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HERETIC di Scott Beck e Bryan Woods, 2025

HERETIC di Scott Beck e Bryan Woods, 2025

Hugh Grant: uno dei pilastri della RomCom made in UK degli ultimi quattro decenni, questa volta nel ruolo di un malvagio. Ma non perché seduce con il solito sorriso molto british e il modo di fare un po’ imbranato che lo contraddistingue. In questo film, un mix tra Thriller psicologico ed intellettualistico ed Horror classico, girato dal duo di registi Scott Beck e Bryan Woods, che navigano nel genere da dieci anni con una certa bravura (tra i loro lavori c’è anche Un posto tranquillo del 2018 con Emily Blunt), Hugh Grant diventa un folle torturatore, un cattivo vero.

Le sorelle Barnes (Sophie Thatcher) e Paxton (Chloe East), due giovanissime mormoni – inizialmente un po’ allocche – si presentano sulla soglia di casa, ovviamente un po’ isolata, del signor Reed (Hugh Grant), con l’intenzione di convertirlo e farlo entrare nella loro “Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni”. Nonostante un primo accenno di pericolo, dovuto al comportamento gioviale ma strano del padrone di casa, le ragazze decidono comunque di entrare, sfidando una delle regole principali della loro congregazione. La regola vieta di entrare in case dove non sia visibile la padrona di casa, ma il signor Reed le rassicura, dicendo che la signora Reed sta preparando una torta di mirtilli in cucina. Infatti, c’è un buon odore di torta di mirtilli nell’aria. Peccato che poi si scoprirà che l’origine del profumo è tutt’altro.

Ed è così che la prima parte del film, un vero thriller psicologico, ha inizio e si rimane incollati alla sedia per non perdere nessun pezzo dei dialoghi e dei quesiti, che durano quasi un’ora e ruotano esclusivamente intorno al significato di religione e fede. All’inizio, ci si augura che il signor Reed sia davvero solo quel simpatico, seppur bizzarro, personaggio che sembra essere, con il suo modo di fare da studioso d’altri tempi, che propone divertenti paragoni tra le religioni monoteiste e il gioco del Monopoly, ed è appassionato dei Radiohead. E che l’unica intenzione che ha sia davvero solo quella di voler dare una lezione di secolarismo alle due giovani. Però, quando poi spinge le ragazze in una cantina buia, dove le aspetta una figura coperta da un telo bianco, tutto cambia e ci ritroviamo nella seconda parte del film, che non deluderà di certo gli amanti del genere Horror e sarà pieno di labirinti claustrofobici, mostruosità, e colpi di scena da manuale, un po’ grotteschi e un po’ splatter.

E più di questo non vogliamo rivelare della trama, se non che qualcuno sopravviverà e qualcuno no. Quello che possiamo rivelare però è che Hugh Grant è bravissimo – infatti è stato nominato per un Golden Globe per questo ruolo – e che i dialoghi della prima parte risultano un accattivante gioco di potere psicologico e filosofico, da vero cinema “Kammerspiel” di alto livello, che si conclude con l’ultimo scambio di battute tra il signor Reed e la sorella Paxton alla fine del film. Heretic porta con la sua trama ed immagini fino all’eccesso un certo tipo di considerazioni e stati mentali. Ed è per questo che non ha bisogno di una presenza soprannaturale per suscitare terrore. Basta la realtà purtroppo.

Molto probabilmente è dovuto a questo aspetto intellettuale del film il suo successo di pubblico e la buona critica. Infatti riesce a conquistare anche chi, come me, non è un vero amante del genere Horror, e mi sento di affermare che chi ha un debole per Hugh Grant e il dibattito su religione e fede non rimarrà deluso. Se poi si è impressionabili: durante la seconda parte è anche permesso mettere le mani davanti agli occhi.

data di pubblicazione:25/03/2025


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BRIDGET JONES – UN AMORE DI RAGAZZO di Michael Morris, 2025

BRIDGET JONES – UN AMORE DI RAGAZZO di Michael Morris, 2025

Per apprezzare appieno l’impatto socio-culturale di Bridget Jones – Un amore di ragazzo, l’ultimo e definitivo capitolo della saga, è vantaggioso avere un’esperienza simile a quella di una donna di circa 50 anni. In effetti, negli ultimi 20 anni, poche figure femminili del cinema, come Bridget Jones, sono riuscite a rappresentare così bene gli alti e bassi della vita quotidiana e le aspirazioni delle donne di questa fascia d’età, specialmente quelle che vivono nelle grandi città. Bridget, una londinese doc, incarna la loro continua ricerca dell’amore con la “A” maiuscola e il desiderio di trovare il proprio posto nella società moderna e nel mondo lavorativo.

