(11^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – Roma, 13/23 ottobre 2016)
E se quello che guardiamo non è il cielo ma un mare che sta per cascarci addosso? É ciò che si chiede l’operaia di un’azienda tessile italiana, da poco ceduta ad una multinazionale francese, perché è una delle undici donne chiamate a decidere in rappresentanza di tutta la fabbrica, se accettare o meno le condizioni della nuova proprietà. Il lavoro è salvo, ma si chiede ad ognuna di loro di rinunciare ogni giorno a 7 minuti della pausa pranzo: cosa sono solo 7 minuti, se in ballo c’è il mantenimento del posto di lavoro? Sono donne, ma anche madri, figlie e future nonne; i loro dialetti si mescolano all’italiano incerto di altre operaie immigrate dall’Albania, dalla Nigeria, dalla Romania. Ma Bianca, che è colei che le ha rappresentate tutte nel Consiglio di fabbrica, dice loro che quei pochi minuti, moltiplicati per il numero di tutte le operaie presenti in fabbrica, sono 900 ore di lavoro in più al mese: vuol dire produrre di più a costo zero e senza nuove assunzioni. E allora, accettare questo compromesso è uno sbaglio? Vuol dire che forse sta vincendo la paura perché, quando tutto crolla, cresce il bisogno di salvarsi? E se si accetta senza problemi, cosa succederà in futuro?
Michele Placido ci racconta una storia ispirata ad un fatto vero, portandoci per mano, senza eccessi, nel cuore pulsante di interrogativi importanti e lo fa affidandosi ad un cast femminile di prim’ordine. Queste donne dovranno in poco tempo emettere un vero e proprio “verdetto” e decidere se accettare o meno una proposta apparentemente innocua pur di vedere salvo il lavoro di tutti. Il film, nato da un testo teatrale di Stefano Massini, si svolge prevalentemente in una stanza in cui le operaie, intorno ad un tavolo, si trovano a dover prendere per tutti una decisione che ha un peso specifico importante, ed evoca in maniera inequivocabile, nell’impianto scenico, La parola ai giurati di Sidney Lumet il cui soggetto è stato ripreso negli anni in diversi adattamenti teatrali. La contrapposizione delle loro storie, i discorsi razzisti che in condizione di nervosismo emergono con prepotenza tra di loro, il voto che ognuna dovrà ripensare perché nel confronto le certezze cominciano a vacillare, sono anch’essi elementi nodali che ci riportano al film di Lumet e ai suoi 12 giurati chiamati a decidere unanimemente su un caso di omicidio che sconvolgerà le loro coscienze.
Tuttavia, nonostante le affinità, 7 minuti è un buon film, che si avvale non solo di una solida e collaudata sceneggiatura, ma anche di una ottima interpretazione corale di: Ottavia Piccolo, Ambra Angiolini, Fiorella Mannoia, Violante Placido (finalmente in un ruolo maturo), Clèmence Poèsy e Sabine Timoteo (bravissime), Maria Nazionale ed Cristina Capotondi; ma soprattutto di una ritrovata verve di Michele Placido alla regia.
data di pubblicazione:21/10/2016
Le lancette dell’orologio che corrono lente, ma inesorabili. 7 minuti che apparentemente significano “niente” , ma anche in realtà vogliono dire “tutto”. Un consiglio di fabbrica tutto al femminile composto da donne piccole, ma che sanno capire quando è il momento di diventare grandi.
Ben costruito e ben riuscito il film di Michele Placido. L’esordio di Fiorella Mannoia non è proprio di quelli memorabili, ma il resto del cast regge magistralmente la prova di una rivisitazione operaia de “La parola ai giurati”.
Il dipanarsi dell’intreccio narrativo è forse penalizzato dal fatto che la sinossi del film rivela fin troppo al pubblico già prima della proiezione. Però la storia c’è e riesce a farsi sentire.