antonella Massaro | Ago 29, 2019
(76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)
Un giovane candidato alle elezioni comunali inneggia al cambiamento e impegna tutte le sue energie in una campagna elettorale appassionata e “visionaria”. Niente di strano, se non fosse che le elezioni si tengono in Arabia Saudita e che il “candidato perfetto” è una giovane donna impegnata come medico di prima linea in un ospedale della città.
Arabia Saudita, una città senza nome. La vita scorre scandita dal ritmo delle preghiere, dei digiuni, dei peccati, delle regole di una società ancora rigidamente patriarcale.
Maryam (Mila Alzahrani) è una giovane dottoressa: visita i suoi pazienti con il volto coperto e se qualche malato si agita troppo all’idea che sia una donna a prendersi cura della sua salute, poco male, saranno degli infermieri uomini ad eseguire la diagnosi e a prescrivere la terapia.
La strada che conduce all’ospedale è ormai ricoperta dal fango, forse anche a simboleggiare una comunità che preferisce restare nel suo stagnante torpore anziché “ripulirsi” dalle incrostazioni del pregiudizio e della cecità culturale. Proprio mentre fallisce il suo primo tentativo di “candidatura” sul piano professionale, Maryam si trova casualmente catapultata in una campagna elettorale per il Consiglio comunale della sua città. A questo punto decide di intraprendere un percorso tanto azzardato quanto sognatrice: se vincerà, potrà finalmente asfaltare quella strada che le impedisce di coltivare il suo lavoro e i suoi ideali.
La campagna elettorale di Maryam si traduce in un viaggio tanto privato (nella sua famiglia) quanto sociale (nella sua comunità). L’assenza di un padre, ancora alla ostinata ricerca della “candidatura perfetta” che coroni la sua carriera da musicista, è compensata, almeno in parte, dalle due sorelle che, come novelle piccole donne, cercano di meritarsi tutte insieme il proprio posto nel mondo.
Il film di Haifaa al-Mansour (La bicicletta verde, Mary Shelley) si colloca lungo una delle linee tematiche “dichiarate” di Venezia 76: la questione femminile e, più in generale, i temi che ruotano attorno al baricentro della “donna”. Il rischio di scivolare nel luogo comune consolatorio e utopico è sempre dietro l’angolo, anche se The perfect candidate ne resta in buona parte immune. I toni della narrazione non sono mai drammaticamente sacrali, lasciando anzi spazio all’ironia e alla quotidianità di tante giovani donne che, senza il velo che ne nasconde il volto, sono semplicemente delle ragazze affamate di vita. Lo scatto d’orgoglio e di dignità che muove, fin dall’inizio, i passi della protagonista è un inno al coraggio e alla speranza. La parte finale, forse, non risulta all’altezza delle aspettative create dal film: lo spazio (legittimo) lasciato alla speranza rasenta a tratti l’utopia buonista, più adatta al racconto televisivo che a quello cinematografico.
The perfect candidate resta comunque una preziosa occasione di riflessione su temi che, non solo in Arabia Saudita, sarebbe meglio non dare mai per scontati: le parole e le lacrime della regista in conferenza stampa ne sono una (ennesima) conferma.
data di pubblicazione: 29/08/2019
da Antonella Massaro | Lug 26, 2019
Alberto Barbera, nella cornice ormai consueta del Cinema Moderno di Roma, svela (ma non troppo) le proiezioni che scandiranno la 76. edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia, che si terrà al Lido dal 28 agosto al 7 settembre.
Stando alle parole del Direttore, mai come quest’anno la Mostra sarà Donna. Non solo per il significativo numero di registe presenti nelle diverse Sezioni, ma soprattutto perché il tema della condizione femminile e, in particolare, quello della violenza contro le donne, individua una delle “tendenze” ricorrenti dei film di questa edizione.
Un altro significativo Leitmotiv, a più riprese sottolineato da Alberto Barbera, è costituito da film che riflettono sul passato alla evidente finalità di meglio comprendere il presente. Così, per esempio, Citizen Rosi (di Didi Gnocchi e Carolina Rosi, nella Sezione Fuori Concorso) non è solo un ricordo di Francesco Rosi, ma un modo di ripercorrere la storia di Italia attraverso i lavori di uno dei cineasti più attenti alla descrizione della nostra contemporaneità.
