La cronaca di un anno tumultuoso nella vita di una famiglia borghese che vive nel “quartiere bene” di Città del Messico chiamato ROMA. Un anno visto con gli occhi umili e sensibili di Cleo, domestica attenta ma anche governante affettuosa e complice dei bambini e parte anche lei della famiglia.
Ho approfittato, prima del suo passaggio in esclusiva su Netflix, per correre a vedere proiettato sullo schermo cinematografico il film con cui Cuarón ha vinto il Leone d’oro al recentissimo Festival di Venezia e di cui ci aveva già riferito brevemente ma con acuta precisione di giudizio la nostra M. Letizia Panerai nei suoi Appunti di viaggio dal Lido di Venezia del 31 Agosto.
Non entro nelle polemiche sul ruolo di Netflix, o sui diversi atteggiamenti assunti dalle Direzioni dei Festival di Cannes e di Venezia sull’ammissibilità o meno in concorso di film destinati a circuiti diversi dalle sale cinematografiche. Personalmente sarei del parere che Netflix sia un danno per il vero Cinema, ma bisogna anche realisticamente convenire che i dissennati vincoli della Distribuzione avrebbero costretto un film come questo, pur se bello, solo in poche sale di qualità, limitandone la fruizione ad un numero ristretto di spettatori. D’altra parte occorre ammettere anche che il Cinema non è più solo arte, talento e fascinazione, ma è, sempre di più, un prodotto necessariamente destinato alla più ampia consumazione e quindi … la forza tentatrice della capacità produttiva e distributiva on line è sempre più irresistibile
Con Roma il talentuoso regista torna a girare nel suo Messico con un film molto personale che segna un ritorno alle sue origini sociali e culturali, alle sue memorie, ed ai suoi ricordi di infanzia. Ed è proprio con lo sguardo tenero e dolce della memoria che l’autore affronta temi tanto personali quanto anche universali: la famiglia, l’assenza, l’indifferenza, la maternità, la morte, il dolore, la dedizione e l’abnegazione, parlandoci anche delle lotte sociali, culturali e studentesche senza che mai uno di questi tanti temi ecceda sugli altri. Al contrario, tutti coabitano fra loro in modo naturale in un racconto fluido e con i giusti momenti di interruzione di tono, grazie anche a sequenze piene di humour. Il merito è tutto in una regia sensibile ed intensa che mantiene sempre appassionato il ritmo narrativo, con una capacità che sembra semplice ma è, in effetti, tanto elaborata quanto efficace. La messa in scena, in uno splendido “bianco e nero” privo di contrasti e di un’eccezionale profondità di campo, è sobria ed attentissima ai particolari fino anche ai dettagli. Il regista che, oltre a firmare la sceneggiatura ed a curare il montaggio, è anche Direttore della fotografia, privilegia piani fissi e soprattutto magnifici piani sequenza, che sono poi il suo marchio stilistico, per darci visioni panoramiche con movimenti della camera lenti proprio per evidenziare la visione d’insieme. Questo ritmo calmo, come se il Tempo si estendesse all’infinito, è scientemente ricercato per agevolare l’introiezione da parte dello spettatore del contesto, dei personaggi e dei loro comportamenti.
La vicenda ambientata nel 1970/71 è uno splendido souvenir di un mondo che sta cambiando, di una Società in ebollizione, di bambini che crescono, di adulti che affrontano la vita. Un’opera sensibile con personaggi disegnati con tocchi leggeri. Una visione realista senza giudizi di sorta da parte dell’autore, in una visione che quasi non cerca risposte alle vicende che si sviluppano siano esse allegre o tragiche, quasi una poesia del quotidiano.
Di sicuro il film è un canto, una vera ode alle donne, al loro grande coraggio, alla loro forza, alla loro resilienza, al legame naturale di solidarietà che consente loro di far fronte sia alle gravidanze non volute sia agli abbandoni subiti e di dare e avere sempre una speranza.
Dunque un film autoriale, delicato, elegante e di classe innegabile, un film che dà emozioni fin dalla prima sequenza di apertura. Un film da cercare di vedere assolutamente.
data di pubblicazione:14/12/2018
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