Una donna Fortunata solo di nome, il desiderio di un riscatto che passa per la realizzazione di un sogno, la disperata desolazione della periferia romana, ma anche la forza di rialzarsi dopo l’ennesima caduta.
Roma, quartiere Torpignattara. Nell’angolo di una metropoli divenuta ormai multirazziale, si incontrano i momenti di aggregazione della comunità cinese, quelli della comunità islamica e la solitudine dei personaggi che nella desolata arsura della periferia vanno alla ricerca di un salvifico soffio di vento. Perché la vita in fondo è come il gioco del lotto: anche i numeri più ritardatari, alla fine dovranno uscire e potranno vedere la luce.
Fortunata (Jasmine Trinca) insegue il sogno di aprire il suo negozio di parrucchiera: lavora a domicilio, si fa pagare “a nero”, ma i soldi e il tempo sono sempre troppo pochi. Sua figlia, la piccola Barbara (Nicole Centanni), fa il possibile per stare dietro ai ritmi frenetici di una madre cui cerca di assomigliare in ogni modo (particolarmente evocativa la sequenza che apre il film), ma che lentamente sta imparando a odiare. Anche in ragione della complicata separazione tra Fortunata e Franco (Edoardo Pesce), violento e crudele, Barbara finisce a colloquio con un psicoterapeuta (Stefano Accorsi), senza però riuscire a scrollarsi di dosso la presenza ingombrante di una madre che sta ancora cercando il suo posto nel mondo. Una madre ingombrante, perché malata, soffoca anche la vita di Chicano (Alessandro Borghi), ragazzo bipolare, amico di infanzia di Fortunata, l’unico disposto ad assecondare i suoi sogni e a conservare gelosamente i suoi più inconfessabili segreti. Fortunata porta avanti caparbiamente il proprio tentativo di riscatto, anche se la vita si rivelerà a tinte più fosche della spumeggiante fotografia che, almeno della prima parte, costituisce una delle cifre più rappresentative del film.
La periferia di Fortunata, presentato proprio in questi giorni al Festival di Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard, richiama alla mente in maniera pressoché inevitabile i margini di umanità raccontati da Pasolini, con la coppia d’oro Sergio Castellitto (alla macchina da presa) e Margaret Mazzantini (alla macchina da scrivere) che cala il proprio sguardo intellettuale e “borghese” sul mondo affascinante e respingente degli ultimi.
Le storie dei personaggi si incontrano, si scontrano e si fondono in un labirinto di disperazione e cinismo. La sceneggiatura risulta a tratti “straboccante”, restituendo l’impressione di una penna che ha voluto mettere troppa carne al fuoco e che rischia spesso di restare imbrigliata negli stereotipi della “gente del popolo raccontata da chi del popolo non fa parte”. Lo sfaccettato personaggio di Fortunata resta però l’unico autentico motore della storia e sembra anche quello più saldamente al riparo dall’insidia del cliché. Il filo conduttore, in fondo, è quello di una disperata ricerca di Giustizia, la stessa per cui l’Antigone da cui la mamma di Chicano sembra ossessionata, ha preferito andare incontro alla morte.
La straordinaria prova d’attrice di Jasmine Trinca, trasformata per l’occasione in una sorta di Erin Brockovich nostrana, costituisce il fiore all’occhiello di un cast davvero convincente: da Alessandro Borghi a Edoardo Pesce, passando per la piccola Nicole Centanni. Il tallone d’Achille è rappresentato forse da Stefano Accorsi, sebbene l’attore debba fare i conti con un personaggio che si rivelerà tutt’altro che banale.
Peccato per il finale e per l’esigenza di tradurre visivamente un momento dell’infanzia di Fortunata, che, forse, sarebbe stato preferibile lasciar immaginare allo spettatore attraverso le vibranti parole della protagonista.
data di pubblicazione: 20/05/2017
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“Fortunata” è un film e un personaggio che istintivamente ho apprezzato molto ; la storia verosimile di una parrucchiera di una borgata romana e quella del suo sogno infranto. Il ruolo è interpretato in modo eccellente e credibile da Jasmine Trinca così come dal resto del cast.
Non cambierei niente di questo film neppure il finale e non trovo sinceramente stonato il personaggio di Stefano Accorsi che nel suo ruolo di psicologo borghese , alternativo ma alla fine ipocrita, ha un suo perché all’interno della storia. Allo stesso modo, non andrei a ricercare imprecisioni e situazioni improbabili, quanto meno non darei loro tanto peso e, nonostante condivida le critiche alla coppia Castellitto – Mazzantini, lo ritengo un film particolarmente godibile, pregiudizi a parte.
“Fortunata” è un film che sicuramente mi è piaciuto ma non al punto di attribuirgli 4 pop corn…in ogni caso è un buon film. Varie le citazioni. Fin da subito il personaggio di Fortunata interpretato da una versione blondie inedita di Jasmine Trince richiama nei colori e nello stile estetico Julia Roberts di Erin Brockovich. Il suo personaggio – quello della madre sempre di corsa, trafelata che si dimena tra difficoltà economiche, ritmi lavorativi concitati anche per le difficoltà metropolitane di spostamento, i figli e un marito violento con il quale l’amore è da tempo giunto al capolinea – , ha varie analogie anche con il personaggio di Anna interpretato da Valeria Golino nel film “Per Amor Vostro” di Giuseppe Gaudino presentato a Venezia 72. (https://www.accreditati.it/per-amor-vostro-di-giuseppe-gaudino-2015/-). Altra citazione (forse) prettamente fotografica è l’immagine di Fortunata e lo psicologo Patrizio (Stefano Accorsi) In piedi davanti alla vasca dei delfini dell’Acquario di Genova: il fotogramma sembra preso dal film “Closer” di Mike Nichols quando Anna (Julia Roberts) e il marito Larry (Clive Howen) affrontano la loro crisi parlando davanti ad una vasca analoga. Citazioni a parte, il cast è eccellente ma il finale si perde in scene e contenuti che forse sarebbe stato meglio evitare. Molto buona l’interpretazione della protagonista Jasmine Trinca e di Alessandro Borghi. Non eccelle Stefano Accorsi che con il suo fare borghese e sofisticato, il sigaro in bocca e la parlata nel nord stride con il resto della sceneggiatura e dei personaggi e non riesce così a incarnare un personaggio dal ruolo chiave. Probabilmente Fortunata, alla fine, con le sue turbolenze porta “fortuna” e regala a chi ama il suo lieto fine: l’amico fraterno trova il coraggio di compiere un ambiguo atto di fine vita per ritrovare serenità ed essere libero mentalmente, sebbene rischi il carcere; lo psicologo vince al giuoco del Lotto e lei ottiene la cosa più importante: stare in pace con sua figlia Barbara senza subire più le pressioni e le aggressioni ostruzionistiche per il divorzio dell’ex. Nel complesso il film ci lascia con un finale dal retrogusto amaro. Peccato per alcune imprecisioni come la scena dell’udienza di separazione senza avvocati e la “prova” esibita dal marito al giudice mostrando un video caricato sul proprio telefonino – decisamente irrituale -, poiché per i non abbienti è garantito il diritto di difesa e assistenza degli avvocati ricorrendo al gratuito patrocinio e, in ogni caso, anche nelle separazioni consensuali – e non è il caso del film vista l’elevata conflittualità tra i due ex coniugi – è assai difficile che le parti non siano assistite da un avvocato. Confermo dunque che la sceneggiatura, giustamente definita straboccante, non riesce a evitare al film sbavature e momenti non ben riusciti. In ogni caso un film da vedere.