Non mancheranno, infine, i generi (guerra, thriller, animazione), a conferma che anche le nuove generazioni non rinunciano del tutto alle “stampelle” offerte da schemi narrativi consolidati, sebbene rivisitati e adattati alle nuove esigenze del linguaggio cinematografico.
Quanto agli italiani, si segnalano Francesca Archibugi (Vivere), Gabriele Salvatores (Tutto il mio folle amore) e Andrea Segre (Il pianeta in mare) nella sezione Fuori Concorso; Pietro Marcello (Martin Eden), Franco Maresco (La mafia non è più quella di una volta), Mario Martone (Il sindaco del Rione sanità) e Ciro Guerra (Waiting for Barbarians, con Johnny Deep) rappresentano invece il nostro Paese in Concorso.
È targata Italia (e porta il nome di Luca Barbareschi) anche la produzione dell’atteso J’accuse di Roman Polanski, una documentata ricostruzione dell’Affaire Dreyfus che, ovviamente, mantiene sempre ben focalizzata la prospettiva sul presente.
C’è anche tanto made in USA nella Selezione ufficiale: Marriage story di Noah Baumbach (con Scarlett Johansson, Adam Driver, Laura Dern, Alan Alda, Ray Liotta, Julie Hagerty), Ad astra di James Gray (con Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, Liv Tyler, Donald Sutherland), l’attesissimo Joker di Todd Phillips, prequel della saga di Batman con Joaquin Phoenix e Robert De Niro e il ritorno di Steven Soderbergh con The Laundromat (con Meryl Streep, Gary Oldman, Antonio Banderas, Jeffrey Wright, Matthias Schoenaerts, James Cromwell, Sharon Stone).
Torna in Concorso Roy Andersson (About Endlessness), già vincitore del Leone d’oro nel 2014 con Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza.
Promettono bene, inoltre, Ema di Pablo Larraín e The perfect candidate di Haifaa Al-Mansour.
Tra le proiezioni speciali fuori concorso si segnalano Irréversible-Inversion intégrale, che Gaspar Noé ha montato nella sequenza cronologica invertita (e dunque “regolare”) rispetto a quella della versione originale, e Eyes Wide Shut, accompagnato dal breve documentario Never just a dream, che racconta “il sogno” di Stanley Kubrick.
Il film di apertura della Mostra sarà La verité di Kore-Eda Hirokazu (in Concorso), con Catherine Deneuve e Juliette Binoche, mentre Venezia 76. sarà chiusa da The Burnt Orange Heresy di Giuseppe Capotondi (Sezione Fuori Concorso). Le serate di apertura e di chiusura saranno condotte da Alessandra Mastronardi.
Le giurie sono così presiedute: Lucrecia Marcel (Venezia 76), Susanna Nicchiarelli (Orizzonti), Emir Kusturica (Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis), Laurie Anderson (Venice Virtual Reality), Costanza Quatriglio (Venezia Classici).
Ecco qui di seguito tutti i film in Concorso e…arrivederci al Lido con Accreditati!
- La vérité di Hirokazu Kore-Eda
- The Perfect Candidate di Haifaa Al-Mansour
- About Endlessness di Roy Andersson
- Marriage Story di Noah Baumbach
- Wasp Network di Olivier Assayas
- Guest of Honor di Atom Egoyan
- Ad Astra di James Gray
- A Herdade di Tiago Guedes
- Gloria Mundi di Robert Guédiguian
- Waiting for the Barbarians di Ciro Guerra
- Ema di Pablo Larraín
- Saturday Fiction di Lou Ye
- Martin Eden di Pietro Marcello
- La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco
- The Painted Bird (Nabarvené ptáče) di Václav Marhoul
- Il sindaco del rione Sanità di Mario Martone
- Babyteeth di Shannon Murphy
- Joker di Todd Phillips
- J’accuse di Roman Polanski
- The Laundromat di Steven Soderbergh
- 7 Cherry Lane di Yonfan
data di pubblicazione:26/07/2019
da Antonella Massaro | Mar 17, 2019
(Teatro de’ Servi – Roma, 15/31 marzo 2019)
La famiglia, gli affetti e il passato assumono una consistenza particolare quando la malattia irrompe nel recinto apparentemente invalicabile delle mura domestiche. Proprio nel momento in cui risulta chiaro che il presente non sarà eterno, si ha l’impressione che tutti i nodi vengano al pettine, che tutte le parole non dette siano riportate a riva dalle onde del mare, che tutti i segreti siano pronti per essere svelati.
