da Antonella Massaro | Lug 5, 2023
(Teatro Rebibbia Nuovo Complesso – Roma, 5 luglio 2023)
Un’isola, il vento, le onde del mare, le voci e i corpi che abitano una dimensione parallela, la continua e instancabile ricerca di una identità perduta, la fiducia nel cambiamento e nella rinascita.
Venticinque naufraghi, reduci da un’apocalisse senza tempo e senza spazio, convivono su un’isola (s)perduta. Alcuni sono stufi di mangiare solo lenticchie, altri provano un curioso senso di “non familiarità” rispetto al proprio nome, altri ancora non riescono a immaginare un orizzonte che guardi oltre l’angusta realtà dell’isola. Non manca, però, chi, allenando con pazienza e fiducia i suoi “occhi magici”, si riempie lo sguardo di sogni: la fantasia, del resto, riesce a far tutto, persino a materializzare spigole e aragoste nelle casse in cui, chi si accontenta di occhi meramente “tecnici”, sarebbe in grado di scorgere solo una manciata di acciughe smagrite.
Si racconta di una formula segreta, che da tempo immemorabile i “maestri” tramandano alle “staffette” e che si sta tentando di mettere a punto in misteriosi rituali notturni. L’isola è lastricata di pietre e battuta dal vento, ma pare che, dall’alto, lo spettacolo sia diverso e più affascinante. Basta solo trovare il modo di sollevarsi, di volare e di cambiare prospettiva. Magari attraverso la formula di Grübler, capace di definire i gradi di libertà di movimento di un meccanismo nel piano e nello spazio. O, magari, attraverso una formula magica, di cui ciascuno è chiamato a scoprire (a immaginare?) l’incantesimo.
Il 5 luglio 2023, alle ore 16.00, presso il Teatro di Rebibbia Nuovo Complesso, è andato in scena lo spettacolo La Formula di Grübler, scritto e diretto da Laura Andreini e portato magistralmente in scena dai detenuti-attori del Carcere di Rebibbia di Roma. La Formula di Grübler è un inno alla libertà carico di speranza e che, proprio perché interpretato da persone detenute, resta al riparo dal rischio di una retorica sterile e vana, lasciando nello spettatore la sensazione di aver assaporato l’essenza di un teatro “vero”, in cui la sapienza tecnica si fonde con l’autentica emozione.
L’Auditorium del carcere di Rebibbia, in occasione dello spettacolo, ha ospitato un pubblico eterogeneo: persone detenute, rappresentanti delle istituzioni, studenti e docenti del Master “Diritto penitenziario e Costituzione” dell’Università Roma Tre, appassionati di arte.
L’evento è stato realizzato da La Ribalta – Centro Studi “Enrico Maria Salerno”, diretta da Laura Andreini e Fabio Cavalli, impegnata da vent’anni nella realizzazione di eventi artistici e culturali negli istituti penitenziari. Proprio da quest’esperienza nasce il Teatro Libero di Rebibbia: una scommessa divenuta, ormai, una realtà riconosciuta e apprezzata a livello nazionale e internazionale, capace di offrire una possibilità di riscatto a centinaia di persone detenute, ma anche di regalare, ad altrettante persone libere, una preziosa occasione di riflessione e di cambiamento.
Data di pubblicazione: 05/07/2023
Il nostro voto:
da Antonella Massaro | Giu 21, 2023
(Teatro dell’Opera – Roma, 16-25 giugno 2023)
L’Opera di Roma propone, dal 16 al 25 giugno 2023, la Madama Butterfly di Giacomo Puccini, con la messa in scena di Àlex Ollé de La Fura dels Baus.
Sul podio Roberto Abbado, che si confronta per la prima volta con il sogno e la tragedia di Cio-cio-san.
Lo spettacolo costituisce anche il debutto europeo del soprano Eleonora Buratto, reduce dal successo del Metropolitan di New York. Nelle altre date (17, 20, 22, 25) è Maria Teresa Leva a prestare la voce all’eroina pucciniana, su un palco che ospita, tra gli altri, Dmytro Popov e Luciano Ganci (17, 22, 25) nel ruolo di Pinkerton, Anna Maria Chiuri come Suzuki e Roberto Frontali e Giovanni Meoni (17, 22, 25) nelle vesti di Sharpless. L’orchestra e il coro, diretto da Ciro Visco, sono del Teatro dell’Opera di Roma. Lo spettacolo, in lingua originale, prevede sopratitoli in italiano e in inglese.