Se nel primo film del 2001 (Il diario di Bridget Jones diretto da Sharon Maguire) si ricalcava ancora la storia d’amore per eccellenza del mondo occidentale moderno, giunta fino ai giorni nostri, ovvero Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen, nel 2004 con Che pasticcio, Bridget Jones viene affrontata la tematica: “Aiuto, ma come funziona una relazione seria tra adulti?” Infine, nel terzo film del 2016 Bridget Jones’ Baby, viene esplorata la tematica della gravidanza inaspettata di una donna single non più giovanissima.

Ora, il quarto film si addentra in un altro argomento tabuizzato: la relazione tra una donna di 50 anni e un uomo molto più giovane. Il tutto, naturalmente, con la consueta iperbolica ironia, perché ciò che Bridget Jones vuole, in fondo, è solo una cosa: essere sé stessa, senza paura e senza “ma”. E essere amata e rispettata per questo.

Accanto a Bridget ci sono sempre stati Mark Darcy (Colin Firth), il suo grande amore, e Daniel Cleaver (Hugh Grant), il suo rivale in amore. Tuttavia, in questo ultimo capitolo, Mark è solo un ricordo, Bridget è vedova, mentre Daniel riveste il ruolo di amico e zio dei suoi adorabili figli.

Si presenta quindi una nuova fase della vita di Bridget, che si confronta con la realtà di essere una madre single, ancora un po’ depressa per la perdita di Mark, e che porta i figli a scuola in modo trasandato dove uno dei compagni di scuola chiede al figlio: “Ma tua nonna cosa ci fa in pigiama fuori dalla scuola?” In questo senso, sembra giusto ringraziare Bridget a nome di tutte le donne che hanno avuto figli intorno ai 40 anni, per aver condiviso dei momenti bizzarri che questo può comportare. E grazie, Bridget, per aver mostrato che è possibile ricostruirsi una vita da donna al di là del ruolo di madre.

Attraverso il monologo interiore di Bridget, viviamo da sempre la sua paura di rimanere sola, la gioia di trovare l’amore (o almeno un’intensa avventura), la tristezza per ciò che sembra perduto, e la rabbia per i tradimenti subiti. Il suo soliloquio riflette le esperienze di molte donne, dalla vergogna per non conformarsi agli standard sociali, alla determinazione di reinventarsi e alla celebrazione delle piccole vittorie, che possono includere anche una sana sbronza.

E anche se in nessuno dei film la figura di Bridget Jones riesce a liberarsi completamente dalle aspettative sociali, almeno fa vedere che è consentito e ammirevole provarci. Questo è già molto. Ed è per questo che ci mancherà.

data di pubblicazione:10/03/2025


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FLOW – UN MONDO DA SALVARE di Gints Zilbalodis, 2025

FLOW – UN MONDO DA SALVARE di Gints Zilbalodis, 2025

Flow è un cartone animato muto, d’avanguardia, epico e universale creato dal regista lettone Gints Zilbalodis. In un mondo che viene sommerso velocemente dall’acqua si narra di un viaggio di salvezza di cinque animali dai caratteri molto differenti. Dovranno imperare a collaborare per sopravvivere all’inondazione vertiginosa che ingoia una natura verde e lussureggiante ma anche abitazioni ed edifici apparentemente abbandonati da chi li ha creati.

Il film è un’esperienza fuori dal comune anche dal punto di vista sonoro. Non c’è dialogo umano. E al di là dei rumori della natura e una toccante musica si sentono solo i versi degli animali protagonisti.