Grazia (Viviana Toniolo) e Adamo (Stefano Messina). Una madre e un figlio. Un’insegnante e uno scrittore. I due sono legati da un affetto profondo e radicato, anche se costellato da una serie di silenzi e da una rete di segreti su cui, in fondo, ogni famiglia poggia le sue fondamenta.
Adamo è un autore di soap-opera, che non sono come le telenovelas: le soap-opera sono scritte per non avere mai una fine, mentre le telenovelas sono destinate, prima o poi, a finire. Dopo una delusione lavorativa, Adamo torna a casa dalla sua mamma, desideroso del tepore di quel nido nel quale si ha l’illusione di sentirsi al sicuro. Grazia, però, sta facendo i conti con una malattia diagnosticatale da poco: ha deciso di non parlarne con suo figlio, ma i segreti emergono in superficie con una prepotenza alla quale non avrebbe senso alcuno opporre resistenza.
Due soli attori e una scenografia ridotta all’essenziale, che riempiono lo spazio scenico con leggerezza e intensità. I protagonisti restituiscono l’impressione di una simbiosi equilibrata e, al tempo stesso, profonda. Viviana Toniolo è semplicemente impeccabile nelle vesti di Grazia, icastica burbera dal cuore (in fondo) molto tenero.
Segreti di famiglia non è tanto uno spettacolo sulla malattia e sulla morte o, meglio, sulla fine della vita. È piuttosto una riflessione sul dolore dell’abbandono e sulla comprensione reciproca, sull’importanza del dialogo e sulla forza dell’amore.
Le questioni portate sul palcoscenico sono di quelle che inducono a riflettere, che costringono a interrogarsi, ma la scrittura di Enrico Luttmann riesce, specie attraverso la pungente ironia di Grazia, a stemperare i toni, a guidare lo spettatore nel labirinto di un percorso sospeso tra passato e futuro, con il presente a fare da problematica cerniera.
Particolarmente meritoria, poi, la decisione della direzione del Teatro de’ Servi che, dopo la replica pomeridiana del 16 marzo, ha ospitato l’incontro Persona e dignità – la vita e i suoi confini. Consapevolezza e libertà di scelta, al quale hanno preso parte, tra gli altri, l’autore e il regista dello spettacolo Segreti di famiglia e Mina Welby, in qualità di Presidentessa dell’Associazione Luca Coscioni. Il connubio tra il teatro e l’impegno civile riesce sempre a produrre buoni frutti: bisognerebbe solo ricordarlo più spesso.
data di pubblicazione: 17/03/2019
Il nostro voto:
da Antonella Massaro | Feb 25, 2019
La notte degli Oscar 2019 non ha incoronato un vincitore che, da solo, si è imposto sugli altri per numero di statuette, ma i film che avevano maggiormente attirato l’attenzione di critica e pubblico si sono divisi equamente i riconoscimenti più prestigiosi.
Il trofeo del miglior film lo conquista Green Book, straordinaria commedia che, seguendo il sentiero del road movie, ha consegnato al grande schermo uno dei più potenti inni alla tolleranza degli ultimi anni. L’esclusione di Peter Farrelly dai candidati alla miglior regia si era fatta indubbiamente notare, ma la vittoria del suo film nella categoria più prestigiosa ristabilisce (almeno in parte) gli equilibri. Lo stesso Green Book, di cui proprio sulle pagine di Accreditati avevamo segnalato soprattutto la scrittura felice, ai aggiudica anche la statuetta per la migliore sceneggiatura originale. La miglior sceneggiatura non originale, invece, è quella di BlacKKKlansman, diretto da Spike Lee.
Il miglior regista è invece Alfonso Cuarón per Roma, elegante e potente affresco in bianco e nero di un’epoca intrisa di cambiamento e di coraggio. Roma si aggiudica anche il premio per il miglior film straniero e la migliore fotografia.
I due attori protagonisti incoronati da questa edizione degli Oscar sono Olivia Colman per lo spiazzante La favorita e Rami Malek per Bohemian Rhapsody, uno dei biopic più discussi del cinema recente. Peccato per Viggo Mortensen, che in Green Book ha probabilmente offerto una delle sue migliori prove di attore.
Per gli attori non protagonisti, invece, i premiati sono Regina King (Se la strada potesse parlare) e Mahershala Ali (Green Book).
Tra i “premi tecnici” svetta certamente Bohemian Rhapsody, con il miglior montaggio, il miglior editing sonoro e il miglior mix sonoro.