La messa in scena di Ollé cerca di tenere insieme tradizione e innovazione. Le atmosfere sono quelle di un tempo, ma i costumi sono tanto contemporanei che Cio-cio-san, nel secondo atto, compare in scena esibendo con orgoglio dei jeans e una maglietta raffigurante la bandiera americana. Le scene di Alfons Flores conferiscono profondità e dinamicità alla scena, proiettata in mondo in continua costruzione-demolizione, segnata da una speculazione edilizia che arricchisce pochi a detrimento di molti. La brama di potere di Pinkerton, come spiega Ollé nelle note di regia già in occasione della stagione estiva di Caracalla del 2015, diventa il ”simbolo di uno tsunami neoliberista, ultima conseguenza del feroce colonialismo, capace di distruggere ogni cosa”.
Alla “sperimentazione” di Àlex Ollé fa da contraltare la direzione di Roberto Abbado, che, in particolare, sceglie ripristinare la forma originaria del 1904, data della prima rappresentazione a Milano, dell’Interludio notturno aperto dal “Coro a bocca chiusa”.
Dopo la prima, prevista per venerdì 16 giugno alle 20, ci saranno le repliche saranno di sabato 17 (ore 18), domenica 18 (ore 16.30), martedì 20 (ore 20), mercoledì 21 (ore 20), giovedì 22 (ore 20), sabato 24 (ore 18), domenica 25 (ore 16.30).
Un’occasione da non perdere, impreziosita dalla cornice impeccabile dell’Opera di Roma.
data di pubblicazione: 21/06/023
Il nostro voto:
da Antonella Massaro | Mag 13, 2023
I David di Donatello 2023 premiano le pellicole più rappresentative della scorsa stagione cinematografica, confermando molti dei pronostici, ma senza rinunciare a molte “prime volte”, alcune delle quali certamente non scontate.
Il David per il miglior film va alla “rivelazione” Le otto montagne Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersh che, dopo il successo a Cannes, trionfa anche in Italia. Il film italo-belga si aggiudica, poi, le statuette per la miglior sceneggiatura non originale, per la miglior fotografia e per il miglior suono.
Il miglior regista “si conferma” Marco Bellocchio, per Esterno notte, che regala anche il (prevedibile) premio per il miglior attore protagonista a Fabrizio Gifuni, per la sua interpretazione di Aldo Moro.
Una sorpresa rispetto ai pronostici, invece, è il premio per le migliori interpretazioni femminili. La miglior attrice protagonista è Barbara Ronchi per Settembre di Giulia Steigwalt, mentre il David per la migliore attrice non protagonista si lo aggiudica Emanuela Fanelli per Siccità di Paolo Virzì.
Un entusiasta Francesco di Leva si aggiudica invece la statuetta per la miglior interpretazione maschile da non protagonista in Nostalgia di Mario Martone.
La miglior regista esordiente è Giulia Steigwalt, per Settembre.
La miglior sceneggiatura originale è quella de La stranezza di Roberto Andò
La cerimonia di premiazione, condotta da Carlo Conti e Matilde Gioli, è (forse troppo) essenziale e, a tratti, meramente didascalica.
Tra i momenti più significativi della serata deve certamente segnalarsi il David di Donatello alla carriera a Marina Cicogna, mentre il versante più “glamour” è segnato dal premio alla miglior canzone originale, vinto da Proiettili (per il film Ti mangio il cuore) e ritirato dalle due interpreti Elodie e Joan Thiele.
L’obiettivo fondamentale è quello di riportare il pubblico in sala, dopo la lunga pausa imposta dal Covid e le abitudini sociali che sembrano essersi modificate in maniera più radicale di quanto, forse, non si sia disposti ad ammettere. Non passano inosservate, quindi, le parole di Lucia Borgonzoni, sottosegretaria del Ministero della Cultura, la quale annuncia un investimento da parte del governo di 20 milioni di euro a sostegno del cinema, per effetto del quale tutti i film italiani ed europei potranno essere visti con un biglietto da 3,50 euro da metà giugno fino a metà settembre.
Tra i tanti ringraziamenti, più o meno “istituzionali”, che si sono succeduti sul palco dei David di Donatello 2023, le parole di Fabrizio Gifuni interpretano bene il sentimento del cinema, visto tanto dalla parte degli artisti quanto, forse, da quella del pubblico: ringrazio la mia lentezza, la mia fragilità, ringrazio il gioco, la fantasia, l’immaginazione che sono i grandi antidoti a questi tempi così aggressivi e molto decadenti.
Ecco, qui di seguito, tutte le candidature e i premi!
