UN GIORNO DI PIOGGIA A NEW YORK di Woody Allen, 2019

Due giovani studenti, lui newyorchese, lei dell’Arizona, rampolli di ricche famiglie, decidono di trascorrere un romantico fine settimana a New York, dove si alterneranno incontri più o meno fortunati e spesso bagnati dalla pioggia…Una trama apparentemente semplice svela nel migliore stile – Allen l’idea nostalgica di una città al tempo stesso reale e idealizzata, rappresentata come solo un grande regista sa fare.

  

A 40  anni dal suo riuscitissimo, Manhattan (migliore commedia romantica del 1979), e dopo  alterni risultati (ad esempio l’ottimo Match Point, il delizioso Midnight Paris, ma anche lo sgangherato To Rome with Love), il regista newyorchese, ormai vituperato dai suoi ipocriti connazionali, torna con un nuovo  capolavoro per la gioia di noi europei (negli USA la pellicola è invece sotto embargo per via di presunti pregressi comportamenti scorretti del regista alla luce dello scandalo “Me Too”).Come dicevo, la cosa non ci riguarda, fortunatamente, infatti dopo alterne vicende contrattuali l’ultima fatica dell’84enne artista di Brooklyn, è regolarmente programmata con meritato successo di critica e pubblico nelle sale del nostro paese. E se ci aveva entusiasmato, divertito, interessato, quello che fu il suo  nono film con la sua spensierata visione della città- che – più- ama- al- mondo, appunto, New York, ripresa nel più bel bianco-nero di sempre realizzato dal grande Vittorio Storaro e impreziosito dalle musiche di George Gershwin, oggi a colori con gli stessi affidabili complici di sempre (ancora Storaro alla fotografia e Santo Loquasto alle scenografie, e una colonna sonora che svaria da Chet Baker a Irving Berlin), Allen è ancora in grado di ricreare la stessa magica emozione. Certo non è più lui a interpretare il ruolo del se stesso- protagonista (l’intellettuale Isac Davis di Manhattan) e nemmeno sceglie quale suo alter ego  tra fascinosi attori adulti. S ’identifica, invece (dallo stile – casual raffinato nel vestire, all’amore per il piano di Irving Berlin, ai vecchi noir con Mitchum) in un giovane emergente appena ventenne per raccontare la sua città, per certi versi la sua biografia, e l’ineluttabilità del destino. Come un Holden Caufield ( di salingeriana memoria),Gatsby Welles (omen nomen…), interpretato magistralmente da Timothèe Chamalet (Chiamami col tuo nome, Beautiful boy), sogna la sua giornata ideale a Manhattan con la sua adorabile, “quasi ingenua” Ashleigh (l’altrettanto brava e deliziosa Elle Fanning). La fanciulla, aspirante giornalista, già “miss simpatia Arizona”, deve intervistare per il giornalino del college un famoso regista e l’occasione serve ai due giovani per lasciare la noiosa università di provincia, recarsi nella grande mela, vivere avventure e incontri dai differenti sapori. Naturalmente, secondo la migliore tradizione delle commedie di Allen, la trama offrirà tutta una serie di spunti, inutili da anticipare, ma che di volta in volta saranno occasioni di sorrisi, riflessioni, nostalgie, malinconie. In un crescendo che ai più attenti cinefili, ricorderà Un Provinciale a New York di Arthur Hiller, ma anche le raffinate commedie di George Cuckor o Vincente Minnelli con un “magic touch” alla Lubitsch …

Piccoli equivoci, situazioni imbarazzanti, battute fulminanti (quella della Shannon a Gatsby La vita reale è per chi non sa fare di meglio!), baci più o meno rubati, stacchi musicali sempre al punto giusto e tanta malinconia per una città da raccontare sotto la pioggia.

Ancora una volta, rivivono nel personaggio di Gatsby, sapientemente mescolati, tutti i temi e gli ingredienti cari ad Allen (i giovani direbbero “tanta roba”), riproposti al meglio in un film che sotto le finte spoglie di una commedia adolescenziale ha invece ben altro, come la critica al perbenismo borghese, a certi vacui comportamenti maschili e femminili, all’amore per il bello tout court. E così, fra immagini poetiche, citazioni colte, battute fulminanti, Allen ci offre il meglio del suo cinema dove Groucho Marx convive con Fellini e Chet Baker con Gershwin per 94 minuti di un indimenticabile sogno malinconico da vivere al cinema.

data di pubblicazione:02/12/2019


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3 Commenti

  1. Bellissimo film, raffinato, nostalgico. Puro divertimento. Da non perdere.

  2. Nonostante la sua incontestabile prolificità Woody Allen ci regala ancora una volta una commedia brillante. L’atmosfera è frizzante con le battute che si rincorrono con il solito “ritmo” tentando disperatamente di cadere in una ingenua volgarità, ma senza mai riuscirci veramente. Le citazioni non mancano e anche a questo siamo da tempo abituati, ma il prodotto confezionato è tra i migliori, in una Manhattan meravigliosa anche sotto la pioggia dove ci è consentito curiosare nelle raffinate locations degli interni che hanno contribuito a rendere indimenticabili i film del vecchio Woody.

  3. Ottima recensione ed ottimo film ,frizzante ma con velata malinconia.
    Ritrovata qualità di Allen

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