QUESTI GIORNI di Giuseppe Piccioni, 2016

Quattro ragazze in viaggio verso Belgrado, l’età in cui tutto sembra possibile, il futuro carico di aspettative, il presente con le sue sfide da affrontare e superare.


Caterina (Marta Gastini) decide di accettare una proposta di lavoro a Belgrado. Sogna di diventare una scrittrice, ma l’occasione di indossare una lussuosa e ordinata divisa da cameriera, così distante dai suoi abiti di adolescente anticonformista, le si propone come il possibile momento di passaggio che la traghetterà verso l’età adulta. Dietro l’apparente corazza di ragazza forte, determinata e autosufficiente, Caterina nasconde tutte le fragilità e le insicurezze proprie di un’adolescente alle prese con la complessità della vita. Accoglie quindi con sollievo la decisione delle sue amiche di accompagnarla nel suo viaggio “di crescita”.

Liliana (Maria Roveran) sta per laurearsi, ma deve fare i conti con una sfida ben più impegnativa della tesi da preparare sotto la guida del suo tanto timido quanto affascinante professore (Filippo Timi). Cerca senza successo le attenzioni e il sostegno di sua madre Adria (Margherita Buy), una parrucchiera che sognava di diventare avvocato e che non riesce ad abbandonare il ruolo di eterna ragazza con le gambe ancora molto belle.

Angela (Laura Adriani) appare sospesa in una dimensione distante e per certi aspetti ovattata, lontana dagli eccessi di un padre (Sergio Rubini) a tratti imbarazzante e proiettata verso un futuro che brilla di speranza e che lei crede di intravedere attraverso le luci delle candele.

La comitiva è chiusa da Anna (Caterina Le Caselle), che dietro gli occhi sgranati di una bimba ingenua e sprovveduta, si sta preparando ad affrontare la sfida della maternità.

L’avventura on the road in direzione Serbia ha tutti gli ingredienti classici del viaggio di formazione in versione adolescenziale: amori e gelosie, intraprendenza e paure, rivelazioni e segreti, litigi e riconciliazioni.

Con Questi giorni Giuseppe Piccioni, che torna in concorso alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia dopo Luce dei miei occhi, si cimenta con un nuovo affresco dell’universo femminile, riuscendo nell’impresa di amalgamare armoniosamente quattro personaggi e quattro attrici molto diversi tra loro. La prima parte del film risulta forse eccessivamente dilatata, con delle scelte di regia non sempre efficaci e una sceneggiatura scricchiolante sotto il peso dei 120 minuti complessivi: l’incontro con il fratello di Caterina, che ha scelto di diventare prete ma che non ha certo il piglio della guida spirituale, per esempio, appare un fuor d’opera che poco aggiunge all’intensità del racconto. Il climax seguito dalla parte centrale fino alla conclusione, restituisce invece tanto la complessità dei personaggi quanto l’autentico significato del viaggio intrapreso dalle protagoniste.

Non si rinviene nulla di particolarmente originale nel film di Piccioni, ma tra i messaggi che risuonano chiaramente sullo scorrere dei titoli di coda, c’è quello per cui avere qualcuno accanto nel momento delle sfide più difficili e dolorose da affrontare è una gran bella consolazione, perché, in fondo, soffrire insieme è meno noioso.

data di pubblicazione: 18/09/2016


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3 Commenti

  1. Lento in effetti il primo tempo ma recupera ampiamente nel secondo. Bello questo universo femminile composto da personalità estremamente diverse ma tra loro complementari che raffrontate alle figure maschili del film come ad esempio il prete e il padre di Angela (Sergio Rubini) ne acquistano in spessore. Questo viaggio verso la Serbia in cui ognuna delle protagoniste ripone aspettative e attende di trovare risposte ai propri interrogativi , trovo che sia una chiave di lettura molto femminile .

  2. Non vado quasi mai a vedere film italiani, è vero ho coltivato un fondato pregiudizio che il film di Piccioni non incrina anche se si lascia vedere con piacere. Ha un problema di ritmo, a metà film ti chiedi come farà a chiudere tutto quello che ha calato sul tavolo. E infatti chiude in modo banale e frettoloso, una specie di “Piccole donne crescono ” moderno.

  3. Concordo pienamente sul prete che andava nel pallone a ogni singola domanda che gli si rivolgeva. Per il resto, il film è Davvero troppo pesante e lungo senza giustificato motivo!
    In conclusione se si vuole vedere un film sulla ricerca di se stessi forse è meglio andare a vedere “Alla ricerca di Dory”

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