Miglior film
Miglior regia
- Marco Bellocchio (Esterno Notte)
- Gianni Amelio (Il Signore delle Formiche)
- Roberto Andò (La Stranezza)
- Felix Van Groeningen & Charlotte Vandermeersh (Le Otto Montagne)
- Mario Martone (Nostalgia)
Miglior esordio alla regia
- Carolina Cavalli (Amanda)
- Jasmine Trinca (Marcel!)
- Niccolò Falsetti (Margini)
- Giulia Louise Steigerwalt (Settembre)
- Vincenzo Pirrotta (Spaccaossa)
Miglior sceneggiatura originale
- Astolfo (Gianni Di Gregorio, Marco Pettenello)
- Chiara (Susanna Nicchiarelli)
- Esterno Notte (Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino)
- Il Signore delle Formiche (Gianni Amelio, Edoardo Petti, Federico Fava)
- L’Immensità (Emanuele Crialese, Francesca Manieri, Vittorio Moroni)
- La Stranezza (Roberto Andò, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso)
Miglior sceneggiatura non originale
- Bentu (Salvatore Mereu)
- Brado (Massimo Gaudioso, Kim Rossi Stuart)
- Il Colibrì (Francesca Archibugi, Laura Paolucci, Francesco Piccolo)
- Le Otto Montagne (Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersh)
- Nostalgia (Mario Martone, Ippolita Di Majo)
Miglior attrice protagonista
- Benedetta Porcaroli – Amanda
- Margherita Buy – Esterno notte
- Penelope Cruz – L’immensità
- Barbara Ronchi – Settembre
- Claudia Pandolfi – Siccità
Miglior attore protagonista
- Fabrizio Gifuni – Esterno notte
- Luigi Lo Cascio – Il signore delle formiche
- Ficarra e Picone – La stranezza
- Alessandro Borghi – Le otto montagne
- Luca Marinelli – Le otto montagne
Migliore attrice non protagonista
- Giovanna Mezzogiorno – Amanda
- Daniela Marra – Esterno notte
- Giulia Andò – La stranezza
- Aurora Quattrocchi – Nostalgia
- Emanuela Fanelli – Siccità
Miglior attore non protagonista
- Fausto Russo Alesi – Esterno notte
- Toni Servillo – Esterno notte
- Elio Germano – Il signore delle formiche
- Filippo Timi – Le otto montagne
- Francesco Di Leva – Nostalgia
Miglior produttore
- Esterno Notte (Lorenzo Mieli, Simone Gattoni)
- La Stranezza (Angelo Barbagallo, Attilio De Razza)
- Le Otto Montagne (Wildside, Rufus, Menuetto, Pyramide Productions, Vision Distribution, Elastic, Canal+, Ciné+, Sky)
- Nostalgia (Medusa Film, Maria Carolina Terzi, Luciano e Carlo Stella, Roberto Sessa, Angelo Laudisa)
- Princess (Carla Altieri, Roberto De Paolis, Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori, Viola Prestieri, Rai Cinema)
Miglior fotografia
- Esterno notte – Francesco Di giacomo
- I racconti della domenica, La storia di un uomo perbene –Giovanni Mammolotti
- La stranezza – Maurizio Calvesi
- Le otto montagne – Ruben Impens
- Nostalgia – Paolo Carnera
Miglior compositore
- Esterno notte – Fabio Massimo Capogrosso
- Il pataffio – Stefano Bollani
- La stranezza – Michele Braga, Emanuele Bossi
- Le otto montagne – Daniel Norgren
- Siccità – Franco Piersanti
Miglior canzone originale
- Se mi vuoi – Diodato (Diabolik – Ginko all’attacco!)