In un’intervista il giovane regista, Gints Zilbalodis, che è solo alla sua seconda opera (la prima era il cortometraggio Away) e “rischia” di ricevere due Oscar – Flow è stato nominato per miglior cartone animato e miglior film straniero –- ha detto, che vuole che lo spettatore si faccia delle domande e ci metta del suo. E ha fatto benissimo a lasciare tutto questo spazio interpretativo. Al di là della meravigliosa esperienza estetica sono pure le molte domande a tenere la tensione così alta.
Il protagonista è un piccolo gatto grigio-nero, individualista, che si ritrova a vivere su una barca da pesca dapprima incastrata su un albero (prima domanda: come ci è arrivata la barca sull’albero? seconda domanda: forse c’era già stata un’inondazione? e la terza domanda: gli uomini dove sono finiti?) con un capibara pigro ma sicuro di sé. A loro si aggiungono poi un labrador troppo vivace ma affettuoso, un lemure dal fare vanitoso e cleptomane e infine un magnifico uccello segretario ferito e misterioso.
Gints Zilbadolis ci racconta la loro odissea per salvarsi dalle acque, fatta di avventure ed incontri in mezzo a paesaggi naturali e ideali mozzafiato, che possono ricordare l’architettura tibetana, ma anche la loro amicizia, minimizzando però il più possibile l’antropomorfismo dei protagonisti. La colonna sonora con le sue arie elettroniche sembra infatti principalmente utilizzata per amplificare la maestosità della natura e dell’acqua. Ed è giusto che il film, nonostante il lieto fine, ci lasci una sensazione leggermente inquietante.
L’opera ci ricorda che l’universo è fatto di altro al di là dell’uomo, e che quell’altro è molto potente.

data di pubblicazione:17/02/2025


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HEARTSTOPPER di Euros Lyn, creato da Alice Osman – Serie Netflix

HEARTSTOPPER di Euros Lyn, creato da Alice Osman – Serie Netflix

Apparentemente una serie romantica/LGBTQ+/Teen Heartstopper, basata sull’omonimo fumetto, nasconde in verità una prorompente storia d’amore per tutti che ci immerge in un mondo queer e magico dal quale non si vorrebbe più fare ritorno. Siamo in Inghilterra e Nick Nelson, il bello di un liceo maschile e stella del rugby, si ritrova disorientato dall’inaspettata attrazione che sente verso Charlie Spring, un compagno che gli è assegnato durante le ore di ricreazione come vicino di banco, precedentemente bullizzato ed emarginato perché dichiaratamente omosessuale.

Divisa in tre stagioni la trama racconta la vita dei due protagonisti durante gli anni della scuola, affrontando una serie di argomenti importanti come i disordini alimentari, l’autolesionismo, la violenza psicologica, il bullismo e l’omosessualità, mettendoli in vista attraverso un caleidoscopio fatto di amicizia, amore, rispetto, accoglienza e molto divertimento. È una serie priva di violenza nonostante gli argomenti forti. E la voglia dei giovani protagonisti di far rispettare la loro diversità in ambienti a tratti anche molto ostili, come il liceo e la famiglia, è contagiosa. Oltre Nick (impersonato dall’enfant prodige Kit Connor, il giovane Elton John di Rocketman) che si scopre bisessuale e Charlie (l’attore Joe Locke, scelto tra 10.000 candidati) timido ma determinato, incontriamo la loro amica Elle, una giovane trans, la coppia lesbica Darcy e Tara, l’asessuale Isaac, l’amica Imogen, che si sente solo persa, e il passionale Tao.

Le tre stagioni accompagnano Charlie e Nick dal primo incontro al loro outing come coppia fino ai loro timori su cosa accadrà dopo la maturità. E se qualcosa fa ridere è la faccia del farmacista, quando Nick viene costretto dalle sue amiche a comprare dei preservativi per la sua prima volta con Charlie.

