SABATO DOMENICA E LUNEDI’ di Lina Wertmuller, 1990  (dall’omonima pièce di Eduardo De Filippo)

SABATO DOMENICA E LUNEDI’ di Lina Wertmuller, 1990 (dall’omonima pièce di Eduardo De Filippo)

Sabato Domenica e Lunedì è una commedia di Eduardo ma anche un film per la TV di Lina Wertmuller, grande regista di cinema con alle spalle indimenticabili trascorsi televisivi, basti ricordare Il giornalino di Gian Burrasca (1964) con Rita Pavone e Bice Valori. La vicenda narrata nel film è abbastanza fedele al testo teatrale e prende a pretesto un fine settimana in casa dei coniugi Peppino e Rosina Priore (Luca De Filippo e Sophia Loren), per parlare delle incomprensioni accumulate dai due in trent’anni di matrimonio. E’ sabato, e mentre Rosa è affaccendata nella preparazione del suo famoso ragù, suo marito Peppino dimostra molto nervosismo con tutti ed in particolare con lei; l’indomani, al pranzo domenicale, vengono invitati anche il vicino di casa Luigi Ianniello (Luciano De Crescenzo) e sua moglie: Luigi, grande amico di Peppino, è sempre molto galante con la padrona di casa esaltandone in modo particolare le qualità culinarie, ma Peppino questa volta sembra non sopportare tanta gentilezza e davanti a tutti i presenti si lascia andare ad una memorabile scenata di gelosia, che sconcerta non solo il mal capitato amico e la moglie, ma anche tutti gli altri commensali. Rosina reagisce con molta veemenza alle illazioni del marito geloso, sino ad avere un leggero malore (bravissima la Loren in questa scena quando, davanti gli sguardi increduli di tutti, si mette china sui pavimenti della sala da pranzo e simula come li ha lavati per trent’anni). Il lunedì, “passata la nottata”, sarà giorno di riflessione, pentimento e chiarimenti tra i coniugi Priore.

A questo punto, la nostra domanda è: esiste la ricetta del vero, originale ragù di Rosina Priore? No, non esattamente. Diciamo che ci sono delle “regole generali” per prepararlo, ma poi ognuno ci mette di suo. La presenza della passata di pomodoro e del concentrato di pomodoro sono d’obbligo, ovviamente. Si alla cipolla, no al trito sedano/carota/cipolla, no all’aglio. Originariamente la cipolla si faceva consumare nello strutto, ora sostituito dall’olio extravergine di oliva: può passare. No al basilico, non ci va; si a qualche foglia di alloro. Per quanto riguarda i tagli di carne da utilizzare, questi variano da famiglia a famiglia. Molti hanno modificato, aggiunto e sottratto alcune tipologie di carni per il gusto personale. Sicuramente nel ragù non ci va la carne tritata, quella è un’altra cosa. Generalmente si utilizza la carne di manzo, la cosiddetta “corazza” o “biancostato”. Molti aggiungono braciole (meglio se di lòcena, farcite con un trito di prezzemolo, aglio a pezzetti piccolissimi, parmigiano grattugiato o pecorino, uva passa e pinoli), braciole di cotenna, nervi ecc… Ce ne sono anche di realizzati con salsiccia e polpette. Il ragù attraversa tre fasi: inizialmente si “tira” la cipolla con l’olio o la sugna, poi si rosola la carne, in ultimo si aggiungono concentrato di pomodoro e passata di pomodoro oppure i pelati passati al passaverdure, e si lascia “pippiare” dalle quattro alle sei ore ed oltre. Fatelo la sera prima, riposato è ancora più buono!!

INGREDIENTI (per il ragù napoletano – o’ Ragù): 700 gr di corazza tagliata a pezzi da 4 o 5 cm di lato – 2 braciole di lòcena farcite con prezzemolo, parmigiano o pecorino, uva passa , aglio e pinoli – un paio di “tracchiulelle” o “puntine” di maiale – una cipolla – 6 cucchiai di olio – un bicchiere di vino rosso – 2,5 litri di passata di pomodoro – 140 gr di concentrato di pomodoro.

PROCEDIMENTO: Tritare finemente la cipolla e versarla in un tegame, meglio se di coccio, unitamente all’olio. Dopo un paio di minuti aggiungere la carne e farla rosolare. Questa è una fase molto delicata, bisogna girare spesso la carne e fare in modo che la cipolla non bruci ma si “consumi”. Quando la carne è rosolata e la cipolla è trasparente, sfumare con il vino e continuare la cottura fino a che lo stesso non sia evaporato. Aggiungere il concentrato di pomodoro e continuare a far “tirare” il tutto in pentola, alla fine aggiungere la passata di pomodoro, abbassare la fiamma al minimo possibile, coprire

lasciando il cucchiaio di legno tra la pentola ed il coperchio e farlo cuocere lentamente, “pippiare” per sei ore ed oltre.