- Caro amore lontanissimo – Marco Mengoni (Il colibrì)
- Culi culagni – Stefano Bollani (Il pataffio)
- Margini – Niccolò Falsetti (La palude)
- Proiettili – Elodie e Joan Thiele (Ti mangio il cuore)
Miglior scenografia
- Giada Calabria, Loredana Raffi – La stranezza
- Andrea Castorina, Marco Martucci, Laura Casalini – Esterno notte
- Marta Maffucci, Carolina Ferrara – Il signore delle formiche
- Massimiliano Nocente, Marcella Galeone – Le otto montagne
- Tonino Zera, Maria Grazia Schirippa, Marco Bagnoli – L’ombra di Caravaggio
Migliori costumi
- Maria Rita Barbera – La stranezza
- Daria Calvelli – Esterno notte
- Massimo Cantini Parrini – Chiara
- Valentina Monticelli – Il signore delle formiche
- Carlo Poggioli – L’ombra di Caravaggio
Miglior trucco
- Paola Gattabrusi, Lorenzo Tamburini – Il colibrì
- Enrico Iacoponi – Esterno notte
- Federico Laurenti, Lorenzo Tamburini – Dante
- Luigi Rocchetti – L’ombra di Caravaggio
- Esmé Sciaroni – Il signore delle formiche
Miglior acconciatura
- Desiree Corridoni – L’ombra di Caravaggio
- Alberta Giuliani – Esterno notte
- Samantha Mura – Il signore delle formiche
- Rudy Sifari – La stranezza
- Daniela Tartari – L’immensità
Miglior montaggio
- Esmeralda Calabria – La stranezza
- Francesca Calvelli con la collaborazione di Claudio Misantoni – Esterno notte
- Nico Leunen – Le otto montagne
- Simona Paggi – Il signore delle formiche
- Jacopo Quadri – Nostalgia
Miglior suono
- Gaetano Carito, Lilio Rosato, Nadia Paone – Esterno notte
- Emanuele Cecere, Silvia Moraes, Giancarlo Rutigliano – Nostalgia
- Emanuele Cicconi, Mimmo Granata, Alberto Bernardi – Il signore delle formiche
- Carlo Missidenti, Marta Billingsley, Gianni Pallotto – La stranezza
- Alessandro Palmerini, Alessandro Feletti, Marco Falloni – Le otto montagne
Migliori effetti visivi
- Alessio Bertotti – Dampyr
- Massimo Cipollina – Esterno notte
- Marco Geracitano – Siccità
- Rodolfo Migliari – Le otto montagne
- Simone Silvestri, Vito Picchienna – Diabolik – Ginko all’attacco!
Miglior documentario
- Il cerchio di Sophie Chiarello
- In viaggio di Gianfranco Rosi
- Kill Me If You Can di Alex Infascelli
- La timidezza delle chiome di Valentina Bertani
- Svegliami a mezzanotte di Francesco Patierno
Miglior film internazionale
- Bones and All
- Elvis
- Licorice Pizza
- The Fabelmans
- Triangle of Sadness
David Giovani
- Corro da te
- Il colibrì
- L’ombra di Caravaggio
- La stranezza
- Le otto montagne
da Antonella Massaro | Mag 1, 2023
Le storie di cinque donne si intrecciano sul palcoscenico della lotta tra Stato e ‘Ndrangheta, restituendo un affresco realistico e “non spettacolare” della criminalità organizzata e delle dinamiche che tengono in piedi un mondo parallelo basato sulla solidità delle relazioni familiari.
La ‘Ndrangheta è un fenomeno criminale fondato sulla “famiglia”, che, intesa anzitutto come vincolo di sangue, enfatizza il concetto di “lealtà”, rendendo estremamente limitato, negli scorsi decenni, il fenomeno dei collaboratori di giustizia. Negli ultimi anni sembra che i dati stiano subendo una graduale inversione di tendenza, facendo registrare un progressivo aumento dei “pentiti di ‘Ndrangheta”.
The Good Mothers racconta, in maniera delicata, profonda e mai banale, uno dei talloni d’Achille della mafia calabrese. ‘Ndrangheta significa “famiglia”, a sua volta intesa come la cellula elementare di una società di chiaro stampo patriarcale, in cui le donne sono ridotte a mere esecutrici degli ordini del marito, del fratello o del cognato, sulla base di matrimoni ispirati da strategie di alleanze o, semplicemente, dall’esigenza di rendere inoffensiva, il prima possibile, una ragazza che pretenda di far valere la propria autonomia.
Anna Colace (Barbara Chichiarelli), sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, è convinta che proprio intercettando l’insoddisfazione e la rabbia delle donne che, in fondo, vogliono solo essere delle “buone madri”, si possa affondare il colpo decisivo al cuore di un’organizzazione criminale fortemente radicata nelle viscere del suo territorio.
La storia di Lea Garofalo (Micaela Ramazzotti), che ha scelto la strada della collaborazione con la giustizia, esponendo se stessa e sua figlia Denise Cosco (Gaia Girace) a una vita di fuga e di isolamento, dimostra chiaramente quanto dolorosa possa rivelarsi la “via della liberazione”, anche a causa di uno Stato che non sempre riesce a tutelare i suoi cittadini più vulnerabili.
