(76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)
Una giovane insegnante di musica al liceo (Laysla de Oliveira) è accusata di aver abusato della sua posizione per aver rapporti con un suo allievo minorenne. Incarcerata, rifiuta i tentativi del padre (David Thewlis) di farle ottenere la libertà anticipata perché, pur se innocente, ritiene di dover comunque scontare una punizione per un qualcosa avvenuto nel loro passato. Il suo e quello del padre….
Manca ormai solo un pomeriggio di pioggia, vento e foglie autunnali per dare forma concreta alla sensazione di “fine stagione”… Purtroppo, a differenza di tanti altri Festival (perfino di quello di Roma), Venezia persiste nel suo recente pessimo vezzo di “sparare” i migliori film o quelli di maggior richiamo nella prima settimana di programmazione, dopo di che è tutto un disperato aggirarsi di critici ed appassionati fra proiezioni di film di non apparente grande appeal o di cinematografie marginali. Sono, ahinoi le dure leggi dettate ed imposte dalle Majors Americane e dai vincoli del “circo” dello Star System che porta le grandi stelle e produzioni da un Festival all’altro. In questa settimana è infatti partito il Festival di Toronto, ed ora, quelli che contano o su cui molto si è investito sono quasi tutti lì!
Eppure… Eppure… si trovano fortunatamente ancora delle belle sorprese o piuttosto delle gradite conferme come nel caso dell’ultimo lavoro di Egoyan.
Il non prolifico regista e sceneggiatore canadese amatissimo dai Festival e talora molto apprezzato anche dal pubblico per i suoi: Dolci Inganni 1997, Chloe 2010, ed il recente Remember 2015, ripropone con questo suo film alcune delle sue tematiche costanti: il senso di colpa, il lutto e l’espiazione. Ancor di più, questa volta tutti questi suoi temi s’incrociano anche con i grovigli di segreti, di equivoci e di incomprensioni che si celano nella famiglia e nelle relazioni fra genitori e figli. Nel nostro caso fra un padre vedovo ed una figlia unica.
Ciò che ha sempre affascinato ed affascina l’autore è, in particolare, anche l’emergere della “vera” Verità all’interno delle varie realtà che ognuno di noi si autoconvince e vive poi come la “Vera Realtà”. Talora però, sottolinea il regista, la Verità si scopre quando è ormai troppo tardi. Il dolore e la solitudine non riescono ad abbattere le barriere erette dal pudore dei sentimenti, delle emozioni e da quell’amore inespresso che padre e figlia non sono, da soli, in grado di superare. Se solo fossero riusciti a parlarsi, ad aprirsi prima! Non è facile essere padri oggi, ci dice Egoyan.
Spesso, secondo il regista, il legame di amore può essere così forte ed inesprimibile da arrivare ad essere schiacciante e deviante fino a generare equivoci tragici ed irreparabili.
Egoyan è bravo, in un’alternanza fluida fra passato e presente a disvelarci nel flusso dei ricordi la realtà del quotidiano vivere, la solitudine, l’affetto inespresso, il vuoto affettivo mai anestetizzato o cicatrizzato che ha inciso la vita dei due protagonisti. Il lento rivelarsi della Verità e dei segreti equivoci. Guest of Honour è un film autoriale profondo, inquietante ed intrigante che cattura lo spettatore tenendolo sospeso nei vortici emotivi che si dispiegano progressivamente. Dove, come e quando ci si riesce a riconciliare? è l’interrogativo che il regista lascia aperto per le nostre riflessioni di spettatori.
Un film autoriale come detto, assistito dall’ottima interpretazione della rivelazione De Oliveira, bella, giovane, brava ed intensa e soprattutto da un eccezionale tragico e straniato Thewlis. Un film non certo facile e non certo banale, dinamico e leggero; un film che invece fa riflettere e che si può anche riuscire ad apprezzare pur senza essere tra i migliori ed i più originali dell’autore.
data di pubblicazione:04/09/2019
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