Girare spesso il ragù al fine di non farlo attaccare alla pentola. Alla fine vi troverete una salsa densa, i grassi saranno affiorati in superficie ed avrà un colore rosso scuro, molto intenso. Ci andrebbero conditi i classici ziti spezzati, formato ideale di pasta da usare con il ragù, ma anche degli splendidi paccheri vanno bene. Ovviamente, in barba alle regole del galateo, è assolutamente obbligatoria la scarpetta finale, anche se, nelle sei ora di cottura, è facile che qualcuno abbia giocato d’anticipo intingendosi un pezzo di pane!

PARENTI SERPENTI di Mario Monicelli, 1992

PARENTI SERPENTI di Mario Monicelli, 1992

Parenti serpenti è una splendida commedia drammatica del grande Mario Monicelli. Ambientato a Sulmona durante le festività natalizie, il film descrive perfettamente un falso clima di festa tra i componenti di una numerosa famiglia che sono soliti riunirsi una volta l’anno, facendo finta di essere felici di rivedersi, e mette subito in evidenza quel sottile filo di invidia che esiste tra i fratelli e sorelle e rispettivi consorti, le maldicenze dette a mezza bocca, le falsità. L’ambiente poi si riscalda ulteriormente allorquando la notte di Natale gli anziani genitori (Paolo Panelli e Pia Velsi), di fronte alla tavola imbandita con ogni ben di Dio ed ingenuamente contenti di essere circondati dall’affetto dei figli (Marina Confalone, Monica Scattini, Eugenio Masciari e Alessandro Haber), nipoti, generi e nuora, comunicano che non se la sentono di vivere più da soli e che vorrebbero tanto andare a vivere con uno dei loro 4 figli. Iniziano le prime discussioni, che nei giorni a seguire sfociano in accesi litigi, sino ad arrivare ad un epilogo drammatico ed imprevedibile nella notte di capodanno. A questo film, decisamente imperdibile, vogliamo abbinare un tipico piatto abruzzese per il giorno di Natale: il brodo col cardone, conosciuto anche come zuppa di Natale con cardone e brodo di cappone.

INGREDIENTI (per 6-8 persone): 1.5 kg di cardone – 1 kg di carne possibilmente di cappone – 300 gr di carne macinata – pane raffermo – mollica di pane a dadi – quattro uova- una cipolla – un sedano – un po’ di indivia riccia – una carota – due foglioline di prezzemolo – una bottiglia di passata di
pomodoro – due cucchiai di parmigiano – sale q.b. – olio extra vergine di oliva

PROCEDIMENTO: Il cardo è una pianta, che viene pulita per bene, tagliata a cubetti e poi messa a lessare, per molto e molto tempo. A parte si fa il classico brodo di cappone, quando il cardo è cotto, si scola, e si versa nel brodo e si fa insaporire con quest’ultimo. Vengono aggiunte poi le polpettine di macinato, e la stracciatella con uovo e parmigiano, il pane fritto… una vera bomba calorica, ma davvero ottima. E’ una preparazione lunga, ed infatti si fa solo a Natale… per fortuna ora si trova in commercio il cardo già pulito e fatto a dadini. Questo piatto tradizionale si consuma il giorno di Natale: il brodo, come da tradizione, viene fatto con cappone e viene lasciato bollire per circa tre ore. Per accorciare i tempi di cottura, si può utilizzare la pentola a pressione, il risultato è garantito! Prendete la carne di cappone, lavatela, immergetela in due-tre litri di acqua fredda affinché ceda gradatamente i propri succhi durante la cottura. Aggiungete alla carne: una grossa cipolla sbucciata, una carota pulita, una costa di sedano con le sue foglie, alcuni cucchiai di passata di pomodoro, a vostro gusto, per dare colore al brodo. Le verdure vanno lessate a parte e lasciate intere. Salate, chiudete ermeticamente e lasciate bollire per un’ora e mezza circa, a fiamma bassa. Ultimata la cottura, il brodo va lasciato raffreddare, affinché il grasso in eccesso si rapprenda e possa essere sottratto con una schiumarola. La carne bollita può essere consumata nei giorni successivi. Nel brodo vengono tuffati: della polpettine di carne macinata e soffritta, le coste di cardone sbollentate e tagliate a pezzetti, la stracciatella cioè un battuto di 2 uova e parmigiano e dei pezzetti di mollica di pane fritto. Per le polpettine: prendete la carne macinata, conditela con un po’ di sale e prezzemolo, bagnatevi le mani e procedete fare della palline di composto, delle dimensioni di una nocciola. Soffriggetele in un cucchiaio di olio extravergine d’oliva e tenetele da parte. Il cardone va pulito scartandone le parti più dura, tagliato a cubetti e sbollentato. Lo scarto è molto, pulitelo coi guanti o vi resteranno le mani nere! Lo stesso vale per l’indivia che dovrà essere sbollentata e finemente tagliata. Il piatto finito è molto buono, la fatica sarà ripagata!