La dottoressa Colace punta tutto su Giuseppina Pesce (una straordinaria Valentina Bellè): una donna che, sebbene più capace di tutti gli uomini della sua famiglia, si trova costretta a un ruolo gregario, nell’organizzazione e nella vita privata.
Anche il marito di Maria Concetta Cacciola (Simona Distefano), come quello di Giuseppina, è in carcere: sua moglie è costretta ad aspettarlo e a rispettarlo, subendo maltrattamenti dolorosi e umilianti da parte di una famiglia preoccupata solo di “salvare l’onore”.
Denise, raccogliendo il testimone scomodo e ingombrante di Lea Garofalo, sceglie di non rassegnarsi, seguendo quella via di speranza, di coraggio e di riscatto che, in un paese civile, non dovrebbe più rappresentare un atto di estremo e temerario eroismo.
The Good Mothers, basato dall’omonimo romanzo di Alex Perry, vince la prima edizione dei Berlinale Series Award. La scrittura, la regia, la fotografia e il cast compongono un mosaico convincente e coinvolgente, che, pur lontano dai toni “epici” di Gomorra e di Suburra, restituisce un affresco credibile di una criminalità spesso silenziosa, che fonda la propria pretesa invincibilità sull’indifferente accettazione di modelli socio-culturali tanto radicati quanto inaccettabili.
Dal 5 aprile 2023 The Good Mothers è disponibile, in sei episodi, su Disney+ e su Hulu per il mercato statunitense.
data di pubblicazione: 01/05/2023
da Antonella Massaro | Apr 18, 2023
Una giovane ragazza, un legame affettivo che si traduce in un controllo ossessivo e manipolatorio, l’impotenza di fronte a quella logica del possesso che conduce alla inevitabile distruzione della “propria” donna.
Mia (Greta Gasbarri) sta vivendo la sua adolescenza in modo straordinariamente normale: il liceo, la pallavolo, le feste con gli amici, uno spesso strato di rossetto sulle labbra, i balletti su Tik Tok. Suo padre Sergio (Edoardo Leo) e sua madre Valeria (Milena Mancini) osservano la loro bambina mentre diventa una donna, cercando di mantenere quella “distante vicinanza” che, a fatica, raggiunge il suo punto di equilibrio. Quando nella vita di Mia irrompe Marco (Riccardo Mandolini), la quiete già precaria, che il “capofamiglia” Sergio si sforza di preservare a tutti i costi, viene spazzata via da una tempesta tanto inattesa quanto furiosa. Marco ha già vent’anni, esibisce il fascino dell’esperienza e in poco tempo riesce a legare a sé Mia. Il suo, però, è solo un insano desiderio di possesso e di controllo, che finirà per trascinare Mia e la sua famiglia in un vortice distruttivo e asfissiante, fatto di annullamento, senso di colpa, rabbia e vergogna.
Come con Gli equilibristi e I nostri ragazzi, Ivano De Matteo porta in scena il cinema che si confronta con temi politico-sociali, raccontando una contemporaneità spesso distorta dai toni di certe narrazioni qualunquiste. Un tema importante, quello raccontato da Mia, anche se il film non risulta sempre all’altezza della sfida. La scrittura, a tratti forse frettolosa e ingenua, indulge a qualche stereotipo di troppo, restituendo l’impressione, specie nella prima parte del film, di restare spesso in superficie rispetto a dinamiche e a personaggi che avrebbero meritato di essere scandagliati in maniera meno prevedibile. Quell’aggettivo possessivo “Mia”, che campeggia nel titolo, sintetizza troppo efficacemente lo sviluppo del film, che quasi mai riesce a cogliere veramente di sorpresa lo spettatore.
Sebbene il finale ceda a una spettacolarizzazione non del tutto necessaria, è significativo che proprio in questo momento facciano la loro comparsa lo Stato, il codice penale e le sentenze pronunciate “in nome del popolo italiano”, ma non, questo è il punto, per “rendere giustizia” a Mia.
Resta da accogliere con favore la scelta del cinema italiano di confrontarsi con il fenomeno della violenza contro le donne, ricettacolo e amplificatore di quegli stereotipi di genere che solo un dibattito pubblico serio e consapevole può contribuire a lasciar emergere, alimentando la speranza, forse utopica, di una sfida che si riesca a vincere più sul piano culturale che su quello giuridico-penale.
Una “menzione di merito” va, infine, alla città di Roma, che, con la maestosità popolare di Trastevere e Testaccio, si trasforma nel teatro perfetto di una storia come tante altre, eppure da ogni altra differente.
data di pubblicazione: 18/04/2023
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