Da un po’ di tempo sta prendendo piede la moda degli “Eventi Cinematografici”. Proiezioni tematiche, a prezzo del biglietto più alto del solito, orari particolari e permanenza in sala solo pochi giorni. Operazione Culturale o Commerciale? My Generation ci induce a pensare chiaramente ad un’operazione commerciale piuttosto che artistica, giocata, fin dal titolo stesso, sulla nostalgia e sui ricordi di quella generazione di sessantenni di oggi che nei ruggenti anni della loro giovinezza hanno avuto la fortuna di viverli direttamente nella Swinging London di quei mitici 4/5 anni fra il 1962/63 ed il 1966/67, o che hanno partecipato altrove agli eventi ed ai cambiamenti rivoluzionari da Londra propagatisi in breve in tutto il resto del mondo. La British Revolution, quel movimento giovanile che quasi impercettibilmente, passo dopo passo, consentì, in quegli anni, alla gioventù inglese di buttar giù le barriere di classe che tenevano ingessata l’Inghilterra. La Libertà, la libertà sociale, la libertà dalle convenzioni, la libertà individuale, fu il vero detonatore iniziale, e… da lì in poi: la rivoluzione sessuale, nuovi abbigliamenti, nuove sensibilità artistiche, culturali, musicali e cinematografiche, nuova moda, nuovi colori sgargianti, nuove scelte di vita, spazio ai giovani. Le minigonne, i capelli lunghi, i pantaloni a zampa d’elefante e, soprattutto, i Beatles, gli Who, i Rolling Stones, il Beat, il Pop, le droghe, Mary Quant, Twiggy e tantissimo altro.
Detto ciò, My Generation è un documentario con la regia di D. Batty e, soprattutto prodotto da Simon Fuller, noto produttore discografico e televisivo nonché ideatore di format di spettacoli televisivi, e con lui anche Michael Caine. E’ proprio M. Caine, con il suo fascino, ad arricchire il documentario facendo sia la voce narrante sia il fil rouge che, con la sua presenza e gli spezzoni dei suoi film dell’epoca come Ipcress ed Alfie, lega i vari capitoli del documentario stesso e ci fa da guida nel tempo.
Ci troviamo davanti ad un abile collage e montaggio di materiale d’archivio, di spezzoni di filmati d’epoca, riprese delle vie di Londra, brani di trasmissioni televisive, frammenti di concerti e stralci di nuove e vecchie interviste ad alcuni dei mostri sacri di allora (M. Quant, Sandie Shaw, M. Faithfull) ed infine, scorci dei primi mitici concerti al glorioso Cavern Club di Liverpool. Il tutto ovviamente immerso in una meravigliosa e superba colonna sonora che pesca a piene mani in alcuni brani del repertorio delle Band e dei Solisti dell’epoca. E’ indubbio che chiunque sia interessato al cinema, alla musica e all’arte di quegli anni potrà, volendolo decisamente, pur riuscire a trovare qualcosa guardando My Generation, ma… è forse sufficiente per ridarci lo spessore, l’anima e la forza di quel quinquennio, la voce di M. Faithfull ? Oppure basta qualche brano dei primi concerti dei Beatles a Liverpool? O ancor più, una breve performance degli Who o le immagini di Twiggy e della meravigliosa Jean Shrimpton? Direi proprio di no! Difatti più il documentario procede, tanto più perde in capacità di approfondire la realtà e di fornire un’analisi con la giusta qualità e quantità di immagini. Dopo un po’ non bastano più nemmeno le memorie e le riflessioni dell’ironico M. Caine per farci capire cosa veramente fossero quei giorni, o, per spiegarli a chi non li conosce o, per restituirli a chi li ha vissuti di persona. Anzi, paradossalmente le stesse confidenze autobiografiche di M. Caine, annoiano perché si prolungano troppo, spezzano il ritmo e portano fuori tema e contesto lo spettatore.
Va poi detto che la stessa scelta del materiale d’archivio appare troppo limitata, spesso casuale, ripetitiva e ridotta ad alcuni clichè, e, soprattutto, non riesce a dare il giusto spazio ai fatti, ai luoghi ed alle persone o alle vere immagini significative. Il regista appare quasi disorientato ed incapace di fare la giusta scelta fra cosa proporci, come evidenziarlo e come riportarlo nel giusto modo. Insomma My Gerneration , bisogna avere l’onestà di dirlo, è un documentario che non documenta nulla, o, ad essere generosi, documenta molto poco e male, privo come è di una genuina capacità di analisi, privo di anima e di sincero impegno. A tratti è veramente deludente anche per l’eccessiva semplificazione dell’”anima” di quegli anni. E’ veramente solo un’operazione commerciale.
Vale allora la pena di andare a vedere questo prodotto reso accattivante dalla sola presenza di M. Caine che fa da specchietto per le allodole essendone, del resto, anche lui coproduttore ? Come ho detto, se avete vissuto quel periodo resterete molto delusi, se volevate invece conoscere qualcosa dei luoghi e degli anni in cui nacque quel movimento e fenomeno sociale che portò poi a Berkeley ed al Maggio Francese ed al ’68 , non vi fornirà assolutamente gli elementi giusti. Meglio quindi fare qualche altra cosa!
data di pubblicazione:26/01/2018
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