A Black Panther vanno gli Oscar per la miglior colonna sonora originale, la miglior scenografia e i miglior costume.
La miglior canzone originale non poteva essere che Shallow, di A Star is born, così come i migliori effetti speciali erano il premio “obbligato” per First Man, che ha aperto l’ultima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia.
La notte degli Oscar, come al solito, illude alcuni, delude altri, gratifica chi aveva visto giusto nei pronostici. Si tratta in ogni caso di un appassionante bilancio di un anno di cinema, che noi Accreditati, da Venezia e Roma, passando per Berlino, abbiamo cercato di seguire e condividere sulle nostre pagine telematiche con impegno, passione e dedizione.
Riportiamo qui di seguito l’elenco di tutte le candidature, con il film vincitore per ciascuna categoria.
Buon cinema a tutti!
Miglior film
Black Panther
BlacKkKlansman
Bohemian Rhapsody
La favorita
Green Book
Roma
A Star is Born
Vice
Miglior regia
Spike Lee, BlacKkKlansman
Paweł Pawlikowski, Cold War
Yorgos Lanthimos, La favorita
Alfonso Cuarón, Roma
Adam McKay, Vice
Miglior attrice protagonista
Yalitza Aparicio, Roma
Glenn Close, The Wife
Olivia Colman, La favorita
Lady Gaga, A Star Is Born
Melissa McCarthy, Copia originale
Miglior attrice non protagonista
Amy Adams, Vice
Marina de Tavira, Roma
Regina King, Se la strada potesse parlare
Emma Stone, La favorita
Rachel Weisz, La favorita
Miglior attore protagonista
Christian Bale, Vice
Bradley Cooper, A Star Is Born
Willem Dafoe, At Eternity’s Gate
Rami Malek, Bohemian Rhapsody
Viggo Mortensen, Green Book
Miglior attore non protagonista
Mahershala Ali, Green Book
Adam Driver, BlacKkKlansman
Sam Elliott, A Star Is Born
Richard E. Grant, Copia originale
Sam Rockwell, Vice
Miglior film straniero
Capernaum (Libano)
Cold War (Polonia)
Never Look Away (Germania)
Roma (Messico)
Shoplifters (Giappone)
Miglior film d’animazione
Gli Incredibili 2
Isle of Dogs
Mirai
Ralph Spacca-Internet
Spider-Man: Un nuovo universo
Miglior corto d’animazione
Animal Behavior
Bao
Late Afternoon
One Small Step
Weekends
Miglior sceneggiatura originale
La favorita
First Reformed
Green Book
Roma
Vice
Miglior sceneggiatura non originale
The Ballad of Buster Scruggs
BlacKkKlansman
Copia originale
Se la strada potesse parlare
A Star is Born
Miglior colonna sonora originale
Black Panther
BlacKkKlansman
Se la strada potesse parlare
Isle of Dogs
Il ritorno di Mary Poppins
Miglior canzone originale
All the Stars – Black Panther
I’ll Fight – RBG
The Place Where Lost Things Go – Il ritorno di Mary Poppins
Shallow – A Star is Born
When A Cowboy Trades His Spurs For Wings – Ballad of Buster Scruggs
Miglior montaggio
BlacKkKlansman
Bohemian Rhapsody
La favorita
Green Book
Vice
Miglior fotografia
Cold War
La favorita
Never Look Away
Roma
A Star is Born
Miglior scenografia
Black Panther
La favorita
First Man
Il ritorno di Mary Poppins
Roma
Miglior costumi
The Ballad of Buster Scruggs
Black Panther
La favorita
Il ritorno di Mary Poppins Returns
Maria Regina di Scozia
Miglior effetti speciali
Avengers: Infinity War
Christopher Robin
First Man
Ready Player One
Solo: A Star Wars Story
Miglior trucco
Border
Maria Regina di Scozia
Vice
Miglior editing sonoro
Black Panther
Bohemian Rhapsody
First Man
A Quiet Place
Roma
Miglior mix sonoro
Black Panther
Bohemian Rhapsody
First Man
Roma
A Star is Born
Miglior cortometraggio
Skin
Detainment
Fauve
Marguerite
Mother
Miglior corto documentario
Black Sheep
End Game
Lifeboat
A Night at the Garden
Period. End of Sentence
Miglior documentario
Free Solo
Hale County
This Morning, This Evening
Minding the Gap
Of Fathers and Sons
RBG
data di pubblicazione: 25/2/2019
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