(Teatro Vascello – Roma, 9 dicembre 2015/17 gennaio 2016)
Il pavimento del Teatro Vascello sotto i nostri piedi trema, le poltrone sono scosse violentemente, un vociare roboante si fa via via sempre più consistente.
Niente paura non è un terremoto, ma l’uragano Rezza che si appresta a esibirsi: una vera e propria forza della natura, travolgente e sconvolgente.
Sul palcoscenico vi è un intreccio di linee verticali e orizzontali — rosse (come l’energia che l’attore trasfonde nel pubblico), bianche e nere — che somigliano a un “monitor virtuale”, su cui va in onda la sua ultima rappresentazione teatrale Anelante, frutto della proficua collaborazione con la regista Flavia Mastrella: sodalizio collaudato per un divertimento assicurato.
L’attore di origine piemontese (anche se laziale d’adozione) esalerà — accezione poetica del termine anelare (halare «soffiare») — senza mai prender fiato le sue idee variopinte, provocando nello spettatore un turbinio di emozioni contrapposte.
Lo spettacolo è un susseguirsi di scene comiche nonsense, il cui leitmotiv è l’intricato mondo della psicologia umana. S’inizia con un matematico strampalato che traccia sul palco formule poco ortodosse. Stesse formule su cui s’interrogheranno i grandi della terra (g 20, g 8), che sbucano fuori dagli elementi della scenografia in modo goffo, senza riuscire a incontrarsi. Allora la compagnia di Rezza s’imbarcherà su un aereo, al bordo del quale incontrerà un sacerdote, timorato di Dio ma pronto a vendersi alla dea bendata, e un pilota, martoriato dalle teorie freudiane della libido, che proromperà in un’esclamazione catartica ed esilarante: “se a Freud piaceva suo padre, sua madre e suo nonno, perché doveva convincere anche noi?! Non se lo poteva tenere per sé!”.
Il viaggio aereo non andrà a buon fine e la stramba compagnia precipiterà in una scena orgiastica, in cui gli attori mostreranno i loro glutei (che Rezza vergherà!) e daranno sfogo a tutti gli impulsi sessuali: atti di copulazione, autoerotismo, sodomia, necrofilia — esagerando ogni gesto, tanto da suscitare il riso.
Esasperazione che raggiunge il culmine nel momento in cui il protagonista dello show dà spazio alla sua logorrea: “dissenteria della bocca in avaria, scarico intestinale dalla parte meno congeniale”. Come un vulcano in eruzione, erompe in pensieri sconnessi su temi diversi (lettura, conversazioni, insonnia) — tant’è che sembra quasi di assistere a una seduta di auto psicanalisi — e infine s’immerge, vestito da palombaro, nelle profondità più oscure e recondite del rapporto con i genitori, trattando il tema rigorosamente in chiave ironica.
Al termine dello spettacolo si è consapevoli di aver assistito a un’espressione di lucida follia: congerie di assurdità che generano ilarità. E nell’uscire dal teatro non siamo soli, come ci ammonisce beffardamente l’attore da dietro le quinte, ma ci fa compagnia lo strepito delle risate che risuona ancora nelle nostre orecchie, nonostante lo spettacolo sconquassante sia concluso.
data di pubblicazione 12/12/2015
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