DIARIO DI ALCUNI ACCREDITATI AL FESTIVAL DI ROMA 2014: CONCLUSIONI

DIARIO DI ALCUNI ACCREDITATI AL FESTIVAL DI ROMA 2014: CONCLUSIONI

Come da programma il Festival Internazionale del Film di Roma, iniziato con Soap opera di Brizzi, si è concluso con Andiamo a quel paese di Ficarra e Picone: due pellicole tutte italiane, anzi, di quel genere leggero che si dice piaccia tanto agli italiani. Ma in realtà all’uscita dalle sale, dopo la proiezione di entrambi i film, si sono registrati commenti a mezza via tra l’incredulità e la rassegnazione e seppur sia nelle “regole del gioco” che un Festival sia fatto di cose belle e di cose brutte, è comunque opinabile la scelta di affidare il prologo e l’epilogo di questa edizione 2014 a quel cinema italiano che forse non piace così tanto neppure agli italiani; specie in considerazione del fatto che la manifestazione ha dimostrato di avere in pancia pellicole di alto livello, tra le quali alcune proprio made in Italy: basti pensare ai vincitori del Premio Taodue Camera d’Oro alla migliore Opera prima, Andrea Di Stefano e Lorenzo Guerra Seràgnoli.

Una gradazione di emozioni hanno coinvolto, sconvolto, appagato e ripagato i volenterosi “Accreditati per passione e non per professione” in queste giornate festivaliere, partite male, continuate in sordina ed esplose in contenuti e pubblico nei giorni a seguire: dal riso appagante (ma a tratti amaro) di Buoni a nulla fino alle lacrime bollenti (ma non disperate) di Still Alice, dagli intrighi al cardiopalma di Gone Girl, alle algide atmosfere che sottendono sottili emozioni di Last Summer, sino alla crudeltà di Benicio del Toro in Escobar: Paradise Lost e all’alto grado adrenalinico di Nightcraeler, per arrivare al poetico realismo di documentari come Roma Termini e concludere con l’infinita tenerezza e profondità di buona parte delle pellicole della Sezione Alice.

E dunque, se è pur vero che chi va a vedere pellicole cosiddette “leggere” non può aspettarsi di più, è anche lecito aspettarsi di più da chi le sceglie per noi; e se anche il futuro del Festival di Roma potrebbe essere il suo accorpamento con il Fiction Fest di Carlo Freccero, si spera tanto che possano continuare ad essere proiettate pellicole come Trash, che ha meritatamente vinto quest’anno, e che i lavori italiani siano sempre rappresentativi del buon cinema di casa nostra, perché sicuramente noi siamo i figli, dei figli, dei figli di Michelangelo e Leonardo…. (Good Morning Babilonia di Paolo e Vittorio Taviani, 1987), ma anche gli eredi di De Sica, Fellini, Visconti, Pasolini, Bertolucci….

data di pubblicazione 27/10/2014

DIARIO DI ALCUNI ACCREDITATI AL FESTIVAL DI ROMA 2014: CONCLUSIONI

GONE GIRL di David Fincher – USA

(Festival Internazionale del film di Roma 2014 – Gala)

Gone Girl ovvero la vita di Amy (Rosamund Pike): da ragazza manipolata dai genitori che sin da quando era bambina ne fanno oggetto di una collana di libri per l’infanzia, a donna manipolatrice della sua perfetta ed invidiata vita matrimoniale con Nick (Ben Affleck), almeno sino a quel mattino del 5 luglio del 2012 in cui Amy scompare misteriosamente dalla casa coniugale. Rapita? Forse uccisa? O semplicemente sfuggita ad un marito violento? David Fincher, con l’adattamento cinematografico del best seller di Gillian Flynn L’amore bugiardo, mette sotto la lente di ingrandimento una ben assortita serie di cliché: la coppia perfetta, il loro matrimonio in crisi per tradimento, la vita coniugale che scoppia anche a causa della crisi economica che ha risucchiato i loro lavori, la ricerca di un figlio salva-crisi, l’invadenza dei salotti televisivi e dei processi mediatici che pretendono di colmare il vuoto lasciato da un’inesistente Giustizia terrena, mentre gli “imputati” si adattano con sempre maggiore convinzione alla parte che altri scrivono per loro.

Il tutto è tenuto insieme da un intreccio mai banale, attorno al quale Fincher costruisce un thriller coinvolgente, perennemente sospeso tra psicologico e psicopatico, in cui anche i personaggi minori escono tratteggiati da un’impressionante dovizia di particolari e che, affidando alla stessa scena l’incipit e l’epilogo della storia, segue un’affascinante andamento circolare, ricomponendo in unità due “punti di vista” apparentemente inconciliabili.

data di pubblicazione 21/10/2014