Un banale alterco diviene un caso mediatico di rilevanza nazionale. Un libanese cristiano e un palestinese si trovano contrapposti in un’aula di Tribunale, che si trasforma anche nel palcoscenico di uno dei capitoli più complessi della storia contemporanea.
The Insult di Ziad Doueniri, in concorso a Venezia 74, sorprende con un legal drama made in Libano che, pur prendendo a prestito alcuni stilemi di un registro narrativo tradizionalmente appannaggio del made in USA, risulta un’opera nel complesso originale, tanto per la questione politico-culturale che fa da sfondo all’intera vicenda quanto per l’esito della battaglia legale che costituisce il cuore del film.
Toni (Adel Karam), libanese militante del Partito Cristiano, discute con il palestinese Yasser (Kamle El Basha, che con questa interpretazione si è aggiudicato la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile all’ultima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia) per una grondaia “fuori norma”. Yasser, di fronte alla tracotanza mostrata da Toni e malgrado si trovi in un quartiere di Beirut socialmente e politicamente ostile ai palestinesi, insulta il suo interlocutore. Toni decide di procedere per vie legali, intentando una causa di risarcimento nei confronti di Yasser. Le leggi degli uomini, tuttavia, non sembrano in grado di risolvere una situazione così complessa che, come avviata lungo il crinale di un pendio scivoloso, degenera ulteriormente. Quello che sembrerebbe un banale alterco quotidiano si trasforma rapidamente in un caso mediatico di rilevanza nazionale, in un Paese divenuto negli ultimi decenni un crogiolo di religioni, culture, ideologie: in un Paese multirazziale che fatica a trasformarsi in un Paese multiculturale.
Allo scontro tra culture si aggiunge anche quello tra generazioni, visto che gli avvocati difensori sono un vecchio fedele alla causa cristiana (Camille Salameh) e una giovane (Diamand Bou Abboud), convinta sostenitrice dei diritti dei palestinesi. Si scoprirà poi che i due sono molto più che semplici colleghi.
I temi con i quali il processo è chiamato a confrontarsi sono quelli con cui il diritto (specie penale) è chiamato frequentemente a fare i conti, soprattutto nei momenti di più complessa e violenta transizione storica. Fanno più male le aggressioni fisiche o quelle verbali? Si può essere condannati per un reato di opinione oppure ognuno ha la libertà di pensare e dire tutto quello che desidera? La dignità del singolo, anche se l’offesa non sia arrecata pubblicamente, è suscettibile di una tutela penale? Si può reagire, secondo il codice penale libanese, anche oltre i limiti della legittima difesa, se il soggetto si trovi in uno “stato emotivo compromesso” che ha compromesso la sua lucidità. Ma la battaglia legale senza esclusione di colpi, portata a conseguenze che né Toni né Yasser avrebbero immaginato e sperato, dimostrerà che non sempre i ruoli di “vittima” e di “aggressore” sono così chiaramente delineati. Se la Presidente del collegio giudicante non leggesse a voce alta il “verdetto” della Corte d’appello, le sole immagini non lascerebbero agevolmente intuire quale dei due contendenti sia riuscito ad avere la meglio.
Ziad Doueiri, come lo stesso regista spiega in conferenza stampa, proviene da una famiglia di avvocati e di giudici: è quindi abituato non solo al linguaggio legale, ma anche all’idea che l’unico strumento di affermazione dei diritti (umani) siano le leggi di uno Stato. Ammette di aver avuto tra i suoi modelli Il verdetto di Sidney Lumet, ma, come anticipato, il risultato di The Insult, più concentrato sulla storia che sui movimenti di macchina ad effetto, è per molti aspetti sorprendente, andando ben oltre le pastoie imposte dal recinto del film di genere.
data di pubblicazione: 06/12/2017
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The Insult un film che ti apre la mente e ti tocca il cuore , che ti porta a pensare che non c’ e’ niente di assoluto e che ogni essere umano e’ portatore di una sua verita’. Ambientato in una Beirut distrutta e da ristrutturare dove diverse etnie cercano di convivere, lo scontro tra Tony e Yasser che , portato in tribunale assume livelli sproporzionati rispetto all ‘ iniziale oggetto del contendere, e’ l’ esempio di una umanita’ ancorata alla propria storia e alla propria progenie ma al tempo stesso fragile nel vedersi specchiata nelle sofferenze altrui. Non e’ un film da raccontare ma assolutamente da vedere.
Sono d’accordo, veramente una gradita sorpresa. Un film ottimista ed umano che ci indica che la via della Giustizia, del reciproco perdono e del riconoscimento della pari dignità di ciascuno, sono la sola alternativa ai conflitti e l’unico modo per raggiungere una vera pace. Concordo anche nel valutarlo come un film “fuori dal recinto di genere”. E’ un “legal drama” che non ha proprio nulla da invidiare ai modelli americani, anzi, a tratti è anche migliore per ritmo, tensione ed adesione alla realtà , ma, nel contempo, se ne discosta abilmente arrivando a trascendere dal dibattito in aula per coinvolgerci profondamente in un dramma individuale e collettivo.