Il film, che segna l’esordio di Katia Ricciarelli come interprete cinematografica e che le valse il Nastro d’argento come miglior attrice protagonista, è una di quelle chicche che Pupi Avati è riuscito a tirare fuori dal cilindro nella sua lunga e prolifica carriera, fatta di tante pellicole di successo. La storia come sempre, in ogni suo film, parte dalla sua amata Bologna per poi svilupparsi nelle zone rurali della Puglia all’interno di contrade e masserie vicino Monopoli, Fasano, Savelletri e Torre Canne, sino alla bellissima Ostuni. La melanconia, tipica delle pellicole di Avati, ne La seconda notte di nozze è incarnata splendidamente da un bravissimo Antonio Albanese, capace di dare spessore ed umanità al personaggio di Giordano, infatuato di sua cognata Liliana (K.Ricciarelli) sin dall’adolescenza e che continua a coltivare questo puerile sentimento anche da adulto. Liliana, rimasta vedova il giorno seguente alle nozze e donna ancora piacente ma in gravi ristrettezze economiche (siamo nell’immediato dopo guerra), si vede costretta a lasciare Bologna a causa del figlio Nino, un fannullone interpretato da uno splendido Neri Marcorè (che aveva già lavorato con Avati ne Il cuore altrove), tendenzialmente ladro e senza alcun buon sentimento, con l’insana passione per il cinema: il suo sogno è partire per Hollywood per recitare come protagonista in un film e, purtroppo per tutti, lo farà. Nino infatti, per tentare di realizzare il suo progetto, costringe la madre a recarsi in Puglia da Giordano, quello zio un po’ “scemo” e che per questa fragilità era stato a lungo ricoverato in manicomio, ma che possiede ancora qualche acro di terra e per guadagnarsi da vivere aiuta i contadini a disinnescare gli ordigni inesplosi rimasti sotto la terra da coltivare. Giordano accetta la proposta e pur di accogliere in casa l’amata cognata e mettere a tacere le due zie Suntina (Angela Luce) e Eugenia (Marisa Merlini nella sua ultima straordinaria interpretazione), smette con le sue operazioni di artificiere, rinuncia a parte della sua eredità in favore delle avide zie e paga tutti i debiti di Nino.
Riuscirà infine a sposare Liliana, grata a lui per averla salvata da un destino terribile, con il patto tuttavia che il matrimonio venga consumato solo su richiesta della sposa…
A questo film, di cui se ne consiglia la visione a chi non lo avesse visto perché è una commedia melanconica e piacevole, abbiniamo una ricetta semplice, quasi campagnola: i sanacchioli, un dolce pugliese che faceva molto bene mio suocero Romano, al quale dedico con il cuore questa nuova ricetta di cinema.
INGREDIENTI: 1 kg di farina 00 – 300 gr di zucchero semolato – 180 gr di burro – 4 uova – 1 bustina e ½ di lievito per dolci – la buccia grattugiata di 1 limone – un pizzico di cannella – vaniglia – 800 gr di miele millefiori+ ½ bicchiere di acqua – granella si zucchero colorata per decorazione– olio di semi di arachidi per friggere.
PROCEDIMENTO:
Mettere la farina a fontana in una spianatoia, aggiungere le uova nel centro, lo zucchero, il burro a temperatura ambiente a pezzettini, la buccia del limone grattugiata, il pizzico di cannella e la vaniglia. Impastare il tutto. Staccare quindi dei piccoli pezzi e fare dei serpenti di circa mezzo dito di diametro e tagliare degli gnocchetti. Friggere in abbondante olio di arachidi gli gnocchetti e metterli a scolare bene, asciugandoli di volta in volta con carta assorbente. Mettere sul fuoco in una pentola dai bordi alti e bella grande il miele con il ½ bicchiere di acqua e portarlo ad ebollizione; quando sarà bello liquido, aggiungere gli gnocchetti fritti e girarli nel miele con un cucchiaio di legno senza danneggiarli, facendo sì che il miele li ricopra tutti e bene. Fate questa operazione per qualche minuto e se volte rendere il tutto più gustoso aggiungete mentre girate 1 etto di mandorle pelate e tostate.
Rovesciare gli gnocchetti ben imbevuti di miele in un recipiente da portata e decorare con la granella colorata. I sanacchioli mettono allegria e si mangiano come ciliegie: uno tira l’altro!
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