Un cast stellare per un film irraccontabile. Lo sai già. Quando vedi un film di Wes Anderson, regista di nicchia, non c’è narrazione coerente che tenga. E il tentativo di riassumere il plot misero e poco significativo, per chi si accontenta: in un artificiale paesaggio desertico nel 1955 i visitatori occasionale della cittadina di Asteroid assistono a incontro ravvicinato. La quarantena costringe tutti a rivedere abitudini e filosofie di vita. La fotografia sembra copiata da Barbie nel paludamento di un ottimismo di facciata.
Il regista procede per frammenti e le star distillano piccoli gioielli di cammei tanto da farti chiedere che risultato si avrebbe se al loro posto ci fossero modesti e poco noti caratteristi. Scorri una collezione di figure importanti e alla fine ti accorgi che all’elenco manca Goldblum. Mistero? No, Il lungagnone interpreta l’alieno e dunque il suo volto rimane celato fino all’ultimo. Il film si può interpretare ovviamente come una dissacrante satira dell’American life. Un’umanità eccentrica e scombinata che vive valori deformati e schizofrenie assortite. Persino i lutti fanno sorridere per il modo inconsueto con cui vengono affrontati. Il personaggio principale, un fotografo, sembra perdere l’occasione della vita quando manca lo scatto su una Scarlett Johansson senza veli. Un’atmosfera disincantata circola nella pellicola, un vasto sentore di disillusione. Non si sa quanto funzionale sia l’inquadramento del cinema in un’opera teatrale con tanto di scene numerate e tempi che nulla aggiungono alla tensione e all’interesse. Le riprese sarebbero dovute avvenire a Roma ma all’ultimo momento furono spostate in Spagna. La finzione dei fondali è avvertibile sin dal primo momento ma è omogenea al mood tutto particolare del regista. Opera per cinefili con precisi limiti di fruizione e anche di incasso.
data di pubblicazione:14/11/2023
Scopri con un click il nostro voto:
0 commenti