(Teatro Piccolo Eliseo Roma, 21 febbraio/3 marzo 2019)
È notte sulla spiaggia di Posillipo. Una luce lunare illumina appena il corpo di Desiderio, un attore appena ritornato dall’Inghilterra, dove con molta probabilità ha avuto modo di recitare al Globe con la compagnia dello stesso Shakespeare. A dare ascolto ai suoi racconti un amico, Zoroastro, presunto alchimista.
Il testo di Ruggero Cappuccio celebra i suoi venticinque anni sui palcoscenici italiani e esteri. La coppia di attori Claudio De Palma (Desiderio) e Ciro Damiano (Zoroastro) dimostra con bravura artigiana di essere affiatata sulle tavole di questa scena seicentesca. Il testo è scritto in un napoletano antico, il lessico è di difficile comprensione, ma la bravura degli interpreti restituisce un ritmo e una musicalità alla quale l’orecchio dello spettatore, superata l’incomprensione iniziale, si abitua. E avviene allora che come in un sogno, di cui non si ricordano tutti i particolari, le immagini cominciano ad apparire nella mente e si montano da sole, tra le suggestioni della lingua e i piani di comprensione aperti da altri fattori significanti.
Desiderio sembra un attore rotolato giù rovinosamente da un palco di tavole da Commedia dell’Arte. Il suo racconto parla di un’avventura a Londra. Una sera di carnevale, durante un ballo a palazzo, si imbatte in una maschera. Pensando inizialmente di trovarsi davanti al viceré scopre invece che davanti a lui c’è proprio William Shakespeare. Nel titolo della pièce si gioca con il nome del bardo inglese, che per il dialettale fenomeno dell’apocope perde la sillaba finale, la quale diventa invece l’appellativo principale che lo innalza a viceré della città partenopea, almeno per una notte, quella durante la quale si svolge il ballo di carnevale. Da qui il viaggio verso l’Inghilterra e l’ingaggio presso il grande teatro inglese. Ad ascoltare le sue storie il vecchio amico di un tempo, Zoroastro, che di storie ne ha anche lui da raccontare, in una Napoli dove non è facile cavarsela per vivere.
Nell’impianto scenico domina la notte, con la simbologia ad essa connessa di morte e sogno. Ed è proprio della morte che i personaggi prendono coscienza nello svolgersi dei fatti. Le luci sono impostate secondo una chiara ispirazione caravaggesca. Le forme dei corpi prendono vita dal buio che li circonda, come fossero partoriti dal misterioso fondale. Nulla si conosce del contesto che li abbraccia. È lo spazio della mente. Esistono solo i due guitti e lo stridere musicale delle loro esistenze.
data di pubblicazione:25/02/2019
Il nostro voto:
0 commenti