LAST FLAG FLYING di Richard Linklater, 2017 – Selezione ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

L’America di ieri e quella di oggi, unite dall’eroismo (razionalmente incomprensibile) dei giovani Marines mandati al fronte. Vietnam e Iraq: cambia poco in fondo. Restano intatti il rispetto per la divisa, l’orrore del fronte, la disperazione delle famiglie. Così come resta intatta la bandiera a stelle strisce che, nonostante tutto, continua a sventolare sullo sfondo.

 

Larry Shepherd (Steve Carrel), meglio noto come Doc, si mette sulle tracce di ex soldati che, insieme a lui, hanno militato nei Marines: Sal Nealon (Bryan Cranston), che ora gestisce una birreria senza troppe pretese, e Richard Mueller (Laurence Fishburne), divenuto un appassionato e autorevole Reverendo.

I tre hanno combattuto insieme in Vietnam, in una guerra di cui probabilmente nessun militare americano ha mai compreso il senso, ma che ha lasciato nei loro corpi e nelle loro anime delle cicatrici profonde e indelebili.

Anche il figlio di Doc ha deciso di arruolarsi nei Marines. Nei primi anni del nuovo millennio i nemici non sono più i musi gialli che popolano le giungle Vietnam, dove ormai anche gli americani vanno in vacanza, ma gli iracheni capeggiati da Saddam Hussein che si nascondono nei deserti dell’Iraq. Proprio dall’Iraq arriva la notizia della morte del figlio di Doc. È caduto in azione come un vero eroe, dicono. Deve essere seppellito con tutti gli onori, dicono.

Larry chiede ai suoi vecchi compagni di divisa di accompagnarlo nel viaggio più lungo e tormentato che la vita poteva riservargli. Ha inizio quindi un road movie, che, come tutti i road movie che si rispettino, diviene anzitutto un viaggio interiore che conduce alla (ri)scoperta di se stessi.

Richard Linklater torna al cinema con Last Falg Flying, tratto dall’omonimo romanzo di Darryl Ponicsan e sequel del film del 1973 L’ultima corvè con Jack Nicholson. Il film, prodotto da Amazon Studios, è stato scelto per l’apertura del New York Film Festival.

Il tema, caro a Linklater, è quello del patriottismo nazionalistico, raccontato in maniera disincantata ma non del tutto cinica, rassegnata ma mai del tutto disperata. Il trio di protagonisti funziona a meraviglia, tanto per la convincente prova di attori di Carrel, Cranston e Fischburne, quanto per l’armonica complementarietà dei personaggi: Doc è remissivo e mite, Sal è irriverente e caustico, Mueller è il reverendo cui la fede ha concesso di placare gli eccessi giovanili e di curare le ferite del fronte. Non ci sono risposte definitive nel film. Non ci sono buoni e cattivi. C’è solo il silenzio del vuoto, che ciascuno può riempire con le proprie riflessioni con temi che, ormai da decenni, continuano a tormentare la coscienza dell’America.

I 124 minuti del film, forse, scorrono più fluidamente nella prima parte anziché nella seconda, ma la scrittura, che assegna un ruolo determinante alla spiazzante ironia di Sal e che mantiene il costante parallelismo tra ieri e oggi, tra Vietam e Iraq, restituisce un’opera nel complesso convincente. Qualche retorica di troppo nelle sequenze finali; ma, del resto, è il rischio pressoché inevitabile che si corre quando, sullo sfondo, la bandiera a stelle e strisce continua a sventolare nonostante tutto.

data di pubblicazione: 29/10/2017








1 commento

  1. Concordo con le riflessioni di Miele Doc. Di questo film mi rimarranno impressi i dialoghi e le risate di questi 3 amici, anche in un momento così drammatico come quello che sta vivendo Doc, in cui se hai qualcuno con cui sfogare il dolore che ti porti dentro riesci a farlo anche ridendo a crepapelle. Un cast di attori stellare per un film da consigliare quando uscirà nelle sale.

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