La serie ha ricevuto ottime critiche nel mondo anglosassone. In particolare la terza stagione è stata premiata con il Golden Tomato (dal sito Rotten Tomato). Nella serie ha recitato tra gli altri la vincitrice Oscar Olivia Colman, nel ruolo della madre di Nick, e Stephen Fry, che nella versione originale ha dato la voce al rettore della scuola. Un’ode alla tolleranza che dovrebbero vedere anche gli adulti.

data di pubblicazione:12/02/2025

LE STELLE PARLANO DI NOI introduzione alla serie Netflix Italia in sedici episodi – 2025

LE STELLE PARLANO DI NOI introduzione alla serie Netflix Italia in sedici episodi – 2025

La fantascienza incontra la commedia romantica d’ufficio sotto una pioggia di ironia. Per chi è un amante delle serie coreane, Le stelle parlano di noi è assolutamente da seguire. I tempi di produzione lunghissimi, dovuti alla minuziosa ricostruzione virtuale di una stazione spaziale e la complicata regia per i movimenti nel vuoto degli attori, l’hanno fatta diventare una delle serie più attese degli ultimi tre anni.  Per non parlare di un cast superlativo: Lee Minho, Gong Hyo-jin e l’eclettico Oh Jung, che qualcuno ricorderà nel ruolo del fratello artista-strambo in It’s Okay to not be Okay.

Finalmente il 4 e il 5 gennaio sono usciti i primi due episodi di una delle serie coreane più attese degli ultimi anni, When the stars gossip (in originale: 별들에게 물어봐). I 16 episodi, format classico di ogni K-Drama contemporaneo che si rispetti, sono un ulteriore motivo per aspettare il fine settimana. Per adesso la trama converge fantascienza, commedia e office romance con un cast stellare. Nei primi episodi vediamo un turista siderale, il ginecologo Gong Ryong impersonato da uno dei migliori attori sudcoreani, Minho Lee, prendere il lancio in navetta verso la stazione spaziale della Corea del sud. Al commando della missione è il capitano Eve Kim (Gong Hyo-jin), astronauta sudcoreana e zoologa, che porta avanti sulla stazione il suo esperimento di topi nello spazio. Ma Gong Ryong, che falsamente viene preso come multimilionario, in verità ha intrapreso il viaggio per aiutare la sua futura cognata, moglie del fratello defunto della sua fidanzata Choi Go-eu, una cosiddetta chaebol, come vengono definiti gli eredi di magnati dell’industria sudcoreana. Gong Ryong ha portato nascosti in un contenitore di gelati – sono regali per la crew già presente nella stazione spaziale – degli ovuli per portare a termine, si spera con successo, una fecondazione in vitro con gli spermatozoi del (futuro) cognato defunto. Sterili sulla terra, ma di nuovo fecondi grazie alle condizioni atmosferiche nello spazio.

L’arrivo dentro la stazione viene ritardato di 20 minuti da Eve Kim per assistere a una spassosa scena dell’accoppiamento di due moscerini di frutta trasportati per sbaglio dalla terra. Un atto assolutamente privo di significato sulla superfice terrestre, ma una sfida miracolosa alle leggi di gravità nello spazio. I dialoghi della serie sono brillanti, il cast di supporto nella centrale terrena e famigliare dei protagonisti altrettanto. Attendiamo con trepidazione le prossime puntate che usciranno fino a metà febbraio ogni sabato e domenica. Vedremo come si svilupperà l’attrazione tra Gong Ryong e Eve Kim, ma anche le altre sottotrame. E ovviamente l’esito della fecondazione in vitro.

In attesa di vedere in onda tutte le puntate, segnaliamo un’altra serie di qualche tempo fa, pietra miliare – un “classico” in termini di K-Drama – sempre con Lee Minho protagonista. Si tratta di una delle serie più di successo in Corea del Sud dal titolo Inheritors (Eredi), o anche Heirs, del 2013 in 20 puntate. Un melodramma teen: lui, Kim Tan, un chaebol illegittimo, lei, Cha Eun-sang (Park Shin-hye) figlia della governante. Come sfondo un liceo privato per super ricchi, heirs appunto.

La serie è talmente conosciuta che la citazione È possibile che tu mi piaccia? della terza puntata ha in coreano ormai la valenza di un detto.

data di pubblicazione:11/01/2025