(Teatro Vascello – Roma, 20 Febbraio 2017)
“L’allestimento dello spettacolo nella terra delle acque risorgive diventa occasione per un tripudio di sensazioni evocative.”
Un cielo nemboso, rischiarato qua e là dalla luce del sole, minaccia un prato verdeggiante sul quale si staglia un AMI 200, intramontabile jukebox degli anni Sessanta. Il paesaggio raffigurato nell’opuscolo consegnato all’ingresso si dispiega come il mantice di una fisarmonica, dando vita alla prima villotta, che trasporta immediatamente lo spettatore in Friuli-Venezia Giulia: il “paese di primule e tempeste”, come amava definirlo Pasolini.
Nella piazza principale di Casarsa, due attori sono intenti ad allestire il palco per lo spettacolo che dovranno mettere in scena. Durante i preparativi, i due ricordano il loro passato nel paese friulano, attraversato dalla linea delle risorgive, dove l’acqua è più fresca e, quando la stagione lo permette, si va al fiume Tagliamento per un bagno rigenerante. In questa atmosfera evocativa si materializzeranno man mano i personaggi che popolano questo scenario: da soldati abbandonati a operai sfruttati, da padri severi a ricchi austeri, da fanciulle desiderate a giovani disperati. E tutti prenderanno parte a questo surreale clima festoso, di sagra paesana, in cui si balla, si suona, si ride e si canta con un sottofondo di malinconia.
Il friulano Battiston porta in scena le poesie composte da Pasolini durante la sua infanzia passata in Friuli. Componimenti interamente scritti in dialetto: una lingua ricca di parole tronche – che risuonano taglienti come la falce mentre ara i campi – dal suono cadenzato e profondo, come il rumore del gorgoglio delle acque rivierasche. Nella sublime recitazione da parte dell’attore udinese, impreziosita dall’accompagnamento musicale di Piero Sidoti, il dialetto si mescola alla natura, diventando tutt’uno con essa.
In questo viaggio emozionale un ruolo fondamentale è assunto dalle luci (curate da Andrea Violato), che attraverso colori cangianti riescono a rievocare efficacemente i paesaggi friulani, esaltando così le diverse scene interpretate.
Uno spettacolo in cui sono presenti tutti gli ingredienti per il successo – sebbene appaia ancora alla ricerca delle giuste dosi. D’altronde, la fase iniziale della rappresentazione non riesce a calamitare l’attenzione del pubblico, perché indugia molto su particolari che successivamente si riveleranno non essenziali; e anche la scelta di quali parti delle poesie valorizzare può non apparire opportuna. Il finale rimane tuttavia coinvolgente e commovente; un crescendo di emozioni che culminano nei versi conclusivi, in cui riecheggia tremendamente la parola morte. Morte che – come scriveva il poeta – fa della vita quel che il montaggio fa del film: realizza un senso già implicito in ogni fotogramma precedente, che attendeva soltanto di essere sciolto nell’ultima scena.
“Oggi è domenica,
domani si muore,
oggi mi vesto
di seta e di amore.”
(Le litanie del bel ragazzo, dalla raccolta “Poesie a Casarsa”)
data di pubblicazione: 22/02/2017
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